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Autore: Melliola    02/01/2009    6 recensioni
Viaggio indietro nel tempo, tentando di immaginare com'era la vita del piccolo Edward prima di essere colpito dalla Spagnola. Abitudini di sempre, emozioni, esperienze, con sullo sfondo la tranquilla Chicago di periferia.
Ultimo capitolo!
E poi lei: contro la parete quasi a volerci scomparire dentro, la mia mascherina per terra, sul viso un’espressione terrorizzata. Sapevo di dover fare qualcosa, di mettere in salvo almeno lei e la sua innocenza...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Edward aspetta

Buonasera care lettrici e cari lettori, Buon Natale passato e Felice Anno Nuovo!

Spero che queste feste stiano andando per il meglio! Come piccolo regalo, vi porto finalmente l’epilogo di questa saga che è durata così a lungo. Vi ringrazio di cuore per avermi accompagnato e per avermi sostenuto!

 

 

CHICAGO – EPILOGO

 

 

 

«Edward aspetta! Dove stai andando?» riuscì a dire l’istante prima che il ragazzo uscisse di casa.

Così si girò e la raggiunse; era seduta sul divano, con una grossa scatola sulla ginocchia e qualche foto in mano. Subito ne allungò una verso Edward e lui sorrise.

«Ero carino, vero?» sorrise e fece di nuovo per andarsene prima di essere bloccato di nuovo.

«Ma vuoi calmarti un attimo?»

«Sono in ritardo!»

Alice lo guardò storto, e scettica gli ordinò di aspettare ancora un altro po’.

«Non sapevo avessi sorelle.. è forse tua cugina questa?» chiese, indicando la ragazza al suo fianco, nella foto sbiadita in bianco e nero che doveva avere quasi cento anni.

«Veramente non avevo sorelle. O cugine. E se le avevo, non le ho mai conosciute» rispose lui alzando le spalle.

«Sì ma allora chi è?» insistette Alice, curiosa.

«Non lo so, non lo ricordo!» rispose lui esasperato, «adesso devo andare ok? Bella mi sta aspettando» aggiunse e tagliò corto prima di volatilizzarsi.

Per nulla soddisfatta, Alice sbuffò.

C’era qualcosa in quella foto… il modo in cui Edward e quella ragazza si guardavano… non era la solita foto antica in cui tutti erano ben vestiti e sorridenti verso l’obiettivo, consapevoli che per quelle rare volte in cui c’era la possibilità di farsi fotografare, la si doveva spendere bene. Ben vestiti. Sorridenti.

Edward neanche l’aveva notato l’obbiettivo, probabilmente.

Aveva una mano sul fianco e l’altra tra i capelli di lei, che la guardava con gli occhi ridotti a due fessure e sorrideva in quel suo inconfondibile modo. Lei invece aveva entrambe le mani incrociate in grembo, che guardava lui dall’alto verso il basso da sopra uno scalino. Sorrideva anche lei.

C’era qualcosa in quella foto…

Bramosa di scoprire di più, in un attimo si ritrovò davanti lo studio di Carlisle, pronta a bussare tre volte alla porta.

«Avanti» sentì dire da dentro, e subito accettò l’invito nascondendo la foto dietro la schiena.

«Che fai?» chiese sorridente, con aria da furbetta.

«Niente di interessante, stavo sistemando gli ultimi documenti per il lavoro» rispose lui non azzardando alcuna domanda riguardo l’inaspettata visita.

Alice si avvicinò e con un balzo prese posto sulla scrivania, nell’unico spazio non occupato da fogli o libri. Poi, tirò avanti le mani e fece scivolare la foto sotto il naso del dottore.

«Ho questa per te» disse, mentre Carlisle analizzava curioso l’oggetto della foto. Subito riconobbe Edward e rise quando notò il berretto da militare indossato storto sul capo.

Poi, al suo fianco, quel volto timido.

«Chi è lei?» chiese prontamente Alice quando notò il cambio d’espressione di Carlisle che spostava la sua attenzione da lui a lei.

«Questa ragazza… è…» disse lui massaggiandosi il mento e sforzandosi di ricordare.

Alice si faceva sempre più vicina, spalancando gli occhi e in attesa.

«Oh ma certo!» sbottò Carlisle dopo qualche secondo, «certo certo, ora ricordo» sorrise, e sul volto si dipinse un’espressione un po’ triste, come quando ti manca qualcosa.

Rimase a contemplare la foto notando quel non-so-cosa di particolare proprio come qualche minuto prima aveva fatto Alice e si rilassò appoggiando la schiena contro lo schienale della comoda poltrona.

«Una cugina?» propose di nuovo Alice, richiamando all’attenzione il dottore.

«Oh no, Alice, non era sua cugina. Il suo nome era Katherine, lo ricordo ancora adesso…» disse sorridendo, ma subito dopo cambiò espressione.

