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Autore: Malvagiuo    14/05/2015    1 recensioni
La morte di Roigkal val'Rundor precipita la valle di Askold in una situazione drammatica. L'inverno grava ancora sulle tribù del nord, che contano sul ritorno della loro divinità, Grijndir, per sopravvivere. Solo la possente Bestia del Mare, infatti, può spezzare l'immensa banchisa di ghiaccio che congela le acque di Askold, aprendo la via dell'oceano e della salvezza. Due uomini si disputano la successione, e con essa il dovere di richiamare Grijndir dalle profondità degli abissi. Da una parte il suo unico figlio, Volgrim, giovane e temerario, che dovrà convincere la sua gente a vederlo non più come ragazzo ma come uomo. Dall'altra, Iorig, fratello di Roigkal e zio di Volgrim, guerriero ambiguo e dalle mille risorse, i cui reali propositi costituiscono un mistero per chiunque.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La casa  di Volgrim era vuota. Bjorik trovò la porta aperta. Il focolare era spento, un sottile strato di acqua fangosa allagava l’entrata della dimora, ma all’interno tutto sembrava in ordine. Per un attimo, un oscuro scenario prese forma nella mente di Bjorik. E se Iorig avesse già agito? Se fosse stato già troppo tardi? Bjorik non faticava a immaginare Iorig intento a uccidere il suo stesso nipote, pur di conquistare il potere. Le sue parole non contavano nulla: conosceva quell’uomo da anni, sapeva fino a quali gesti poteva spingerlo la sua ambizione.

Ma c’era qualcosa che non convinceva Bjorik. Quella non era una casa che avesse ricevuto la visita di un assassino. La porta non era sfondata, non c’erano impronte di fango sul pavimento. Niente era stato toccato. L’unico elemento fuori dal comune era la pozza di fanghiglia in prossimità dell’uscio, che si era fatta strada attraverso il varco lasciato dalla porta accostata. Il vento aveva spinto all’interno la neve, che aveva prodotto la pozzanghera. E quello sembrava tutto.

Dov’era Volgrim, tuttavia?

Bjorik serrò la porta e si incamminò nella gelida aria notturna. C’era un altro posto dove avrebbe potuto trovare il ragazzo. Malgrado le ardue prove che aveva affrontato, Bjorik continuava a considerarlo tale: un ragazzo da proteggere. Aveva esitato, prima di sostenere la sua candidatura di fronte al Consiglio. Alla fine, si era convinto che fosse l’unica scelta possibile e in cuor suo, sentiva che i fatti gli avevano dato ragione. Ma gli altri, gretti e incapaci di vedere al di là del proprio naso, si ostinavano a vedere solo il lato peggiore del breve regno di Volgrim. I suoi riti non funzionavano, certo, ma che cosa avrebbe potuto fare di più? Nessuno pareva rendersi conto che, in quei giorni, Volgrim si era comportato da vero askarl, compiendo i sacrifici in maniera impeccabile, arrivando perfino a comprenderne la natura più profonda. Quanti altri erano riusciti in una simile impresa, per di più in tempi così rapidi? Quelli come Algwi e Hulf erano la rovina del popolo di Grijndir. Pretendevano il premio senza prender parte all’immenso sacrificio che questo richiedeva. Vigliacchi e bastardi.

Per non parlare di Iorig, la minaccia più grande che si fosse mai abbattuta su Askoldir, dopo le lunghe ere del Ghiaccio Eterno.

Una folata di vento si abbatté sul volto di Bjorik, costringendo il vecchio a socchiudere le palpebre per resistere al freddo pungente. Oltre la foschia di nebbia e neve cristallizzata, si estendeva a perdita d’occhio la banchisa, l’immenso mare di ghiaccio avvolto nelle tenebre. Un riflesso bluastro si sollevava dalla calotta ricoperta di ghiaccio, un pallido riverbero che la faceva assomigliare alla superficie di uno zaffiro. Sulla spiaggia, rivolto verso l’infinito congelato, si ergeva in piedi Volgrim, immobile e silenzioso. Bjorik affrettò il passo verso di lui.

«Mio signore!»

Volgrim non rispose.

«Mio signore!» ripeté Bjorik. «Volgrim!»

Bjorik dovette affiancarsi a lui per ricevere una risposta. L’askarl voltò lentamente il capo nella sua direzione. I suoi occhi erano vacui, come se l’anima fosse stata risucchiata dal corpo.

«Perché non me l’hai detto?»

Bjorik fu colto alla sprovvista. Non capiva il senso di quella domanda.

«Che cosa non ti ho detto?»

«Perché mi hai ingannato?»

«Io non ti ho mai ingannato. Come puoi pensare una cosa simile?»

«Guardami negli occhi e dimmi che non sapevi.»

Lo sguardo di Volgrim si fece cupo, i suoi occhi parvero sondare nelle profondità dell’animo di Bjorik, come a cercare un oggetto celato il cui nascondiglio non possa rimanere segreto a lungo. Bjorik non poté continuare a fingere di non capire.

«Io ti credevo pronto» mormorò, sforzandosi di imprimere convinzione nelle parole. «Sapevo che eri un uomo, come lo era tuo padre alla tua età. Eravate dello stesso sangue, io mi aspettavo da te la stessa forza, la stessa grandezza...»

«Non adularmi. Non osare.»

La freddezza nelle parole di Volgrim acuì il gelo che li circondava.

