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Autore: Geneviev    01/01/2009    2 recensioni
Una bambola in suo potere. Il gioco beffardo della vita, e della morte.
Un bagno caldo e il seducente sapore del sangue...
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Baci oscuri'
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L Stava facendo un bagno caldo

b Caldo bagno di sangue a

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Anche la bestia più feroce conosce un minimo di pietà.
Ma io non ne conosco, perciò non sono una bestia.
William Shakespeare, Richard III.

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Il sole era calato oltre l’orizzonte ormai da qualche ora. La sera tenebrosa si era presa il suo posto nel cielo, scacciando le nuvole dorate dagli ultimi e tardivi raggi.

Le livide rose rampicanti soffrivano il gelo nella loro coraggiosa resistenza all’autunno, che già spruzzava di neve farinosa il paesaggio. Neve che abbracciava in una morsa mortale i fiori scuri, abbarbicati sulla più scura parete ovest del castello di pietra. Fuori, l’inverno si faceva avanti a morsi crudeli.

Nei sotterranei una stanza umida e calda, risplendeva della luce delle candele e del vapore dell’acqua. Una grande vasca nel centro della stanza, una piccola piscina rivestita a mosaico. Minuscole pietre levigate la coloravano in cerchi carichi di arabeschi. Verde pallido, malachite e blu ardesia, impreziositi da zaffiri e acque marine.

Una schiuma delicata e voluminosa ricopriva la superficie dell’acqua, nascondendo quella meraviglia di colori freddi, e il disegno dei delfini cobalto che sfioravano i piedi quando si entrava nella vasca. Una forma ovale, più stretta da un lato, dove alcuni scalini scendevano.

Un vago profumo d’incenso alitava nell’aria, insieme al vapore avvolgente, e all’aroma delle candele di cera d’ape che andava sciogliendosi, colando sul pavimento.

Lelariel era immerso fino al petto. Le braccia distese lungo il bordo della vasca. L’acqua calda lambiva i pettorali scolpiti del suo corpo che pareva marmo bianco. Mossi capelli castani incorniciavano il viso perfetto, ricadendo delicati accanto ai lineamenti affilati, sfiorando il suo collo. Gli occhi scuri scrutavano il nulla nella stanza.

A un tratto alla porta di pesante legno bussò sommessamente qualcuno. Poco dopo, il battente si aprì lentamente e Hanifa fece capolino dallo spiraglio della porta. Il capo umilmente abbassato, gli occhi azzurri che non osavano incontrare quelli di lui.

"Mi avete mandato a chiamare?". Una voce tenue e bassa, mentre le mani pallide rimanevano sulla porta, quasi si trattasse del petto di un uomo pronto a proteggerla da ogni male.

"Sì, entra pure".

Aveva una voce profonda e incantevole. La ragazza chiuse la porta dietro di sé, scivolando all’interno della stanza come un’ombra silenziosa, fermandosi poi immobile. Le mani affusolate giunte con grazia innanzi al grembo, lo sguardo deliziosamente basso.

Lui posò gli occhi neri sul corpo della giovane, vestito di un setoso abito color perla, che scendeva morbido e dritto dai suoi femminei fianchi, accarezzando con maniche leggere le sue braccia. Un sorriso si delineò malvagio sulle labbra sottili del Principe.

"Vieni avanti".

La giovane fece qualche passo, elegante e lieve. La seta dell’abito frusciò sul pavimento. Si fermò a qualche metro dalla vasca, come una statua. Lo sguardo basso, le braccia sottili lungo i fianchi, timorosa come una preda che sta per essere sbranata.

"Spogliati".

Terrore negli occhi di lei. Un ordine sussurrato con la cattiveria nel cuore, mentre con il pollice della mano destra il Principe sfiorava le labbra, il capo appena alzato di lato.

Hanifa si sentì avvampare in volto all’idea di fare ciò che lui le aveva appena ordinato. Il ragazzo si crogiolò silenziosamente nel suo divertimento nascosto, sorridendo ancora, sadicamente. Quindi si voltò, incrociando le braccia sul bordo bagnato della vasca e appoggiando il mento a esse.

"Coraggio" aggiunse appena più affabile, come stesse parlando a una bambina piccola.

Timidamente la fanciulla, portò la mano destra sulla spalla sinistra, facendo scivolare l’abito da essa, mostrando la pelle nuda. Lo stesso fece con la spalla opposta e in pochi attimi il leggero vestito bianco cadde dal suo corpo, ammassandosi morbidamente ai suoi piedi.

