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Autore: GreenCats    11/05/2015    4 recensioni
Dover scegliere quello che più ti fa star bene non vuol dire scegliere la cosa migliore.
E' questo che capita ai protagonisti: Harry e Louis.
Un amore sbagliato, che potrebbe distruggere tutto oppure aggiustare le loro vite, complete solamente dopo essersi incontrati.
Conosciuti in una chat, i due ragazzi avranno modo di scoprirsi, di iniziare ad amarsi, ma avranno mai il coraggio di andare oltre uno schermo?
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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LOUIS
10 DICEMBRE – 22.01
 
Bianco.
Bianco, tutto ciò che riuscivo a vedere era una stanza bianca, troppo bianca. “Colorala Louis” – ecco cosa mi venne in mente non appena attraversai la porta di quella camera.
Gli unici rumori presenti erano quei fastidiosi bip di macchine a cui lui era legato ed i singhiozzi ininterrotti di Anne. Erano quasi due giorni che non dormiva, gli occhi spenti e stanchi di versare lacrime. Des era all’angolo della stanza, con il mento poggiato nei pugni stretti, fece un semplice cenno con la testa, ma non si spostò dalla sua posizione ed i suoi occhi rimasero fermi sul corpo di quel figlio adorato. Non disse nulla eppure sapevo che, il biglietto aereo e la macchina fuori dall’aeroporto erano stati pagati da lui, quindi sillabai un grazie a bassa voce ma non fui per niente ascoltato. Non avrebbe mai ammesso di aver fatto qualcosa per me. 
Non riuscivo a guardare quel letto, vederlo così avrebbe reso tutto reale, tutto vero ed io non avevo il coraggio di affrontarlo. Uscii dalla stanza correndo, con gli occhi pieni di lacrime, seguito da una preoccupata Anne, che anche con tutta la sua stanchezza, continuava a corrermi dietro. Non appena fui all’esterno del grande ospedale, mi sedetti su uno degli scalini e nascosto tra le mie mani, iniziai a piangere ancora, come se le ultime dodici ore di lacrime non erano state sufficienti, ma la consapevolezza che quel corpo inerme era quello di Harry, del mio Harry, del fottuto amore della ma vita, era arrivata solo in quel momento, solo in quell’istante era arrivata la vera paura, quella di perderlo definitivamente.
Sentii una mano poggiarsi sopra la mia spalla destra ed un tirare su col naso - «Lei era appena tornata dalla clinica, diceva di essere pulita ed io ed Harry le abbiamo creduto così facilmente…Dovevi vederlo com’era felice di riabbracciarla, sembrava un bambino il giorno di Natale. La prima sera è andato tutto bene, ci siamo seduti e abbiamo visto un film tutti insieme, come una piccola famiglia, li avevo lasciati davanti la televisione e la mattina successiva invece – singhiozzò, portandosi le mani sul viso nero per colpa del trucco sbavato – Harry era disteso sul pavimento del salone con della schiuma in bo-bocca ed io pens-pensavo che fosse morto. Lei non c’era più, è scappata. Harry ha preso della droga da lei, forse un sovradosaggio, lui non ha mai preso droghe, ti prego Louis, dimmi che anche con te non ha preso mai droghe» - Anne poggiò la sua testa sopra il mio petto, era letteralmente a pezzi, potevo capirlo dai suoi occhi, dal tono della sua voce. Si strinse ancora di più a me, dovevo darle forza quando io ero il primo ad averne bisogno, ma l’abbracciai con tutte quelle poche forze che mi erano rimaste, sapevo bene che Des non le aveva dato nessun tipo di conforto, quell’uomo era fottutamente fatto di ghiaccio.
«Non ha mai assunto droghe in mia presenza Anne»
«Overdose, è stata overdose di qualche schifezza che quella lurida ragazzina gli ha rifilato, ne sono sicura – singhiozzò nuovamente, cercando di tirare indietro le lacrime, la sua voce però era dura, arrabbiata – non riesco neanche a pronunciare il suo nome, mi fa così schifo. I dottori hanno detto che è fuori pericolo ma il suo corpo non risponde agli stimoli, dovrebbe svegliarsi tra qualche ora secondo i medici ed io voglio solo rivedere mio figlio vivo. Parlagli Louis, la tua voce so che gli farà bene, so che lo ami e che tieni a lui, ti prego, parlagli» - la donna tornò ad appoggiarsi a me, le lacrime ormai cadevano incontrollate sul suo viso e finivano per bagnare la mia felpa. Restammo immobili all’esterno di quell’ospedale per minuti che sembravano infiniti. Avevo adorato Anne sin dal primo momento, nonostante i tanti errori che aveva fatto con Harry, era una donna che si faceva amare subito e vederla spaccata in due, rendeva questa situazione ancora peggiore. Harry non voleva fare del male a nessuno, forse solo a se stesso. Era il suo modo per fuggire dai problemi, mi somigliava troppo in quello, glielo avevo insegnato io.
«È colpa mia Anne…» - ammisi e questa volta fui io a crollare tra il petto della madre di quello che fino a poco tempo prima era il mio ragazzo. Anne mi tirò ancora di più al suo petto, potevo sentire il suo cuore battere, il suo respiro freddo sul mio viso, stava cercando di fermare il mio tremare incessante ma non ci riuscì, anzi lasciò la presa dal mio corpo ed io mi accasciai a terra, sull’asfalto caldo nonostante fosse dicembre inoltrato.
«Smettila di trattenerti e sfogati con me!» - non appena le parole uscirono dalla bocca della donna io mi ritrovai ad urlare, attirando su di me sguardi indiscreti, potevano anche prendermi per pazzo, forse lo ero, non mi importava nulla tranne delle condizioni del mio Harry.
«Ho paura di perderlo Anne, io non posso vivere senza di lui e non è una frase fatta. Guardami io sono il fottuto prodotto del suo amore e se lui non c’è, io non ho senso di esistere! Ti prego, ti prego, ti prego dimmi che non morirà, che andrà tutto bene» - Anne si inginocchiò e come cenere mi raccolse da terra, tornando a stringermi.
«Porti una sua felpa» - notò quando fummo entrambi in piedi ma questa volta distanti uno dall’altro. Abbassai lo sguardo sul mio petto, sì indossavo la felpa che mi aveva lasciato la prima volta sul letto, non avevo mai indossato così tanto un indumento come quella maledetta maglia. Era stata la mia risposta a tutto: Harry che va via, Harry che mi ama, Harry che torna, Harry che me la toglie prima di fare l’amore, Harry che la osserva, Harry che mi tradisce, Harry che la indossa per inciderci il suo profumo sopra, Harry che mi chiede di sposarlo, Harry che va via. Era un ciclo infinito che nessuno dei due si era accorto di compiere, ma finiva sempre nello stesso modo. Andava via, da me, da tutto quello che rappresentavo, persino dalla sua stessa vita. Era per questo che aveva assunto della droga, ne ero sicuro, voleva sentirsi anche solo per un momento lontano da se stesso e di conseguenza da me, perché inevitabilmente, anche con un oceano di mezzo, io e lui ormai eravamo solo un’anima.
«Anche lui indossava sempre i tuoi vestiti. Lo vedevo in giro per casa con magliette strette o pantaloni che a malapena gli arrivavano alle caviglie, pensavo fosse per moda poi ho visto una vostra foto, una di quelle che lui ha sulla parete in camera sua e tu portavi quelli stessi pantaloni e ho capito» - la madre di Harry continuava a parlare ed ad alimentare quel buco nero che avevo al centro del petto, sotto la sua felpa. Mi mancava e le parole per esprimere questo non riuscivo ancora a trovarle. Non eravamo mai stati abituati ad essere lontani, a scinderci. Sentivo un dolore lancinante nel petto, persino le mie viscere interne urlavano al dolore, quel male che non riuscivo ad identificare se non come la mancanza di Harry. ‘Teoria dell’arto fantasma’, ero arrivato a pensare, il nostro corpo è capace di ricordare le sensazioni anche quando non ci sono più, possiamo completamente annullarci, non pensarci, ma il nostro corpo, nei momenti più inattesi ed inadatti ce lo ricorderà. La teoria dell’arto fantasma equivale al dolore della mancanza ed il male che sentivo era stato procurato da Harry che con il suo andarsene, si era portato tutto ciò che mi teneva vivo.
Anne mi sfiorò il braccio per richiamare la mia attenzione, aveva capito che stavo per crollare ancora una volta dopo attimi di assoluto silenzio. Il rumore delle sirene in lontananza mi riportò alla realtà: ero io che dovevo tenere Harry vivo.
«Per questa notte andate a dormire a casa, resterò io con lui, avete bisogno di riposare entrambi» - Des ed Anne annuirono e nel giro di qualche minuto lasciarono la stanza, senza prima però aver dato qualche ultima attenzione a loro figlio, l’unica cosa che li legava ancora. Era strano vederli insieme, sicuramente Harry avrebbe pensato lo stesso, non si rivolgevano né parole né sguardi, entrambi lo tenevano fermo sul loro unico figlio, occhi preoccupati ma con una scintilla di speranza erano quelli di Anne, dei profondi pozzi neri invece erano quelli di Des. Era difficile sostenere il suo sguardo, sapevo di non essergli mai andato a genio.
«Grazie Louis, per qualsiasi cosa per favore chiamaci, hai i nostri recapiti?» - annuii ed accompagnai alla porta i due genitori che prima di andare via diedero un’ultima occhiata ad Harry. Lo sguardo di Des mi fece letteralmente tremare ma lo ignorai non appena la donna mi strinse nell’ennesimo abbraccio, questa volta con molte meno lacrime - «Parlagli, ha bisogno di te»
 
