Buonasera care
lettrici e cari lettori, Buon Natale passato e Felice Anno Nuovo!
Spero che queste
feste stiano andando per il meglio! Come piccolo regalo, vi porto finalmente l’epilogo
di questa saga che è durata così a lungo. Vi ringrazio di cuore per avermi
accompagnato e per avermi sostenuto!
CHICAGO
– EPILOGO
«Edward aspetta!
Dove stai andando?» riuscì a dire l’istante prima che
il ragazzo uscisse di casa.
Così si girò e la
raggiunse; era seduta sul divano, con una grossa scatola sulla
ginocchia e qualche foto in mano. Subito ne allungò
una verso Edward e lui sorrise.
«Ero carino, vero?»
sorrise e fece di nuovo per andarsene prima di essere bloccato di nuovo.
«Ma
vuoi calmarti un attimo?»
«Sono in ritardo!»
Alice lo guardò
storto, e scettica gli ordinò di aspettare ancora un altro po’.
«Non sapevo avessi
sorelle.. è forse tua cugina questa?» chiese,
indicando la ragazza al suo fianco, nella foto sbiadita in bianco e nero che
doveva avere quasi cento anni.
«Veramente non
avevo sorelle. O cugine. E se
le avevo, non le ho mai conosciute» rispose lui alzando le spalle.
«Sì ma allora chi
è?» insistette Alice, curiosa.
«Non lo so, non lo
ricordo!» rispose lui esasperato, «adesso devo andare ok? Bella mi sta
aspettando» aggiunse e tagliò corto prima di volatilizzarsi.
Per
nulla soddisfatta, Alice
sbuffò.
C’era qualcosa in
quella foto… il modo in cui Edward e quella ragazza si guardavano… non era la
solita foto antica in cui tutti erano ben vestiti e sorridenti verso
l’obiettivo, consapevoli che per quelle rare volte in cui c’era la possibilità
di farsi fotografare, la si doveva spendere bene. Ben
vestiti. Sorridenti.
Edward neanche
l’aveva notato l’obbiettivo, probabilmente.
Aveva una mano sul
fianco e l’altra tra i capelli di lei, che la guardava
con gli occhi ridotti a due fessure e sorrideva in quel suo inconfondibile modo.
Lei invece aveva entrambe le mani incrociate in grembo, che
guardava lui dall’alto verso il basso da sopra uno scalino. Sorrideva
anche lei.
C’era qualcosa in
quella foto…
Bramosa di scoprire
di più, in un attimo si ritrovò davanti lo studio di Carlisle, pronta a bussare
tre volte alla porta.
«Avanti» sentì dire
da dentro, e subito accettò l’invito nascondendo la foto dietro la schiena.
«Che fai?» chiese sorridente, con aria da furbetta.
«Niente di interessante, stavo sistemando gli ultimi documenti per
il lavoro» rispose lui non azzardando alcuna domanda riguardo l’inaspettata
visita.
Alice si avvicinò e
con un balzo prese posto sulla scrivania, nell’unico spazio non occupato da
fogli o libri. Poi, tirò avanti le mani e fece scivolare la foto sotto il naso
del dottore.
«Ho questa per te»
disse, mentre Carlisle analizzava curioso l’oggetto della foto. Subito
riconobbe Edward e rise quando notò il berretto da
militare indossato storto sul capo.
Poi, al suo fianco,
quel volto timido.
«Chi è lei?» chiese
prontamente Alice quando notò il cambio d’espressione
di Carlisle che spostava la sua attenzione da lui a lei.
«Questa ragazza… è…»
disse lui massaggiandosi il mento e sforzandosi di ricordare.
Alice si faceva
sempre più vicina, spalancando gli occhi e in attesa.
«Oh ma certo!»
sbottò Carlisle dopo qualche secondo, «certo certo,
ora ricordo» sorrise, e sul volto si dipinse un’espressione un po’ triste, come
quando ti manca qualcosa.
Rimase a
contemplare la foto notando quel non-so-cosa di particolare proprio come qualche minuto prima
aveva fatto Alice e si rilassò appoggiando la schiena contro lo schienale della
comoda poltrona.
«Una cugina?»
propose di nuovo Alice, richiamando all’attenzione il dottore.
«Oh no, Alice, non
era sua cugina. Il suo nome era Katherine, lo ricordo
ancora adesso…» disse sorridendo, ma subito dopo cambiò espressione.
«Katherine,
ascoltami. Ascoltami. Devi uscire di qui. Mi dispiace, ma devi uscire di qui»
disse calmo, mentre la ragazzina scuoteva terrorizzata la testa.
«La
prego dottor Cullen, lasci che resti» sussurrò tra i singhiozzi, così Carlisle
si avvicinò con calma, si inginocchiò e prese le mani
di Katherine tra le sue.
