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Autore: Kiki S    07/05/2015    1 recensioni
"Inverni dello stesso sangue" è una raccolta composta da cinque racconti, tutti accomunati dagli stessi punti chiave: il rapporto tra le sorelle e le stagioni fredde, le quali fanno da contorno alle singole vicende.
Ogni storia è un piccolo mondo che si snoda attraverso ricerche disperate, sogni coperti di polvere e, a volte, realtà incomprese e afferrate troppo tardi.
Ad accompagnare tutto questo solo il vento, la neve, il gelo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Questa raccolta di racconti è stata pubblicata in e-book tramite il sito/editore Narcissus.me.
“Opera tutelata e depositata su www.patamu.com con numero licenza 13809”.
 
 
QUI CON TE
 
Dormi, dormi, piccolina
Che domani si avvicina
Nella notte l’aria è fresca
E le stelle san di pesca
Chiudi gli occhi e vedi il mare
Che ti aiuterà a sognare
Gioca, gioca, coi delfini
Che diventan brillantini
Buonanotte, lo sarà
E domani si vedrà …
 
L’ho cominciata a cantare quando ti ho vista in quel letto. Avevi gli occhi chiusi, ma so che non dormi bene senza la ninnananna della mamma, però lei non poteva cantartela; lei piangeva.
Non capivo perché. Dormivi, e se non senti la ninnananna non puoi fare sogni belli, io lo sapevo.
Lo sapevo perché me l’hai detto tu.
Ti ho preso la mano e ho cantato forte, perché mi dovevi sentire anche se dormivi già.
La tua mano era fredda e mi ha fatto venire da piangere, non so come mai, ma sono andata avanti a cantare lo stesso, per te, perché ne avevi bisogno, ed è questo che fa una sorella grande.
Ho detto così, quando la mamma è arrivata e mi ha preso la mano per portarmi via: no, lei deve sentire la ninnananna, se no non dorme bene. Gliela devo cantare, perché sono la sua sorella grande.
Ma lei non è stata a sentirmi; piangeva forte e mi ha preso in braccio.
Anche se gliela canti, non ti sente più, mi ha detto nell’orecchio e io le ho chiesto perché.
Non mi ha risposto subito. Mi ha stretta più forte e siamo andate fuori.
Io ti ho guardata mentre uscivamo dalla stanza e, a bassa voce, ti ho detto che sarei tornata presto, per finire di cantarti la ninnananna. Non ti sei mossa, ma non importava, perché io sarei tornata come ti avevo promesso.
Ero preoccupata solo che stessi facendo brutti sogni.
Quando io e la mamma siamo arrivate fuori, c’era papà seduto su una sedia, e piangeva anche lui; non capivo perché.
Tu dormivi.
La mamma mi ha messa giù, papà mi ha presa sulle ginocchia e mi ha stretta forte.
Io li guardavo tutti e due e non capivo i loro sguardi, non capivo perché dicevano che dovevano dirmelo insieme. Dirmi che cosa?
Tu dormivi.
La mamma si è accovacciata, e mi ha tenuto la mano forte forte. La sua era calda, non come la tua.
Ho capito quello che mi hanno detto, so cosa vuol dire quella parola; più o meno.
Significa che non torni più, che non ti posso più vedere, ma non ho idea di dove tu sia andata, non lo so davvero.
Mamma e papà dicono in Cielo, ma io non ci credo, perché se fossi lì, ti vedrei quando guardo su.
Dove sei andata? Mi piacerebbe saperlo, perché qualche volta vorrei venire lì a giocare con te, come facevamo fino all’altro giorno.
Tu perdevi sempre a nascondino e ti arrabbiavi, ti mettevi a piangere: ora posso dirti che è perché baravo sempre e sbirciavo mentre contavo.
Ma se mi dici dove sei adesso, giuro che non lo farò più; ti lascerò nascondere senza guardare.
Tu però non mi rispondi: sono due notti che sto seduta sul letto, stringo forte Blue Dog, e ti chiedo a bassa voce dove sei. C’è sempre silenzio nella mia stanza.
Ma da fuori dalla porta, sento la mamma che piange ancora. Lei crede che dorma, ma non posso senza di te.
So che non puoi tornare, ma spero di sentire la tua voce.
Blue Dog è tuo, e so che lo volevi tutto per te, per questo, se lo stringo io, penso che verrai perché vuoi riprendertelo.
Allora ti chiederò dove sei e non ti lascerò andare via finché non me l’avrai detto.
Sono la tua sorella grande, anche se ho solo cinque anni, e me lo devi dire.
Anche oggi c’è silenzio e qui fuori fa freddo, ci sono le nuvole nere; papà dice che pioverà di sicuro, la mamma non lo ascolta neanche.
La mamma tiene la mia mano e non la lascia mai. E piange. Piange ancora.
Anch’io voglio piangere, ma non ci riesco, perché sono arrabbiata con te.
Non puoi continuare a non ascoltarmi, devi venire a dirmi dove sei andata, se no come faccio a venire a trovarti? Non voglio non vederti più, noi siamo sorelle, dobbiamo stare sempre insieme.
L’avevi promesso, io me lo ricordo.