«Cazzo è proprio vero che si incontra Dio più volte in ospedale che in Chiesa» - dissi ad alta voce, i miei gesti erano impacciati ed il mio sguardo era ancora lontano da quel corpo inerme, non riuscivo a vederlo, sarei crollato definitivamente. Spostai la poltrona dove il signor Styles era stato fino a pochi minuti prima seduto e la avvicinai al letto, cercando di non inciampare tra quei fili e le macchine che dominavano l’intera stanza. Arrivò come una forte fitta all’altezza dello stomaco la certezza che quello era il corpo di Harry. Quel corpo tenuto in vita da una macchina era lo stesso che settimane prima mi stringeva, mi sussurrava di amarmi.
«Sono così maledetto non è vero? Mio fratello, mio nonno, tu, inizio a chiedermi se non è una punizione divina per qualcosa che ho commesso nella vita passata. Non posso perdere anche te Harry, ti prego, ascolta la mia voce e vieni da me» - gli afferrai la mano, quella libera da farfalle o strani affari alle dita. Era freddo, chissà se il suo pigiama di flanella blu era abbastanza pesante da tenerlo davvero al caldo, con entrambe le mani portai la sua vicino alle mie labbra e la baciai.
 
«Questa è la linea dell’amore e la tua è molto lunga» - Harry mi afferrò la mano e con l’indice tracciò una linea al centro del mio palmo, un leggero brivido mi percorse tutto il braccio fino a raggiungere la mia schiena. Dopo mesi il contatto, Harry mi procurava ancora palpiti, il mio corpo era sempre così debole e dipendente del suo tocco. Passò le dita sulle mie nocche prima di avvicinare la mano alla sua bocca e baciarmi il lato sinistro, quello tra il pollice e l’indice - «Io inizio qui» - poi baciò la parte opposta della linea dell’amore, quella a destra - «E finisco qui»
«Ma è tutta la linea!» - fissai confuso il palmo della mia mano ancora vicino al suo viso.
«Deve essere così e guarda – disse con tono spensierato prima di poggiare la sua grande mano sulla mia ed intrecciare le nostre dita – coincide perfettamente con la mia linea dell’amore».
 
La linea dell’amore, quella che trapassava la sua mano e la mia vita, era chiusa in un pugno lasciato inerme vicino il fianco. Ero stato rimproverato da un’infermiera non molto gentile. Da quanto avevo capito il ‘Guardare ma non toccare’ non valeva solo per le cose esposte nelle vetrine dei negozi ma anche per i bellissimi ragazzi dagli occhi verdi in coma. Appena la stronza uscì riafferrai quel pugno e lo strinsi ancora più forte. Harry era fermo, immobile, a malapena il suo sterno di alzava ed abbassava, uno degli innumerevoli tubi forse serviva proprio a questo, quante volte avevo poggiato lì sopra la mia testa mentre le sue dita si facevano spazio tra i miei capelli? Innumerevoli ma in quel momento avrei voluto più tempo con lui per farlo ancora una volta. Finiva sempre per scoprirmi la fronte e lasciarmi un bacio proprio al centro di essa dove secondo lui tutte le preoccupazioni si accumulano, avrei voluto un bacio in quell’esatto punto in quell’esatto momento. Mi faceva sempre sentire protetto quel contatto tra la mia fronte e le sue labbra carnose, i miei ventun anni sparivano col suo tocco ed io entravo in una seconda dimensione dove la guerra dentro di me non esisteva. Harry aveva sempre avuto questo potere, riusciva ad estraniarmi dai problemi, finché lui non divenne la causa di questi. Ricordi di Harry e dei suoi piccoli gesti mi annebbiarono la mente e gli occhi, non ero abbastanza forte per farcela da solo, senza di lui. Ero lì da meno di un’ora e già volevo scappare ma nello stesso momento in cui i miei piedi si avvicinarono alla porta della stanza, capii che non avrei fatto un altro passo senza Harry al mio fianco. Tornai indietro e ripresi la sua mano.
 