Alle sue
spalle sentiva indistintamente Edward ed Elizabeth lottare contro la morte,
istante dopo istante. E lei,
terrorizzata, assistere impassibile a quello scenario, così tenera.
Non lo
meritava.
«Sei una ragazza molto forte» disse semplicemente…
Carlisle chinò il
capo.
Non aveva mai più
ripensato a quella ragazza; ovviamente si era concentrato solo su quello che
aveva appena fatto ad Edward: lo aveva trasformato in un vampiro. Per un certo
periodo di tempo non aveva pensato neanche più a sua madre
Elizabeth, fin quando Edward non gli aveva chiesto distintamente di lei
e di come era morta.
«che
c’è?» chiese Alice riportandolo bruscamente alla realtà.
«Scusa, è che… è
una storia molto triste» disse lui restituendo la foto.
«oh ti prego… raccontami» chiese lei, sinceramente colpita
dall’espressione preoccupata del dottore.
«Sai…
quando noi parliamo della nostra rinascita…
per alcuni di noi dietro ci sono delle situazioni difficili, e dei dolori. Vi
ho sempre raccontato che Edward è morto solo, dopo i suoi genitori e quindi
senza nessun legame affettivo. Mi sbagliavo» disse.
«Lei?» chiese
Alice, quasi con le lacrime agli occhi.
«Già. La prima
volta che l’ho vista era immobile davanti al grosso e
buio ospedale di Chicago. Era l’alba da poco ed io avevo concluso
il mio turno notturno e l’ho vista lì fuori, impaurita come non mai.
Probabilmente voleva scappare via il più lontano possibile da lì ma il cuore le diceva il contrario. Mi avvicinai perché
sentivo che dovevo dirle qualcosa, fare qualcosa per lei e subito mi disse che
doveva entrare per forza, per andare
a trovare una persona troppo importante per lei. Ho cercato di dissuaderla ma la sua convinzione mi costrinse a donarle
almeno una mascherina per poter proteggersi dalle varie malattie infettive che
a quei tempi stavano uccidendo tantissime, troppe persone. Sai, la spagnola»
disse Carlisle prendendo un attimo di respiro ed allentando la tensione, mentre
Alice scuoteva la testa, muta.
«Così scoprii
qualche giorno dopo che la persona non era altri che
Edward, di cui io mi ero preso cura personalmente. Lui e sua madre avevano una
camera riservata e non erano ammassati come tutti gli altri, in un reparto o
per i corridoi» annuì.
«Questa cosa non l’avevi mai detta, mi sembra» sentenziò Alice.
«Già. Edward e sua
madre potevano permettersi tutto quello, per fortuna.
Quella ragazza… Katherine, entrava di nascosto ogni giorno per poter stare con
Edward. Ogni giorno di nascosto a chi controllava le entrate, ogni giorno con
la sua mascherina bianca che le avevo donato
trascorreva interi pomeriggi accanto a lui. Io… credo che gli volesse un gran
bene» aggiunse poi Carlisle lasciando qualche secondo lo spazio ai ricordi, che
tornavano vividi come non se lo aspettava.
«Va avanti» riuscì
a dire Alice, stringendo al petto la foto; sapeva bene la fine della storiella,
eppure probabilmente era in attesa di un finale
diverso, di un lieto fine, da perfetta inguaribile romantica.
«Sapevo che le
condizioni dei due non potevano affatto migliorare, purtroppo le loro saluti erano arrivate ad un punto di non ritorno;
difatti ogni giorno speravo ardentemente che quella ragazza non mettesse più
piede dentro quella stanza, che venisse bloccata all’ingresso, qualsiasi cosa! Eppure i miei desideri non furono esauditi. Quando
l’infermiera mi chiamò e mi pregò di anticipare di mezz’ora il mio turno per
controllare Edward, la trovai lì dentro.
Lui era ad un passo
dalla morte: gli occhi fuori dalle orbita, febbre
altissima e dolori lombari; Elizabeth si stava spegnendo lentamente senza
troppe agitazioni. E poi lei: contro la parete quasi a
volerci scomparire dentro, la mia mascherina per terra, sul viso un’espressione
che terrorizzata è dir poco.
Quasi non mi venne da piangere quando entrai e vidi la
scena; sapevo di dover fare qualcosa, di mettere in salvo almeno lei e la sua
innocenza» sentenziò e poi riprese fiato.
«Ti
aspetterò fuori tutta la notte» disse ad Edward che, durante il suo delirio,
riuscì a fissarla ed a riconoscere la sua mano che si posava sul suo petto.
In un
attimo il ragazzo smise di agitarsi, e divenne così consapevole di tutto quel
che stava succedendo, di ciò che stava perdendo, che
una timida lacrima scivolò giù dai suoi occhi verdi.