«Ascoltami, Volgrim» disse Bjorik. «Essere askarl non significa solo governare il popolo. Significa guidarlo verso la salvezza, ma quella salvezza non è sempre facile da riconoscere. Iorig sta sollevando gli animi contro di te. La tua vita è in pericolo, devi agire subito!»

«E che cosa dovrei fare ancora? Ho ucciso tre schiavi, ho versato il loro sangue sul ghiaccio del mare, ho sacrificato la mia stessa madre in nome di Grijndirm ed egli ancora mi rifiuta il suo favore. Dimmelo tu, Bjorik. Cos’altro devo fare?»

«Devi mantenere il trono» rispose Bjorik. «Io non so a cosa sia dovuto il ritardo di Grijndir, ma sono certo che non può durare a lungo. È questione di giorni, ormai. Forse addirittura ore! Non puoi mostrarti debole proprio adesso. Se Grijndir risorgesse in una terra abitata da miscredenti, la sua ira ci annienterebbe tutti. Devi salvarci da Iorig. Non si fermerà di fronte a nulla, pur di strapparti il potere e dominare il popolo di Grijndir, per condurlo nelle regioni a sud, magari per votarli a qualche blasfemo falso dio.

«Bada a ciò che dico, Volgrim. In quanto askarl, hai il potere di ridurre in catene ogni uomo a te sottoposto. Rendi schiavo tuo zio e sacrificalo al possente Grijndir! Il suo sangue benedirà la nostra terra e ci proteggerà dal disastro che incombe.»

La mascella di Volgrim si serrò all’improvviso. La vacuità dei suoi occhi si dissolse, ora brillavano come se una fiamma fosse stata attizzata al loro interno. Per diversi minuti, nessuna espressione si delineò sul suo viso. Infine, una fragorosa risata proruppe dalla sua bocca.

Bjorik rimase interdetto. Era chiaro che non si aspettava quella reazione. Che cosa poteva significare? Non c’era gioia, in quelle risate. Era il verso di un folle, il grido di un uomo che abbia perso l’ultimo residuo della sua umanità.

Poi Volgrim sfilò l’ascia dalla guaina che portava a spalla.

Bjorik indietreggiò d’istinto, prima di rendersi conto appieno di quanto stava accadendo. Non concepiva l’idea che Volgrim potesse aggredirlo: l’aveva visto in fasce, aveva servito suo padre per tutti i lunghi anni della sua infanzia, l’aveva sostenuto durante la sessione del Consiglio ed era persino riuscito a farlo eleggere, contro ogni probabilità. Non poteva interpretare quel gesto come una minaccia. No, Volgrim non avrebbe mai rivolto l’ascia contro di lui. Non poteva farlo.

«Ho ucciso mia madre, ascoltando le tue parole» disse l’askarl. «Adesso le tue parole mi suggeriscono di uccidere mio zio. E dopo che l’avrò fatto, quale sarà il sangue da versare? Il mio, magari?»

«Stai dicendo assurdità, Volgrim. Iorig è un traditore. Sarà lui a ucciderti, non appena ne avrà l’occasione. E quel momento arriverà presto. Devi agire per primo.»

«È quello che sto facendo» sussurrò Volgrim, con voce così bassa che il sibilo del vento la celò alle orecchie di Bjorik. «È quello che sto facendo.»

I riflessi di Bjorik erano sopiti, ma non del tutto spenti. Quando Volgrim sollevò l’ascia, il suo cuore vacillò, e per la prima volta comprese di essere in pericolo. La sua mente ancora rifiutava di accettarlo, ma il resto del suo corpo si preparava a reagire all’incontestabile verità dei fatti: Volgrim voleva ucciderlo. Non capiva perché, ma era certo che l’avrebbe fatto.

L’ascia calò, sferzando di striscio il braccio sinistro di Bjorik.

Gocce di sangue macchiarono le rocce nere della spiaggia. Bjorik non urlò. Si era scansato appena in tempo, le sue gambe si erano mosse contro la sua volontà, e ora lo spingevano lontano, sulla lastra scricchiolante del ghiaccio che ricopriva il mare. Arrancava con passo incerto, sorreggendosi il braccio ferito con quello sano. Spirali di fiato congelato fuoriuscivano dalla sua bocca a intervalli irregolari. Ansimava, senza capire che cosa stesse succedendo, o perché gli mancasse il respiro. Si voltò una volta sola.

Volgrim si avvicinava alle sue spalle. Non correva, procedeva camminando con passo spedito. Impugnava l’ascia con entrambe le mani, il volto nascosto dalla foschia.

Mentre lo fissava, Bjorik appoggiò male un piede e scivolò, sbattendo il gomito del braccio ferito contro il duro pavimento gelato. Urlò per la fitta di dolore lacerante che gli era esplosa in tutto il corpo.

Un’ombra lo sovrastava. Ora vedeva il viso di Volgrim. Due occhi brillanti di una luce che non aveva mai visto prima negli occhi del ragazzo. Per la prima volta, in quegli occhi, c’era la volontà di uccidere.

L’ascia si sollevò ancora, la foschia li avvolse, sospinta dal vento.

Forse Volgrim disse qualcosa, forse non disse nulla.

Forse le ultime parole che Bjorik udì furono pronunciate da lui stesso, nella sua mente. Non riuscì a distinguerle, e rimasero avvolte nel mistero. Qualcosa a proposito di Grijndir.

La lama calò.




 
   
 
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