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Autore: ReaVi    13/05/2015    3 recensioni
Aline Dupont ha diciassette anni e vive in una Parigi controllata. I suoi richiami alla Centrale sono tutti positivi, non c'è nessuna traccia di ribellione in lei; suo fratello Tristan è gentile, sua madre e suo padre si prendono cura della famiglia, ed è l’incontro con due fuggiaschi a stravolgere tutto. Il suo mondo inizia a vacillare e la libertà si interpone quasi prepotentemente nella sua vita.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO QUATTRO
Quando mi sveglio sono in infermeria e ho una flebo attaccata al braccio sinistro. Non c’è nessuno con me, se non la luce del Sole che si infiltra caldo e silenzioso, forse anche un po’ timido, dalla finestra alla mia destra. Riesco a vedere il cielo azzurro ed il suo colore mi ricorda gli occhi di Louis Tomlinson, il ragazzo ricercato che ho lasciato andare via. Mi chiedo dove sia ora.
Un tintinnio leggero, dei passi ed ecco comparire un’infermiera accanto al mio lettino.
« Sei sveglia. » dice quasi con sollievo. È Odile, l’infermiera bruna che tutti noi conosciamo. È famosa per aver guarito qualsiasi tipo di ferita, ed è sempre in prima linea per aiutarci al minimo malanno.
Osservo i suoi lineamenti marcati dall’età e mi accorgo di non aver detto niente. Constato che posso ancora parlare, perciò le pongo una semplice domanda.
« Cos’è successo? »
Odile sorride appena, tenera ed educata, calma e serafica, prima di rispondermi.
« Sei svenuta. »
Sembra la cosa più normale del mondo, detta dalle sue labbra, ma non mi capita mai di svenire. Non è da me.
« Da quanto tempo non mangi, Aline? »
Non ero sicura che conoscesse il mio nome, ma visto che mi hanno portata qui dev’essersi informata a dovere. Deglutisco.
« Ieri sera, credo. »
« E perché? »
« Non avevo fame. »
Mi sfila la flebo dal braccio e sento l’ago scivolare via, così emetto un piccolo verso di fastidio e Odile mi guarda appena, tamponandomi il buchetto con del cotone disinfettato.
« È la prima volta che non mangi? »
La guardo muoversi sicura di sé ed a proprio agio e non so proprio cosa rispondere, quale alternativa sia meglio. Ma sono abituata a dire la verità ed a non nascondere niente, perciò decido di non mentire.
« No »
« I tuoi genitori lo sanno? »
« Sto bene. »
Odile mi guarda a lungo, stavolta. Mi osserva coi suoi occhi grigi ed è ora che mi accorgo di alcuni capelli bianchi che le partono dall’attaccatura sulla fronte. Quanti anni potrebbe avere? Credo sia più grande di mia madre.
« Sei stata in Centrale, di recente? »
« Sì »
« E ti hanno parlato dei nuovi sieri? »
Scuoto la testa.
Odile si lecca le labbra quasi come se fosse stanca, dopodiché mi fornisce le spiegazioni che mi merito.
« Dicono che siano più potenti e che su alcuni soggetti possano indurre a forti scompensi, come il digiuno prolungato e lo svenimento, attacchi di panico, tachicardia, perdita di memoria e labirintite. Li stanno sperimentando soprattutto su voi giovani. »
Josée mi aveva detto che i nuovi sieri fossero più forti, ma non avevo idea di questi effetti.
« Ma perché? » chiedo. « Io non ho fatto niente, i miei esami sono sempre andati bene. »
« Perché hanno paura di voi. » Odile lo dice con una tranquillità che mi spiazza. Sono cresciuta con la convinzione che parlare di queste cose avesse un certo peso, ma lei parla del governo come se avesse delle falle, dei timori. Come se qualcuno potesse effettivamente scalfirlo. « Siete i più inclini a ribellarvi, siete quelli che, fra tutti, ne hanno più voglia. »
Odile sostiene il mio sguardo senza nessuno sforzo e mi chiedo se i più pericolosi siamo davvero noi giovani  o loro. Mi sorride e mi posa una mano su una spalla.
« Adesso sdraiati, la tua famiglia verrà presto a prenderti. »
 