«Sta
tranquillo» sorrise invece lei, tra le sue lacrime.
«Cercai di
infondergli tutta la mia calma ed il mio ottimismo,
anche se lei aveva capito tutto. Era sveglia. Così le dissi semplicemente che
doveva essere forte, e lei si avvicinò ad Edward e lo salutò per l’ultima
volta, dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Il resto della storia la conosci già» concluse Carlisle, alzandosi dalla poltrona e
raggiungendo la finestra, per guardare fuori.
Alice si alzò a
sedere e lo raggiunse. Poi, alzò la foto e la guardò di nuovo.
«Mi dispiace di
averti costretto a rivivere tutto questo. Non era mia intenzione» disse,
chinando il capo.
Carlisle le passò
un braccio attorno le spalle e sorrise.
«Non dirlo neanche
per scherzo. Anzi, te ne sono grato: mi hai aiutato a ricordare una cosa che avevo
dimenticato. E cose così belle e profonde non meritano
di essere dimenticate, belle o brutte che sono» disse lui, prima di poggiargli
un bacio delicato sulla fronte.
«Sembra che Edward
non ricordi nulla di questa ragazza. Eppure lei ha
fatto così tanto… in quelle occasioni in cui gli ho chiesto della sua vita da
mortale, le uniche cose che mi ha raccontato sono state l’esercito, la guerra,
i militari… com’è possibile che abbia dimenticato tutto questo?» chiese
sconcertata Alice.
«Non è poi così
strano. Sai, è stata una brutta, bruttissima malattia
la Spagnola. E poi la trasformazione ha contribuito a cancellare dai suoi ricordi tutto il resto…» spiegò.
Alice scosse le spalle, un poco scettica.
«Forse hai ragione… però guarda questa foto! Il modo in cui Edward la
guarda!» insistette lei scuotendo la foto.
«Non pensi che sia
meglio così? Che non ricordi nulla?» suggerì Carlisle
per calmarla.
«Bè sì, magari…
magari è meglio così» sentenziò Alice, e dopo aver salutato Carlisle, uscì dal
suo ufficio.
Di gran carriera si
diresse nella stanza di Edward e senza scrupoli entrò,
diretta verso la grande libreria alla sua destra. Sapeva bene che in alto c’era
un cappello da militare, l’oggetto che rappresentava l’unico ricordo, l’unico legame tra l’Edward vampiro e l’Edward umano.
Con un balzo lo
afferrò e lo posò sulla scrivania. Poi prese una penna e scrisse un messaggio
per lui dietro la foto ingiallita.
Quando ebbe finito, la guardò per l’ultima volta,
e con una punta di malinconia, lasciò la stanza in un baleno.
Note dell’autore:
Finalmente,
eccoci alle tanto attese (da me!) note dell’autore!
Già da otto
capitoli fa avrei voluto dirvi che questa non è la solita storia d’amore tra il
personaggio famoso ed un nuovo personaggio che assomiglia a tutti gli effetti
all’autrice… non è così.
Difatti, se
avete notato, tra i personaggi è citato solo Edward Cullen, e di Katherine non
è stato descritto neanche un particolare fisico (a parte i lunghi capelli ) e
caratterialmente questa ragazza non mi somiglia neanche un po’ :P ! Questa storia è nata
semplicemente dal mio desiderio di esprimere un Edward diverso da come ce lo propone la Mey (perché come qualcuno sa, non mi piace poi tanto il nostro
perfetto e fantastico Gary Stu - Edward!)
ma un po’ più umano, alle prese con le sofferenze che una malattia lo ha
portato alla quasi – morte e, perché no,
raccontata dal punto di vista di una persona cara e che gli è stata al fianco
fino in punto di morte.
Inoltre, a me
non piace scrivere storie che vanno a scontrarsi con la trama originale: questo
lo dico per giustificare la scena del bacio, che non
poteva mancare! In realtà, Edward non ricorda davvero quel che è successo (come ci ha già brillantemente
illustrato il dottor Carlisle B) ) perciò che zia Mey non me ne voglia!
Eppure sono contenta del risultato
finale, spero che per voi sia lo stesso!
Per l’epilogo ho
usato Alice perché secondo me lei è davvero un’inguaribile romantica [o almeno lo dico
sulla base dei primi tre libri della saga, non ho ancora letto Breaking Dawn (prometto che lo farò!!) ]! Infatti, crede fermamente che Edward ricordi alla perfezione
ciò che Katherine è stato per lui, e nonostante la sua indole da curiosona, ha
deciso di non indagare oltre per non rischiare di aprire vecchie ferite…
E con questo è
tutto, vi lascio con un enorme GRAZIE generale.
Sono contenta,
contentissima dell’entusiasmo che vi ha generato questa storia *__*. A presto!