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Autore: Jules_Kennedy    12/05/2015    1 recensioni
Shanks, dopo la morte di Makino, deve gestire due figli scatenati e famelici.
Rufy e Sabo, figli del rosso, non stanno mai lontani dai guai, e la cosa sembra non importargli granchè.
Killer e il suo fratellino Kidd vivono in una tranquillità costruita a fatica, ma sempre pronta a scoppiare.
Corazon cerca una cura per qualcosa che affligge suo nipote Law, impedendogli di essere come gli altri bambini.
Perona ed Ace vivono insieme all'orfanotrofio, quando un giorno lei scompare dalla vita di lui.
Come può un intreccio così incasinato di vite, trovare la propria armonia?
La risposta in realtà, è semplice.
Con un sorriso.
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ace/Rufy, Corazòn, Donquijote Rocinante, Eustass Kidd, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Nami/Zoro
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Parco (parte seconda)
 



 
Chiunque si fosse trovato a passare vicino all'entrata del grande parco di Sabaody in quel momento sicuramente avrebbe sentito le parole che un certo biondo di nostra conoscenza stava borbottando tra se, camminando a passi veloci verso un punto indefinito della distesa verde.
Sarebbe anche potuta sembrare una scena comica vista il soggetto, che dietro al casco a righe masticava insulti manco fossero caramelle.
Per l'incolumità di chiunque gli passasse accanto, era tuttavia più sicuro deviare e non incrociare il suo sguardo.
Probabilmente, da dietro i forellini del casco, avrebbe potuto incenerire qualcuno.
 
Killer si avviò furioso a passo spedito verso il carretto dei gelati, sicuro di trovarci Heat a fissare la teca colorata del gelataio, senza comprare nulla.
Era parecchio strano il turchese, questo l'aveva sempre pensato. Non fu infatti una sorpresa scorgere una massa di capelli azzurri spuntare da dietro l'insegna del piccolo chiosco, fluttuante nella brezza di marzo ed oscenamente lunga.
Killer si avvicinò all'amico, sorridendo più tranquillo e parecchio divertito dalla sua espressione concentrata a scrutare tutti i gusti possibili, probabilmente l'unico caso in cui Heat assumeva un atteggiamento che fosse diverso dal suo solito essere assolutamente indifferente.
Gli mollò una sonora pacca sulla testa, interrompendo quel momento estatico e godendo dell'espressione furente che il turchese gli rivolse, tornando poi subito alla sua patina di inespressività e asetticità.
 
-Pensavo fossi meno stupido, Killer.-
-Non per niente mi chiamano il Massacratore. Non ho paura di te, vodoo child.-
-Beh, dovresti.-
-Ma dai, solo perchè non hai un anima e probabilmente sei il figlio del demonio?-
-Non credo proprio, quello è tuo fratello.-
-... Touchè.-
 
Heat riusciva sempre a zittirlo in un modo o nell'altro, e per questo Killer apprezzava la sua compagnia, pur essendo davvero un essere anaffettivo ed incazzoso. Diede un taglio ai convenevoli, andando subito al sodo.
 
O almeno, a modo suo.
 
Si guardò infatti intorno, sperando che il turchese traducesse in parole quel suo gesto senza costringerlo a chiedere a voce quello che stava cercando.
Heat lo fissò con quei suoi occhi neri e profondi, non accennando a dargli alcuna risposta.
Gliela stava facendo pagare per il suo brusco saluto.. e ci stava.
Il biondo prese un profondo respiro, distogliendo lo sguardo da quello dell'amico.
-E allora? Questo pinguino?- chiese quasi sussurrando, sentendo gli occhi dell'amico su di se.
-Beh, se hai finito di arrossire come una ragazzina possiamo anche andarci. A meno che tu non svenga nel vederlo, in quel caso ti consiglierei di rimanere qui insieme ai bambini di cinque anni.- rispose calmo il turchese, meritandosi un'occhiataccia omicida da parte del biondo. Si incamminarono in silenzio, anche se Killer sapeva che dentro di se Heat stava ridendo. Che poi come cavolo faceva a sapere che era diventato bordeaux sotto il casco?
 