Eravamo all’asilo quando l’hai detto, nel cortile: io e te giocavamo insieme, da sole, anche se siamo di due classi diverse, anche se tu sei più piccola.
C’era vento come oggi, e c’erano anche le nuvole nere, come oggi.
Ci eravamo arrampicate sull’albero di nascosto, senza farci vedere da nessuno, e lì siamo state a guardare le foglie gialle che cadevano; e poi, su, c’era il cielo tutto grigio, che però era bellissimo quel giorno, perché lo guardavo insieme a te.
Oggi non lo è. Quello di oggi è uguale a quel giorno, ma io lo odio, non lo voglio vedere, perché sono da sola e ho paura.
E sono arrabbiata, tanto.
Non torni nemmeno per riprenderti Blue Dog, che è il tuo pupazzo, non so più cosa fare per convincerti.
Io voglio che torni, anche solo per un minuto, per dirmi come posso fare per venire da te.
Ho paura che se non torni è perché, lì dove sei, hai trovato una nuova sorella.
Siamo stati in chiesa stamattina, lì tutti piangevano, mentre tu eri nel mezzo, dentro quella cosa che si chiama … bara, ha detto la mamma.
Sembrava ancora che dormissi, come quando ti ho visto su quel letto dell’ospedale, e mi è venuta voglia di cantarti di nuovo la ninnananna, per essere sicura che non facessi incubi, o forse perché, se sentivi la mia voce, ti saresti svegliata.
Ma lo so che non puoi; ho detto che so cosa vuol dire quella parola.
Volevo portare Blue Dog in chiesa, ma la mamma mi ha detto di lasciarlo a casa. Avrei fatto finta che lui fosse te, e lo avrei abbracciato più forte di come faccio di notte, quando spero di vederti arrivare.
So cosa vuol dire quella parola e so anche cosa vuol dire quell’altra: malata.
La mamma la diceva spesso, quando giocavamo, e lei mi sgridava perché ti facevo stancare troppo: Non farla correre, il suo cuoricino è malato. È malata.
Mi faceva un effetto strano sentirlo, così una volta le ho chiesto cosa significava: Il cuoricino di Jenny non funziona bene, mi ha risposto lei, non batte come dovrebbe, non può stancarsi.
Allora cercavo di non farti più correre, così il tuo cuoricino poteva stare bene di nuovo, e ti rimproveravo quando lo facevi per conto tuo: sono la tua sorella grande, ed era compito mio.
Quel giorno poi eravamo all’asilo, tu nella tua classe e io nella mia; c’è stato un gran trambusto, poi è arrivata l’ambulanza, che ti ha portava via subito.
Io ti ho vista mentre eri sdraiata per terra, con gli occhi chiusi, come poi eri anche in ospedale, e credevo che stessi dormendo.
Mi sono chiesta perché. Di solito non si dorme all’asilo, e non di certo sul pavimento.
Non capivo perché ti portassero via e perché tutti fossero agitati.
Non l’avevo capito neanche quando ti ho vista e ti ho cantato la ninnananna per farti dormire bene.
Solo quando mamma e papà me l’hanno detto, ho smesso di non capire.
Dopo la chiesa siamo venuti tutti al cimitero; ci sono tanti bambini con le loro mamme, ci sono i nonni e anche le tue maestre.  
Tutti piangono tranne me.
Io stringo la mano della mamma e guardo la … bara, che parola brutta. L’hanno chiusa e tu sei lì dentro, da sola, e non puoi vedere niente.
Ma tanto hai gli occhi chiusi.
Alzo i miei, e guardo il cielo: coperto di nuvoloni neri come quel giorno; pioverà, dice ancora papà.
Pioverà, sì, ma non capisco come può piovere ancora se tu non sei qui.
Non voglio vedere la pioggia senza di te. Non voglio fare niente senza di te.
Voglio che il mondo si fermi in quest’istante, perché senza di te non dovrebbe andare avanti niente.
Non posso lasciarti indietro, non posso diventare grande se non lo fai anche tu insieme a me.
Voglio restare sempre piccola, per sempre. Voglio avere per sempre cinque anni, e stare ad aspettarti.
Mi rifugio nella mia mente, dove si sta formando un bel sogno: non sono più al cimitero, e non c’è più la tua … bara; non c’è più nemmeno la mamma che mi stringe la mano, né tutti gli altri.
Sono al parco, quello con le altalene.
È autunno come lo è davvero oggi, ma il cielo grigio è tornato ad essere bello.
Io sono seduta sulla panchina, gioco a dondolare le gambe, mentre guardo in su.
Le foglie cadono piano dagli alberi, ma ce n’è ancora qualcuna sui rami.
Sono bellissimi, perché sembrano intrecciati come grossi fili magici.
Il cielo è più su. Pioverà, ma non ho paura di questa pioggia.
Ho in braccio Blue Dog, lo tengo stretto perché so che stai per arrivare e devo ridartelo. È tuo.
Il vento muove piano le altalene, come se fosse pronto per giocarci da solo.
Anche il vento è un bambino come noi, lo sai? Nel parco giochi soffia un vento bambino, che vuole andare sullo scivolo, sul girello e sull’altalena.
E questo vento bambino mi fa compagnia mentre ti aspetto. Cantiamo insieme una canzone, mentre io guardo ancora il cielo.
 
