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Autore: Harryette    15/05/2015    3 recensioni
[...] Ci fu un silenzio imbarazzante, prima che Margareth si decidesse a riprendere e concludere il discorso.
‘’Questa sono io. Sono Margareth, la stessa persona che era affacciata sul balcone di quel ristorante italiano e la stessa persona a cui hai detto che, andandosene, si rinuncia non solo alle cose brutte ma anche a quelle belle. Sono contenta di averti dato ascolto, perché – io – l’ho trovata una cosa bella. E scusami, davvero perdonami, perché io sono innamorata di te e non so neanche perché te lo sto dicendo adesso’’
Dall’altra parte ci fu, ancora una volta, silenzio. Le parve di udire un sospiro, ma non ne era proprio sicura.
‘’Ho finito’’ disse. ‘’Mi dispiace per l'ora, e...''
Stavolta, però, lui la interruppe. ‘’Stai piangendo?’’ le domandò.
''Cambierebbe qualcosa?'' chiese.
''Non piangere'' lo sentì addolcirsi. ''Non piangere, Marge''.
[SPIN-OFF DI ''MORS OMNIA SOLVIT'', DA LEGGERE ANCHE SEPARATAMENTE]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli inarrivabili del Bronx'
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| Capitolo Ventinovesimo |
What you're fighting for

‘’Sai’’ Zayn incrociò le braccia al petto, guardandolo di sottecchi. ‘’Non riesco proprio ad immaginarla mentre…si, insomma, hai capito’’ scosse la testa. ‘’Sembra così innocente. Dici che è colpa di quei capelli biondi? O degli occhi azzurri? Oppure…?’’
‘’Ma ti senti quando parli?’’ lo interruppe Carl, mentre posava i libri di scuola sulla libreria ed accendeva la playstation. ‘’Non capisco il senso del tuo discorso’’
‘’Il senso è che è chiaro che l’avete fatto, tu e Margareth’’ spiegò il moro, iniziando a prendere posto sul divano. ‘’Riesco ad immaginare te, ma lei…’’
‘’Ah e così mi immagini mentre scopo?’’ la voce di Carl uscì fuori divertita. ‘’Esilarante, Malik. Che delusione che sei’’
‘’Stai zitto e prendi il joystick’’
Iniziarono una partita di Fifa proprio come tanto tempo fa, in una casa più grande e più lontana e con un divano rosso. Zayn, però, non aveva affatto modificato né migliorato il suo modo di giocare: Carl prevedeva le sue mosse anche prima che lui stesso le pensasse.
Vinse tre partite di fila.
‘’Non vale’’ brontolò Zayn. Neanche quello era cambiato, a quanto pareva. ‘’Voglio la rivincita’’
‘’Ti ho già dato due rivincite’’ si alzò Carl, stiracchiandosi. ‘’Perché invece di immaginare me mentre scopo non vai in camera da mia sorella?’’
‘’Perché il matrimonio la sta rendendo isterica’’
Carl non ne aveva alcun dubbio. Conosceva bene Diana, conosceva il suo modo di approcciarsi alle novità, conosceva il suo terrore degli sbagli, conosceva l’ansia di cui era composto tutto quanto il suo sangue. E conosceva tutte le sue reazioni riguardo Zayn Malik che, anche a distanza di anni, le faceva sempre lo stesso effetto.
‘’E dimmi un po’, Lucifero, com’è la bambolina bionda? Si, insomma, oltre l’aspetto esteriore intendo’’
‘’E’ esattamente come la vedi’’ scrollò le spalle. ‘’E continuo a non capire il senso del tuo discorso’’
‘’Va bene, allora… Quando si inciampa in problemi di comprensione, la miglior risposta è sempre la matematica’’ sorrise, come se la sapesse lunga. E forse era così. ‘’Quanto le dai da uno a dieci?’’
‘’Tu hai seriamente bisogno di Diana’’
Zayn scoppiò a ridere e Carl lo seguì poco dopo. Nonostante la partenza del suo migliore amico e sua sorella fosse fissata per quello stesso pomeriggio, si sentiva così rilassato che stentava quasi a crederci. Era grato che fossero corsi in suo aiuto proprio nel momento in cui, inconsapevolmente, ne aveva più bisogno.
Poi Zayn si fece improvvisamente più serio, avvicinandosi. ‘’Deve proprio averti fatto perdere la testa’’ ironizzò.
‘’Forse’’ Carl scrollò le spalle, perché sarebbero potuti anche passare altri mille anni ma non avrebbe mai imparato ad aprirsi. Neanche con Zayn.