 
Si sarebbe vendicato Killer, solo solo per la figura da idiota che Heat gli stava facendo fare.
La sua vendetta sarebbe arrivata presto.
Molto presto.
 
Arrivarono in una zona molto affollata del parco, un ovale circondato da panchine e con una fontanella al centro. Non ci volle molto tempo che subito su una delle panchine più lontane, Killer scorse un cappello a pon pon che non avrebbe mai potuto dimenticare. Quasi perse un battito quando il corvino si voltò di lui, rivelando la scritta "Penguin" cucita sulla tesa del cappello.
 
Killer si perse negli occhi onice di quello stupido pinguino, che anche a quella distanza, lo facevano sentire scoperto e vulnerabile.
Non gli importava di Heat che blaterava qualcosa del tipo  "E' arrivato con un moccioso che se l'è filata subito e nessuno gli ha detto niente, tanto sono stupidi quei due", non lo stava nemmeno ascoltando.
 
I suoi occhi erano esclusivamente per lui.
 
Rimase bloccato sul limitare dello spiazzo, con il cuore che martellava e il viso che dentro il casco prendeva a fuoco. Si voltò verso Heat, che con uno sguardo che valeva mille parole, gli fece capire cosa doveva fare.
 
Senza indugiare oltre, fece il primo passo verso di lui.
Se lo sarebbe ripreso, a qualunque costo.
 
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-Oi, Pen.-
-Mhgh, che c'è? Non vedi che sto mangiando?-
-... Dov'è Law?-
-...-
-...-
-CAZZO!-
-CAZZO!-
 
Pen gettò il suo gelato nel cestino, rendendosi conto della stronzata gigante che avevano appena fatto. Si erano voltati per quanto, dieci secondi? E già quello se ne era scappato, facendogliela sotto il naso! Si guardarono lui e Shachi, indecisi sul come affrontare la questione.
Certo, avrebbero potuto andare in giro correndo per il parco urlando e chiamando Law, non sarebbe stata la prima volta del resto, ma per una volta Pen era deciso a fare l'adulto e a prendersi le sue responsabilità, e a fare una lavata di capo a quel ragazzino che le escogitava tutte per fare comunque di testa sua.
Si misero d'accordo per perlustrare l'intera superficie del parco, perfino l'intero isolato se ci fosse stato bisogno, ma avrebbero trovato Law a qualsiasi costo.
-Se lo trovi, chiamami.-
-D'accordo.-
-Ah, e Shachi?-
-Hm?-
-Lo troveremo.-
-... lo spero.-
 
Il corvino vide il suo amico allontanarsi, testa bassa e mani nelle tasche. Sorrise intenerito. Sapeva che Shachi teneva a Law e a in un modo che era impossibile descrivere e che non avrebbe mai voluto deludere Cora. Il castano dimostrava i suoi sentimenti con estrema facilità, a differenza di lui, che così come il suo nome, era un animale freddo e spesso insensibile.
Si cacciò le mani nelle tasche della felpa, alzando la visiera del cappellino con su ricamato il suo nome, regalo di sua madre e che teneva indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.
Potevano anche sciogliersi i sassi al sole, lui avrebbe tenuto su il suo cappello.
 
Era fatto così, Penguin. Somigliava così tanto a Law che spesso li scambiavano per fratelli, ma chi conosceva bene entrambi sapeva che se Law sembrava non avere un cuore nel petto, Penguin si accendeva solo con le persone giuste.
E aveva faticato Penguin per trovarla, la persona giusta.
La sua mente andò verso un ricordo che avrebbe volentieri lasciato ignorato nei meandri dei suoi ricordi, sentendo già un nodo allo stomaco formarsi, pesante ed amaro.
 
***
 
Se dicembre era ricordato per Natale e Capodanno, per Penguin era solo sinonimo di pioggia e freddo glaciale. Un freddo che ti penetrava nelle ossa, e non bastava una stufa per riscaldarti. Pioveva quella sera, proprio per la vigilia di natale.
Il corvino camminava lungo le strade deserte di Sabaody, tenendo lo sguardo a terra. Tutto era a terra quella sera. Il suo cuore, il suo morale.
La sua vita.
 