«Piove…» - Harry era rannicchiato sulla panca sotto la finestra, con le braccia teneva le ginocchia strette al petto e continuava a guardare la pioggia scorrere sul vetro.
«Harry sono le tre passate, torna a letto» - dissi con la voce impastata dal sonno
«Pensi mai al futuro?» - fece spostando i suoi occhi su di me, aveva uno sguardo malinconico ma severo allo stesso tempo, simile a quello di suo padre. Mi alzai dal letto trascinandomi dietro la coperta, nascondendo le mie nudità e con passo deciso mi avvicinai a lui sedendomi sulle sue gambe che pochi secondi prima aveva allungato. La mia pelle nuda frizionò sul suo corpo ma decisi di ignorarla, non era il momento per pensare al sesso, anche se era molto difficile non farlo avendo un Harry ricoperto solo da boxer neri proprio sotto di me. Il più piccolo avvolse le braccia intorno ai miei fianchi, stringendomi e lasciando dei baci delicati sulla tempia e la guancia. Amavo quel tipo di intimità, l’idea di Harry con altri ragazzi mi aveva sempre fatto impazzire, per questo non riuscivo a vedere di buon occhio quel Zayn, ma sapevo che quel tipo di tocchi, quelle emozioni, il fare l’amore, era qualcosa che aveva vissuto e viveva solo con me.
«Cosa frulla in questa tua testolina?» - chiesi, poggiando la testa sulla sua spalla, avevo libero accesso al suo collo e alla sua mascella perfetta ed i suoi capelli mi solleticavano il volto, doveva tagliarli ma era così bello.
«Tu non ti stancherai di me, vero?» - Harry fissò il suo sguardo sul mio. Era davvero serio? Cazzo io vivevo per lui, non avevo la minima intenzione di lasciarlo o qualsiasi cosa comprendesse stare lontano, fisicamente ed emotivamente, da lui. Harry aveva lo sguardo vacuo, sapevo che si stava perdendo nei meandri della sua testa, dei suoi dubbi ed ero a conoscenza che io ero l’unico a fermare il trottare dei suoi pensieri, dovevo assolutamente allontanarlo dalla sua stessa mente, da quelle voci che continuava a sentire che gli ripetevano che lui non era abbastanza.
«Hai fatto un altro incubo?» – Ero venuto a conoscenza di questi la prima notte che avevamo passato a Londra, continuava ad agitarsi e sudore nel sonno. Appena aveva spalancato gli occhi impaurito si era stretto a me ed io lo avevo stretto ancora più forte, talmente forte da lasciargli dei lividi, ma lui implorava quel tipo di tocco, quel bisogno. Harry annuì, mi allontanai leggermente per spostare il mio viso direttamente di fronte a lui - «Un uomo continuava a picchiarmi, dandomi calci in questo punto – si indicò il basso ventre – continuava ad urlarmi contro, ripetendomi che se mi avesse ucciso non sarebbe importato a nessuno. Poi ha iniziato a scoparsi mia madre sul tuo letto e lei mi guardava così male. “Non ti vuole nessuno” – ripetevano entrambi e poi sei arrivato tu, mi sei passato davanti ignorandomi, hai sorriso all’uomo e lui si è avvicinato a te e poi c’era solo sangue e l’uomo che rideva».
Afferrai il suo volto tra le mie mani, era caldo e ancora sudato, passai una mano tra i suoi capelli bagnati e lo avvicinai prepotentemente al mio viso - «Harry sono qui, guardami – continuava a tenere lo sguardo basso – ti amo, ti amo, ti amo lo sai bene questo, fidati di questi sentimenti, io sono qui con te e per te» 
«Anche Anne doveva essere lì per me, ma è andata via ed io senza te non posso vivere»
«Guardami – gli afferrai il mento ed alzai il viso – siamo nell’appartamento di Anne, ha arredato una camera solo per te e lei è ancora nella stanza qui di fianco e sono sicuro che ti ha sentito mentre gemevi forte il mio nome, cazzo ho dovuto metterti un fottuto cuscino in faccia urlavi come un-»
«Louis!» - urlò dandomi una spinta e facendomi cadere per terra, il parquet era freddo ma subito dopo un corpo si sistemò su di me. Misi una mano sulla fronte di Harry e con il pollice l’accarezzai, spostando una ciocca sudata.
«Quello che volevo dirti è che ha capito i suoi sbagli, è una donna matura adesso e se è titubante su alcune cose è perché tu non le permetti ancora molte cose. Sai bene che devi lasciarti andare al suo amore come hai fatto con me e lasciar stare quelle voci. Io ti voglio, ti amo ed anche Anne, ne sono sicuro» - Harry poggiò la sua testa sul mio petto e cominciò a muovere le dita sui miei fianchi - «Devi imparare un po’ della mia filosofia: del passato bisogna ricordare solo quello che ci dà gioia»
«Lou hai davvero appena citato ‘Orgoglio e Pregiudizio’?» - alzai le spalle, nemmeno di ero accorto di aver appena citato una delle frasi del mio libro preferito.
«Non hai risposto alla mia domanda?» - continuò a dire, tornando col viso sul mio petto - «Quella sul futuro intendo, della Austen mi interessa poco»
«Sì Harry penso spesso al futuro, soprattutto al nostro ed è fottutamente meraviglioso» - il piccolo si spostò leggermente dal mio petto, sistemò meglio le gambe intrecciandole con le mie, non importava a nessuno dei due se eravamo praticamente nudi uno sopra l’altro, in quel momento il sesso non c’entrava nulla.
«Continua per favore, voglio sapere tutti i più piccoli particolari»
«Non immagino grandi cose, solo noi, se penso al mio futuro penso a te» - Harry mi fissò con un dolcissimo cipiglio sul volto, non era convinto della mia risposta, sapeva che avevo pianificato ogni minima cosa, ma non avevo davvero il coraggio di dirlo, sembrava molto il piano di una ragazzina.
«E se ti stanchi di me?»
«Harry cazzo – urlai – la smetti di ossessionarti per questa cosa? Sono qui, quante volte dovrò dirtelo?»
«Finché non mi entra fottutamente in testa»
«Harry ti amo più di quanto puoi minimamente immaginare, alcune volte questo sentimento quasi mi spaventa ma subito capisco che tu sei fatto per me, vale la pena vivere tutto questo per passare con te tutto il mio tempo, una vita con te. Tu possiedi il mio cuore, la mia anima, non so più come fartelo capire! Mi immagino con te in un grande attico a Londra oppure a Doncaster, Los Angeles, Holmes Chapel, sotto un ponte, non importa. Sogno di vederti realizzato nel tuo lavoro, ti immagino impegnato a disegnare grandi edifici con la matita poggiata sopra l’orecchio e nascosta dai ricci. Sogno una meravigliosa vita con te, sono arrivato a pensare di volere una figlia con te, che prenda tutti i tuoi colori soprattutto il verde Harry dei tuoi occhi. Voglio chiamarla Darcy, sì come Darcy Fitzwilliam di ‘Orgoglio e Pregiudizio’ e sarà il frutto del nostro amore e sembra tutto così stupido detto ad alta voce ma nella mia testa giuro che ha senso. Io non ti cas-» - ma le mie parole furono totalmente interrotte dalle labbra bagnate di Harry sulle mie, stava piangendo.
«Giuro che sono di felicità».
 