‘’Chi l’avrebbe mai detto?’’ continuò il moro. ‘’E io che pensavo che Carl Pearson sarebbe stato l’eterno inarrivabile del Bronx’’
‘’Lo pensavo anche io di te’’ sogghignò Carl. ‘’Fino a qualche anno fa, ovviamente’’
‘’Ci pensi mai a quanto è cambiata la nostra vita? Mi sembra ieri che correvamo nel parco di fronte casa per giocare a calcio, ed ora…io sto per sposarmi, tu sei follemente innamorato e…’’
‘’Ah lo sapevo che il matrimonio ti avrebbe fatto diventare saggio e paranoico, prima o poi’’ morzò l’atmosfera Carl. ‘’E non ho mai detto di essere follemente innamorato’’
Lo era?
‘’A volte’’ continuò Zayn, prendendo a guardare fuori dalla finestra. Faceva così anche quando al suo posto c’era un balcone, quello di casa loro. Si perdeva, osservava il cielo e non si rendeva neanche più conto di dove fosse. ‘’A volte mi domando come sarebbe stata la nostra vita se non fosse arrivata Diana nel Bronx, se non ce l’avessi portata’’ sospirò. ‘’Probabilmente saremmo diventati come Peter* e probabilmente tu non saresti neanche qui adesso’’
‘’Perché mi stai dicendo così, ora?’’
Zayn scrollò le spalle e ritornò a guardarlo. ‘’Perché sei come un fratello per me e non posso fare a meno di condividere con te le mie paure. Neanche se ci separa un continente’’
‘’E di cosa hai paura? Non vuoi più sposarti?’’
Carl conosceva già la risposta prima che Zayn rispondesse, l’aveva intuita dalla sfumatura cerulea che avevano preso i suoi occhi. ‘’E’ l’unica cosa di cui sono convinto’’
‘’E allora cosa c’è?’’
‘’Solo… se non ci riuscissi? A renderla felice, intendo. Se non fossi all’altezza?’’
Zayn era sempre stato duro di natura, non si era mai piegato. Eppure Carl poteva giurare di non aver mai sentito una voce provenire da lui più insicura. Fu in quel momento che si sentì immensamente fortunato ad averlo, ancora di più delle altre volte. ‘’Diana ti ama, Zayn. E tu ami lei. Il matrimonio è solo una fiscalità, una dimostrazione, ma tutto sarà esattamente come è ora e come è sempre stato fino ad ora. Non riusciresti mai a renderla infelice, e non perché tu sia all’altezza ma perché non devi esserlo’’
Zayn sorrise, finalmente, e gli diede una calorosa pacca sulla spalla. ‘’Grazie, Lucifero’’ disse. ‘’Ora vado a vedere come sta la mia futura moglie. O meglio, vado a vedere chi è l’ultima wedding planner con cui ha litigato’’
Zayn voltò le spalle e si diresse verso la camera che era stata di Cam, che momentaneamente condivideva con Diana. Eppure prima che potesse aprire la porta, si fermò perché Carl rispose alla sua domanda.
‘’E, comunque, direi dieci. E i capelli biondi mi eccitano’’
 
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‘’Vorrei presentarti a mia madre’’
Il cucchiaio che Carl aveva stretto fra le mani rimase fermo a mezz’aria, i suoi occhi trasparenti erano sgranati immediatamente. Aveva preso a fissarla come se gli avesse appena detto che sarebbe scoppiata la Terza Guerra Mondiale da lì a tre quarti d’ora. Margareth sorrise, perché non l’aveva mai visto così terrorizzato. La divertiva pensare a quanto Carl, proprio lo stesso Carl che sembrava non essere spaventato da niente e nessuno, si piegasse di fronte anche al solo nome di Celine Grey.
Maggie non gli aveva ancora raccontato il discorso che avevano fatto qualche sera prima, lo custodiva gelosamente nel suo cuore: non le sembrava che fosse vero. Il suo corpo si era alleggerito di circa una tonnellata alla consapevolezza che aveva qualcuno dalla sua parte.
‘’Stai delirando?’’
Carl sperava con tutta la sua anima che stesse scherzando, che scoppiasse a ridere a minuti dandogli una pacca sulla spalla. Ma non successe. Margareth guardò la tagliata di carne che aveva davanti e poi gli spaghetti italiani nel piatto di Carl, e poi sorrise così tanto che gli fu tutto chiaro: era serissima, riusciva a leggerglielo negli occhi azzurri.