Avrebbe potuto senza dubbio chiedere a Shachi di ospitarlo, in fondo i suoi genitori lo consideravano un figlio e avrebbero solo avuto piacere nel poterlo accogliere la notte di natale, ma semplicemente non gli andava. Sapeva che i genitori del castano non l'avrebbero mai ammesso, ma Pen in cuor suo riteneva che fosse giusto lasciare loro la propria intimità con il figlio, considerando l'incidente dal quale si era appena rimesso.
Già, l'incidente.
Schiantarsi contro un tir era un'esperienza che non tutti avevano la fortuna di raccontare, almeno non da vivi, e lui e Shachi se l'erano cavata con qualche osso rotto, parecchi lividi ed una paura indescrivibile.
Istintivamente si portò una mano alla gamba fasciata, percependo sotto il tessuto dei pantaloni  come lo sforzo di camminare la stesse mettendo a dura prova.
Perse l'appiglio, e con una smorfia di dolore si  appoggiò al muro, scivolando a sedere sul marciapiede. Lasciò cadere l'ombrello, percependo la pioggia che gli bagnava il viso e lavava via tutta la malinconia e il dolore  che si erano impossessati di lui.
Forse una lacrima gli rigò il viso, confusa con l'ingente quantità di acqua piovana che gli inondava le guance.
A stento si rese conto che qualcuno si era avvicinato a lui, aprendo un ombrello sulla sua testa.
Aprì gli occhi lentamente, e si lasciò cullare dalla visione confusa dell'uomo che ora lo stava riparando dalla fitta tempesta.
 
Un viso coperto da un casco a righe, ed una cascata di capelli biondi e ormai zuppi.
-Ehi, tutto bene?-
 
"Ora che ci sei tu, si."
 
***
 
 
Niente. Di Law nessuna traccia.
Penguin si sedette sconsolato su una panchina, rendendosi conto di essersi allontanato parecchio dall'ingresso del parco. Appoggiò la schiena al sedile, incrociando le braccia e accavallando le gambe.
Dove poteva essersi cacciato, quel marmocchio?
Fece vagare lo sguardo sulla gente attorno a se, cercando (inutilmente) quella zazzera corvina coperta dal cappello a macchie che conosceva così bene, sperando stupidamente di trovarla magari in mezzo agli altri bambini.
Non ebbe il tempo di ridere della stronzata che aveva appena pensato, che i suoi occhi si posarono su una figura che a passi veloci si avviava verso di lui.
 
Sgranò gli occhi Pen alla vista di quella chioma leonina e di quel dannatissimo casco. Aveva pensato a lui nemmeno cinque minuti prima, e adesso eccolo materializzarsi dal nulla come il peggiore dei suoi incubi.
Deglutì pesantemente, cercando di mantenere un contegno. Non si rivedevano da quando lui l'aveva mollato, e al biondo la cosa sembrava non essere andata genio.
"Calmati Pen, se fosse qui per ucciderti non potrebbe farlo. Troppi testimoni." Chiuse gli occhi nel tentativo di scacciare quella visione, anche se il cuore gli batteva impazzito nel petto e non aveva intenzione di fermarsi. Quasi trattenne il respiro quando sentì i passi farsi più vicini, e la testa gli girò per un momento quando inalò l'odore forte e aromatico dell'uomo che si era appena fermato davanti a lui.
Alzò di poco lo sguardo, mantenendo un'espressione quanto più fredda e distaccata possibile.
-Posso aiutarti, Killer?- chiese senza tono, guardandolo di sbieco.
-Beh, se potessi iniziare con lo spiegarmi perchè mi hai mollato, mi faresti un grande favore.-
 
Rimase senza fiato il moro al sentir pronunciare quelle parole. Una sensazione come di amaro si sparse nella sua bocca, mentre le labbra si piegavano in un ghigno rassegnato.
-Sempre dritto al punto, eh?-
-Mi conosci.-
 
Penguin sentiva la tensione nella sua voce, la stessa che avrebbe avuto anche lui se non fosse stato così maledettamente bravo a nascondere ogni singola emozione. Si alzò, fronteggiando Killer con lo sguardo.
Il momento della verità era arrivato.
 
-Vogliamo andare?- chiese, facendo cenno con la testa verso una zona poco trafficata del parco. Vide il biondo guardarsi attorno, per poi mettere le mani nelle tasche striminzite dei pantaloni e affiancarsi a lui, senza proferire parola.
 
