CAPITOLO 23
Mentre la carrozza proseguiva la sua corsa verso l’abitazione
del conte suo padre, Teresa smise di piangere e cercò di ricomporsi. Nella sua
mente, vicende, parole ed immagini si sovrapponevano l’un l’altra, per formare
un quadro alquanto disordinato, ma tenuto insieme dalla paura.
Suo padre non la guardava nemmeno, i suoi occhi erano puntati
a terra e non accennavano a rialzarsi.
La ragazza voleva fuggire da quel posto. Non sapeva neppure
se Giovanni stava bene, e qual’era l’origine degli spari di poco prima.
Inoltre, le era stato detto che tutto era cambiato. Questo non preannunciava
nulla di buono.
All’interno della carrozza regnò il silenzio assoluto, mentre
Teresa continuava a frugare dentro di sé, cercando almeno di rassicurarsi, pensando
che tutto in fondo sarebbe andato per il meglio e che entro pochi giorni
sarebbe tornata libera. Dopo aver assaggiato la libertà, non voleva più tornare
in gabbia.
Ma per affrontare il tutto non doveva piangere, mai più.
Piangere era inutile e la faceva sentire nuovamente come quella ragazzina che
era stata fino a pochi mesi prima. Per continuare a cercare la propria libertà,
e per ritrovare il suo amore, avrebbe lottato anche con le unghie.
Dopo un periodo di tempo indeterminato, la carrozza si fermò.
Il conte scese, e fece cenno alla figlia di seguirlo.
La ragazza fu presa sottobraccio dal padre, che la tenne
vicina a sé con una stretta più forte del previsto. Aveva paura che lei facesse
scenate in pubblico, ed aveva capito che qualcosa tra loro si era spezzato.
Nulla sarebbe stato più come prima, anche se la giovane non ne aveva ancora totalmente
compreso il motivo.
A passo svelto, attraversarono un giardinetto ben curato,
dove qualche servo stava facendo finta di affaccendarsi, sorpreso nel dolce far
nulla dal padrone di casa. In ogni caso, i servi neppure alzarono la testa,
mentre il conte non li degnò nemmeno di uno sguardo ed accompagnò la figlia
verso l’ingresso di casa.
L’abitazione era decisamente più piccola del normale e non
era di certo una villa signorile; incastonata tra altre case simili, quella
dimora non era nulla di speciale e non faceva una grande figura.
Teresa comprese che forse quel trattamento irrisorio poteva
aver inacerbito ancora di più suo padre. Il conte amava il lusso, un lusso
giusto però, che mettesse in risalto la sua origine nobiliare, però non poteva
di certo soggiornare in una casa dall’apparenza così insignificante.
Nessuna scalinata portava all’ingresso, c’era solo una porta
semplice che dava sul cortile, come le dimore dei contadini.
La ragazza continuò a rimanere esterrefatta dal tutto, e
quando entrò nella casa, notò che dentro era anche peggio. Era composta da
stanze piccole, gli spazi erano ridotti al minimo e pure i mobili erano pochi e
di certo non pregiati. Nessun’opera d’arte era alle pareti, e nessun spazioso
corridoio conduceva alle misere stanze. Teresa, allibita, guardò suo padre, che
era scuro in volto.
‘’Ogni volta che entro in questo tugurio, mi sale il
voltastomaco. Non svolgerò mai più missioni diplomatiche’’, disse il padre,
quasi come se le avesse letto nella mente, lasciandola libera ed invitandola a
seguirla.
‘’Questa è la tua stanza. Lo so, questo ambiente non è
dignitoso neppure per un contadino che abbia due soldi in tasca, ma tanto entro
un paio di giorni ce ne andremo. Ora sistemati e poi fatti subito un bagno e
riposati. Questa sera ti voglio vedere in splendida forma’’, disse il padre,
con fare duro.
Teresa poté solo stare ad ascoltare, travolta dagli eventi.
Non appena entrò il quella che avrebbe dovuto essere la sua
camera, notò subito la ristrettezza dell’ambiente, e la scarsità di mobilia. La
ragazza pensò che forse era meglio l’abitazione che le avevano dato i briganti.
Suo padre se ne andò in fretta, lasciandola momentaneamente
sola. Teresa si diresse subito verso l’armadio, che trovò pieno dei suoi
vestiti nuovi, che comunque erano stati gettati dentro a caso. I servi non si
erano neppure presi la briga di prendersi cura dei suoi abiti. Ma alla giovane
non importava più di tanto, e fece un po’ di spazio tra le vesti gettate quasi
alla rinfusa per sistemare il fagotto le aveva preparato Lina.