‘’Ma…’’ sgranò ancora gli occhi. ‘’Mi ucciderà come minimo. Come puoi pensare che tua madre voglia…?’’
‘’Sono io che voglio’’ lo interruppe lei. Sembrava così decisa che, per un solo istante, anche i dubbi di Carl si diramarono. Per poi ritornare subito nel ricordo di quando aveva cercato di spedire sua figlia a Roma per allontanarla da lui. ‘’Lei è…diversa da come immaginavo. E sarebbe sicuramente contenta di incontrarti’’
‘’Sei ubriaca.’’
Non era una domanda, stava diventando sempre di più una certezza. Non ci potevano essere altre spiegazioni: contenta di incontrarlo? E in quale universo? Aveva capito che non proveniva da una famiglia di magnati o imprenditori? Sapeva che aveva 49 tatuaggi?
‘’Io e mia madre abbiamo parlato prima che Zayn partisse’’ rispose Maggie, scrollando le spalle, con tutta la calma del mondo mentre addentava un pezzo di carne. ‘’Ci siamo chiarite. Ora, credo, è tutto a posto. Vorrei dimostrarle realmente che l’ho perdonata, che mi fido di lei’’
‘’E ti fidi?’’
‘’Sì’’
Carl non si fidava. Era sempre stato dubitante di natura, ma con i Grey utilizzava ancora più incertezza del solito. Non si sarebbe mai fidato di una donna come Celine, neanche se Margareth l’avesse perdonata mille volte. Non la trovava una donna leale e sincera, non le diceva assolutamente niente di buono. Era prevenuto, sicuramente, ma il suo sesto senso non sbagliava mai: insomma, perché recuperare il rapporto con una figlia così tardi?
Tuttavia Marge sembrava così rilassata e contenta, finalmente senza alcun cipiglio fra le sopracciglia pensose, che non reputò quello né il luogo né il momento giusto per parlarne e per esporle i suoi dubbi. Infondati, sperò.
‘’E quando dovremmo incontrarci?’’
Margareth era fiera di lui. Fiera ed orgogliosa della risposta che aveva dato, senza ripensamenti, senza domande e senza esitazioni. Forse non era convinto al cento per cento, ma stava nascondendoglielo alla grande. Allungò una mano sul tavolo di legno del ristorante, allora, e afferrò quella del ragazzo. Una carezza minima, ma non la mosse. Sorrise ancora una volta. ‘’Grazie’’ rispose. ‘’E’ davvero importante per me’’
Carl voltò la sua mano con il palmo rivolto verso l’alto, e strinse la sua fra le dita. Non sorrise ma fu come se lo facesse perché i muscoli del suo volto si rilassarono sempre più velocemente, fino ad apparire completamente piatti. ‘’Fammi sapere se devo indossare il giubbotto antiproiettile, però.’’
Marge scoppiò a ridere, tornando a mangiare la sua carne e scuotendo la testa, borbottando un ‘’melodrammatico’’.
‘’La settimana prossima è il mio compleanno, di giovedì’’ disse all’improvviso Maggie, dopo che era caduto il silenzio per alcuni minuti. ‘’Solitamente non festeggio mai con i miei amici da quando…sai, da quando non c’è Morgan. Però questa potrebbe essere un’occasione d’oro, anche perché giovedì mio padre sarà da qualche parte in Danimarca per questioni burocratiche. Sei ufficialmente invitato alla mia festa’’ gli fece l’occhiolino. Non l’aveva mai vista così contenta. ‘’E lo è anche mia madre, ovviamente.’’
‘’Quando pensavi di dirmi che fosse il tuo compleanno? Il giorno prima?’’ Carl non era seccato, era solo…strano. Non c’aveva mai pensato, ma era veramente strano il fatto che ci fosse qualcosa che non conosceva ancora di Margareth Grey. Ed era la cosa più banale di tutte: il giorno del suo compleanno. Sapeva che avrebbe fatto diciotto anni, che in molti paesi Europei era qualcosa di importantissimo, e sapeva che – comunque – sarebbe stata una festa semplice e degna di lei. Ma ci sarebbe stata sua madre, e questo stava a significare solamente una cosa: la fine.
‘’Carl’’ lo richiamò Marge, poiché era particolarmente silenzioso a pranzo. ‘’Non dirmi che sei in ansia già da ora, te ne prego’’ lo prese in giro.
La faceva facile, lei.