Pen sospirò impercettibilmente.
Sarebbe stata una giornata tremendamente lunga.
 
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-Ace! ACE!-
 
Perona si lanciò verso la casetta dei giochi, noncurante del padre che le correva dietro nel tentativo di acchiapparla.
Una luce si era accesa nei suoi occhi quando aveva visto il piccolo lentigginoso arrampicarsi su per quella scala, sciogliendole il cuore come burro al sole. Fece appena in tempo a notare che dei sassi intralciavano la sua strada che uno dei suoi piedini ne intercettò uno, proiettandola dritta verso la terra battuta.
Tese le mani, già pronta all'impatto con il suolo, quando sentì due mani sostenerla e tenerla stretta. Alzò lo sguardo senza fiato, incontrando gli occhi neri di Ace che la guardavano preoccupati. Sorrise ancor di più la piccola rosa, rialzandosi ed allontanandosi delicatamente dal moro che ancora la teneva ben salda.
-Perona! Stai bene?- chiese lui, restio a lasciarle la mano. Lei gliela strinse, voltando lo sguardo verso un punto imprecisato dietro di se. Non voleva che Ace la vedesse arrossire. L'avrebbe presa in giro fin troppo!
-Beh...-  iniziò, quando la voce preoccupata di Drakul Mihawk la fece voltare, notando come il padre si stesse avvicinando a lei con passo veloce e con un'espressione indecifrabile in viso.  
 
-Perona! Stai bene?-
-Gliel'ho già chiesto io, e per fortuna si. E lei chi è che si prende così tanta confidenza con la mia amica?-
 
La piccola rosa fissò sbigottita l'amico che aveva appena pronunciato quelle parole, e  che ancora le teneva la mano e l'aveva involontariamente avvicinata a se, pronto a proteggerla nel caso in cui quell'uomo avesse avuto intenzione di farle del male. Si sentì bruciare il petto Perona, reprimendo l'istinto di stringersi a lui e abbracciarlo. Si avviò invece verso il padre con fare rassicurante, lasciando la mano del moro.
 
-Papà, lui è Ace. E' il mio amico di cui ti avevo parlato.-
-Beh.. E' proprio come me lo avevi descritto, Perona. Sfacciato e con una lingua tagliente.- rispose l'uomo con voce tranquilla, fissando lo sguardo divertito sul piccolo lentigginoso che ancora gli lanciava occhiate furenti. 
Drakul si rialzò, scompigliando i capelli della rosa e facendole intendere con lo sguardo che l'avrebbe aspettata fuori dal parchetto giochi. Non ci mise molto ad allontanarsi, scuotendo la testa e rivolgendo qualche occhiata al marmocchio che gli aveva tenuto testa.
"Che faccia tosta..!" pensò divertito, mentre si accomodava su una panchina, godendosi il timido sole di marzo che aveva appena fatto capolino.
 
Quando furono finalmente soli, Ace e Perona si fissarono per qualche istante, incerti sul da farsi. Nella mente di Ace si affastellavano pensieri su pensieri, scuse su scuse, ma quello che aveva fatto non aveva alcuna motivazione valida. Abbassò lo sguardo già pronto ad andarsene, lasciando Perona da sola per l'ennesima volta. Quello che non si aspettò era di ritrovarsi la piccola rosa tra le braccia che lo stringeva forte, piangendo contro il suo petto. Abbandonò il bastone al suolo, cingendola goffamente e attirandola a se. Avrebbe voluto consolarla Ace, spiegarle che lui voleva solo che non soffrisse, ma le parole faticavano ad uscirgli di bocca.
 
-Ace.. grazie.- soffiò lei contro il suo petto, affondando le mani nella sua schiena.
 
Quelle parole si scagliarono contro il cuore del moro come un ariete, facendogli spalancare gli occhi e mozzandogli il fiato.
 
Perona aveva capito.
 