Prima di richiudere le ante, le tornò in mente che l’amica le
aveva detto di averle preparato uno spuntino, e la ragazza andò velocemente a
controllare. Infatti, la donna le aveva preparato un panino.
Nonostante l’ansia a cui era sottoposta, Teresa provò una
certa fame, ma prima doveva farsi un bagno. Prese una veste pulita, richiuse
l’armadio ed uscì nello stretto corridoio, trovandosi faccia a faccia con suo
padre, che se ne stava seduto su una scomoda sedia in legno, leggendo un libro.
Lei lo guardò, spaurita.
Lui la stava controllando. Non fece in tempo a porsi altre
domande, poiché le fece subito un cenno con un dito.
‘’Il bagno è là. C’è una vasca e un po’ di detergenti. Vedi
di uscire da lì splendida e pulita’’, disse il conte, spingendola a proseguire
verso la stanza da bagno.
Teresa, sperduta più che mai, si trovò di fronte all’ennesimo
ambiente angusto e spoglio, ma almeno era ben illuminato. Una finestrella,
posta piuttosto in alto, illuminava a dovere la stanza, nel cui centro era
posizionata una vasca di dimensioni piuttosto ridotte.
La ragazza si tolse i vestiti, ignorando il freddo, e si
diresse verso quella vasca che pareva più una tinozza, sperando in un bagno
caldo.
I servi avevano l’avevano riempita per lei, ma l’acqua non
era calda, era quasi fredda. La giovane ebbe un brivido, e fu in procinto di
tornare indietro ma non se la sentì di affrontare nuovamente suo padre, e alla
fine si immerse.
Provò un brivido gelido, l’acqua ormai era quasi fredda
eppure era ancora sopportabile. Si diede una lavatina veloce, per poi uscire
quasi subito dalla vasca, che aveva anche una macchia di ruggine sul bordo.
Disgustata, Teresa dovette asciugarsi e rivestirsi da sola e
in fretta e furia, per non prender
freddo, mentre al di là del muro, nel giardinetto, alcuni servi schiamazzavano.
Invece di servire il conte, la servitù se ne stava a fare gli affari propri,
con evidente maleducazione. Quando udì una tremenda imprecazione, la ragazza si
trovò a fuggire dal bagno, allibita.
Trovò suo padre nella postazione dove l’aveva lasciato poco
prima. L’uomo inarcò un sopracciglio, vedendola.
‘’Ci hai messo poco. L’acqua non l’avrai nemmeno vista’’, le
disse il padre, sempre mantenendo un tono di voce scontroso. Teresa impallidì.
‘’Padre, chiedo scusa, ma l’acqua era gelida’’, disse la
giovane, con toni concilianti. Il conte si mosse subito sulla sedia.
‘’Caspita, questi servi sono odiosi e dispettosi. Sembra che
il nostro amato Arcivescovo ce li abbia scelti su misura per noi, per renderci
la vita impossibile’’, sbottò, sempre più irritato.
In quel momento, uno scoppio di grida improvviso interruppe
la conversazione. Alcuni servi si stavano azzuffando nel cortile, dove pareva
fosse scoppiata una rissa, mentre le imprecazioni erano assordanti. Il conte
balzò subito in piedi, con un diavolo per capello.
‘’Ora mi sentiranno! Ma che razza di gente è questa, che non
ha rispetto per nessuno, neppure per gli inviati del loro signore! Fino a
vent’anni fa, fintanto che ho vissuto in questa città, la situazione non era
così disperata come ora. Se vogliono il pugno di ferro, lo avranno! Parola
mia!’’, sbottò suo padre, che si diresse velocemente verso il cortile, dando
l’occasione a Teresa per chiudersi nella sua camera ed evitare ulteriori
discorsi con il genitore.
Mentre la giovane si pettinava i capelli, rendendoli belli e
voluminosi, la voce autoritaria di suo padre risuonava per tutta l’abitazione,
mentre i servi smettevano di azzuffarsi. Ma non appena il conte fu tornato in
casa, le grida ripresero a risuonare ovunque, anche se in modo più debole.