‘’No che non sono in ansia’’ ringhiò, addentando una forchettata di spaghetti. ‘’E’ solo che…insomma, sei sicura?’’
Carl non balbettava mai né inclinava la voce, e non lo fece neanche quella volta anche se dovette trattenersi a stento. Continuava a non fidarsi di Celine Grey…e se avesse detto qualcosa? Se, peggio, avesse fatto qualcosa?
Avrebbe tanto voluto che Zayn, al ritorno al suo appartamento, fosse stato lì come in quei pochi giorni. Però Zayn e Diana erano partiti quattro giorni prima, erano ritornati alla loro vita a Leeds e alla preparazione del loro matrimonio, e non poteva di certo pretendere il contrario. Avrebbe potuto chiamarlo, certo, ma non sarebbe mai stata la stessa cosa. Cercò di non pensarci: ogni volta che si rincontravano in qualche modo, la separazione era sempre più dolorosa fino a diventare insopportabile.
‘’Sono sicurissima’’
Quelle parole ebbero un effetto calmante su di lui.
‘’Allora mi preparo alla battaglia’’ scherzò, alzando gli occhi trasparenti al cielo. ‘’Che la fortuna sia a mio favore’’
Fu in quell’istante che Margareth, incurante delle altre persone presenti al ristorante, si alzò dalla sua sedia – di fronte a quella del ragazzo – e gli si avvicinò. Si sedette sulle sue gambe sotto il suo sguardo sconvolto e dubbioso, e sotto quello di tutti i presenti anche, e gli lasciò un bacio umido sulle labbra. Nonostante avessero voluto entrambi approfondirlo, sapevano che quello non era il luogo adatto. Però Carl sentì chiaramente, oltre che le mani fredde di lei sul suo collo, la lingua accarezzargli il labbro inferiore. Poggiò le mani sulle sue cosce e, dopo essersi separati, il capo sulla spalla della ragazza. Riusciva a sentire il suo cuore battere da sotto la camicetta bianca che aveva, forte come mai prima di allora. Certe cose non sarebbero cambiate mai.
‘’E questo per che cos’era?’’ le chiese, continuando a tenere la testa nell’incavo del suo collo e a sentire il suo odore di vaniglia.
Margareth si separò lentamente da lui e lo guardò negli occhi. Sogghignò leggermente, proprio come era solito fare lui. Gli sembrò di guardarsi allo specchio. Stavano passando davvero troppo tempo insieme.
‘’Per ricordarti per che cosa stai combattendo.’’ rispose con una scrollata di spalle. Non c’era giorno in cui non riusciva a sorprenderlo: anche solo con un semplice gesto, con una singola frase, con una carezza leggermente diversa dalle altre.
‘’Allora ammetti che sia una battaglia’’
‘’Ammetto che vale la pena vincere’’
 
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Erano le sei e mezza di un giovedì che sembrava non voler terminare mai. In realtà, Margareth aveva tanto preso in giro Carl – la settimana prima – ma aveva finito per essere più in ansia di lui. E i dubbi, come sempre nei momenti meno opportuni, avevano preso ad attanagliarle lo stomaco.
E se avesse sbagliato tutto? Quali sarebbero state le conseguenze? Se sua madre davvero non aveva interesse a conoscerlo? Cosa avrebbe fatto?
Approfittando dell’assenza di suo padre, aveva detto a Celine di voler organizzare – dopo tanto tempo dall’ultima volta – una festa di compleanno. La mamma era stata molto felice di sentirglielo dire, sorprendentemente. Dopotutto, in tre anni l’aveva sempre incitata a farla. Ma, considerato che nell’ultima foto dell’ultima festa c’era ancora Morgan Grey accanto a lei, non se l’era mai sentita. Non le aveva detto che ci sarebbe stato anche Carl, insieme a quasi mezza Spence School, ma aveva il presentimento che l’avesse intuito. Insomma, era quasi ovvio no?
Non era la paura che non piacesse a lei e ai suoi amici ad attanagliarle lo stomaco, perché non avrebbe potuto dare meno conto alla faccenda. Era il sentirlo in imbarazzo, il metterlo dentro una situazione scomoda e spiacevole. Margareth era pienamente consapevole del fatto che Carl Pearson non sarebbe mai stato un amico di famiglia o un amico dei suoi ‘’amici’’, ma aveva il terrore maledetto che l’avesse coinvolto in una cosa più grande di lui.
