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Autore: Mue    11/05/2015    2 recensioni
«Ehi, Folletto Saputello!»
Ecco come nei corridoi di Hogwarts il divino James Sirius Potter apostrofa Emily Hale, Corvonero, anonima, impacciata e senz'altra dote -se dote si può chiamare- che non un'estrema bibliofilia.
Sarebbe un episodio di potteriana impertinenza come tanti altri che Emily è costretta a subire se Stuart Dunneth, suo misantropo e ambiguo compagno di classe, non si trovasse per caso nei paraggi.
Emily, ligia alle regole, timida all'ennesima potenza e avversa a qualsiasi tipo di azione eroica, ancora non sa che questo incontro la coinvolgerà nel vischioso mistero che avvolge il ragazzo e sarà costretta, suo malgrado, a dare fondo a tutte le sue risorse per risolvere quello che, da giallo inquietante, potrebbe rivelarsi invece una storia dell'orrore delle peggiori. E i Potter, con le loro smanie di protagonismo, ovviamente non possono stare molto lontani.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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X.
Un dicembre raffreddato


«Etciù!» Emily irruppe in uno starnuto così violento che metà della classe si girò a guardarla spaventata.
Emily arrossì e seppellì il volto scarlatto in un fazzoletto.
Ecco cosa si era guadagnata dalla gita in barca e il suo primo bagno nel lago di Hogwarts: un bel raffreddore. D’altronde non poteva pretendere molto di più considerato che era la fine di novembre e che appena quattro giorni dopo l’evento era nevicato.
Emily guardò fuori dalle finestre dell’aula: il parco di Hogwarts era scomparso, sepolto sotto un manto spesso molti pollici di neve bianca e farinosa. Il lago, in cui solo una settimana e mezza prima era caduta, era completamente ghiacciato, una superficie argentata dove i ragazzi si divertivano a pattinare nelle ore libere.
Emily li invidiava: se nuotare nel lago non era propriamente in cima alla lista dei suoi desideri, pattinarci era una cosa che faceva fin dal primo anno. Amava il ghiaccio, il freddo, l’atmosfera natalizia e il caldo del focolare; amava il mese di dicembre. Forse un po’ anche perché ci era nata.
Già, il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno, l’aveva quasi dimenticato. Di solito non teneva in gran conto l’evento: a parte i suoi genitori, che le mandavano ogni volta montagne di regali, non aveva mai avuto nessuno con cui festeggiare lì a scuola. Eccetto, ovviamente, Drilla.
E quell’anno? Forse avrebbe festeggiato anche con Stuart. E magari Al le avrebbe fatto gli auguri, era sempre così gentile. E Jamie…
Di Jamie non riusciva a immaginare nulla.
Dopo l’incidente del lago si erano visti poco: i ragazzo aveva interrotto persino le sue visite in biblioteca. Emily era un po’ amareggiata, ma non poteva dargli tutti i torti: sarebbe stato strano, piuttosto, se Jamie avesse continuato a trattarla amichevolmente. Insomma, dopotutto gli era scoppiata a piangere davanti, e di sicuro non ne era stato molto piacevole per lui. Ancora adesso, ripensandoci, non riusciva a capire cosa le era preso.
«Paura, immagino», le rispose Drilla quando uscirono insieme dall’aula di Trasfigurazione. Stuart, accanto a loro, era una presenza costante e un po’ inquietante.
«La tensione gioca strani scherzi», aggiunse saggiamente Drilla. «Non sai quante volte è capitato che Ellen o Ashley scoppiassero a piangere dopo una partita, anche se avevamo vinto. È l’ansia che quando va via ti libera e ti devi mettere a piangere.»
Emily annuì, anche se la cosa le sembrava ancora un po’ assurda.
«Comunque beata te che hai avuto un po’ di emozioni durante la tua punizione», disse in tono risentito Drilla mentre si sedevano al tavolo di Corvonero e nei piatti apparivano le consuete successioni di pietanze gustose.