Dei tubicini di plastica entravano nel suo naso, portando l’ossigeno necessario, il suo corpo non ce la faceva da solo. Harry nella mia vita aveva lo stesso effetto di quei tubicini di plastica. Lo osservai più a fondo, cercando di non piangere ancora una volta, ci erano voluti davvero molti minuti prima di riuscire a guardarlo. Aveva un grosso taglio sul lato della fronte ed un ematoma nero che circondava la ferita, avevano applicato dei punti ma dalla benda semitrasparente era semplice vederla. Da come mi aveva detto Anne, Harry era svenuto e nella caduta aveva fortemente sbattuto la testa sopra il tavolino di vetro riducendolo in decine di pezzi. Secondo i medici il problema più grave era stato proprio questo e non la droga in sé. C’era un alto rischio di complicazioni, problemi che Anne mi aveva appena accennato ma che il mio cervello si era rifiutato di captare. Non volevo vedere né un Harry paralizzato, né senza memoria. Tracce di segni dovuti alle schegge erano visibili su tutto il corpo, il braccio sinistro era pieno di piccoli tagli, alcuni coperti da cerotti e bende, i più superficiali lasciati scoperti. I suoi occhi erano chiusi, ancora fottutamente chiusi. Avevo bisogno di vedere quel verde, avevo bisogno di perdermi ancora una volta in lui - «Ti prego Harry, svegliati! Ho bisogno di te amore! Ti ho chiamato così poche in questo modo, se ti sveglio promesso che ti chiamerò sempre così».
I suoi capelli erano tirati indietro da una fascia di spugna, molto peggio di quei pezzi di stoffa che aveva indossato per tutta l’estate - «Amore – sussurrai, sfiorandogli i capelli – ho davvero bisogno di te»
 
Una giovane infermiera entrò in camera e senza dire una parola iniziò a scrivere su una scheda tutti i valori che una delle tante macchine indicava. A differenza della prima donna, mi sorrise non appena notò le nostre mani intrecciate - «Tranquillo, anch’io sono ossessionata dal tenere le mani della mia compagna»
«Oh…Lui come sta? Non ci sto capendo nulla»
«Non sei americano vero?» - disse divertita notando il mio forte accento, scossi la testa e lei mi rivolse un altro sorriso - «Anche mia madre è inglese, purtroppo io sono cresciuta a Philadelphia ed il mio accento è già pessimo così. Vuoi sapere come sta vero?» - annuii, senza parlare ancora, non ne avevo le forze.
«I valori sono buoni, dobbiamo solo aspettare che si svegli» - la ragazza, Jenna da quanto diceva il suo cartellino, osservò la sua cartella e continuava a sorridere, forse era l’unica che mi aveva rivolto un sorriso vero in tutte quelle ore.
«Non possiamo tipo scuoterlo e svegliarlo? Ha il sonno un po’ pesante ma si sveglia subito se gli tocchi le part-»
«Non funziona così ma puoi parlargli. Da quanto tempo state insieme?»  - chiese Jenna, sedendosi e lasciando perdere per qualche istante la sua dannata cartellina.
«Lo conosco quasi da un anno. Tra due giorni esattamente e vorrei tanto festeggiare questa cosa con lui, sveglio possibilmente. Tu e la tua ragazza?» - continuavo a stringere la mano di Harry, accarezzandogli le nocche fredde, ma lo sguardo era sulla ragazza minuta dai capelli biondi.
«Sono quasi sette anni, ci siamo conosciute al college e sposate un anno dopo a Washington - disse sorridendo ancora di più e mostrandomi la fede e l’anello di fidanzamento - Le avevano diagnosticato un cancro al seno, Paula era letteralmente impazzita, pensava di morire ma sai qual era la sua paura più grande? – scossi la testa – non invecchiare con me. È sempre stata la sua ossessione, voler passare la sua intera vita con me e se la sua vita doveva essere più breve del previsto la voleva passare come mia moglie per questo mi ha chiesto di sposarla ed io ho accettato subito, ci siamo sposate in autunno, faceva un freddo assurdo e quando l’ho vista davanti al pubblico ministro ho pensato subito che era bellissima. Nonostante aveva già effettuato la mastoplastica ed il suo seno era completamente sparito era bellissima»
«Hai deciso di sposarla per la malattia?» - Jenna si alzò dalla sedia e riprese la sua dannata cartellina, era irritata dalla domanda e con un tono totalmente diverso da quello precedente mi rispose - «L’ho sposata perché l’amavo e l’amo, sono contenta che sia ancora viva e soprattutto sono felice che stia ancora con me! Dannazione, ho capito che era la donna giusta al primo sguardo e tu sai di cosa parlo!»
«Come fai ad esserne sicura?»
«Quando è arrivato – indicò con un gesto della testa Harry – ero in servizio e sono stata io a togliergli i vestiti e tutto quello che aveva addosso. Al collo aveva una catena con un anello, sembrava qualcosa di importante e mi è sembrato strano che una cosa del genere era al suo collo e non al suo dito, poi mi sono accorta che aveva dita troppo larghe per quello. È per te l’anello giusto?»
«Cosa cazzo sei Sherlock Holmes?» - la ragazza mi guardò nuovamente divertita, mi sentivo leggermente in imbarazzo con lei che continuava ad osservarmi.
«No – rise – ma sono una brava osservatrice e sono per il ‘E vissero felice e contenti’, molto puerile da parte mia vero?»
«Mi ha chiesto di sposarlo dopo un tradimento, lui ha solo diciannove anni, io quasi ventidu-»
«Ma sei ancora qui e lui portava il tuo anello nonostante tu lo abbia rifiutato. Il vero amore può arrivare anche a sedici, diciotto, cinquanta e settantatré anni, arriva sempre, l’importante è accorgersene»
«Davvero non lo so» - feci poi cercando di fermare quel discorso
«L’amore accompagnato da tanto dubbio è quello vero» - non appena Jenna finì di parlare, mi indicò una piccola cassetta di sicurezza all’interno dell’armadio e col sorriso che ormai la contraddistingueva da tutto il nero di quel reparto, uscì fuori dalla stanza fischiettando lo stupido motivetto della Disney. Quella ragazza era completamente pazza!
‘L’amore arriva sempre’, mi ripetevo mentre aprivo la cassetta di sicurezza ed estraevo la catena con l’anello.
‘L’amore vero è quello accompagnato dal dubbio’, mi ripetevo mentre infilavo l’anello lì dove doveva essere già da molto tempo.
«Se ti svegli ti sposo» - dissi, stampandogli un leggero bacio sulle labbra secche.
 