Celine Grey, personalmente perché le vecchie abitudini sono ben dure a morire, aveva organizzato il diciottesimo al Libertine, uno dei locali più in voga e più grande di tutta New York. Maggie aveva cercato di dire a sua madre che non avrebbe voluto una cosa troppo in grande, che le bastava anche l’immenso giardino di casa loro, ma Celine si era dimostrata così contenta e così entusiasta di organizzare una festa per una delle sue figlie – di nuovo – che non aveva saputo dirle di no. Né tantomeno di rallentare o fermarsi. E così, alle sei e mezza del pomeriggio, quando tutti i preparativi erano ormai quasi giunti a conclusione, Margareth si convinse: anzi, si scoprì essere contenta che sua mamma avesse organizzato tutto. Innanzitutto, perché sarebbe di certo stata una festa perfetta. E poi perché sperava di averle dato almeno una gioia, così facendo. Pregò che fosse così.
La festa, due ore e mezza più tardi, si dimostrò davvero perfetta come Maggie aveva ipotizzato. Il Libertine, che era famoso fra gli americani per le sue pareti azzurro cielo, era stato riempito di margherite di qualsiasi dimensione: grandi, medie, piccole, perfino boccioli. In ogni angolo blu, in ogni pizzo di carta da parati celestiale c’era una margherita a ricordarle chi era: dall’alto pendeva un lampadario di cristalli che non aveva mai visto, dall’aria così altera da metterle quasi paura. Uno stand enorme era stato allestito alla sua sinistra, accanto al bancone per gli alcolici, e strabordava di stuzzichini, tartine e cibi rustici di tutti i tipi. Alla sua destra, invece, c’era un tavolo rotondo così pieno di dolci che sentì i chili di troppo prendere già spazio nel suo corpo. E al centro, proprio in mezzo, c’era la sua torta di compleanno. Proprio come l’aveva sempre desiderata da bambina: bianca, farcita di crema e panna, e con una rondine di zucchero che spiccava il volo sul terzo ed ultimo piano. Il secondo piano del locale, invece, era stato adibito a discoteca: una palla caleidoscopica occupava ed illuminava tutta la sala, le luci azzurre erano molto soffuse e Margareth fu assalita dall’alto volume della musica. Era più piccola di quella inferiore, ma era già gremita di gente: sua mamma la accompagnò alla fine della pista da ballo, dove c’era un piccolo tavolo di legno. Pieno di pacchetti regali.
DEPOSITARE I REGALI QUI
Recitava un piccolo cartello anteriore.
Non credeva neanche di aver invitato così tanta gente. Evidentemente sua madre doveva averci messo il suo zampino smaltato. Eppure Margareth si sentì così serena e così felice, per una volta nella sua vita senza altri pensieri, che la abbracciò forte. Durò pochissimi secondi, il tempo di sussurrare un ‘’grazie’’, quando venne tirata da un paio di mani irruente che conosceva molto bene. Robyn era davanti a lei, indossava un abito verde che intonava con il colore scuro della sua pelle e delle scarpe nere vertiginose. Era così bella e così a suo agio che il sorriso che le riservò fu pieno di meraviglia. Robyn la strinse forte a se, sussurrandole più volte ‘’Auguri Maggie’’, e Margareth ricambiò volentieri l’abbraccio. Profumava di narcisi.
Quando si separarono, Robyn – con la sua capigliatura riccia – le indicò un punto indefinito della sala. ‘’Vieni con me, ci sono un sacco di persone che vogliono farti gli auguri’’ urlò sulla musica, esaltata. Margareth lanciò uno sguardo a sua madre, accanto a lei nel suo tailleur color crema, che le sorrise dolcemente come a volerle dare il permesso di allontanarsi. Maggie seguì, così, la sua amica. E da quel momento in poi perse il conto di quanti abbracci ricevette, di quanti baci sulle guance, di quanti auguri, quante pacche delicate sulla spalla, quante carezze sui capelli biondi e lisci lasciati sciolti. Non sapeva dire quanto tempo fosse passato, forse qualche ora. Non aveva un orologio a portata di mano. Si guardò intorno, alla ricerca di una sola persona che – ancora una volta – non fu in grado di trovare. Fece per chiamarlo al cellulare, ma qualcun altro richiese la sua attenzione e fu costretta a rimandare.