È bello essere piccoli, e giocare a rincorrersi,
e bello essere piccoli, perché non è colpa nostra.
 
L’ha inventata lui, e me la sta insegnando. È divertente.
Improvvisamente cominciano anche a cantare le nuvole grigie in cielo e le foglie sugli alberi e quelle che cadono: anche loro sono tutte bambine; bambine felici che vogliono giocare.
 
È bello essere piccoli, e giocare a rincorrersi
È bello essere piccoli, perché non è colpa nostra.
 
Spero che arriverai presto, Jenny, ti divertiresti anche tu qui con noi.
Una delle foglie gialle che si è staccata dal ramo mi è caduta sulle gambe, l’ho presa in mano, e mi è sembrato che mi abbia sorriso per un attimo, poi il vento bambino l’ha portata via con sé.
Giocano insieme adesso.
Io guardo ancora in alto, mentre canticchio più piano.
Voglio che arrivi, perché questo cielo non è abbastanza bello se non lo guardo con te.
Le foglie ancora sugli alberi si muovono piano piano, e sembrano sussurrare la nostra ninnananna.
Penso che quando sarà notte e si vedranno le stelle io e te saremo qui insieme. Penso che ci stenderemo per terra e le guarderemo anche se qualcuna sarà nascosta dalle foglie e dai rami degli alberi.
Intanto ti aspetto. Anche Blue Dog, che è tuo, ti sta aspettando.
Poi all’improvviso sei qui. Ciao Jenny, quando sei arrivata? Da dove?
Ma tu mi guardi senza rispondermi. Sorridi e basta.
Giochiamo. Mi dici cominciando a ridere, poi corri e mi fai capire che devo seguirti.
Al primo momento ho un po’ paura, mi ricordo della mamma che dice che non devi correre perché il tuo cuoricino è malato, ma poi improvvisamente capisco che non succederà niente, che potrai correre per sempre, perché il tuo cuoricino è guarito, e starai bene ogni giorno, da qui in avanti.
Sono così felice che corro velocissima, ti raggiungo, e ti abbraccio forte.
Ho fatto cadere per terra Blue Dog, ma tu non ti arrabbi.
Ci abbracciamo e cominciamo a girare in tondo. Giriamo e giriamo finché non cadiamo per terra, sfinite.
Stiamo ridendo così forte che non si sente più il sussurro del vento.
Il suolo è pieno di foglie rosse e gialle, e sembra un bellissimo tappeto dove si può giocare a piedi nudi. Infatti ci togliamo subito le scarpe, e cominciamo a correrci sopra.
È così bello: queste foglie sono fresche sotto i piedi e fanno un po’ di solletico; ma solo un po’.
Blue Dog è rimasto per terra, e penso che ci guarderà giocare.
Questo parco è bellissimo, voglio restare qui per sempre, insieme a te, mentre io ho cinque e tu quattro anni.
Ti prego, Jenny, restiamo qui per sempre, non voglio andare via.
Lo penso solo per un secondo, poi riprendo a ridere e a giocare.
Ti inseguo mentre corri verso l’altalena: ti metti seduta su una delle due, e poi cominci a spingerti.
Ti ricordi quando la mamma l’ha insegnato a tutte e due, l’estate scorsa? Abbiamo imparato insieme.
Mi siedo sull’altra e mi spingo anch’io.
Possiamo andare forte quando vogliamo, Jenny, non possiamo cadere, lo sento.
Possiamo arrivare quasi a toccare il cielo coperto dalle nuvole bambine, e non ci faremo male comunque, perché questo parco non è vero, anche se somiglia a quello dove andiamo qualche volta dopo l’asilo.
Questo posto l’ho creato io per noi due, così possiamo stare ancora insieme, e possiamo restarci per sempre.
Sì, è qui che voglio restare. Per sempre. Con te.
Perché quel che c’è fuori dal parco non mi interessa più, non se non ci sei.