«Hai finito di osservarmi?» - chiesi, vedendo che il suo sguardo non lasciava il mio corpo nudo. Le nostre pelli erano luminose per il sudore che attanagliava i nostri corpi - «No, è così bello vederti in questo modo»
«Harry sono nudo e sto cercando i miei boxer che tu hai volutamente nascosto così che poi facessi questo teatrino»
«Non mi dispiace affatto» - afferrai i boxer neri di Harry e gli infilai, mi andavano leggermente grandi sulle cosce e stretti sul fondoschiena, dannato culo da donna! Harry mi afferrò un polso della mano e mi trascinò nuovamente a letto, baciandomi subito con passione, le nostre lingue si toccava, si allacciavano e si assaporavano tra loro. Infilai una mano nei suoi capelli e lo attirai ancora di più a me, volevo godermi ancora ed ancora il suo tocco.
«Se continuiamo così durerò poco e non credo che il tuo culo sia pronto per un altro round» - Harry poggiò una mano sulla mia bocca per zittirmi ma la tolse immediatamente dopo aver sentito la mia lingua passargli sul palmo, si asciugò la mano sulle lenzuola e fui finalmente libero di parlare - «Avrei preferito altro a tapparmi la bocca»
«Sei sempre il solito»
«Lo so» - dissi con aria compiaciuta alzando entrambe le sopracciglia
«E ti amo lo stesso»
«So anche questo» - mi avvicinai a lui e lo baciai di nuovo, questa volta era lento e senza lingue ad intrecciarsi. Fissai Harry nei suoi magnifici occhi verdi, che non erano mai solo verdi e continuai a baciarlo mentre lo sentivo sorridere sotto le mie labbra.
«Hai un pennarello?» - indicai la scrivania e lui si alzò, nudo, per cercarlo. Non appena lo trovò fece un leggero gridolino e col pennarello tra i denti tornò a letto. Lo guardai accigliato chiedendogli cosa avesse intenzione di fare, non mi sarei fatto disegnare nulla sul corpo. Ma Harry non si avvicinò minimamente al mio corpo ne tantomeno al suo. Si avvicinò al muro e scrisse un ‘Ti amo’
«Tu hai davvero un problema con i muri» - feci, guardando soddisfatto quelle due parole appena incise sul muro, com’era possibile che solo un piccolo gesto come quello mi faceva sentire così dannatamente felice?
«No, non puoi perdere un muro come succederebbe per una lettera e non puoi romperlo se mai litigheremo. Resta lì e voglio scrivere un ti amo ogni volta che facciamo l’amore»
«Allora inizia a riempire il muro»
 
Erano passate più di ventisette ore ed un numero infernale di medici ed infermiere che non mi dicevano mai nulla, continuavano ad annuire, scrivere valori ed andarsene. Anne e Des erano andati di nuovo via, i loro visi questa volta sembravano più riposati mentre i miei continuava ad arrossarsi per la stanchezza.
 
«Hai gli occhi piccoli amore, vai a dormire, ti raggiungo non appena ho finito di studiare» - fece Harry, alzando quel maledetto tomo di geometria. Aveva iniziato il college da così poco tempo e stava già dando il massimo come suo solito.
«Non vai via vero?»
«Non me ne vado più da te» - disse, trascinandomi sulle sue gambe e baciandomi la tempia.
«Stavo pensando di tornare qui a Londra il prossimo semestre, non ce la faccio davvero più a vivere lì a Los Angeles»
 
«Se i vostri sentimenti sono gli stessi di Aprile ditelo ora. Il mio affetto ed i miei desideri sono immutati, ma una vostra parola mi farà tacere per sempre. Se invece i vostri sentimenti fossero cambiati devo dirvelo: mi avete stregato anima e corpo e vi amo, vi amo, vi amo e d’ora in poi non voglio più separarmi da voi» - finii di leggere le parole della Austen e mi asciugai le lacrime. Tutti continuavano a dirmi di parlargli, di fargli sentire la mia voce, ma io non avevo le parole, le forze per dare vita ai miei pensieri. Avevo provato a scrivere qualcosa durante la notte, ma la penna era rimasta ferma alle prime righe ed il foglio ormai pieno di lacrime. Mi faceva male quella situazione, non quanto vedere Harry in fin di vita, ma il dolore era molto simile e mi stava lacerando in due. Non volevo pensarci, i miei problemi erano ben meno gravi di tutto quello che stava succedendo in quella stanza per questo chiusi gli occhi ed inspirai una grande quantità d’aria, così che almeno i miei polmoni potessero sentirsi vivi e mi avvicinai al corpo di Harry.
«Sei bellissimo anche così, non ti preoccupare» - gli sfiorai la fronte, riordinandogli i capelli e gli baciai una tempia, le palpebre, la punta del naso ed infine le labbra secche. Le sue guance erano pallide e la mia mano non riusciva a smettere di toccarle, sfiorare il punto in cui le sue fossette si creavano. Mi mancavano anche quelle, le rughe d’espressione ai lati della sua bocca, la sua risata, la sua voce, tutto ciò che faceva per me. L’amore. Mi mancava il suo amore e quello sembrava essere tutto così dannatamente assurdo. Volevo arrabbiarmi con lui, dirgli che era stato un emerito coglione a lasciarmi, a prendere delle droghe da Beth, ma non ce la facevo, l’unica cosa che riuscivo a fare era accarezzargli quel volto perfetto e ripetere - «Andrà tutto bene, amore» - non importava quanto io mi sentissi spaccato dentro.
 
“Appena puoi chiamami” – il messaggio che Harry mi aveva lasciato in segreteria diceva appunto questo, ma il suo tono era totalmente diverso dal solito, era cupo e serio, non apparteneva al solito Harry, per questo nonostante l’orario decisi di chiamarlo. Harry mi rispose al quarto squillo e disse semplicemente di accendere Skype, maledette tariffe extranazionali. Sistemai il computer sopra le mie gambe ed aspettai la chiamata, erano quasi le due del mattino e le mie condizioni erano davvero pessime ma non mi interessava nulla, volevo solo affrontare quell’argomento con Harry. Erano quasi dieci giorni che non ci sentivamo, mi aveva inviato un paio di email dal tono molto formale, ma dopo la mia seconda risposta, non ne era arrivata una sua.
«Ehi mi vedi?» - disse la voce metallica dall’altra parte del computer, annuii senza rispondere, non ero io che dovevo parlare.
«Ho scoperto perché non riuscivo a contattarti» - fece poi tenendo sempre lo sguardo sulle sue mani non inquadrate nel monitor.
«Cioè?»
«Qualcuno ha bloccato il tuo numero sul mio telefono. È per questo che non riuscivo più a contattarti, ho comprato un nuovo telefono, assurdo vero?» - enfatizzò per sdrammatizzare.
«Abbastanza. Perché non sei venuto alla laurea? Liam ci è rimasto male»
«O sei tu quello che ci è rimasto male?»
«Ti aspettavo, volevo risolvere questa situazione con te» - ero demoralizzato e triste, il dolore del tradimento non era andato via, aveva solo lasciato il primo posto all’immagine del dolore negli occhi di Harry dopo il mio rifiuto, paradossalmente, riuscivo a pensare al suo dolore e non al mio. Potevo vedere nei suoi occhi quella tristezza che io stesso gli avevo procurato, perché non riuscivo a pensare che quella tristezza invece se l’era cercato da solo? Era andato lui con Nick, non lo avevo spinto io, eppure davo la colpa a me. Forse avevo sbagliato io qualcosa con lui, non ero stato abbastanza, non lo avevo reso felice o soddisfatto.
«Louis continuiamo a farci del male, forse è meglio non sentirci per un po’»
 