Teresa non riusciva a capire cosa fosse andato storto. Quella
doveva essere una missione diplomatica, suo padre doveva portare solo alcune
informazioni all’Arcivescovo, eppure non era stato neppure trattato come un
ospite di un certo grado, anzi, era stato sbattuto in una bettola ed era
rimasto vittima dell’insubordinazione della servitù. La giovane in quel momento
capiva appieno la rabbia del genitore, che prontamente aveva sfogato su di lei.
E capì anche perché la controllava; non sospettava una fuga
d’amore, ma che qualcuno la importunasse.
Ora era tutto più chiaro, eppure desiderava sapere il significato
di quei spari di poco prima. Dentro di sé, sentiva che qualcosa era andato
storto anche a Giovanni, e in cuor suo sperava che non gli fosse successo nulla
di grave. Lui era rimasto la sua unica ancora di salvezza.
Con il cuore che batteva forte, afferrò il panino di Lina e
lo divorò avidamente. Era ottimo, come sempre.
Mentre nel giardinetto ormai i servi si erano acquietati,
Teresa si sdraiò sul suo letto, un lettino piccolo, stretto e parecchio
scomodo, e si mise a guardare il soffitto della camera. Fortunatamente, era in
buono stato.
Sospirando, la ragazza si lasciò andare, addormentandosi.
Un forte tonfo la risvegliò.
Teresa, spaventata, balzò su dal letto, mentre il suo cuore
batteva all’impazzata. All’inizio pensò che si fosse trattato di un qualche
scherzo di Giovanni, ma purtroppo la realtà era che il brigante non era più lì
vicino a lei, pronto a proteggerla.
Si voltò verso la porta della stanza e vide una serva
impacciata alle prese con un bicchiere, che si era frantumato a terra.
La giovane, che doveva avere più o meno la sua stessa età,
alzò lo sguardo dal pavimento e le lanciò uno sguardo di sfida. Teresa
riconobbe che quella ragazza aveva veramente una faccia da impertinente, e si
chiese se la serva che le avrebbe mandato Giovanni avesse avuto lo stesso
volto.
Lei si rifiutava anche solo di pensare che fosse successo
qualcosa di male al suo amato, lui era troppo coraggioso per lasciare che
qualcuno lo ingannasse. Forse era stato il brigante stesso a far fuori i
banditi rivali e ad essersi ripreso tutto il bottino. E lei era certa che il
suo amato glielo avrebbe restituito tutto, ormai lo conosceva troppo bene.
‘’Mi scusi signorina, vostro padre mi ha dato l’ordine di
venire a svegliarla, e ad invitarla a scendere per la cena. Mi ha detto di
dirle che si deve vestire bene, poiché il vostro promesso sposo vi attende. Oh,
mi scuso per aver rotto il suo bicchiere, provvederò subito a procurarne un
altro’’, disse la giovane, con toni decisamente poco cortesi.
Teresa fu in procinto di aprir bocca e di dirgliene quattro,
ma ci ripensò. Quei servi sembravano istigati da qualcuno a dare il peggio di
sé, e se li avesse insultati, loro avrebbero provato piacere, notando che
stavano causando disagi.
La contessina quindi si alzò dal letto, come una vera signora
si risistemò al meglio il suo vestito e, a passi veloci lasciò la stanza, non
senza aver lanciato un piccolo sorriso alla servetta che, nel frattempo, se n’era
stata con le mani in mano a guardarla. La giovane rimase stupita dal suo gesto,
e Teresa ne fu felice, anche se solo per un attimo.
Infatti, ben presto si trovò di fronte a una tavola imbandita,
mentre suo padre era già seduto a capotavola ed invitava Alfonso a fare
altrettanto. La contessina lo maledì.
Il giovane, non appena vide Teresa, parve perdere la ragione.
Prontamente, le fece un piccolo cenno con la mano destra, quasi ad invitarla a
prender posto a fianco a lui, poi ne approfittò per spostare leggermente la
sedia e per far sedere la contessina, che sorrise cortesemente al suo pretendente.
‘’Alfonso! Non c’è alcun bisogno di scomodarsi così tanto per
Teresa, per ogni cosa c’è la servitù’’, disse il conte, sorridendo.
‘’Oh, signor conte, per me è un piacere poter far posto alla
sua magnifica figlia. E poi, la servitù non è proprio ottima. Quando sono
arrivato, una serva sgarbata non voleva neppure farmi entrare. Ed ha pure
imprecato, appena mi ha lasciato passare’’, disse il ragazzo.