Veniamo convocati in Centrale quella sera stessa, ed io ho il terrore di aver commesso qualcosa di sbagliato. Mi trascino in macchina con svogliatezza e timore, mio fratello non c’è. Mia madre ha detto che è già lì per via di alcuni esami, ed è per quello che stiamo andando in Centrale.
La strada è trafficata, osservo le persone e le studio, mi domando chi tra di loro possa essere un ribelle. Cosa succede, poi, a chi si ribella? Non ci ho mai pensato per davvero. Per me è sempre stato importante rispettare le regole e non destare alcun tipo di sospetto, che sarebbe peraltro infondato. La mia, difatti, è una paura immotivata, perché non c’è niente in me in grado di ribellarsi. Faccio tutto quello che la gente mi dice, sono come un camaleonte e non riesco a distinguermi. Sono solo generalmente spaventata delle incomprensioni, credo.
La tipica agitazione che la Centrale mi trasmette si fa subito strada nel mio corpo non appena vedo il grande ed imponente edificio farsi sempre più vicino. Mio padre parcheggia non lontano dall’ingresso ed è mia madre la prima a scendere. Li seguo stando leggermente indietro, per rispetto.
All’interno della Centrale ci accolgono, come di consuetudine, le guardie armate, che ci controllano attraverso un metal detector. Subito dopo di loro c’è uno sportello con un operatore che indossa giacca e cravatta completamente neri, i capelli pettinati da un lato e l’espressione giudiziosa e saccente.
« Siamo qui per Tristan Dupont. » dice mia madre con un filo di nervosismo nella voce.
Mio fratello è un ribelle? È successo qualcosa durante il suo controllo?
L’uomo ci guarda a lungo, chiede i nostri documenti e li controlla, confrontandoli con le nostre facce. Tutto attorno a me è un viavai continuo di persone, ragazzi e ragazze, anziani e giovani, adulti, bambini. Siamo tutti costantemente controllati.
« Di qua. »
Si alza dalla sua postazione e ci fa passare per un tornello, mio padre mi lascia andare prima di lui. Mia madre si muove veloce e agitata, segue l’uomo senza dire una parola. Attraversiamo il grande atrio e poi ci imbuchiamo in un corridoio bianco e ben illuminato, lungo e stretto. Lo percorriamo tutto fino ad arrivare ad una porta blindata, non credo di esser mai stata qui. Questa non è la strada che porta alle stanze dei sieri, ne sono più che sicura, perciò deglutisco ancora più angosciata di prima.
L’uomo inserisce un badge in una fessura e la lucina rossa che sta accanto diventa verde con uno squillante bip. La porta grossa e grigia che ci sta davanti si apre, ed ai nostri occhi appare una sala che sembra adibita a delle cerimonie, o processi, o forse entrambi.
Mio fratello sta al centro di essa e sorride, è circondato da altre persone vestite completamente di nero. Io esito un po’ sulla soglia prima di seguire mia madre e mio padre, perché ho paura di non aver capito cosa stia accadendo.
« Mamma. Papà. » Tristan ci viene incontro con euforia e abbraccia prima mia madre, poi mio padre.
« Tristan, che succede? » chiede lei.
Lui la guarda con la gioia e la commozione negli occhi.
« Io… non ve l’ho detto perché sono scaramantico. » la sua voce trema un po’, poi mi nota a qualche centimetro da loro. « Aline, ci sei anche tu! »
« Che cos’è quella spilla? » gli chiedo indicando la clip argentata che brilla sulla sua giacca scura. Sono sicura che Tristan non avesse nessun completo del genere nel suo armadio.
« Signori Dupont! » un uomo sulla sessantina si avvicina a noi e sfoggia un sorriso maestoso ai miei genitori, stringendo loro la mano. Mi guarda solo in un secondo momento, rivolgendomi un cenno del capo. « E tu devi essere Aline, la sorella di Tristan. »
Non mi piace come pronuncia il mio nome, sembra quasi che lo disprezzi. I suoi occhi sono scuri, quasi neri, e mi mettono in soggezione, ma mi scopro in grado di reggere il suo sguardo fin quando concede di nuovo tutte le attenzioni ai miei genitori.
« Sono felice di conoscervi. Sono il Dottor Christophe Mercier e ho seguito l’addestramento di vostro figlio dall’inizio alla fine. »
Mio padre guarda prima l’uomo, poi mio fratello e sono sicura che non abbia la più pallida idea di cosa stia succedendo.
« Quale addestramento? »
A questo punto è Tristan che, timidamente, si fa avanti con un piccolo sorriso.
« Ho seguito un corso di addestramento come guardia speciale. Adesso sono un membro effettivo e posso prendere servizio da domani stesso. »
Mia madre spalanca la bocca incredula, mentre mio padre si becca una pacca sulla spalla dal Dottor Mercier.
« Suo figlio è uno di noi adesso. Una guardia della Centrale, un Controllore. »
L’euforia del Dottor Mercier e di mio fratello sono inversamente proporzionali allo sgomento mio e di mio padre, che finge incredulità positiva. Mia madre abbraccia mio fratello quasi commossa, congratulandosi con lui, mentre il Dottor Mercier si dedica a mio padre, ancora imbambolato.
Tristan mi lancia uno sguardo quando nostra madre lo lascia andare, e allarga le braccia.
« Allora? Non mi dici niente? »
Mi stringo nelle spalle. Mio fratello è appena diventato un Controllore e io ho lasciato scappare il ragazzo attualmente più ricercato di Parigi dal giardino di casa nostra. Mi sembra un ossimoro quasi divertente, perciò gli sorrido educatamente.
« Se sei contento tu, allora sono contenta anch’io. »
Mi spettina i capelli, io scorgo l’occhiata che mio padre ci riserva. Non lo dirà mai a voce alta, ma è tremendamente preoccupato.





Personaggi nuovi che spuntano un po' a caso e modificano il corso della storia: Odile informa Aline sui nuovi sieri e parla come se sperasse in una rivoluzione, e Tristan entra ufficialmente a lavorare per il governo e per la Centrale, diventando Controllore. Sieri e Tristan avranno un ruolo particolare nei prossimi capitoli, ma torneranno anche Harry e Louis, non preoccupatevi :)
Spero che questo quarto capitolo vi sia piaciuto, i commenti e le critiche sono ben accetti :) buon proseguimento di settimana :*
   
 
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