 

«Katherine, ascoltami. Ascoltami. Devi uscire di qui. Mi dispiace, ma devi uscire di qui» disse calmo, mentre la ragazzina scuoteva terrorizzata la testa.

«La prego dottor Cullen, lasci che resti» sussurrò tra i singhiozzi, così Carlisle si avvicinò con calma, si inginocchiò e prese le mani di Katherine tra le sue.

Alle sue spalle sentiva indistintamente Edward ed Elizabeth lottare contro la morte, istante dopo istante. E lei, terrorizzata, assistere impassibile a quello scenario, così tenera.

Non lo meritava.

 «Sei una ragazza molto forte» disse semplicemente…

 

Carlisle chinò il capo.

Non aveva mai più ripensato a quella ragazza; ovviamente si era concentrato solo su quello che aveva appena fatto ad Edward: lo aveva trasformato in un vampiro. Per un certo periodo di tempo non aveva pensato neanche più a sua madre Elizabeth, fin quando Edward non gli aveva chiesto distintamente di lei e di come era morta.

«che c’è?» chiese Alice riportandolo bruscamente alla realtà.

«Scusa, è che… è una storia molto triste» disse lui restituendo la foto.

«oh ti prego… raccontami» chiese lei, sinceramente colpita dall’espressione preoccupata del dottore.

«Sai… quando noi parliamo della nostra rinascita… per alcuni di noi dietro ci sono delle situazioni difficili, e dei dolori. Vi ho sempre raccontato che Edward è morto solo, dopo i suoi genitori e quindi senza nessun legame affettivo. Mi sbagliavo» disse.

«Lei?» chiese Alice, quasi con le lacrime agli occhi.

«Già. La prima volta che l’ho vista era immobile davanti al grosso e buio ospedale di Chicago. Era l’alba da poco ed io avevo concluso il mio turno notturno e l’ho vista lì fuori, impaurita come non mai. Probabilmente voleva scappare via il più lontano possibile da lì ma il cuore le diceva il contrario. Mi avvicinai perché sentivo che dovevo dirle qualcosa, fare qualcosa per lei e subito mi disse che doveva entrare per forza, per andare a trovare una persona troppo importante per lei. Ho cercato di dissuaderla ma la sua convinzione mi costrinse a donarle almeno una mascherina per poter proteggersi dalle varie malattie infettive che a quei tempi stavano uccidendo tantissime, troppe persone. Sai, la spagnola» disse Carlisle prendendo un attimo di respiro ed allentando la tensione, mentre Alice scuoteva la testa, muta.

«Così scoprii qualche giorno dopo che la persona non era altri che Edward, di cui io mi ero preso cura personalmente. Lui e sua madre avevano una camera riservata e non erano ammassati come tutti gli altri, in un reparto o per i corridoi» annuì.

«Questa cosa non l’avevi mai detta, mi sembra» sentenziò Alice.

«Già. Edward e sua madre potevano permettersi tutto quello, per fortuna. Quella ragazza… Katherine, entrava di nascosto ogni giorno per poter stare con Edward. Ogni giorno di nascosto a chi controllava le entrate, ogni giorno con la sua mascherina bianca che le avevo donato trascorreva interi pomeriggi accanto a lui. Io… credo che gli volesse un gran bene» aggiunse poi Carlisle lasciando qualche secondo lo spazio ai ricordi, che tornavano vividi come non se lo aspettava.

«Va avanti» riuscì a dire Alice, stringendo al petto la foto; sapeva bene la fine della storiella, eppure probabilmente era in attesa di un finale diverso, di un lieto fine, da perfetta inguaribile romantica.

«Sapevo che le condizioni dei due non potevano affatto migliorare, purtroppo le loro saluti erano arrivate ad un punto di non ritorno; difatti ogni giorno speravo ardentemente che quella ragazza non mettesse più piede dentro quella stanza, che venisse bloccata all’ingresso, qualsiasi cosa! Eppure i miei desideri non furono esauditi. Quando l’infermiera mi chiamò e mi pregò di anticipare di mezz’ora il mio turno per controllare Edward, la trovai lì dentro.

Lui era ad un passo dalla morte: gli occhi fuori dalle orbita, febbre altissima e dolori lombari; Elizabeth si stava spegnendo lentamente senza troppe agitazioni. E poi lei: contro la parete quasi a volerci scomparire dentro, la mia mascherina per terra, sul viso un’espressione che terrorizzata è dir poco. Quasi non mi venne da piangere quando entrai e vidi la scena; sapevo di dover fare qualcosa, di mettere in salvo almeno lei e la sua innocenza» sentenziò e poi riprese fiato.

 

«Ti aspetterò fuori tutta la notte» disse ad Edward che, durante il suo delirio, riuscì a fissarla ed a riconoscere la sua mano che si posava sul suo petto.