‘’Immaginavo. Questa è la servitù appropriata a questa casa,
se così si può chiamare. Preferirei chiamarla tugurio’’, disse il conte,
nuovamente.
‘’Ho notato. Insomma, qui è tutto così squallido, non è di
certo un luogo adatto ad ospitare un grande signore ed ambasciatore come lei.
Potrei chiederle chi gliel’ha affidato?’’, chiese il giovane conte, affabile
come sempre.
Teresa si sentiva già esclusa da ogni genere di
conversazione, e abbassò il suo sguardo. Avrebbe voluto annoiarsi e chiudersi
in sé stessa, ma non poteva proprio deconcentrarsi in quel momento. Presto, i
due uomini avrebbero potuto parlare degli spari del pomeriggio nella pineta.
‘’Me l’ha affidata l’Arcivescovo in persona, con il suo
solito modo di fare signorile e galante’’, disse il conte, con un tono di voce
tranquillo ma che non ammetteva altre domande. Fece un cenno con la testa ad
indicare le giovani servette che si stavano affaccendando poco distante.
Logicamente, potevano far la spia di possibili discorsi disdicevoli e malevoli
rivolti alle eminenti figure di quella città, e creare discussioni inutili.
Alfonso capì subito.
‘’Ma certo, dovevo arrivarci da solo. Ma, se posso
permettermi, chiederei di elevare un po’ di più il nostro discorso, soprattutto
a riguardo alle nuove scoperte che si stanno avvicendando ormai ovunque al di
là dei nostri confini’’, disse il ragazzo, saccente come al solito.
‘’Assolutamente sì, raccontaci qualcosa a riguardo. Io e mia
figlia ascolteremo tutto con attenzione. Purtroppo, i miei ultimi impegni mi
stanno portando via anche la voglia di leggere…’’, disse il conte, quasi come
scusa.
Alfonso iniziò a brillare come una stella in quella stanza
semibuia, illuminata solo da flebili candele, mentre la situazione pareva
precipitare. Pian piano le candele andavano spegnandosi, mentre nessuno le
sostituiva, e le pietanze continuavano ad avvicendarsi sul tavolo. Pietanze da
poveri, e pure semifredde.
Mentre Alfonso continuava a parlare con foga, più che altro
per cercare di ignorare la situazione ridicola nella quale si trovavano, il
conte iniziò a diventare sempre più scuro in volto, mentre Teresa perse totalmente
interesse, ed iniziò a lasciare le pietanze nei piatti. Lina era certamente più
capace in cucina di tutte quelle cuoche.
Lentamente, tutto quel parlottare e quel cibo poco gustoso
l’avevano nauseata, e si accinse a chiedere il permesso al padre per alzarsi e
ritirarsi in camera. Avrebbe detto di non sentirsi bene, cosa che tra l’altro
era vera. Non aveva più senso stare lì ad ascoltare un ragazzo altezzoso che
raccontava le sue stupidaggini.
D’altronde, fu chiaro che nessuno avrebbe detto qualcosa di importante
proprio in quel momento, la serata era sfumata già da un po’.
La giovane si accinse ad aprir bocca, approfittando di un
breve momento di silenzio del suo promesso sposo, ma dovette fermarsi. Infatti,
Alfonso si alzò dal tavolo, indignato, quasi gettando a terra la sua sedia,
mentre il conte se ne stava immobile, quasi pietrificato.
Teresa tornò subito attenta, e ben presto capì cos’era
successo. Una servetta sbadata era riuscita a sporcare gli abiti di Alfonso, mentre
cercava di mettergli nel piatto una porzione di un qualche cibo sgradevole.
‘’Ora basta. È tutta la serata che ci mancate di rispetto! Vi
voglio qui subito, tutti! Vai a chiamare anche le altre serve!’’, ruggì il
giovane conte, con gli occhi fuori dalle orbite dalla rabbia.
La giovane, quasi impassibile, se ne rimase immobile, mentre
alcune cuoche dall’aria sfacciata si mettevano a braccia conserte all’ingresso
della stanza. Non c’era neppure stato bisogno di farle chiamare, se ne stavano
tutte lì in orecchio.
‘’Oh, vedo che siete già tutte qui presenti. Moto bene.