Ace chiuse gli occhi, dandosi dell'idiota per aver anche solo pensato di dover trovare scuse o spiegazioni alle sue azioni. Doveva immaginarselo che lei avrebbe capito.
Perchè lei era quella che gli leggeva dentro senza mai giudicarlo, che rispondeva a domande che lui non aveva mai fatto, che pronunciava parole che lui non avrebbe mai detto.
Da sette anni, Perona era quanto di più vicino ad una sorella, madre o amica Ace avesse mai avuto dentro e fuori dall'orfanotrofio e ringraziò il cielo per questo, stringendola ancora più forte e respirando il suo profumo. Erano passate poche ore, ma gli era mancato come l'aria.
Lei gli era mancata, ed era inutile negarlo.
Perchè con Perona stava bene.
 
Con Perona, Ace tornava a respirare.
 
-.. Allora? Come sono questi tizi? Degli snob completi?- chiese con voce tremante e malferma quando sentì che si era calmata. Lei si discostò dal suo petto, guardandolo negli occhi con un'espressione furba.
-Snob? Beh, del resto una come me non può avere mica dei genitori qualunque!- disse imitando l'espressione che la loro compagna di scuola, Boa Hancock, aveva perennemente sul viso, scoppiando subito a ridere e trascinando Ace con se.
 
Era così bello ridere insieme.
 
Entrambi speravano che quel momento non finisse mai, ma si dovettero interrompere per prestare attenzione ad un rumore che li aveva attirati, proveniente dalla casetta sull'albero.
Perona rivolse uno sguardo interrogativo ad Ace, che per tutta risposta alzò lo sguardo verso il piano superiore della casetta, arrossendo violentemente.
Perona seguì con gli occhi la direzione verso cui Ace stava guardando, incontrando lo sguardo di un biondino sdentato che li fissava sorridente.
Non ebbe nemmeno il tempo di parlare che quello, sorridendo ancora più ampiamente, disse qualcosa che spiazzò entrambi.
 
-Ehi, Ace! Non mi presenti la tua ragazza?-
 
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-Bene, bene, bene... chi abbiamo qui? Quattro coglioni della Marijoa che se la prendono con un pidocchio? Se ci tenete alla pelle levatevi da qui, altrimenti potrei avere voglia di spaccare le vostre facce inutili senza pensarci due volte.-
 
Law riconobbe subito quella voce, indeciso se esultare mentalmente o maledire il cielo.
Con tutta la gente che poteva passare da li, perchè proprio lui?
Qualcuno ce l'aveva con lui, quel giorno.
 
Decise tuttavia che non conveniva fare lo schizzinoso, perchè stupido o no la testa rossa aveva le capacità fisiche di mettere K.O quegli idioti nel giro di un minuto, quindi tanto valeva sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Il grassone smise di calciarlo, permettendogli di scostarsi dal suo raggio d'azione strisciando poco lontano. Sentiva l'intero corpo dolere tremendamente, ed una serie di ematomi iniziavano a formarsi sulla pelle olivastra, stonando notevolmente con l'incarnato chiaro. Fissò lo sguardo sul rosso, che fronteggiava impavido i bulli.
 
-Levati dalle scatole, feccia rossa! Noi non abbiamo paura di te!- azzardò tentennante uno, venendo prontamente sostenuto dagli altri ragazzini.
-Già diavolo, perchè non te ne torni nella tua topaia?-
-Mio padre dice che ha i capelli rossi perchè suo padre era un assassino.-
-Beh, di sicuro non era una brava persona per avere un figlio come lui!-
 
Il rosso incassava ogni commento senza fiatare, avanzando fatale verso il manipolo tremante che lo guardava con aria terrorizzata. Law vide il grassone farsi avanti, e quello non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare l'ennesimo insulto che già un gancio micidiale di Kidd l'aveva steso, mandandolo carponi sul prato a boccheggiare e a sputare sangue. Il moro ghignò a quella vista, allargando ancora di più la stortura delle sue labbra alla vista dello sguardo di Kidd, così simile al suo da fare paura.
 
Non passò nemmeno un secondo che già la testa calda aveva abbattuto altri due idioti che si erano scagliati contro si lui, stendendoli con un'invidiabile combo di destri e pedate.
-Ne volete ancora?- chiese il rosso con voce calma, guardando con follia i ragazzini rimasti, ormai in preda al panico e completamente disorganizzati. Rise di gusto nel vederli raccattare i propri compagni caduti e scappare a gambe levate, lanciando improperi e maledizioni al diavolo rosso. Law aveva osservato la scena, rapito dal movimento fluido con cui Kidd si era mosso,  abbattendoli a uno a uno nonostante l'inferiorità numerica e la differenza di età. Tenne lo sguardo fisso sul rosso, che si avvicinava a lui con le mani in tasca ed un'espressione sfastidiata sul viso.
 
