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Autore: Mue    13/05/2015    2 recensioni
«Ehi, Folletto Saputello!»
Ecco come nei corridoi di Hogwarts il divino James Sirius Potter apostrofa Emily Hale, Corvonero, anonima, impacciata e senz'altra dote -se dote si può chiamare- che non un'estrema bibliofilia.
Sarebbe un episodio di potteriana impertinenza come tanti altri che Emily è costretta a subire se Stuart Dunneth, suo misantropo e ambiguo compagno di classe, non si trovasse per caso nei paraggi.
Emily, ligia alle regole, timida all'ennesima potenza e avversa a qualsiasi tipo di azione eroica, ancora non sa che questo incontro la coinvolgerà nel vischioso mistero che avvolge il ragazzo e sarà costretta, suo malgrado, a dare fondo a tutte le sue risorse per risolvere quello che, da giallo inquietante, potrebbe rivelarsi invece una storia dell'orrore delle peggiori. E i Potter, con le loro smanie di protagonismo, ovviamente non possono stare molto lontani.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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Ben ritrovati!
Volevo ringraziare ancora tutti quelli che leggono, che inseriscono la storia tra le preferite e tra le seguite. Un grazie speciale a Sheilin per i commenti che mi lascia.
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento.
Buona lettura!

 

XII.
Un segreto nella solitudine


Il rientro a scuola fu smorzato dal cattivo tempo: pioggia torrenziale che scendeva giù, infangando i cortili e lavando via la neve che si era depositata durante le vacanze. Un tempo spettrale.
I corridoi bui di Hogwarts erano più freddi e lugubri del solito, e persino i fantasmi sembravano risentire della cosa, tutti di un insolito colore grigio tempesta.
Emily aveva ripreso a frequentare le lezioni insieme a Drilla e Stuart. Quest’ultimo, dopo il loro ritorno a scuola sembrava tornato quello di sempre, sebbene Emily lo tenesse costantemente d’occhio. Ormai era certa che ci fosse qualcosa che non le voleva rivelare, e che, qualunque cosa fosse, non doveva essere molto gradevole.
Nonostante i dubbi che la attanagliavano, però, Emily non osò fargli domande, un po’ per timidezza, un po’ perché temeva che si sarebbe offeso. In fondo se non voleva parlarne doveva esserci qualche motivo, no?
Così gli lanciava occhiate furtive ogni volta che lui guardava da un’altra parte, ai pasti, a lezione, nei corridoi, dovunque. Solo ora si rendeva conto di quanto fosse distratto, distante, lontano; non da lei un particolare, certo, ma un po' da tutti, dalla scuola, dal resto del mondo.
Provò a parlarne a Drilla una domenica mattina in cui il cielo aveva clementemente smesso di gettare giù valanghe d’acqua, mentre la accompagnava all'allenamento di Quidditch.
«Distante? Ma certo che sì! Lo è sempre stato, se è per quello, sei tu l’unica che non se n’è mai accorta.»
Emily abbassò gli occhi. «Credo che ci sia qualcosa che non va e… non voglia dircelo.»
«E allora? Sono affari suoi, no?»
«Ma siamo sue amiche!», protestò senza tanta convinzione Emily.
Drilla scrollò la spalle. «Sì, ma questo non giustifica il volersi impicciare nella sua vita. Quando vorrà, ce ne parlerà, punto. Non farti tutti queste paranoie mentali e pensa un po’ di più a te stessa. Hai idea di quanto gli sei rimasta appiccicata dalla fine delle vacanze? Cominciano a girare voci su voi due…»
«Cosa?» Emily si era bloccata a metà di un passo e si era voltata stupefatta.
Drilla ridacchiò. «Non riesco ancora a capire come fai, con un cervello come il tuo, a capire sempre per ultima quello che ti sta succedendo intorno.»
«In… in che senso, scusa, girano voci su me e Stuart?», chiese Emily rossa dalla radice dei capelli alla punta dei piedi.
«In quel senso. Perciò, se non vuoi che continuino, è meglio che ti scolli da lui. Sempre che non ti piaccia davvero…», la guardò preoccupata. «Stuart non ti piace, vero Emy?»
Emily scosse la testa, imbarazzata. «Niente affatto!», rispose, forse troppo in fretta. «Andiamo, Drilla, quando mai mi sono innamorata di qualcuno?», aggiunse quando l’amica strinse gli occhi dubbiosa.
«Non essere così sicura di te stessa, prima o poi ti capiterà, e allora vedrai.» Sghignazzò a quella prospettiva e la lasciò all’entrata dello stadio per raggiungere il resto della squadra.
