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Autore: Malvagiuo    08/05/2015    1 recensioni
La morte di Roigkal val'Rundor precipita la valle di Askold in una situazione drammatica. L'inverno grava ancora sulle tribù del nord, che contano sul ritorno della loro divinità, Grijndir, per sopravvivere. Solo la possente Bestia del Mare, infatti, può spezzare l'immensa banchisa di ghiaccio che congela le acque di Askold, aprendo la via dell'oceano e della salvezza. Due uomini si disputano la successione, e con essa il dovere di richiamare Grijndir dalle profondità degli abissi. Da una parte il suo unico figlio, Volgrim, giovane e temerario, che dovrà convincere la sua gente a vederlo non più come ragazzo ma come uomo. Dall'altra, Iorig, fratello di Roigkal e zio di Volgrim, guerriero ambiguo e dalle mille risorse, i cui reali propositi costituiscono un mistero per chiunque.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le sue ginocchia cedettero, affondarono nella neve morbida. Anche le mani precipitarono nel manto candido, inzuppandosi di quell’acqua così gelida che sembrava pervadergli le vene. La sua schiena inarcata tremava, senza che il freddo fosse coinvolto in quegli spasmi. Volgrim voleva urlare, anche se questo non sarebbe servito a nulla, voleva sfoderare l’ascia e abbattere quanti più uomini possibile, fare a pezzi una volta per tutte quel ghiaccio maledetto, spaccarlo con tale violenza da far sì che mai più, finché fosse esistito l’uomo, il ghiaccio avesse potuto riformarsi. Ma era follia, naturalmente. Pur in preda all’angoscia, Volgrim lo capiva.

L’ascia sulla sua schiena gravava come un macigno. Desiderò scagliarla lontano, oltre le vette, oltre il mare, oltre ogni cosa.

“Tu lo sapevi, padre” pensò Volgrim, gli occhi sbarrati. “Me lo avresti detto, mi avresti fatto unire agli schiavi, così che generassi i sacrifici del futuro?”

Ma ora non c’era più tempo. Non poteva ricorrere ai metodi usati da suo padre. Restava solo una via da percorrere, l’antica tradizione. Il sangue dell’askarl. Doveva versarlo, doveva ridare vigore ai riti nella loro forma più ancestrale, più maledetta. Quella che tutti avevano voluto dimenticare.

“Per questo mi hanno scelto” capì Volgrim, decifrando le parole di Bjorik. “Hanno inteso che io avrei fatto questo. Le mie stesse parole mi hanno tradito. È come se avessi detto, davanti al Consiglio, che sarei stato disposto a uccidere mia madre pur di compiere il rito. Iorig non avrebbe mai potuto farlo. Lui non ha nessuno per cui versare lacrime. Nessuna morte lo colmerebbe del dolore necessario. È questo che li ha convinti. Tutti, in quel momento, sapevano. Tutti, tranne me.”

Sentì lo stomaco aggrovigliarsi. Riversò il contenuto dello stomaco sulla neve, incapace di trattenerlo oltre. Quando risollevò la testa, una dozzina di occhi lo fissavano dal bordo della capanna. Sguardi perplessi, per la maggior parte. Molti lo fissavano con paura, altri con aperto disprezzo. Uomini e donne, di tutte le età.

“Molti di loro sono miei fratelli e sorelle. Non saprò mai esattamente chi di loro mi è parente, so solo che mio padre li avrebbe uccisi per non uccidere mia madre e me. E Iorig. Io avrei dovuto fare altrettanto, una volta pronto. Ma non sarò mai pronto. Non sono abbastanza forte per fare questo. Io non sono un askarl.”

Il frastuono della valanga lo distrasse dai suoi pensieri. Un’immensa distesa di ghiaccio slittava verso una delle valli a est, infrangendosi contro le foreste di abeti. Un grosso pezzo della crosta ghiacciata si era distaccata in prossimità del sentiero che conduceva ai valichi. Era lontana, ma era avvenuta in una regione più vicina alla loro, rispetto a quella che l’aveva preceduta.

“Le valanghe si avvicinano. Perché? In nome degli déi che dimorano nelle cieche profondità del mare, che sta succedendo alla mia terra? E che cosa succederà a noi tutti?”

 
***
 
Bjria sentì la porta aprirsi.

Il cigolio si protrasse a lungo, accompagnato dal sibilo del vento che soffiava all’esterno. Sentì i passi pesanti di suo figlio sul pavimento di pietra, attutiti dalla neve sotto gli stivali. Volgrim richiuse la porta, ma il vento continuò a ululare oltre la soglia. Lo sguardo di Volgrim val’Roigkal era fisso a terra, le braccia distese sui fianchi, i pugni serrati. Bjria fu convinta di scorgere la sua sagoma tremare, ma poteva sbagliarsi. Non era facile distinguere i movimenti nella penombra.

«Non ti senti bene?»

Volgrim non rispose. Non sapeva cosa dire.

