Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: DonnaEliza    10/05/2015    3 recensioni
Non eri una persona comune: non è comune nascere in una famiglia ricca, e ancora meno comune allontanarsene. Non è comune diventare una ballerina classica.
Invece, le persone comuni vedono le loro case distrutte. Vedono i Titani vagare per le strade. Le persone comuni muoiono, vengono terrorizzate, vengono divorate. Questo è comune, nel tuo mondo.
Quando quel muro ti è crollato addosso, nello spazio di un momento, sei diventata una persona comune.
Non lascerai che succeda di nuovo.
La mia prima fanfiction! Sporca, dura e piena di stress post traumatico. Critics are welcome!
oO°I clean for Heichou°Oo
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Mikasa Ackerman, Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Vi hanno rimandato a Trost per l’assegnazione definitiva. I carri che viaggiavano verso il Quartier Generale del distretto erano pieni di cadetti col doposbornia, dalla pelle verdastra e le palpebre a mezz’asta; in diversi si sono sporti oltre le sponde per vomitare lungo la strada. Tra quelli che conosci meglio puoi contare Marco, Connie e Sasha, che rimane affacciata a contemplare malinconica la sua colazione che si allontana per sempre da lei, spiaccicata sulla terra battuta in una pozzanghera decisamente poco attraente.
Fortunatamente al Quartier Generale sembrano essere ben a conoscenza dello stato dei neo diplomati, e non mancano tazze di caffè per tutti; l’atmosfera generale è piuttosto leggera, ci sono moltissimi membri della milizia che non risparmiano a nessuno battute bonarie. E’ una bella giornata, il cielo è punteggiato di pecorelle che muovono la luce del sole in chiazze e sprazzi. L’aria è pulita. Avete tutti una ridarella nervosa per la combinazione di scarso riposo, caffè e nervosismo.
C’è grande movimento sia in caserma che per le strade, perché pare che l’élite della Legione Esplorativa stia tornando da una missione e i membri presenzieranno alla vostra Cerimonia di Assegnamento. Vi viene dato il permesso di assistere al rientro della missione e vi sparpagliate per le strade, sgomitando con la folla che si accalca sempre di più via via che si avvicina alla porta nelle mura. Quando gli alti battenti si aprono cigolando, la calca è tale che non riesci a vedere niente, a parte i capelli biondi del Comandante Erwin. La folla entusiasta lancia urrà e grida di saluto. Anche tu hai sentito parlare dei membri della milizia più famosi, ma ti rendi conto, ascoltando i commenti delle persone accanto a te, che questi legionari sono delle vere e proprie celebrità. E tu stai per unirti a loro. Una sensazione di orgoglio ti avvolge: sei entrata a far parte di quel ristretto numero di persone che possono fare la differenza tra la vita e la morte della popolazione. Persone che verranno ricordate; persone che verranno ringraziate per le azioni che hanno compiuto anche se avranno fallito.
All’improvviso non ti interessa più riuscire a vedere i volti dell’élite della Legione: tra poco li conoscerai di persona. Tra poco, cavalcherai con loro. Con il petto in fuori e il morale alle stelle, volti le spalle al corteo mentre un coro di voci isteriche acclama il passaggio del Soldato Più Potente del Mondo.
-Il Caporale Levi!
-Siete la nostra speranza, Caporale!
-Ma è una specie di nano!
-Mi sa che ti ha sentito, Jean.
-…Cazzo.
Ottimo! Pensi, mentre Jean ti sorpassa, battendosela a tutta velocità. Se la speranza dell’umanità è un ometto basso, allora anch’io ho qualche possibilità.