Emily tornò a disagio nel castello, guardandosi attorno. Dopo quello che aveva detto Drilla, aveva la sgradevole impressione di avere puntati su di sé tutti gli occhi della gente che passava quando era voltata da un’altra parte e che tutti i sussurri fossero malignità su lei e Stuart.
Si rifugiò nella Sala Comune, dimenticandosi che era lì che si trovava Stuart. Quando quest’ultimo la vide entrare dal portone di quercia le sorrise, svagato come sempre. «Ciao. Drilla è agli allenamenti?»
Emily non sapeva cosa fare: a quanto sembrava anche Stuart, come lei fino a pochi minuti prima, ignorava completamente le voci che circolavano. Alla fine, mordendosi un labbro, decise di far finta di niente e si sedette accanto a lui.
«Sì», rispose. «Che stai facendo?», domandò, vedendo la pergamena tanto lunga da arrivare ai piedi della scrivania e che aveva riempito per una buona metà con la sua grafia nitida e sinuosa.
«La ricerca per Difesa Contro le Arti Oscure sulle maledizioni antiche.»
Emily ebbe un sobbalzo. «L’avevo dimenticata! E adesso come farò? Accidenti, devo andare in biblioteca a cercare qualcosa!»
Senza nemmeno lasciargli il tempo di rispondere, scattò in piedi e si precipitò fuori e raggiunse il locale in fretta. Qui, chino su tre grossi volumi spalancati, trovò Al.
«Oh, ciao Emily», la salutò quando la vide. «Tutto bene a Natale?»
Emily annuì. «Sì. E tu? Come sta il tuo parente Babbano?»
Al sembrò sorpreso. «Bene, grazie. Scusa, ma chi te ne ha parlato?»
Emily restò ancora più sorpresa di lui. «Be’… Jamie, naturalmente.»
«Davvero? Sei riuscita a vederlo ultimamente, intercettandolo tra un allenamento e l'altro? Io non lo vedo da almeno tre giorni», disse lui sorridendo.
«No, non ultimamente; me ne ha parlato quando è… ma non lo sai?», si interruppe, colta da un sospetto.
«Che cosa?»
«Che… be’, che è venuto a trovarmi durante le vacanze…»
Al scoppiò a ridere. «Ah, ecco dove se l’è svignata per non andare a trovare lo zio Dudley. Mi aveva detto che aveva intenzione di fare una visita a qualcuno che conoscevamo, ma non pensavo…beh, non importa. Spero che non abbia fatto il solito guastafeste.»
«No, assolutamente, mi ha fatto molto piacere che sia venuto!», lo rassicurò lei in fretta.
«Grazie al cielo. Jamie ha il brutto vizio di capitare a sproposito dove non dovrebbe», commentò Al. «Avrebbe anche potuto dirmelo, però», aggiunse poi, un po’ seccato. «Sarei venuto volentieri anch’io.»
«Già, sarebbe stato bello. C’era anche Stuart.»
«Davvero? L’hai invitato a casa tua?»
Emily annuì.
Al sorrise. «Mi fa piacere. Sai, mi sta molto simpatico, Stuart, però è sempre così solo.»
Emily aprì la bocca, sbalordita. Era la stessa cosa che aveva pensato lei. In effetti a differenza di Emily che, anche prima di conoscere Al, Jamie, o anche David, aveva sempre avuto Drilla, Stuart… Stuart era sempre stato isolato. Come se ci fosse una barriera invisibile a separarlo dagli altri.
«Io… sono preoccupata per lui», confessò esitante.
Al annuì. «Anch’io. Credo che ci sia qualcosa che non va. L’altro giorno ho provato a invitarlo a venire con i miei amici a fare una partita a Gobbiglie giù nell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure, ma non ha voluto. Eppure sono convinto che gli sarebbe piaciuto. Non riesco proprio a capire perché rifiuti di stare con gli altri. Non è timido come…», si interruppe.
Emily sorrise impacciata. «Come me, intendi? Sì, è vero. Io sono diventata sua amica perché mi ha avvicinata lui. Non so nemmeno perché lo abbia fatto. A volte sembra che desideri stare in compagnia, altre che… non so…»
«Che qualcosa lo spinga a distanziare gli altri, vero?», completò Al. Scosse il capo. «Non so, è strano, ma senza chiederglielo direttamente non potremo mai capirlo. Potrei…»
«No!», esclamò Emily, anticipando al sua proposta. «Cioè, non è giusto impicciarci degli affari suoi. Magari non è davvero niente. Magari se aspettiamo ce ne parlerà…»
Al scrollò le spalle. «Forse.»
Cadde un silenzio pensieroso tra loro.
«A proposito», disse improvvisamente Al tornando alla realtà. «Cosa sei venuta a fare in biblioteca?»
Emily si riscosse di colpo, guardò l’orologio: aveva già perso mezz’ora. Con un verso di disperazione, si lasciò cadere su una sedia e iniziò a darsi da fare.