-Neh, Trafalgar,  non ti sarai mica fatto mettere sotto da quegli idioti?-
 
Law percepì una punta di preoccupazione nella voce del bambino, stupendosi oltre ogni dire. Era un modo molto rozzo di chiedere se stava bene, ma il moro aveva percepito l'antifona e non si sarebbe lasciato scappare l'occasione di divertirsi un po' con Kidd.
Del resto gli doveva un ringraziamento, ma rimaneva pur sempre Trafalgar Law.
 
-Sto bene Eustass-ya, ti ringrazio per la preoccupazione.- disse mentre cercava invano di rimettersi in piedi, rimanendo seduto e con il fiato mozzato. Nonostante tutto teneva ancora gli occhi ben fissi sul rosso, godendo oltremisura dell'espressione sconvolta ed incazzata di quello, prevedibilmente piccato dalla sua affermazione.
 
-Vaffanculo Trafalgar, ti ho salvato il culo perchè mi andava di fare a botte, non perchè mi freghi qualcosa di te.-
-Sappi che il sentimento è reciproco, Eustass-ya.-
-E la smetti con quel soprannome del cazzo? E' irritante.-
-.. Ma come? Non mi permetti di chiamare il mio salvatore per nome?-
-Io mi chiamo Eustass Kidd, non Eustass-yaqualcosa!!-
-Perdonami EUSTASS-YA, ci farò più attenzione.-
 
Kidd se lo sentiva che aveva fatto una grande cazzata ad aiutare quell'idiota di Trafalgar. Lo innervosiva senza limite vedere quel ghigno insistente sulla sua faccia. Che cazzo aveva da ridere, ridotto com'era?
E poi quel soprannome.. era quanto di più disgustoso potesse esistere sulla faccia della terra. Era imbarazzante cazzo!
Il rosso si trattenne dal fare voce dei suoi pensieri, notando con una punta di preoccupazione come il moro davanti a se stesse facendo una fatica immane a rimettersi in piedi, stringendo gli occhi ad ogni movimento e gemendo impercettibilmente.
 
Per la seconda volta in quella giornata, il suo corpo agì per lui senza che la mente avesse dato alcun ordine.
 
Si avvicinò a Law e lo rimise in piedi tenendolo per le braccia, sostenendolo contro il proprio corpo. Si maledisse e si mandò a fanculo non poche volte pensando alla figura da perfetto imbecille che stava facendo in quel momento, accentuata dal sorrisino che Law gli stava rivolgendo, fissandolo spavaldo negli occhi.
Nessuno fissava Kidd così intensamente e per così tanto tempo senza ritrovarsi la testa nel cesso della scuola o con  qualche osso spezzato, eppure Trafalgar Law sosteneva il suo sguardo senza problemi.
 Kidd si perse per una frazione di secondo in quelle pozze argentee che lo scrutavano,riprendendosi quasi subito e scostandosi bruscamente da Law, sbilanciandolo in avanti. Quello sembrò essere sul punto di perdere l'equilibrio, ma si rimise in piedi alzando la testa fiero e ghignante come al solito. Lo fissava ancora, e Kidd si sentì dannatamente a disagio.
 
-Che cazzo hai a guardare, Trafalgar?-
-Nulla Eustass-ya. Notavo che hai degli occhi davvero singolari.-
-Tu, brutto.. aspetta, cosa?- chiese sbigottito il rosso, mentre la rabbia scemava e lasciava il posto al puro sbigottimento.
Quel Trafalgar era completamente pazzo se in una situazione del genere si soffermava a guardare cose come gli occhi della gente. Completamente pazzo!
 
In realtà Kidd aveva degli occhi davvero particolari, di un color ambra dorata raro da trovare, e che non condivideva nemmeno con il fratello Killer. Era stato suo padre a donargli quegli occhi, forse l'unica cosa buona che ave a fatto per lui. A Kidd non piaceva sentir parlare gli altri dei suoi occhi, se non associando il discorso a termini quali "Spaventosi", "Inquietanti" o "Assassini". Ne andava fiero, e godeva dell'effetto intimidatorio che quelle pozze ambrate avevano sugli altri.
 