-Dai, Ymir, non è il caso di prendersela tanto – sorride Christa, conciliante. – In fin dei conti, è il nostro dovere.
Ymir è seduta sul bordo di una cassa piena di palle di cannone. La cassa è dotata di ruote per essere facilmente manovrabile, e Ymir si sta spingendo con i piedi, lasciando che il carrello vaghi qua e là.
-Figurati se non me lo ricordo- ribatte rabbiosamente. –Ci riempio un secchio con tutte le volte che mi ricordano qual è il mio dovere! Ma che ci mettano di servizio anche poco prima della Cerimonia di Assegnazione è una stronzata! Darci una giornata libera non avrebbe ammazzato nessuno.
Siete in cima al Muro Rose. Siete stati tutti spediti a fare manutenzione ai cannoni che coronano la cerchia di mura; fin dove riesci a guardare, la sommità bianca di pietra è punteggiata dalle sagome dei cadetti che si affaccendano come formichine. Ma Ymir non ha alcuna intenzione di affaccendarsi: è irritata e non intende farsela passare tanto presto, nemmeno dietro richiesta di Christa, che in genere riesce a ridurla alla ragione.
-E basta, Ymir!- Sbotti, correndole dietro per raggiungere le palle di cannone che devi impilare accanto ad ogni pezzo di artiglieria. –Stai rallentando tutti. Prima finiremo, prima ci riposeremo, quindi datti una mossa e smettila di lagnarti.
Ymir si rivolta come una vipera.
-Stai zitta, Valeshka, di che t’impicci? Neanche sei entrata nella legione e già fai la prima della classe?
-Di sicuro non mi beccherò una reprimenda solo perché a te pesa il culo, Ymir!
-Smettila di chiamarmi per nome! Odio quando mi chiami per nome!
-Non sfogare la tua sindrome premestruale su di me!
-Ragazze, basta! –S’intromette Christa, disperata. –State esag-

A quel punto si è scatenato l’inferno.
Un urlo si è alzato tutto intorno a voi, un urlo che diventava più assordante man mano che più persone si giravano a guardare cosa l’aveva provocato.
Una nuvola di polvere si sprigionava dalla sommità delle mura, a un mezzo chilometro da voi, verso est. Con la potenza di una valanga, l’avete vista spazzare soldati giù dal muro, a decine, come briciole di pane. Un Titano, impossibilmente grande, sporgeva di tutta la testa oltre la cima del Muro. Senza pelle come uno studio anatomico, lucido, fumigante, vivo. Qualcuno lo stava attaccando –non sei riuscita a capire chi, da quella distanza- e mentre il colosso agitava le braccia per intercettarlo la luce del sole si rifletteva sulle fasce scarlatte dei muscoli, mandando barbagli rossi a danzare sul muro, sulle macerie, sui cannoni sparpagliati in disordine.
Poi, con un botto assordante anche a quella distanza, è scomparso.
A quel punto, tutti intorno a te si sono risvegliati e si sono precipitati sul luogo dell’apparizione. Voi tre non ci siete mai arrivate, però: un ufficiale della Polizia Militare con i gradi di Sergente vi ha intercettate e spedite al Quartier Generale a prendere ordini.
Lungo la strada, li hai visti da vicino.
Sono enormi.
Si muovono in modo scoordinato, come se le parti del loro corpo non comunicassero tra di loro.
Hanno la pelle rosea, enormi occhi da neonato che non guardano niente in particolare. Alcuni sorridono. Sorridono continuamente.
Ti fanno schifo.

Vi hanno spronato a dirigervi al Quartier Generale più in fretta possibile, senza farvi distrarre da niente, ma Christa lancia un grido di avvertimento. Un Titano è seduto in mezzo ad un incrocio a gambe spalancate, come un bambino sul pavimento della sua stanza dei giochi. Allungando le gambe,  ha sfondato un caseggiato con un piede, e adesso raccoglie le persone che ne sciamano fuori e se le caccia in bocca, con calma. Lo vedi masticare un corpo con aria assente mentre ficca una mano in una finestra rovistando all’interno della casa e ne cava una donna con in braccio un bambinetto di pochi anni. Pazza di paura, la donna lancia il bambino lontano da sé per non lasciarlo al gigante. I tuoi occhi seguono la caduta del bambino da un’altezza di almeno quattro metri. Sei troppo lontana per sentire il rumore che fa quando si schianta al suolo, ma lo immagini. Il Titano si è ficcato in bocca anche la donna e la mastica meccanicamente, insieme all’uomo che adesso sembra solo un mucchio di stracci bagnati di sangue.
Ti pieghi in due e vomiti un fiotto di bile, in piedi sul tetto su cui vi siete fermate, incapaci di proseguire. Alla tua destra, Christa singhiozza istericamente senza neanche accorgersene, le labbra tirate in un rictus sardonico. Ti rimetti dritta, tiri un respiro così profondo da sentir male al petto e all’improvviso la rabbia di assorda: un grido àtono e bestiale ti riempie le orecchie e ci metti un attimo prima di capire che sei tu a gridare.
Ti lanci dal tetto un secondo dopo Ymir; ci vuole una decina di secondi a piombare sul titano. Alza pigramente le braccia per afferrarvi in volo e nell’aprire le mani mostra i palmi impiastricciati di sangue e capelli. E continua a sorridere.
Ymir arriva per prima alla nuca e lo elimina. Cade in avanti, sfondando con la testa il palazzo in cui stava frugando. Quando Christa vi raggiunge, una volta riscossasi dallo shock, state calando a terra i sopravvissuti dai piani alti. Vi tempestano di benedizioni, balbettii incoerenti, domande: cosa devono fare, ora? Dove devono dirigersi? Avete visto la moglie, il fratello, il figlio?
Ti gira la testa. Ti brucia lo stomaco. Non hai risposte. Christa riesce a mettere insieme qualche parola di conforto, la richiesta di mantenere la calma fino al ritorno delle autorità. Vi faremo sapere qualcosa appena possibile; manderemo subito qualcuno; non fate niente di stupido. Dovere, dovere…