Voglio subito i vostri nomi e i vostri cognomi, compresi quelli dei vostri
mariti, e le rispettive professioni. Nei prossimi giorni, i gendarmi verranno a
farvi visita, e a perquisire le vostre abitazioni. Chiedo prima il permesso di
procede al padrone di casa. Signor conte, in qualità di inviato papale, e
detenendo il potere di guidare le guardie in momenti di crisi, vorrei solo far
punire tutte le insolenze che stanno macchiando la vostra condizione di vita da
ormai un mese’’, disse Alfonso, mentre il conte, sorpreso dalla reazione del
giovane, si limitò ad annuire.
Le serve parvero impaurirsi, tutte tranne una, un donnone
grosso e robusto, dall’aria volgare.
‘’E lei chi è per poterci fare accuse così gravi e per
denunciarci?’’, chiese la donna, per nulla impaurita.
‘’Non si risponde così ad un nobiluomo! Terrò conto anche di
questo, poiché io non devo dirvi proprio nulla. Però, visto che insistete, io
sono il conte Alfonso Cappellari, nonché nipote di Papa Gregorio XVI e suo
fedele servitore. E ora, fuori nomi, cognomi e indirizzi, sia i vostri sia
quelli degli altri servi che lavorano in questa casa; dovete essere perfettamente
rintracciabili, tutti quanti. Tra qualche giorno la gendarmeria verrà a
controllare che non siate ribelli o persone pericolose per il mantenimento
della quiete all’interno del nostro Stato, visto il comportamento alquanto
strano che state sfoggiando già da un po’. Avete macchiato indelebilmente un
messo papale, e ne pagherete le conseguenze’’, disse il giovane, sempre più
arrogante, mentre con un tovagliolo cercava di togliere un residuo di cibo
rimasto appiccicato al suo abito nuovo.
Le serve sbiancarono, diventarono remissive ed una ad una si
fecero avanti, pregando ed implorando perdono.
Alfonso annotò meticolosamente i loro dati su un piccolo
taccuino tascabile che si portava sempre dietro, senza lasciarsi impressionare
dalla scenata. Tutti avevano paura dei gendarmi, sempre duri e spregiudicati, e
probabilmente chi aveva istigato i servi a comportarsi male non aveva detto
loro che il conte avrebbe avuto eminenti ospiti a cena.
‘’Ho concluso. Fintanto che le vostre case non saranno
ispezionate, siete invitate caldamente a non lasciare la città di Ravenna per
alcun motivo, né voi né le vostre famiglie. In caso contrario, sarete ricercate
su tutto il territorio del nostro Stato, e sarete considerate rivoluzionarie.
Per ora, l’importante è che continuiate a servire in questa casa e in modo
decisamente più delicato di come avete fatto finora. Riferite anche agli altri
servi che ora non sono presenti’’, concluse Alfonso, il tono di voce pacato ma
freddo, in grado di raggelare anche chiunque.
‘’E ora andatevene, e tornate domattina. Per questa notte non
abbiamo bisogno di voi. Via!’’, sbottò il conte.
Subito, le serve sparirono, senza neppure tentare di
replicare.
I tre nobili rimasero in silenzio fintanto che non furono
sicuri che tutte le donne avessero abbandonato la casa. Poco dopo, infatti, la
porta d’ingresso si richiuse, gettando le servette nel buio della notte.
‘’E’ poi vero quello che hai detto, Alfonso?’’, chiese il
conte, lievemente divertito.
‘’Certo che no. Tutti noi sappiamo molto bene che, per ora,
non ci sono risorse necessarie per controllare il popolo in modo così
meticoloso. Inoltre, sono certo che la maggior parte dei nomi qui scritti sono
falsi. Eh beh, comunque mi sembrava giusto spaventarle. Vedrete, signor conte,
che d’ora in poi, la servitù non vi darà più alcun problema’’, aggiunse Alfonso,
sorridendo.
‘’L’importante è che non mi disturbino più. Ora le ho
cacciate, finalmente’’, disse il conte, sollevato.
‘’E’ stata una scelta giusta, la sua?’’, chiese con cortesia
il giovane nobile.
‘’Meglio soli che mal accompagnati, mi dicevano. Ora che se
ne sono andati tutti, potrò chiudere per bene la mia porta e dormire sonni
tranquilli’’, ribadì il conte, per nulla dispiaciuto del trattamento inflitto
alla servitù.