Rihanna cantava nelle casse la sua ultima hit, tutti e 150 ragazzi invitati avevano occupato la sala a ballavano a ritmo di musica. Alcuni erano al piano inferiore a bere o mangiare, salivano con un bicchiere di roba strana in mano e ridevano un po’ più forte. Aveva ballato con Robyn, con alcune sue amiche, con qualche ragazzo troppo insistente che l’aveva quasi obbligata, ed ora era poggiata allo stand del punch al piano terra, con un bicchiere in mano. Sorrise a qualcuno e salutò qualcun altro, dando continue occhiate alla porta d’ingresso. Che si aprì tante volte, ma non fece entrare mai la persona che stava aspettando. Non poteva essersene dimenticato. Possibile che gli fosse successo qualcosa?
Afferrò il telefonino dalla pochette ma non ebbe il tempo di avviare la chiamata perché una mano si poggiò delicatamente sulla spalla ossuta lasciata scoperta dal tubino bianco dallo scollo a barca. Si girò speranzosa, ritrovandosi davanti solo Henry Andrews. Era in smoking, come la maggior parte degli invitati di sesso maschile, ma non aveva nessuna cravatta. Era la prima volta che lo vedeva senza, e non aveva neanche le prime asole della camicia abbottonate. Sorrise in modo rilassato e le lasciò un bacio sulla guancia, un po’ troppo prolungato, prima di farle gli auguri e porgerle una bustina di un azzurro oltreoceano che conosceva molto bene. Erano soliti, nel loro ambiente, regali del genere.
‘’Ti chiedo scusa per il ritardo, Maggie’’ le disse. ‘’Ma sono stato indeciso fino all’ultimo.’’
Margareth sorrise sinceramente contenta, e lo ringraziò con una carezza sulla mano nel prendere la bustina Tiffany. ‘’Ti ringrazio’’ rispose. ‘’Sei stato davvero carino’’
Se ci fosse stata sua madre, accanto a lei, avrebbe ridato la bustina ad Henry e gli avrebbe detto di metterla insieme a tutti gli altri regali. Che sua figlia l’avrebbe aperta insieme al resto alla fine della festa. Ma Maggie non si sentì in grado di fare una cosa del genere, di trattarlo in quel modo, considerato anche che non era impegnata al momento.
Per cui, afferrò il regalo e lo aprì con delicatezza, come le aveva insegnato a fare Morgan anni prima quando lei era solita strappare ogni cosa. Aprì anche la scatolina blu e nera all’interno: era un bracciale d’argento, semplicissimo e fine all’inverosimile, proprio come quelli che piacevano a lei. Aveva un ciondolo al centro, una piccola M con un diamante all’estremità della gamba. Brillava anche senza luci forti, anche senza sole. Come aveva fatto Henry ad indovinare i suoi gusti esatti quando la conosceva appena?
‘’Io…’’ balbettò, imbarazzata, guardandolo. ‘’Non so cosa dire. E’ prodigioso, non dovevi…’’
‘’Mi ha fatto piacere’’ la interruppe lui, con il solito sorriso smagliante dipinto sul volto. ‘’Te lo meriti. Buon compleanno’’
Margareth decise di non aggiungere nient’altro, rilassò le spalle e si aprì nell’ennesimo sorriso. Lo abbracciò senza neanche pensarci, le venne quasi naturale. Henry ricambiò il suo abbraccio, era delicato come poche persone che aveva conosciuto, e poi – una volta separati – le sfilò il bracciale dalle mani e glielo allacciò al polso. Misura perfetta.
‘’Mi concedi un ballo?’’ le chiese all’improvviso. Maggie rimase un attimo impietrita: stava aspettando una persona, non voleva allontanarsi dalla porta d’entrata. Poi però si disse che, quando fosse arrivato, l’avrebbe comunque riconosciuto. Afferrò la mano che Henry Andrews le stava porgendo e lo scortò al piano superiore.
‘’Però non so ballare’’ gli confessò, una volta al centro della pista. Sentì chiaramente la mano di Henry ancorarsi sulla sua schiena scoperta dal vestito e tirarla leggermente a se. ‘’Segui me’’ disse.
 
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‘’Ascoltami bene, Carl’’ la voce di Celine Grey era rilassata più del normale, quella sera. Non appena aveva visto un ragazzo tatuato e più casual degli altri varcare la soglia del Libertine l’aveva riconosciuto immediatamente. Gli aveva garbatamente chiesto di seguirla nel giardino esterno del locale, dove c’erano i gazebi pieni di fiaccole e fiori profumati, una cascata dritto di fronte a loro, ed aveva iniziato a parlare. Carl non sembrava ansioso o nervoso, anzi perfino fin troppo tranquillo. Quanta flemma doveva possedere quel ragazzo per restare così impassibile perfino di fronte a lei? ‘’Io non ho niente contro di te né contro la tua relazione con mia figlia. So che può sembrarti strano, ma ti assicuro che non è così. Da madre, voglio solamente che Margareth sia felice e che non soffra, perché ha già sofferto abbastanza. Non credi anche tu?’’