Vedo gli alberi e il cielo che si allontanano e si avvicinano. Si allontanano e si avvicinano.
Sto andando fortissimo, Jenny, fallo anche tu, spingiti più forte. È divertente.
Ti sento ridere, mentre il vento bambino viene a giocare tra i nostri capelli e li spinge avanti e indietro, tante volte.
Poi comincia a piovere. Anche le gocce di pioggia sono bambine che vogliono giocare con noi e, mentre ci bagnano, noi ridiamo, ridiamo, ridiamo forte e non abbiamo freddo, neanche un po’.
*
Siamo andate sulle altalene per ore e ore, ma poi ha cominciato a venire buio, e ci siamo fermate.
La pioggia ha smesso di cadere, e anche le nuvole bambine sono andate via: a nanna, credo.
È proprio come avevo pensato: siamo sdraiate per terra, sulle foglie, che ora sono tutte bagnate.
Tu hai preso in braccio il tuo Blue Dog, ma lo tieni solo con una mano, perché con l’altra stai stringendo la mia.
Io stringo forte ed è splendido sentire le tue dita così calde.
Ci sono tante stelle, e il vento bambino muove ancora le foglie sui rami, ma lo fa molto piano, come per cullarle, come se così si potesse addormentare anche lui.
È ora di dormire, per tutti. Domani si avvicina. Domani si vedrà.
Ma domani noi saremo ancora qui, Jenny. Noi saremo qui per sempre.
Non voglio andarmene mai, se è solo qui che posso stare con te.
Il vento ci sta facendo tante carezze, perché vuole che dormiamo insieme a lui.
Tu all’improvviso ti giri sul fianco e ti appoggi con la testa sulla mia spalla.
Non ti vedo in faccia, ma so che hai gli occhi chiusi, so che vuoi dormire.
I tuoi capelli bagnati hanno un buon profumo e si muovono piano piano, sempre con il vento. Li sento sul viso, mi fanno un po’ di solletico alle labbra e sotto il naso, ma non mi dà fastidio.
No, è bellissimo. È tutto bellissimo in questo parco.
Voglio stare qui. Per sempre. Per sempre con te, Jenny.
Sei la mia sorellina, non ti lascerò mai. Là fuori è tutto troppo triste, non voglio restare da sola.
Rimango qui con te, questo è il sogno più bello del mondo, e non lo lascerò mai finire.
Ti abbraccio forte e tu fai lo stesso con me.
So che vuoi che ti canti la ninnananna.
Il vento bambino è pronto a farlo con me, ma più piano, perché tu è la mia voce che vuoi sentire.
 
Dormi, dormi, piccolina
Che domani si avvicina
Nella notte l’aria e fresca
E le stelle san di pesca
Chiudi gli occhi e vedi il mare
Che ti aiuterà a sognare
Gioca, gioca, coi delfini
Che diventan brillantini
Buonanotte, lo sarà
E domani si vedrà …
 
Spero che tu faccia dei sogni bellissimi questa notte e se per caso dovessi svegliarti e avere paura, basta che mi chiami ed io te la canterò di nuovo.
Perché ti proteggerò sempre e sarò sempre qui con te, sul nostro letto fatto di foglie gialle e rosse.
Qui potremo giocare per sempre, senza lasciarci mai.
E domani si vedrà …
Non so cosa succederà domani, ma non voglio risvegliarmi fuori da questo sogno.
Tienimi con te, io ti starò vicina per sempre.
Mi piace troppo sentire la tua mano calda, per poterla lasciare.
Tienimi con te, Jenny.
Qui è tutto così bello.
Guardo il cielo stellato e sorrido. Sono così felice.
Ti abbraccio ancora più forte, anche se so che stai dormendo.
 
Dormi, dormi, piccolina …
 
Ti dico di nuovo a voce bassissima, poi chiudo gli occhi.
È tutto così bello qui.
Qui con te.
 
 
Non me ne sono accorta, ma mentre la tua … bara scende sottoterra, ho cominciato a piangere.
   
 
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