‘’Signor conte, lei ha indubbiamente ragione. Sta di fatto
che questa è stata solo una messa in scena per metterla in ridicolo, glielo
dico io. In queste terre ribelli, tutti tramano contro il potere del santo
pontefice. Tutto questo sarà riferito a mio zio, lo farò io stesso in persona,
non appena tornerò a Roma’’, disse il ragazzo, borioso.
‘’Non ne dubito. Però, sarebbe meglio tralasciare, d’altronde
ormai il nostro amato pontefice ha tanto a cui pensare. Io, invece, ho dovuto
solo far fronte a un po’ di indisciplina della servitù’’.
‘’No, qui si sbaglia; lei ha dovuto affrontare l’indisciplina
della Chiesa stessa, che è mal radicata in questo territorio. I prelati preferiscono
tenere i piedi in due staffe, trattando amabilmente gli inviati papali durante
gli incontri privati ma servendoli male in maniera indiretta, in modo da
mostrare al popolino che anche loro sono dalla stessa parte dei repressi. È una
strategia ormai diffusa nei luoghi lontani dalla nostra eterna capitale.
Ma d’altronde, i nostri cari chierici non possono far molto
di fronte ai barbari che vivono in queste terre; a volte, dico a me stesso che
sarebbe meglio abbandonare queste zone, e cercare di consolidarci al meglio più
a sud, dove la gente è meno incline alle idee rivoluzionarie. Eppure, il mio
amato zio continua la sua lotta, inviando contingenti in questa terra aspra e
dai modi di vivere brutali, sempre in procinto di ribellarsi.
Però, ammetto che il nostro pontefice ha ragione nel voler
tenersi questi territori, poiché se li lasciassimo un attimo incustoditi, e
dico un attimo solo, qui succederebbe il finimondo. Questa gente è spinta da
impulsi pagani, quasi primordiali…’’.
‘’Alfonso, non esageriamo, ora. Sono perfettamente d’accordo
con le tue tesi, però ti garantisco che quello che il clima che si è formato
qui ora è profondamente diverso da quello che c’era solo vent’anni fa, quando
sono venuto a vivere a Roma. La gente era cordiale e remissiva, nessuno si
sarebbe mai immaginato che ben presto tutto sarebbe cambiato. Ora questa gente
vuole la libertà a tutti i costi, e, tenaci come sono, sarà difficile far
cambiar loro idea. La loro mente è stata annebbiata dai falsi valori che
nell’ultimo periodo stanno scuotendo anche gli altri Stati della nostra
penisola’’, disse il conte, interrompendo con educazione il giovane istruito.
Teresa tornò nuovamente a chiudersi in sé stessa, mentre i
due uomini continuavano a far salotto, incuranti della tavola ancora da
sparecchiare che avevano di fronte. Ma d’altronde, quell’abitazione non aveva
alcuna comodità migliore.
‘’Lei indubbiamente sa, signor conte, che dopo le grandi
rivolte di alcuni anni fa qui è cambiato tutto. Si dice che, poco più a nord di
qui, grosse bande di banditi armati girovaghino tutto il giorno, passando d’in
paese in paese, corrompendo i pensieri del popolo ignorante.
Nei nostri monti, centinaia di fuorilegge tessono la loro
tela, mentre noi non abbiamo le capacità per sistemare tutto. Almeno, per ora.
Appena ritornerò a Roma, ho intenzione di richiedere a mio zio l’affidamento di
un buon contingente di austriaci. Ora sono abbastanza maturo per poter guidare
la mano armata della Santa Chiesa e per poter riportare un po’ d’ordine in
questi luoghi ribelli’’, affermò Alfonso, sempre più zelante.
Teresa sospirò, mentre il conte si preparava di nuovo a
ribattere. Ormai si era arresa ad ascoltare le chiacchiere degli uomini, più
che altro per non irritare ancora di più suo padre con una sua possibile fuga.
‘’Certo Alfonso, faresti un grande favore al nostro grande
pontefice, ne sono certo. Se ce ne fossero di più di ragazzi come te, ora non
saremmo arrivati a questo punto’’, continuò subito il conte.
‘’Lei mi lusinga. Beh, cercherò di fare del mio meglio.
Comunque, oggi pomeriggio c’è stata un’altra grave dimostrazione di quello che
può succedere se non proteggiamo meglio le nostre città’’, aggiunse Alfonso.
Teresa, quasi addormentata sulla sua sedia, aguzzò le
orecchie.