«Perché, che cosa avete fatto tu e David?», chiese Emily servendosi di un pezzo di pasticcio al formaggio.
Drilla spiaccicò una porzione di sformato nel suo piatto con violenza, mandando schizzi di cibo tutto intorno a sé. «David!», ripeté, come se fosse un insulto, poi si riscosse dai suoi pensieri che, a giudicare dalla sua faccia, dovevano essere stati di natura lievemente macabra. «Io e David», e di nuovo pronunciò quella parola come se fosse un termine molto volgare, «abbiamo dovuto riordinare uno ad uno tutti, e dico tutti i vecchi schedari dell’archivio che c’è nei sotterranei; erano tutti pieni di muffa, uova d’insetto, ragnatele, larve…»
«Ho capito, ho capito», la bloccò Emily che stava masticando il suo pasticcio ed ebbe improvvisamente voglia di sputarlo.
«Be’, puoi immaginarti che orrore. E lui!», e qui ringhiò. «Prima o poi gli tenderò un agguato e lo trasformerò in un’iguana…»
«Calmati, Drilla, sei stata appena punita perché lo hai picchiato»; cercò di farla ragionare Emily.
Drilla grugnì. «Già, è molto meglio che parli di qualcos’altro. I tuoi hanno ricevuto la lettera della punizione?», si ricordò alla fine, e la guardò colpevole.
«Sì, mi hanno mandato una risposta. Hanno detto che non ha importanza, basta che non mi cacci nei guai e non corra rischi. Erano un po’ preoccupati, ma ho mandato loro una lettera per dire che è tutto a posto.»
«Hai parlato con loro della tua incredibile performance del tuffo nel lago?», chiese ridacchiando Drilla.
«Nemmeno per sogno, non voglio farli morire di ansia per me.»
Drilla sogghignò, finì in fretta il cibo nel suo piatto e si gettò sulla spalla la borsa. «Vado.»
Emily alzò le sopracciglia, sorpresa.
«Allenamenti di Quidditch», spiegò lei impaziente, e sparì oltre la porta della Sala Grande.
«Buona fortuna», le gridò dietro Emily con la sua voce esile. Dubitava che l’avesse sentita; credeva di aver indovinato a cosa, anzi, a chi stesse pensando la sua amica. Sorrise e tornò al suo piatto.
Stuart, accanto a lei, sembrava pensare la stessa cosa. «Vidal?», chiese a bassa voce.
Emily annuì. «Ci puoi scommettere.» E starnutì di nuovo.

La mattina dopo si svegliò come tutte le mattine della sua vita a Hogwarts, nel suo letto a baldacchino. Ma, a differenza delle altre mattine, non si alzò dal letto.
«Santo cielo, Emy, hai un aspetto orribile!»
Emily si girò dall’altra parte. Non era propriamente quella la prima cosa che la sera prima si era aspettata che Drilla le avesse detto. Ma a giudicare da come si sentiva quella mattina l'affermazione non la stupiva affatto.
Non si sentiva per niente bene. Anzi, proprio malissimo. Sudava sepolta sotto tre strati di coperte, eppure aveva freddo. Si sentiva la pelle scottare e la sola idea di mettersi in piedi le faceva girare la testa.
«Oh, no, proprio oggi che dovevo fare la ricerca per il tema di Quebec sulle proprietà magiche dei numeri primi», sussurrò, la voce rauca.
Drilla scoppiò a ridere. «Santo cielo, stai malissimo, c’è il sole che brilla fuori ed è domenica, è il tuo compleanno e di tutte le ragioni per cui lamentarti di esserti ammalata proprio oggi la prima che ti viene in mente è che non puoi fare una ricerca?»
Emily sorrise debolmente. «Sono una secchiona, ricordi?»
Drilla scosse la testa senza smettere di ridere e le fece cadere un grosso pacco sulle lenzuola. «Auguri, Emy! Scendo nella Sala Grande a prendere un po’ di cibo per festeggiare e torno subito, ok? Intanto prenditi una Pastiglia Sfebbrante, dovresti trovarne una nel mio comodino.»