Lungo il tragitto eliminate altri due Titani, uno tu e uno Ymir. Vedi altri corpi maciullati, altre rovine fumanti; tutti gridano, piangono, corrono… Arrivate al Quartier Generale, ti senti invecchiata di vent’anni, e il peggio deve ancora cominciare.

Le ore rotolano una dietro l’altra: le cose succedono a velocità vertiginosa, una dietro l’altra, si accavallano, eppure il tempo non passa mai, la situazione rimane disperata senza mai precipitare o migliorare. Arrivano notizie, bollettini passati di bocca in bocca: Tomas Wagner, caduto in azione; Mina Carolina, caduta in azione; Eren Jaeger, caduto in azione… Sei intontita, l’enormità delle informazioni ti lascia inebetita; Tomas, morto? Ma se avete diviso una sigaretta poche ore fa! E come può essere morto anche Eren? Nessuno odia i Titani quanto lui. Mikasa lo sa? Diventerà una furia! Non sarà mica morta anche lei?
Non possiamo morire! Ci hanno addestrato! Abbiamo l’equipaggiamento, conosciamo la strategia militare. Non possiamo morire noi. Si suppone che siamo quelli che difendono la popolazione. Dovremmo essere quelli più forti.
Dicono che siano entrati in azione anche i membri dell’élite. Bene, bene. Loro sono i migliori, la situazione migliorerà presto.
Dicono che sia comparso un Titano che sta attaccando altri Titani. Li fa a pezzi, dicono.
Ah, pensi. Siamo già alle frottole inventate per sollevare il morale. Allora forse non è vera neanche la notizia della squadra di Erwin.

Passa altro tempo. Siete stremati. Hai visto Ymir piangere di rabbia. Hai visto cadetti, maschi e femmine, acquattarsi a pisciare negli angoli all’interno dell’edificio per la paura di mettere il naso fuori.
Eppure, lentamente, l’agitazione cala. Soldati rientrano da varie zone della città, vivi! Arrivano carri che trasportano miliziani feriti e vengono allestiti i primi soccorsi. Tornano Jean, Reiner, Annie… I portoni del cortile interno vengono aperti, tutto il Quartier Generale si popola di soldati stanchi, confusi, con il viso grigio. Guardi Jean attaccarsi ad una borraccia e ti rendi conto di non aver mangiato né bevuto per tutto il giorno. Ti fa male la testa e ogni respiro ti raschia le pareti del naso. Quando risuona un colpo di cannone e vedi Annie e altri partire per investigare, gli tieni dietro senza pensare, tetto dopo tetto, con la testa vuota e nelle orecchie il rumore metallico dei cavi del DMT che si agganciano e si riavvolgono, si agganciano e si riavvolgono…

Poi vi fermate. Sotto di voi, un plotone improvvisato, lame sguainate, cannoni puntati. A cinquanta metri di distanza, in una buca come quelle lasciate dalle granate spunta il torso di un Titano, parzialmente decomposto e già fumante. Tra le costole dell’ abominio, Armin e Mikasa. Armin sta gridando qualcosa al Comandante della Polizia Cittadina; il sole si riflette su molte coppie di spade puntate verso la buca. Il loro riverbero di ferisce gli occhi. Alzi una mano a proteggerli. I barbagli ci sono ancora. La voce del comandante della guarnigione si accartoccia su se stessa come un disco su un fonografo difettoso e nessuno ci fa caso. Ti giri verso i tuoi compagni per vedere se se ne sono accorti e perdi i sensi.
   
 
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