‘’Certo’’ perfino la sua risposta fu diretta. Non aveva paura di guardarla negli occhi, come la maggior parte della popolazione mondiale, perché era esattamente quello che stava facendo sin dall’inizio. Ammirevole.
‘’Per cui, adesso, ti giuro che non interferirò mai più nella vostra storia. Che vi lascerò vivere in pace e cercherò di convincere anche Dan a lascarvelo fare. Però ho bisogno di sapere una cosa importante, ed esigo che tu sia sincero con me’’
Carl non rispose a quella seconda affermazione, ma annuì impercettibilmente. Così Celine prese un respiro e: ‘’Non so cosa tu provi per mia figlia, ma io la conosco e perciò so bene cosa prova lei. Per cui ti supplico, ti imploro, di lasciarla. Se non ricambi i suoi sentimenti, se non la ami quanto lei ama te, se non credi di riuscire a farcela, allora lasciala adesso prima che sia troppo tardi. Non ho mai chiesto favori a nessuno, ma rivolgo a te questa preghiera: non distruggermela, ti prego’’
Carl la guardò senza rispondere, senza muoversi, senza dare segni di vita. Celine non abbassava lo sguardo e, per principio, non lo faceva neanche lui. Era una specie di guerra di sguardi e di occhi vitrei. E poi, alla fine, rilassò le spalle e si voltò a guardare un gazebo qualsiasi.
Ma non sentì di aver perso.
‘’Signora Grey…’’
‘’Celine’’ lo corresse. Basta formalità.
‘’Celine, non lascerò andare sua figlia. Non esiste in nessun mondo una cosa del genere. E non solo perché sono innamorato di lei, ma anche perché sono innamorato della persona che mi fa essere. Non la distruggerei mai’’
Celine sorrise e, quella, fu la prima volta che lo fece sinceramente a qualcuno che non fosse membro della sua famiglia. Si avvicinò a Carl, ruppe la tipica distanza di sicurezza, e gli poggiò una mano sulla spalla. Il ragazzo non indietreggiò ma sprizzò sorpresa da ogni poro. Divenne rigido come un pezzo di legno.
Allora non sei inarrivabile.
‘’Sono contenta per voi’’ disse. ‘’Sono dalla vostra parte.’’
 
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Quando sua madre le aveva chiesto, con un sorriso malizioso che la diceva lunga, di uscire fuori in giardino, Margareth aveva pensato che la stesse prendendo in giro. Poi aveva iniziato a fare pressione – ‘’sbrigati!’’ – e allora aveva afferrato la mantellina di velo trasparente e aveva obbedito. Erano le undici passate, una luna piena brillava apertamente in cielo e illuminava il giardino anche senza l’aiuto dei lampioni. La cascata del Libertine le si stagliò davanti in tutta la sua maestosità, con delle bocche di pesci dalla quale spuntavano getti d’acqua limpida. E di fianco, dinanzi ad uno dei gazebi fioriti, c’era lui.
Carl indossava un pantalone nero ed una camicia bianca, il completo più elegante che gli avesse mai visto addosso: anche se le maniche erano arrotolate sugli avambracci e lasciavano scoperti i tatuaggi, così come quelli della gola e di metà petto, sembrava un principe. I capelli castani, tendenti al rossiccio, erano spinti in giro dal vento. Eppure non c’era niente che avrebbe cambiato in quella scena. Carl dovette avvertire la sua presenza, in alto alla rampa di scale di marmo che la separava dal giardino vero e proprio, perché si voltò subito dopo. Prima di sorridere leggermente, si permise di osservarla dal basso, come in una sfilata. Margareth indossava un vestito semplice, bianco, che metteva in mostra le sue poche curve, scollato sulla schiena e sulle spalle. Non aveva messo i tacchi, però le i sandali dorati che aveva le conferivano un’aria quasi eterea. E la collana di diamanti la rendeva una regina. Scese le scale con una lentezza esasperante e, a pochi gradini dalla fine, afferrò la mano che Carl le aveva offerto. Le lasciò un bacio sulla guancia, che Maggie sperò non finisse mai, prima di intrecciare le loro dita e guardarla per bene negli occhi.