«Sembri l’incrocio tra un fantasma e un Inferius», commentò il giorno dopo Drusilla quando vide la sua faccia.
Emily fece una smorfia stanca ma non rispose: era pallida per la stanchezza, gli occhi circondati da macchie scure, come se le avessero tirato due pugni; aveva passato tutta la notte in bianco a finire la ricerca, e ora riusciva a malapena a stare in piedi.
La prima lezione era Difesa Contro le Arti Oscure, e il professor Ravenscar li attendeva come al solito nella sua aula, in piedi in mezzo alla classe.
«Vuoi un cuscino?», sussurrò Drilla sorridendo alla sua sinistra mentre si sedevano.
Emily scosse la testa senza parlare, troppo stanca per darle retta, e cercò di concentrarsi sull’insegnante, che aveva già cominciato a parlare.
«…dato che per oggi dovevate fare una ricerca sulla Maledizioni di Alleanza, ossia le maledizioni che si creano a causa della magia naturale delle creature non umane. Ora, qualcuno sa dirmi perché queste maledizioni sono quasi infrangibili, a differenza di quelle dei maghi?»
Emily, troppo assonnata per cercare nella mente la risposta, sperò con tutto il cuore che Stuart, alla sua destra, alzasse la mano e rispondesse alla domanda al posto suo, ma non lo fece. Rimase immobile, le mani sulle ginocchia, lo sguardo assente.
Ti prego, chiedi a lui, chiedi a qualcun altro, non a me!, implorò Emily mentalmente, ma la sua preghiera era destinata a non venire esaudita.
Ravenscar fece vagare lo sguardo sulla classe e lo fissò su di lei. «Emily?»
Emily cercò di raddrizzarsi e di ricordare quello che aveva studiato quella notte. «Ehm… perché l’entità che crea la maledizione è… è sottoposta a leggi naturali e inscindibili dalla sua stessa magia, quindi non potrà mai mutare il corso della maledizione perché si baserà solo su… su queste leggi», rispose cercando di trattenere uno sbadiglio.
«Ottima risposta. E chi sa dirmi…?»
Proseguì con le domande, e tutti risposero più o meno bene alla propria. Tutti tranne Stuart, che rimase muto, i muscoli tesi, lo sguardo appannato.
«Stuart?», riprovò l’insegnante, perplesso.
Stuart ebbe un moto strano, come per scuotersi, ma poi tornò immobile. «Non lo so.»
La classe cadde nel gelo. Stuart Dunneth che non sapeva rispondere ad una domanda?
Ravenscar era sorpreso quanto gli altri, ma preferì non infierire e andò avanti come se niente fosse. Emily fissò l’amico sbalordita, ma lui non si girò verso di lei né diede alcun cenno di rendersi conto di essere lì tra loro. Sembrava completamente assente, con la testa da tutt’altra parte.
Emily lo fissò a lungo, poi si accorse che gli altri li guardavano e abbassò gli occhi imbarazzata.