In un attimo il ragazzo smise di agitarsi, e divenne così consapevole di tutto quel che stava succedendo, di ciò che stava perdendo, che una timida lacrima scivolò giù dai suoi occhi verdi.

«Sta tranquillo» sorrise invece lei, tra le sue lacrime.

 

«Cercai di infondergli tutta la mia calma ed il mio ottimismo, anche se lei aveva capito tutto. Era sveglia. Così le dissi semplicemente che doveva essere forte, e lei si avvicinò ad Edward e lo salutò per l’ultima volta, dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Il resto della storia la conosci già» concluse Carlisle, alzandosi dalla poltrona e raggiungendo la finestra, per guardare fuori.

Alice si alzò a sedere e lo raggiunse. Poi, alzò la foto e la guardò di nuovo.

«Mi dispiace di averti costretto a rivivere tutto questo. Non era mia intenzione» disse, chinando il capo.

Carlisle le passò un braccio attorno le spalle e sorrise.

«Non dirlo neanche per scherzo. Anzi, te ne sono grato: mi hai aiutato a ricordare una cosa che avevo dimenticato. E cose così belle e profonde non meritano di essere dimenticate, belle o brutte che sono» disse lui, prima di poggiargli un bacio delicato sulla fronte.

«Sembra che Edward non ricordi nulla di questa ragazza. Eppure lei ha fatto così tanto… in quelle occasioni in cui gli ho chiesto della sua vita da mortale, le uniche cose che mi ha raccontato sono state l’esercito, la guerra, i militari… com’è possibile che abbia dimenticato tutto questo?» chiese sconcertata Alice.

«Non è poi così strano. Sai, è stata una brutta, bruttissima malattia la Spagnola. E poi la trasformazione ha contribuito a cancellare dai suoi ricordi tutto il resto…» spiegò.

Alice scosse le spalle, un poco scettica.

«Forse hai ragione… però guarda questa foto! Il modo in cui Edward la guarda!» insistette lei scuotendo la foto.

«Non pensi che sia meglio così? Che non ricordi nulla?» suggerì Carlisle per calmarla.

«Bè sì, magari… magari è meglio così» sentenziò Alice, e dopo aver salutato Carlisle, uscì dal suo ufficio.

Di gran carriera si diresse nella stanza di Edward e senza scrupoli entrò, diretta verso la grande libreria alla sua destra. Sapeva bene che in alto c’era un cappello da militare, l’oggetto che rappresentava l’unico ricordo, l’unico legame tra l’Edward vampiro e l’Edward umano.

Con un balzo lo afferrò e lo posò sulla scrivania. Poi prese una penna e scrisse un messaggio per lui dietro la foto ingiallita.

Quando ebbe finito, la guardò per l’ultima volta, e con una punta di malinconia, lasciò la stanza in un baleno.

 

 

 

Note dell’autore:

Finalmente, eccoci alle tanto attese (da me!) note dell’autore!

Già da otto capitoli fa avrei voluto dirvi che questa non è la solita storia d’amore tra il personaggio famoso ed un nuovo personaggio che assomiglia a tutti gli effetti all’autrice… non è così.

Difatti, se avete notato, tra i personaggi è citato solo Edward Cullen, e di Katherine non è stato descritto neanche un particolare fisico (a parte i lunghi capelli ) e caratterialmente questa ragazza non mi somiglia neanche un po’ :P ! Questa storia è nata semplicemente dal mio desiderio di esprimere un Edward diverso da come ce lo propone la Mey (perché come qualcuno sa, non mi piace poi tanto il nostro perfetto e fantastico Gary Stu - Edward!) ma un po’ più umano, alle prese con le sofferenze che una malattia lo ha portato alla quasi – morte e, perché no, raccontata dal punto di vista di una persona cara e che gli è stata al fianco fino in punto di morte.

Inoltre, a me non piace scrivere storie che vanno a scontrarsi con la trama originale: questo lo dico per giustificare la scena del bacio, che non poteva mancare! In realtà, Edward non ricorda davvero quel che è successo (come ci ha già brillantemente illustrato il dottor Carlisle B) ) perciò che zia Mey non me ne voglia!

Eppure sono contenta del risultato finale, spero che per voi sia lo stesso!

Per l’epilogo ho usato Alice perché secondo me lei è davvero un’inguaribile romantica   [o almeno lo dico sulla base dei primi tre libri della saga, non ho ancora letto Breaking Dawn (prometto che lo farò!!) ]! Infatti, crede fermamente che Edward ricordi alla perfezione ciò che Katherine è stato per lui, e nonostante la sua indole da curiosona, ha deciso di non indagare oltre per non rischiare di aprire vecchie ferite…

 

E con questo è tutto, vi lascio con un enorme GRAZIE generale.

 

Sono contenta, contentissima dell’entusiasmo che vi ha generato questa storia *__*. A presto!

   
 
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