«Me l’hai detto tu di starti lontano!» - scossi il corpo di Harry mentre le lacrime cadeva dal mio viso fino ad arrivare al suo petto - «Mi hai detto tu di smetterla!» - urlai fino a quando non mi accasciai contro il muro, le gambe schiacciate al petto e tutto faceva male, la testa, il corpo, il cuore. Non dovevo essere lì, a stringergli la mano a sperare che riaprisse gli occhi solo per vedere che avevo indossato il suo anello.
«Svegliati cazzo!» - continuai ad urlare, lanciandogli addosso quella stupide fede - «Ti odio – singhiozzai – dovrebbe esserci Nick qui! Sei stato di nuovo con lui quando ti ho risposto di no! Quando finirai di ferirmi?» - mi alzai di getto e colpii il suo sterno con un pugno e poi un altro ancora finché non mi accasciai in lacrime sul suo petto. Non so per quanto tempo restai così, ma restai abbastanza da capire che quello che provavo per lui era troppo. «Ti ho amato con tutte le mie forze, in ogni modo a me conosciuto, ti ho amato e ti amo con ogni millimetro del mio corpo, ma non ce la faccio. È arrivato il momento di alzare bandiera bianca per me e so che farà male, più male di tutto questo ma Harry è giusto così. Sono codardo, ma preferisco prendere una strada che per una volta facilita me. Il mio amore, la mia anima sarà sempre e solo tua. Sappi che ti ho amato più del mio stesso respiro. Buona vita Harry, qualsiasi questa riserva per te» - afferrai l’anello e lo infilai sotto la mano di Harry, gli sfiorai le labbra con le mie, mentre le lacrime coprivano interamente il mio viso, mi girai per andarmene quando - «Louis no…»
 
«Scappare dal compleanno di Liam è stata un’ottima idea davvero – bacio – davvero buona» - Harry soppresse una risata sulle mie labbra, era bello sentire quell’emozione a fior di pelle.
«Domani ci toccherà sentire la sua ramanzina»
«Lascialo perdere, da quando non scopa è frustrante» - dissi, scrollandomelo di dosso per avvolgere il mio corpo nel lenzuolo. Harry fece un verso di dissenso, avevo imparato che le chiacchiere post-coito erano le sue preferite.
«Perché ti chiamavi InutilMente?» - chiese sorprendendomi. Non avevamo mai parlato del modo in cui ci eravamo conosciuti.
«Mi sentivo così. È ciò che ti posso dire, non c’è una vera spiegazione. E tu perché avevi bisogno d’amore?»
«Non avevo mai provato l’emozioni dell’amore, tutti ne parlavano ed io non sapevo come ci si sentiva ad essere innamorati e mi sentivo solo, maledettamente solo. Quel periodo per me è stato davvero pessimo. Avevo pensieri non molto positivi, credo di aver provato anche a fare qualche cazzata come farmi male, per sentirmi vivo, ma più ci provavo più mi sentivo morto, strano vero?» - Harry non mostrava mai la spensieratezza dei suoi diciannove anni, era sempre così pensieroso e profondo, vedeva sempre un lato diverso delle cose. Come chi non pensa alla bellezza del fiore ma al fatto che appassiranno prima o poi.
«Hai bisogno ancora di cercare il tuo amore?»
«No, è qui di fianco a me. L’amore.»
 
«Che giorno è oggi?» - disse debolmente Harry guardando sua madre piangere. Era sveglio da quasi sei ore ma quella era stata la frase più lunga che aveva detto. Ripeteva solo il mio nome e quello di suo padre. Anne per un momento pensò che si fosse dimenticato di lei, c’era un’alta probabilità che questo avvenisse, ma Harry aveva tolto tutti i suoi dubbi chiamandola mamma, pochi minuti dopo.
«È il dodici dicembre tesoro, hai dormito un pochino» - lo stava trattando come un bambino, continuava ad accarezzargli i capelli ed a baciare le sue guance che avevano preso più calore. Tubi ed aghi erano rimasti lì dove erano anche prima del suo risveglio. Era ancora troppo debole per respirare da solo e gli aghi canula facilitavano il lavoro delle infermiere.
«Louis» - gli occhi di Anne, Des e Jenna si spostarono su di me. Ero lontano dal letto, avevo lasciato la mia postazione al Signor Styles per avvicinarmi alla finestra, l’aria lì dentro era più che soffocante - «Sono qui» - mi avvicinai ad Harry sistemandomi di fianco ad Anne che mi regalò un sorriso ed afferrai la mano di Harry, con l’altra lui mi fece segno di abbassarmi, non appena fui abbastanza vicino mi baciò e sussurrò - «Buon anniversario, amore»
Era il 12 dicembre, era già passato un anno. Ma quanto tempo avevamo passato insieme veramente? Forse due o tre mesi eppure erano stati i migliori giorni della mia vita e non è un eufemismo. Con Harry avevo imparato cosa vuol dire essere felice fino al midollo, il suo sorriso che cancella i drammi, la sua corazza che riusciva a sostenere anche me. 365 giorni in cui avevamo condiviso amore e ferite, perché c’erano state soprattutto quelle, perché quando ami qualcuno come ci amavamo noi ferirsi era inevitabile. In 365 giorni con Harry avevo imparato che senza di lui, non ci sarei io.
Quando ho scelto chi essere, ho scelto inconsapevolmente anche Harry.
 