Ravenscar, a metà dell’ora, sembrò soddisfatto delle risposte che gli erano state date e perciò aveva deciso di tenere, per premiarli, una lezione pratica.
«Vi allenerete negli incantesimi di difesa immediata. Ciascuno di voi cercherà di colpire il compagno con una Fattura semplice e il suo avversario dovrà difendersi con qualsiasi incantesimo gli sembrerà utile. Vediamo cosa sapete fare.»
Emily, ovviamente, finì in coppia con Stuart, ma dopo tre volte che ciascuno di loro respinse perfettamente l’attacco dell’altro, il professore sembrò soddisfatto e concesse loro di sedersi in disparte a guardare gli altri. Emily sospirò sollevata. Temeva di crollare dal sonno prima della fine della lezione. Si voltò verso l’amico e per poco non sobbalzò: era bianco come un lenzuolo.
«Stuart?»
Il ragazzo si girò lentamente e la fissò.
«Ti… ti senti bene?»
Stuart aprì la bocca per parlare, ma la richiuse in fretta: probabilmente altrimenti avrebbe vomitato.
Emily balzò in piedi e raggiunse Ravenscar. «Professore, Stuart non sta bene, non potrei…?»
Ravenscar si voltò verso Stuart e notò il suo colorito. «Portalo in infermeria», acconsentì subito.
Emily obbedì e, aiutando Stuart ad alzarsi in piedi, lo trascinò fuori dalla classe e lungo il corridoio. Lui non disse niente: si appoggiava sempre di più a lei, e ormai non era più nemmeno in grado di camminare.
«Stuart, ti prego, resisti…», pregò ansimando dalla fatica Emily.
«Ehi, che succede?»
Emily si voltò a quella voce familiare e vide Al venire dalla parte opposta del corridoio.
«Al!», esclamò sollevata. «Stuart sta male, devo portarlo in infermeria, ma non ce la faccio.»
«Lascia fare a me», si offrì lui, e, preso Stuart da sotto un'ascella, lo trasportò a forza fino all’infermeria.
La signorina Hartland corse loro incontro e non appena vide la cera di Stuart ordinò ad Al di metterlo su un letto e lasciare che se ne occupasse lei.
Al obbedì ma lui ed Emily esitarono prima di andare via.
«Stuart», provò ancora a chiamarlo lei.
Il ragazzo aprì debolmente gli occhi.
«Stuart, come ti senti? Che cos'hai?»
Stuart scosse il capo e non rispose, voltandosi dall’altra parte. Il suo respiro si fece lento e regolare. Forse si era addormentato.
Emily ed Al si scambiarono un’occhiata intimorita e quando la signorina Hartland li cacciò gentilmente fuori se ne andarono impotenti.
«Cosa gli è successo?», domandò Al nervoso.
«Non lo so…mi sono girata verso di lui a Difesa Contro le Arti Oscure ed era bianchissimo. Credevo che stesse per svenire…»
Al si accigliò e restò in silenzio.
Nessuno di loro immaginava che Stuart non si sarebbe più rialzato.

 

   
 
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