"Entra in acqua"

Ancora un ordine, mentre il ragazzo chiudeva gli occhi inclinando impercettibilmente il capo. Dopo una lunga pausa di silenzio e indecisione, sentì l’acqua muoversi appena. Sorride soddisfatto.

Hanifa aveva sceso i gradini entrando nella piccola piscina. Due ciocche dei lunghi e biondi capelli mossi le coprivano i seni, e le punte toccavano la superficie dell’acqua. La schiuma bianca le sfiorava dolcemente la pelle chiara dell’addome, poco sotto l’ombelico.

"Avvicinati".

La voce ferma del Principe non tradiva il desiderio che sentiva nella gola. Un sorriso sulle labbra che pregustavano il sapore di lei. Aprì gli occhi neri solo quando avvertì la presenza della giovane dietro di sé.

"Toccami le spalle".

Lelariel si sentì immensamente potente. Sapeva che la ragazza aveva paura di toccare la sua pelle bianca, e questo lo eccitava.

Avrebbe voluto pregarlo di non farle quello, di non chiederle una cosa del genere, ma si limitò al silenzio angoscioso. Alzò tremanti le mani bagnate di acqua calda e delicatamente andò a posarle sulle spalle del suo Signore. Quasi una scossa le sembrò di sentire pervaderle il corpo, ma era solo la paura che lui le metteva. Chiuse gli occhi, mentre respirava piano.

Lente le sue mani iniziarono ad accarezzare la pelle di lui, fredda nonostante il vapore che si alzava caldo dall’acqua, bianca come neve, sensuale. Si muoveva come mossa da una volontà diversa dalla sua, guidata dalla lussuria. Hanifa socchiuse le labbra, perdendosi per un attimo in un dolce oblio di pensieri.

All'improvviso Lelariel si girò, alzandosi in piedi. La ragazza si ritrovò ghermita fra le sue braccia senza nemmeno accorgersene, il soave incanto era andato in frantumi. La sua figura torreggiava minacciosamente su di lei, facendola sentire in pericolo, come un topino fra le spire della serpe.

Lui sorrise nel vedere quella stupenda visione, quell’esile e dolce fanciulla sorpresa, che tremava per la paura che le incuteva il suo sguardo dannato, il suo gelido tocco di morte.

Entrambe le sue mani fredde sfioravano la schiena della ragazza in una lenta tortura, poi l’avvicinò a sé con un gesto prepotente.

Un sommesso gemito rimase intrappolato nella bocca della giovane che chiuse d’improvviso gli occhi, senza sopportare la vicinanza di quel corpo pericoloso. Il nudo petto bianco del ragazzo illuminato dalla luce dorata delle candele, le piccole e preziose gocce d’acqua che scorrevano lente su quella pelle profumata, sublime. Si sentì quasi male.

"Baciami" le ordinò.

Hanifa aprì di scatto gli occhi incontrando i suoi, neri e imperscrutabili. Era impossibile. Non avrebbe mai avuto nè la forza, nè il coraggio di avvicinarsi ancora di più alla sua bocca malvagia. Tremava.

"Baciami" ripeté in un sussurro terribilmente provocante.

La ragazza sentì quasi i sensi abbandonarla. Socchiuse la bocca, boccheggiando l’aria che non riusciva a ingoiare.

Mosse le labbra, inumidendole, mentre il suo sguardo scese sulle labbra di lui. Le trovava spaventosamente belle, delicate e sottili, morbide come una carezza di un putto. Cercavano invano di nascondere i denti affilati del demonio, bianchi e terribili. Aveva paura. Si chiedeva se con un bacio potesse strapparle l’anima.

Inghiottì piano l’ansia che aveva nel cuore e si avvicinò con estrema lentezza, timorosa come una vergine. Chiuse gli occhi azzurri come il mare.

Lo sfiorò, per poi allontanarsi appena. Lo toccò di nuovo, come per accertarsi che non fosse un miraggio. Era voluttà allo stato puro. La sua mente stava per raggiungere uno stato folle che l’avrebbe trascinata nell’oblio tenebroso. Lui sapeva, il suo contatto era pericolo come la falce dell’oscura madre, soprattutto per una sensibile fanciulla come quella che ghermiva fra le braccia. Hanifa baciò il suo labbro inferiore.

Lelariel la strinse a sé con ancora più veemenza, si avventò su quella bocca quasi la volesse mangiare. Con la lingua le schiuse le labbra, insinuandosi dentro quel tepore, accarezzandola con avida passione. Sfiorò i suoi denti e incontrò la sua lingua timorosa.