«Potresti leggermi ancora una volta la lettera?» - erano passati tre giorni dal risveglio di Harry e quello era stato il primo dove tutti i drammi erano volati via. Due giorni prima Des aveva rimproverato il figlio, in realtà gli aveva letteralmente urlato contro e preso a schiaffi prima di essere fermato da un infermiere, la violenza era stato il suo metodo per scaricare tutto il nervosismo e la rabbia. Anne aveva pianto, molto e come sempre. Si era poggiata alla spalla della sua ex suocera ed insieme avevano pianto, annullando tutti i diverbi degli anni passati, quando si erano ricomposte erano tornate ad ignorarsi, anche loro avevano rimproverato il ragazzo per la sua poca negligenza. Soltanto nonno Styles, di cui ancora mi sfuggiva il nome, aveva chiesto cos’era successo e cosa sarebbe successo a Elizabeth. Lei non era venuta nemmeno una volta, Anne l’aveva denunciata ma questo era tutto ciò che mi era dato sapere, dovevo starne fuori e pensare solo ad Harry. Aveva confermato di essersi svegliato qualche minuto prima dei miei urli, si sentiva stordito ed il suo corpo non reagiva ai suoi stimoli - «Io provavo a parlare ma non usciva nulla» - mi aveva detto il giorno prima. Erano state ore di inferno ma ero riuscito a convincerlo che quello che gli avevo detto, il mio volermene andare era stato dovuto al mio nervosismo e al poco dormire. Non volevo andarmene, non sarei mai riuscito a lasciare Harry, eravamo legati insieme da un filo rosso troppo spesso.
«Per favore!» - Harry tirò fuori il labbro inferiore ed accigliò la fronte. La sua pelle aveva ripreso colore, aveva ancora la benda su gran parte della fronte ma era riuscito a nasconderla parzialmente grazie al ciuffo di capelli che gli ricadevano sul viso. La maggior parte dei segni sulle braccia erano spariti e riusciva tranquillamente a fare la maggior parte delle cose, anche se continuava a bearsi di tutti noi.
«Spiegami solo il perché» - feci, sfiorandogli il viso. Aveva un accenno di barba che gli conferiva qualche anno in più e portava l’attenzione sulle sue labbra carnose.
«Mi fa capire il perché ti amo» - rispose baciandomi. Portai gli occhi al cielo ed afferrai da sotto il cuscino la lettera che qualche giorno prima gli avevo scritto ed iniziai a leggere: «Ciao Harry, è strano pensare che, le cose più importanti io te le abbia sempre prima scritte e poi dette. Come i ti amo scritti sulle pareti della mia camera, uno per ogni volta che abbiamo fatto l’amore. Come le promesse che pesavano, non mantenute, come tutte quelle parole che sono cadute per i nostri errori. Più volte mi sono chiesto se noi, in fin dei conti, fossimo solo questo. Parole. Ho capito che sono solo un corpo che pulsa, che respira, che non ricorda chi o cos’è, senza di te. Vorrei essere meno romantico e più incazzato, ma non ci riesco, dal primo momento che ti ho conosciuto, mi sono sentito libero. Mi hai insegnato ad essere Louis ed ad accettarlo. Ho cercato me stesso tra le lenzuola di un letto sfatto, ho cercato me stesso in un paio di occhi verdi che non erano mai solo verdi, ho cercato me stesso come un’anima in sfratto e ho trovato me stesso solo su un tetto di una casa nel Chenshire. Non ho rimpianti amore mio, che tutto quello che ho vissuto con te, lo rivivrei ancora, anche il dolore, che com’è andata è andata non fa parte di me, ne di te. Ci abbiamo provato ma ogni volta ci siamo allontanati un po’ di più, che tra quei ti amo scritti, ci sono anche le peggiori crepe, ma ci sono anche i migliori ricordi. Ci hai mai fatto caso? Riusciamo a compiere sempre un passo in avanti, ma altrettanto sempre ne facciamo due indietro. Ci rintaniamo nei nostri errori, nei nostri silenzi così ingiusti ma dovuti. Perché preferiamo sempre cercare l’uscita più vicina e scappare, sei arrivato qui per questo, cercando un’uscita a me. Mi sento colpevole di vederti in queste condizioni così immobili, ho sperato fino all’ultimo momento che fosse tutto uno scherzo per farmi correre da te, per cancellare i vecchi dolori, le inadempienze e i rancori. Ma non è così, questa cosa è reale ed io ho una fottuta paura di perderti. Se potessi mi prenderei io il dolore, che vederti soffrire è peggio di morire.
Ti avevo promesso una storia, eccola, parla di un ragazzo che ha costruito la propria felicità con i resti di quella di un altro. Parla di me e di te. Circa un anno fa, qualcuno mi ha mostrato quanto fosse bella la luce. Mi sono iscritto su quella chat perché volevo parlare con qualcuno dei miei problemi perché pensavo che uno sconosciuto potesse ascoltarmi meglio di un amico, non avrei mai immaginato che su una stupida chat potessi incontrare l’amore della mia vita. Perché Harry lo sei, anche se ti ho risposto di no, tu sarai sempre colui che mi ha insegnato ad amare. Tornando all’inizio, devo cercare di non divagare, ti ho già raccontato di quel mese in cui ero sparito, ma tu non eri sparito da me, continuavo a pensarti, a cercare di darti un volto quando avevo visto solo i tuoi occhi, pensavo che dovevi essere bello per avere un paio di occhi così, ma la realtà è che sei bellissimo ed i tuoi occhi, quella è un’altra storia, una storia che mi piace raccontare e se non ti sveglierai alla fine di questa, ti racconterò la storia del verde che incontra il blu. Ma devi svegliarti. – Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano e continuai a raccontare – Tu mi hai sempre preso come nessun altro riusciva, ti infili nei meandri della mia testa e resti lì. Uscivo con persone a caso, incontrate nella caffetteria dell’università, ma nella mia testa io, mi immaginavo con te. Mi ero innamorato di te ancora prima di sapere come eri fatto. È stato assurdo, ma la tua voce, le tue parole, facevano tutto, per mesi ho vissuto solo di quelle ed in un modo contorto e assurdo, mi bastavano. Sapevo che eri nella mia vita, in un modo o nell’altro e quindi stavo bene, mi sono sentito completo tra una chiamata ed una canzone al pianoforte. Non suonavo da anni, poi sei arrivato tu ed è tornata la voglia di suonare, di vivere. Non c’era più buio, solo luce verde pulsante. Quando ti ho visto su quella rampa delle scale, il mio cuore non ha retto, giuro di aver pensato che mai i miei occhi, avessero visto qualcosa di più bello e che in un modo o nell’altro, che presto o tardi, tu saresti diventato mio. Ho sfiorato la felicità quella volta sulle scale, ma hai deciso di spezzare tutto, di non parlarmi più ed io sono tornato a sentirmi vuoto e forse prima ci ero anche abituato a sentirmi così, ma da quando ti avevo conosciuto, non riuscivo più a stare così. Quel periodo, fattelo dire, sei stato una merda. Giravo con la tua felpa addosso, quella che mi hai lasciato sul letto prima di scappare e quella che indosso anche oggi. Mi sento vicino a te in questo modo. Ho capito che ci sono storie che non finiscono, nonostante tutto, e forse la nostra è così, puoi metterci tutte le pause che vuoi, ma non puoi metterci un punto ed una fine. Sono accanto a te e scrivo, evitando una lacrima e l’altra. Il foglio è sbavato e rotto in alcuni punto e mi sento tanto così, assurdo vero come l’assenza di una persona ti faccia sentire così male e non è un male metaforico, è un male fisico. È sentire i muscoli tirati, la gola secca ed un vuoto nel petto. Mi sento così ogni volta che non ci sei e sono stanco di provare questo. Quando ti ho fatto entrare nei miei casini non pensavo che ne avresti creati tanti altri eppure non mi interessa, masochista? Non lo so. C’è una frase che leggo spesso nei libri o sui muri e dice che ‘Chi ama resta’, non sono d’accordo, resta chi non ha rispetto verso se stesso, chi è masochista di sentimenti ed io ti amo a tal punto da farmi male. È difficile stare con te Harry, non riesco mai a capire davvero cosa hai in testa, cosa stai per fare, non so se ti stai preparando per fare l’amore con me o con un altro. Ho questa immagine offuscata di te e di quel ragazzo e per quanto io ci provi c’è questa piccola parte di me che mi ricorda costantemente il male che mi hai fatto. Ma guardo oltre e vedo noi, che quelle sono solo immagini e noi siamo reali. Quindi svegliati, facciamo la valigia e torniamo a casa. Ti amo senza misure, tuo Louis»
 