Effetto che a quanto pare su Trafalgar non funzionava per niente, anzi.
Quel folle era curioso ed interessato dai suoi occhi, forse divertito, ma sicuramente non spaventato. E questo fece innervosire Kidd non poco, che si avviò verso il sentiero che conduceva fuori da quel luogo dimenticato da Dio, lasciandosi il moro alle spalle e imponendosi di non voltarsi ne tornare indietro. In fondo l'aveva aiutato, no?
Beh, che se la cavasse da solo, non era mica la sua balia!
 
-Ehi, Eustass.ya.-
 
"Non rispondere. Non rispondere. Non rispond.."
-Che cazzo vuoi?-
"Bravo idiota."
 
-.. Non è che mi offriresti un gelato?-
 
Kidd si voltò per l'ennesima volta spiazzato dalla sparata di Law, che lo guardava sorridendo e con una luce indecifrabile negli occhi.
Il rosso ci pensò su, meditando.
Magari qualche utilità quel Trafalgar ce l'aveva, e Kidd l'avrebbe sfruttata a suo vantaggio.
Gli rivolse il sorriso più convincente del suo repertorio, portando una mano al cacciavite ben stretto nella tasca dei pantaloni.
 
-Beh, dipende Trafalgar... non è che sai svitare bulloni?-
 
Law interpretò le parole del rosso come una sfida, sorridendo a sua volta. Martoriato o meno non avrebbe perso contro quella testa calda, ne andava del suo onore.
Si avviò verso quello strano ragazzino che gli aveva salvato la vita, riflettendo sulla piega che quel pomeriggio aveva assunto.
 
Senza dubbi, Eustass Kidd era un bambino pieno di sorprese.
E Law le avrebbe scoperte tutte, che al rosso piacesse o no.
 
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-... Corazon, sono felice di sapere che hai accettato il mio invito.-
 
Quella voce melliflua e canzonatoria gli dava il voltastomaco, ma non era li per giocare o sottostare agli inganni del biondo in rosa che adesso lo fissava sorridente. Sostenne il suo sguardo, fulminando l'uomo seduto di fronte a se.
-Facciamo presto, non ho intenzione di starmene qui a perdere tempo con te. Sputa l'osso, o me ne andrò ancora prima che tu possa anche solo pensare di trattenermi.-
Il biondo sorrise ancora di più, leccandosi le labbra. Accavallò le gambe, sporgendosi verso di lui.
 
-E chi ti dice che ti farò andare via.. fratellino?-
 
Cora impallidì, sentendo un brivido corrergli lungo la schiena.
Sapeva che non era per niente ironico, del resto suo fratello era capace di ciò e anche di ben altro.
 
In caso contrario, non si sarebbe chiamato Donquixote Doflamingo.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
 
Signori e signore, eccomi qui, finalmente con un nuovo capitolo! :D
Devo dire che la scuola mi sta uccidendo, e se avessi avuto più tempo avrei caricato il capitolo già ieri. In realtà avevo bisogno di rivederlo e di sistemarlo, cercando di equilibrare le varie parti e di fare meno sviste possibili! xD
Ma venendo al capitolo.. come dire.. ecco.. KILLER x PENGUIN OVUNQUE ç_ç (sbava *^*) <3 niente, mi piacciono insieme sti due, che devo dire? u.u
E insomma, Ace e Perona, Kidd e Law.. (che sono sempre più carini e coccolosi *§*) tante cose carine insomma! u.u
E alla fine.. Zan zan zaaaan! Suppongo che chi segue il manga ci sia già arrivato prima che io lo scrivessi, ma ehi, come potevo non far centrare Doffy in una storia in cui ci sono anche Law e Cora? ^^"
 
Beh, che dire, spero di poter pubblicare il prossimo capitolo presto, e in attesa di ciò, aspetto i vostri pareri su questo capitolo e sugli altri! :3
Un grande bacio e un grazie a chi recensisce e legge :)
 
Jules 
   
 
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