‘’Cos’è successo? Riguardo a quegli spari che abbiamo sentito
anche noi?’’, chiese suo padre. A quel punto, la ragazza era perfettamente
vigile.
‘’Proprio riguardo a quello. Quei briganti che hanno
riportato Teresa sono morti. Sono stati uccisi in un agguato preparato da un’altra
banda rivale, che è poi stata lungamente inseguita dalle guardie, che ne hanno
uccisi parecchi, prima che riuscissero a nascondersi nelle pinete’’, disse il
ragazzo che, in preda alla foga del racconto, arrossì lievemente in volto.
Teresa, invece, si sentì improvvisamente male. Giovanni
poteva essere morto.
‘’Che significa? Sono morti tutti?’’, chiese la giovane,
allarmata, non badando più al galateo. Suo padre la guardò male, mentre Alfonso
fece finta di nulla.
‘’Sì, Teresa, sono morti tutti. Tre di loro sono stati uccisi
lungo la strada principale, con loro c’era anche il capo’’, disse il giovane,
fissandola con fare incuriosito.
‘’Erano quattro in tutto’’, disse Teresa, con un filo di
voce. Forse qualcuno si era salvato. Forse Giovanni non era morto.
‘’Sono morti tutti, ti dico. Ho parlato con il gendarme che
ha diretto la sortita poco più a nord della città, e mi ha detto che il capo,
quel montanaro chiamato Giovanni, diventato piuttosto famoso nella regione per
le sue rapine, è morto, ed era a terra, riverso lungo la strada principale,
mentre gli altri due suoi compagni erano vicino ad una capanna disabitata, sempre
senza vita. Insomma, è stato riconosciuto. Il quarto sarà sicuramente morto
durante l’inseguimento successivo; mi hanno assicurato che nessuno dei banditi
è riuscito ad inoltrarsi nella pianura interna’’, continuò Alfonso, non
togliendole gli occhi di dosso.
La ragazza abbassò lo sguardo, mentre la fortezza di
sicurezza che si era costruita attorno nell’ultimo periodo crollava come se
fosse di sabbia. Giovanni era morto, e senza il brigante lei non era più nulla.
Non avrebbe amato più nessuno, e non sarebbe mai più stata libera.
Un piccolo barlume di speranza le fece credere per un attimo
che il brigante fosse riuscito a fuggire dall’agguato, e che le guardie
avessero sbagliato nel riconoscerlo, d’altronde lui e Gianni erano fisicamente
molto simili. Però anche quel barlume morì quasi subito in lei. Se c’era stato
un inseguimento e una successiva carneficina, il brigante ancora parzialmente
malmesso dallo scorso scontro a fuoco non avrebbe avuto possibilità di esserne
uscito vivo.
‘’Ma, mia cara Teresa, sono venuto fin qui per dirti altro,
non per parlare di banditi. Ecco, vorrei comunicarti che io e tuo padre abbiamo
concluso un accordo, e che ben presto saremo marito e moglie. Ho richiesto la
tua mano a tuo padre, e lui ha gentilmente acconsentito. Ci sposeremo
dopodomani, presso la basilica di sant’Apollinare Nuovo, qui a Ravenna. E non
preoccuparti di nulla, tutto è già stato preparato durante la tua assenza’’,
aggiunse il giovane, sorridendo con fare spavaldo.
Teresa lo guardò, stralunata, mentre perdeva il controllo di
sé e dei suoi sentimenti.
Si alzò lentamente dalla sua postazione, guardò con fare
colpevole suo padre e quello che avrebbe dovuto diventare il suo sposo, e pensò
a Giovanni. Tutto era cambiato così in fretta che non aveva avuto neppure il
tempo di accorgersene.
Nessuno l’avrebbe più salvata da quell’incubo, il suo amore
era morto nel peggiore dei modi. Era tutto finito, per lei.
Mentre Alfonso le rivolgeva uno sguardo interrogativo, lei si
sentì mancare le forze e perse i sensi.
Ciò che ricordò in seguito fu solo la sua botta contro il
pavimento gelido, lievemente attutita da suo padre, che era riuscito ad afferrarla
per il bordo della veste.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie per aver letto anche questo capitolo J
Grazie a chi continua a seguire il racconto, e un grandissimo
grazie a chi continua a sostenermi con delle bellissime recensioni. È sempre un
piacere leggere i vostri pensieri sul racconto J
Grazie a tutti J a lunedì prossimo J