 
24 DICEMBRE – 20.44
 
Harry era uscito dall’ospedale una settimana dopo essersi risvegliato, aveva ancora forti mal di testa ma quello era uno degli effetti collaterali di essere stato in coma per quattro giorni. La sua fronte era coperta da una benda molto più piccola ed i punti non gli tiravano molto più la pelle. Eravamo tornati in Inghilterra due giorni dopo la sua ultima visita medica, Anne voleva accertarsi di partire senza incorrere in qualsiasi tipo di problema. Come se le quattro valige di Harry non fossero un problema. Stavamo tornando a casa e questa volta era per sempre. Aveva fatto richiesta per un college a Londra, il cognome Styles gli era stato abbastanza utile in quel caso. Sembrava tutto giusto in quel momento.
«Dov’è il mio festeggiato?» - urlò mia madre dal salone. Avevo realmente provato a scappare da quella festa, ma Harry mi aveva testo una trappola ed insieme a mia madre erano riusciti a combinarmi quella che sembrava essere una festa a sorpresa - «Cucina!» - urlai spaventando Ernest che stava giocando in disparte con un trenino. Stavo cercando di stringere il migliore rapporto con loro, avevano perso già un fratello, non avevano bisogno di perderne un altro, soprattutto il piccolo biondino ai miei piedi. Era l’unico maschio in casa e sapevo bene quanto le mie sorelle, mia madre e persino mia nonna potessero essere stressanti, petulanti e qualsiasi altro aggettivo dedicato alle donne in generale. Un Liam decisamente alticcio ed un altrettanto ubriaco Zayn fecero il loro ingresso in cucina, abbracciati uno all’altro.
«Devi venire a spegnere la torta» - sbiascicò il mio coinquilino facendo ridere Liam che lo corresse immediatamente - «No mica la torta deve spegnere le luci»
«Voi avete decisamente bevuto troppo» - disse a le loro spalle un bellissimo e affascinante ragazzo dagli occhi verdi. La camicia bianca lasciata quasi completamente aperta metteva in risalto il suo petto abbronzato e gli skinny jeans scuri mi facevano venir voglia di rinchiuderlo in camera con me, tanto erano attillati. Harry abbracciò i due separandogli dal litigarsi l’ultima bottiglia di spumante rimasta. «Dove sono Milly e Niall?» - chiesi ai due ma fui beatamente ignorato.
«Ti abbiamo comprato una cosa e loro sono andata a prendertela» - fece poi Harry sorridendo alla scena dei due amici ancora abbracciati. Mi beai di quel momento, Harry continuava a stringermi il fianco con il suo braccio ed i miei due migliori amici, beh non avevo ben capito cosa stessero facendo ma li ignorai quando un paio di labbra carnose si poggiò sulle mie.
«Ancora tanti auguri amore»
«Devo abituarmi a questa cosa dell’amore» - ammisi, pregando che le mie guance rimanessero ancora di un colore non troppo rosso.
«Hai iniziato tu» - il ragazzo mi diede un altro bacio e mi accompagnò in salone dove tutta la mia famiglia con Anne, Milly e Niall mi stava aspettando.
«Questo è da parte di noi quattro» - disse Milly indicando un pacco per terra dalla carta verde ed argentata. Ringraziai tutti e mi inginocchiai per aprire l’enorme regalo. Appena aprii la scatola capii che questa era vuota, guardai accigliato il gruppo di amici. Infilai una mano nella scatola ed afferrai un piccolo biglietto che recitava: ”Suona la voce dell’amore”
«Quando non c’eri sono entrata in camera tua e ho notato che la tua tastiera è stata rotta, per questo te ne abbiamo comprata una nuova. Niall te l’ha già sistemata in camera» - abbracciai prima la ragazza e poi i tre ragazzi. I miei migliori amici.
«Questo è il mio» - Harry si avvicinò timidamente a me non appena vide che l’abbraccio di gruppo era stato sciolto, avevo provato ad afferrarlo e trascinarlo dentro ma si era abilmente allontanato. Aprii il regalo, l’ultimo per quel momento e rimasi a bocca aperta.
«Abbiamo pochissime foto insieme e forse è ora di iniziarne a fare qualcuna in più. Sai in caso mi venisse qualche forma di Alzheimer precoce vorrei vedere tutti i giorni cosa eravamo e siamo – mi baciò spostando il regalo dalle mie alle sue mani – in più può essere divertente in camera da letto, ti aspetta anche lì un regalo comunque» - disse le ultime parole sussurrandomele all’orecchio prima di afferrare i miei fianchi e portarmi vicino a lui per baciarlo ancora, non importandosene di tutti gli occhi che avevamo addosso. Vidi un flash mentre mi avvicinavo alle labbra del mio ragazzo.
«Forza facciamoci una foto di famiglia» - urlò, come sempre, mia madre, spronando le mie sorelle ad alzarsi dal divano e a mollare i loro dannati telefoni. Da buona maniaca del controllo sistemò le mie due sorelle maggiori dietro al divano, le due gemelle ad un lato di questo, prese prima Ernest per lasciarlo tra le braccia di Fizzie e poi Doris in quelle di mia nonna per poi afferrare me e piazzarmi proprio al centro del divano, di fianco a lei e alla nonna.
«Harry ti muovi?» - fece la donna vedendolo spostarsi verso la cucina. Lo raggiunse e lo trascinò per il colletto della camicia fino a sistemarsi al mio fianco - «Tu fai parte di questa famiglia»
Harry la guardò scioccato, fino a qualche mese prima non accettava nemmeno di avere un figlio omosessuale ed ora si ritrovava a dire quelle cose, ad accettare completamente Harry, anzi definirlo un membro della famiglia.
«Dite cesso» - fece Niall con in mano la mia nuova e professionale macchina fotografica e mentre tutti sfoggiavano bei sorrisi ed urlavano la parola cesso, io mi avvicinai all’orecchio di Harry e sussurrai: «Tu sei la mia famiglia. Ora dammi il mio anello che ti voglio sposare»
 
 
-ANGOLINO DI G:
TRANQUILLE CHE I DRAMMI NON SONO FINITI QUI.
Dopo avervi detto questo, voglio ringraziare ogni persona che legge, commenta, vota, mi rintraccia e mi minaccia. Vorrei ringraziare una persona in particolare e dedicarle l’intero capitolo: Maura.
Oltre questo vorrei scusarmi per l’assurdo ritardo, avevo detto che avrei aggiornato il giorno dopo ma poi sono finita a rileggere il capitolo e mi faceva ribrezzo, quindi mi sono presa un po’ di tempo e l’ho riscritto tutto, tutto. Mi dispiace ancora avervi fatto aspettare.
Se vi interessa, vi prego fatevela interessare, c’è una mia nuova storia, si chiama BIRTHDAY’S PRESENTS e niente, spero che passiate a leggerla.
Se volete insultarmi in qualche modo, vi amerei sempre, sono @Farawaytome. Fatemi sapere ciò che ne pensate della storia, ci terrei molto.
Un abbraccio, G.
 
 
  
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