La ragazza sentì il suo freddo respiro dentro lo stomaco e i polmoni. Le succhiava via ogni certezza, ogni zampillo di lucidità. Aveva paura di morire, e peggio, di impazzire, e di non trovare più la strada per il ritorno prima che lui la uccidesse.

La giovane poggiò le mani sul suo petto gelido e allontanò le labbra dalle sue. Le girava la testa, le sembrava di dover svenire da un momento all’altro. Chiuse la bocca, inumidendo il labbro inferiore. Aveva voglia di piangere. Le tremò la voce quando parlò, d’improvviso, in un lampo di coraggio.

"Quando la smetterete di darmi degli ordini?".

"Quando tu la smetterai di ubbidirmi" rispose lui sadico, con un largo sorriso.

Hanifa si sentì profondamente delusa, dalla sciocca ragazzetta che era e dal mondo crudele che l’aveva condotta a lui. Per un attimo le mancò il fiato, come quando si ha troppa paura da non riuscire più nè a muoversi né a parlare. Fissò gli occhi del Principe, due pozzi neri dell’inferno, per poi raccogliere tutta la forza che aveva in corpo e voltarsi, decisa a uscire.

Lelariel l’afferrò per un braccio prima che potesse allontanarsi da lui e la fece voltare con prepotenza, traendola a sè. Un mugugno di dissenso sfuggì dalle labbra della ragazza.

La strinse con forza fra le braccia, voltandosi per intrappolarla fra il suo corpo e la parete della vasca. Le mise una mano dietro la nuca, stringendole i capelli biondi per farle alzarle il mento.

Fissò la pelle nuda del suo collo, mentre la sua fame e la sua eccitazione crescevano all’unisono con il respiro affannoso di lei, alimentato dal terrore che le donava il suo sguardo malvagio e disumanamente crudele.

Affondò i canini nella carne delicata. Un gemito di dolore uscì dalla bocca di Hanifa, e i suoi occhi azzurri si riempirono di lacrime. Non osava gridare, anche se avrebbe preferito avere il coraggio di strapparsi la carne che farsi usare in quel modo.

Il Principe accarezzò la pelle del corpo nudo della giovane, abbracciandola con delicata naturalezza, come fosse una bambola di cui comandava i fili. Come fa il leone con la sua preda prima di sbranarla. Scostò la ciocca di lunghi capelli biondi che le copriva il seno destro, per farla ricadere oltre la sua spalla e accarezzarle il collo, e poi scendere sulla schiena. La sua bocca continuava a essere brutalmente premuta contro la gola della ragazza.

Iniziò a succhiare il rosso nettare. La strinse con maggior crudeltà, schiacciandola contro la bassa parete della piscina. Era in suo completo potere.

Il suo sangue era divinamente squisito, caldo e appagante gli colava giù nella gola. Sentiva la sua energia penetrare in ogni fibra del corpo freddo, il suo profumo avvolgerlo quasi ve ne fosse immerso.

Hanifa piangeva. Le lacrime cristalline rigavano il suo viso dolce, copiose scendevano lungo le gote che andavano perdendo il loro timido e roseo colore. Presto anche il tremito di terrore che la pervadeva sarebbe cessato. E quando lui avrebbe finito, le sarebbero rimaste solo le lacrime.

Lelariel avrebbe voluto riempirsi fino a sentirsi male, fino a non riuscire più a contenerlo. Ma sapeva che il corpo fragile intrappolato fra le sue braccia sarebbe morto presto, molto prima che lui potesse sentirsi gonfio e immondo nel suo sangue.

Con un grande atto di volontà si staccò bruscamente da lei, stringendole le braccia in una morsa e lasciando le sue labbra colare di rossa vita, mentre riprendeva il controllo.

Le gambe della ragazza cedettero e lei si afflosciò contro il suo petto. Il Principe abbassò lo sguardo, osservando con occhi neri e privi di anima la sua nuca adorna di capelli morbidi e biondi. Stringendole le spalle la obbligò ad alzare il viso, e rimase a osservare i lineamenti eterei del suo volto angelico, le palpebre abbassate sugli occhi teneri, senza che lei avesse la forza di aprirli.

Baciò le sue labbra, non in un atto di amore, ma di egoismo. Nella sua confusione Hanifa si sentì sollevare e poi si sentì comoda contro il suo corpo freddo, ora avrebbe lasciato che le forze l’abbandonassero, perché non riusciva più a trattenerle. L’aveva presa in braccio, e ora usciva dalla vasca per portarla nell’altra stanza.

   
 
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