Emily annuì. «Grazie.»
«Oh, dopo il mio pacco lì ne hai un’altra sfilza da aprire, ma non provare a farlo prima che ritorni, sono troppo curiosa!», annunciò l’amica con una nota enigmatica prima di sparire giù per la scala a chiocciola.
Emily, incredula, con un grosso sforzo si tirò su a sedere e vide ammucchiati ai piedi del letto una manciata di scatole ben confezionate e infiocchettate. Sentì un nodo alla gola: chi le aveva mandato tutti quei regali?
Drilla ci mise un secolo a tornare, e quando si chiuse la porta alle spalle aveva un’aria strana, come se le fosse capitato qualcosa di bello e qualcosa di brutto insieme.
«Che c’è? È successo qualcosa?», chiese Emily, che dopo aver preso la pastiglia si sentiva meglio e si era vestita.
Drilla scrollò le spalle. «Nulla di speciale.» Fece un sorriso che andava da un orecchio all’altro. «Ho incontrato Tristan giù nella Sala Comune.»
Posò il vassoio di cibo che teneva in mano sul letto di Emily. «Bene, e ora possiamo festeggiare. Allora, apriamo i regali?»
Emily guardò i pacchi. «Drilla, sei sicura che siano miei? Potrebbe essere un errore…»
«Ma che errore ed errore! Mancano ancora diciassette giorni a Natale e non mi sembra che ci sia nessun altro in questo dormitorio che compia gli anni oggi, perciò scarta e non fare tante storie.» Le porse il primo pacco.
Emily se lo rigirò tra le mani, ma non trovò quello che cercava. «Non c’è il biglietto.»
Drilla scrollò le spalle e restò in attesa trepidante. Emily, con un sospiro, si rassegnò e tolse piano la carta dall’involucro.
Il primo regalo era una splendida penna enorme di uno strano color bordeaux con il pennino cesellato d’oro. Emily non aveva mai visto una cosa simile.
«È bellissima. Ma…»
«Apri gli altri, su!», la incoraggiò Drilla, impaziente.
Emily obbedì: in un pacco molto grosso c’era un bellissimo modellino del sistema solare con i pianetini che fluttuavano pigramente attorno al sole, una fiammella luminosa levitante. Poi c’erano una manciata di libri, tra cui Emily apprezzò in particolare un volume molto pesante che Drilla le aveva lanciato e che era atterrato sul suo ginocchio facendole un grosso livido: si chiamavaCreature Elfiche Incantate dal 1000 a.C. ai giorni nostri; poi un’intera scatola di Cioccorane, un vestito elegantissimo da parte dell'amica che Emily arrossì al solo vedere e decise subito che non avrebbe mai messo, un bel maglione di uno strano materiale che individuarono come lana di Keller e un paio di pattini affilatissimi da ghiaccio, di marca evidentemente Babbana.
«Stuart», spiegò Drilla allegra quando Emily li ebbe rimirati da tutte le parti.
«È… è stato gentilissimo», balbettò Emily sopraffatta.
«Già, e le sorprese non sono finite qui», disse misteriosamente Drilla, alzandosi.
«Cosa?», fece Emily, confusa.
Drilla fece un gran sorriso, si diresse a passi solenni verso al porta e la aprì come se fosse il sipario di un palcoscenico.
Emily rimase sbalordita quando dalla porta vide entrare prima Stuart, poi Al e Jamie e, infine, David, con l’aria di essere lì per caso.
«Auguri», disse Stuart avvicinandosi, e il suo esempio fu seguito dagli altri. Al le fece un gran sorriso, Jamie tossì mentre le stringeva una mano solennemente, facendo il buffone.
«Accidenti, quel bagno fuori stagione ci è costato caro, eh?», disse in tono complice; anche lui aveva un po' di raucedine.
David, da dietro il suo amico sorrise, appoggiato con una spalla alla colonna del letto. «Hai proprio un aspetto schifoso, peggio di quando ti è cresciuto tutto quel muschio sulla faccia», ghignò.