Bjria si avvicinò. Volgrim non alzava lo sguardo e non si muoveva. Quando gli appoggiò le mani sulle spalle, comprese che non si era sbagliata: suo figlio tremava, in maniera impercettibile, ma inequivocabile. Percepì quel tremore anche sotto lo strato di pelliccia che lo ricopriva.

«Che cosa succede?»

«Ho capito cosa devo fare.»

Bjria non disse nulla. La sua presa sulle spalle di Volgrim si fece più salda. Sapeva che quel momento era vicino, che era solo questione di tempo prima che piombasse su di loro.

«Volgrim... non c’è altra scelta.»

Finalmente, Volgrim sollevò il capo e i suoi occhi incrociarono quelli di sua madre.

«Tu sapevi.»

«Sì, anche se ho preferito fingere di no» mormorò lei. «Come tutte le cose brutte, ho cercato di ignorarla per quanto possibile. Ho voluto dimenticare, mi sono comportata come se non sapessi niente, ma è qualcosa che non si può fare a meno di ricordare. Sarà più difficile per te che per me, credo.»

«Tu capisci che lo devo fare, vero?»

Bjria accarezzò il volto di suo figlio. Era gelido, c’erano sottili croste di ghiaccio sulla pelle.

«Io lo capisco, figlio mio. Spero che un giorno anche tu lo capirai. E lo accetterai.»

 
***
 
Volgrim sentiva il ghiaccio tremare sotto i piedi. Era vero, o era solo un’illusione?

L’ascia era così difficile da sollevare. Il duro legno di quercia era saldo sotto la sua presa, liscio come roccia levigata, eppure avvertiva delle spine su di esso. Voleva lasciarlo scivolare dalle mani, che cadesse sulla lastra innevata sotto di sé, che sprofondasse negli abissi.

Invece l’ascia si sollevò. Un gesto su cui non aveva il controllo. La lama mandò un bagliore argenteo, riflettendo la pallida luce del sole che faceva capolino oltre lo strato di nubi grigiastre. Puntini bianchi si depositavano sul metallo nero, galleggiando nell’aria come privi di peso. Toccavano il ferro e sparivano. Il bianco spariva, lasciando solo il nero del ferro e il nero del sangue secco rappreso. Non si poteva pulire quel sangue, per quanti sforzi si impiegassero.

Centinaia di occhi su di lui e sull’ascia. Là in mezzo, anche quelli di Iorig.

Che cosa stai pensando, adesso? Non credevi che sarei arrivato a questo? Solo un bambino piagnucoloso, che non alzerebbe un dito contro la propria madre, questo pensavi di me. Ti sbagliavi. E anche voi tutti, bastardi figli di Grijndir, non pensavate che l’avrei fatto veramente. Mi avete scelto per sfidarmi, per mettermi alla prova. Eccola qui, la vostra prova. Sacrificherò la mia stessa madre. Perché io non sono un ragazzino spaventato. Io sono Volgrim val’Roigkal, sono un uomo, e sono il vostro askarl.

I muscoli erano rigidi, ma avrebbero obbedito. Attendevano solo la sua volontà, per muoversi. Un ordine che tardava ad arrivare.

Perché esiti? Lei è d’accordo. Lei sapeva che saremmo giunti a questo. Non le fai del male. Lei lo vuole.

Non poteva farlo, mentre guardava sua madre. Ma doveva. Non poteva permettersi uno sbaglio. E se fosse successo come l’ultima volta? Se la mira fosse stata difettosa, avrebbe condannato Bjria a una morte atroce. Se fosse successo, non avrebbe potuto tollerarlo. Sarebbe intervenuto, a costo di profanare i riti. E sarebbe stata la fine.

Potrei lasciar perdere. Rinunciare.

Rinunciare... quell’idea lo solleticò, per un istante. Abbandonare la cerimonia, l’ascia di suo padre, Grijndir, la sua terra, le montagne, tutto ciò che possedeva. Poteva cedere il titolo a Iorig, in cambio della promessa di avere salva la vita di sua madre. Iorig non era degno di fiducia, ma non avrebbe avuto motivo di negargli quell’accordo: che vantaggio ne avrebbe ricavato? Una volta rinunciato al titolo, per Volgrim e Bjria esisteva un solo destino. L’esilio nelle regioni oltre i valichi.

Quella degli esuli era una vita di miseria.

Rinunciare.

No, nessuna rinuncia. Nessun esilio. Non era quello il destino di Volgrim val’Roigkal.

Perdonami.

Lei non si mosse. Sentì l’ascia calare sulla sua nuca, eppure non sussultò. Il colpo fu preciso. Una nuvola di capelli rossi si allargò nell’aria gelida, fluttuando per un breve istante prima di ricadere al suolo, trascinati dal peso morto del corpo che crollava, inerte.

Il sangue zampillava dalla voragine nel cranio. Sangue gocciolava dalla lama dell’ascia. Un mondo immerso nel sangue.

Volgrim urlò. Il nome di Grijndir riecheggiò, trasportato di eco in eco, fino alle vallate più remote circoscritte dalle montagne silenziose.



 
   
 
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