Drilla lo punzecchiò ad un fianco con la bacchetta. «Ehi, io non ti avrei mai nemmeno fatto salire se Al non mi avesse assicurato che ti saresti comportato bene, perciò taci e fai il bravo o passerai guai molto seri.»
«Ah sì? E chi me li farebbe passare, sentiamo. Tu, per caso?»
Passarono quasi tutta la giornata che seguì a beccarsi, ma nessuno degli altri ci fece caso. I regali senza biglietto si rivelarono quasi tutti dei tre ragazzi, soprattutto i Potter che avevano una famiglia parecchio benestante. Le Cioccorane, invece, erano di David.
«Se non metti su un po’ di curve nessuno capirà mai che sei una ragazza», dichiarò spudorato, e si prese una bella cuscinata da Drilla.
Passarono la giornata festeggiando e chiacchierando allegramente, e presto si unirono a loro anche le altre compagne di stanza di Emily e Drilla, Eva e Virginia, attratte dalla compagnia maschile.
I frutti della giornata furono ben visibili quella sera, quando i ragazzi se ne andarono; la stanza era un caos: c’erano incarti vuoti di Cioccorane sparsi dappertutto e piume in ogni angolo -non era rimasto integro nemmeno un cuscino-. Senza contare la carta da regalo strappata e buttata all'aria.
«I poveri Elfi domestici avranno un bel da fare stanotte», osservò Stuart, rimasto solo con Drilla ed Emily.
Emily si guardò intorno dispiaciuta. «Accidenti, mi dispiace, hanno già tanto lavoro…»
«Be’, ma loro più lavoro hanno meglio stanno, no?», replicò Drilla scrollando le spalle.
«Come avete fatto a salire nel dormitorio femminile? I ragazzi non possono farlo, no?», chiese Emily a Stuart.
Lui sorrise. «No, ma con il permesso di una ragazza si può, e Drilla è una ragazza.»
Emily si volse verso di lei. «Avevi organizzato tutto fin dall’inizio?»
Drilla sogghignò. «Già. Te l’ho proprio fatta, vero? Anche se non avrei mai fatto venire quell'imbecille di Steeval, ma dato che anche lui mi ha consegnato un regalo per te ho dovuto dargli il permesso. Ora devo scappare, Tristan mi aspetta per gli allenamenti. Ci vediamo più tardi!»
Quando rimasero soli Stuart stette per qualche minuto in silenzio, pensieroso. Emily lo guardava incuriosita: sembrava in preda a uno strano conflitto interiore. Poi, alla fine, alzò gli occhi e la fissò.
«Senti, volevo chiederti una cosa…»
Emily attese.
«Ti… ti va se durante le vacanze vengo a trovarti? Solo se vuoi, però, non sei obbligata»; chiarì in fretta.
Non ce ne fu bisogno: il volto di Emily si illuminò di gioia. «Verresti a trovarmi durante le vacanze? Davvero? Ma la tua famiglia ti lascerà?»
Stuart annuì. «Non faranno problemi, credimi, saranno in vacanza a Monaco. Allora, ti va? Altrimenti dovrei passare le vacanze da solo…»
Emily annuì con vigore. «Ma certo che mi va! Mi piacerebbe tantissimo…ma, come facciamo? Se abiti lontano…»
Stuart alzò le spalle. «È presto detto. Dove abiti?»
«Erith, a Londra. E tu?»
Stuart sorrise. «I pressi di Hyde Park.»
Molto, molto vicino, quindi. Emily sentì un fiotto di gioia invaderla: non aveva cugini o fratelli, e nemmeno amici a Londra, perciò era sempre rimasta da sola con i suoi genitori durante le vacanze. Che Stuart venisse a trovarla le sembrava un sogno.
«Ci sarai davvero?», chiese, ancora incredula.
«Il giorno dopo Natale, ok? Vengo in metro», promise lui.
Emily annuì. Era talmente bello che non si sarebbe permessa di crederci finché non l’avesse visto con i suoi occhi alla porta del numero venti di Golding Street.

   
 
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