‘’Sei bellissima’’ disse con così tanta sincerità che la spiazzò. ‘’La persona più bella che abbia mai visto in tutta la mia vita’’
Margareth sorrise e gli strinse un po’ di più la mano, ricambiando il suo sguardo. ''Grazie’’ sussurrò, felice. Le era bastato semplicemente vederlo per dimenticare qualsiasi altra cosa, perfino il fatto che – probabilmente – aveva già incontrato sua madre. ‘’Anche tu’’
‘’Scusami se ho fatto tardi’’ iniziò, immediatamente. ‘’E’ solo che… non lo so, in realtà, perché ho fatto tardi. Suppongo avessi un po’ paura’’ lo disse con una difficoltà palese. Per Carl era difficilissimo ammettere di provare sentimenti negativi come il timore o la paura. Maggie non potè smettere di sorridere.
‘’Quindi lo ammetti’’ ironizzò, lasciandogli un bacio leggero sul mento. Carl grugnì e poi sospirò e poi: ‘’Vuoi proprio sentirmelo dire, vero?’’
‘’Non importa’’ lo accarezzò. ‘’Che sei venuto tardi, intendo. L’importante è che sei qui con me adesso’’
Carl sorrise ancora una volta prima di accarezzarle una guancia con il palmo della mano. ‘’Ho paura perfino di toccarti, stasera’’ alzò gli occhi al cielo, come a voler richiamare se stesso.
‘’Perché?’’
‘’Perché non mi sembri reale, Marge’’ rispose con naturalezza. ‘’Non mi sembra possibile. Solo qualche mese fa avrei reputato impossibile venire al Libertine, tenere la mano ad una ragazza di cui sono innamorato, essere così felice che…’’ sospirò, quasi innervosito, non riuscendo a trovare le parole. Preferì, quindi, dimostrarglielo con i fatti. Si avvicinò a lei e le poggiò entrambe le mani fredde sul collo, sentendo la morbidezza del suoi capelli biondi. Poi la baciò.
Sei reale.
Margareth si sentì sul punto di commuoversi: non c’era giorno in cui Carl non riuscisse a sorprenderla. Non c’era giorno in cui non si rendesse conto di non riuscire ad amarlo di meno. Era possibile amare qualcuno così tanto da morire per lui? Perché l’avrebbe fatto. Mille volte. Trafitta da mille lame.
Tu vivi.
‘’Ti ho fatto un regalo ma l’ho tenuto in tasca’’ disse, fronte contro fronte. ‘’Non volevo metterlo insieme agli altri’’
‘’Non dovevi’’ gli sorrise. ‘’Che cos’è?’’
Era l’unico regalo, fra tutti, di cui le importasse veramente.
Carl cercò qualcosa nella tasca larga del pantalone e poi ne estrasse un diario. Un diario piccolo, di pelle marrone con una molla nera a tenerlo chiuso. Sembrava pieno zeppo di fogli, ma quello che attirò l’attenzione di Margareth fu il più grande, che sovrastava tutti gli altri. Non riusciva a leggervi nulla.
‘’Non l’ho mai detto a nessuno’’ iniziò Carl, scrollando le spalle. ‘’Scrivo poesie da quando avevo più o meno 14 anni. Su ogni aspetto del reale, in verità, ma in particolar modo sulle persone. Non mi piace che qualcuno le legga, neanche Zayn l’ha mai fatto, ho tenuto questo diario nascosto per…tanto tempo’’ sogghignò, come a ricordarsi di qualcosa. ‘’Voglio regalarlo a te, così potrai anche continuarlo se vorrai. C’è tutta la mia adolescenza, tutta la mia vita, dentro. Te la regalo’’
Margareth aveva gli occhi lucidi. Per la gioia. Nel momento in cui afferrò quel quadernino sentì chiaramente una scarica di energia attraversarle le vene e rendere tutto quasi dorato. Non se lo sarebbe mai aspettato, non da una persona chiusa come Carl, non così.
‘’Lo custodirò per te’’ disse con il cuore in mano. ‘’Te lo prometto’’
‘’So che lo farai’’ sorrise lui, divertito. ‘’Ma il regalo, in particolare, è il foglio più grande che c’è dentro. E’ una poesia’’
Non riusciva a capire. Non erano tutte poesie, oltre che pensieri? Non c’erano tanti fogli? Carl lesse il punto interrogativo sul suo volto e le carezzò la testa, come esasperato. ‘’E’ una poesia che ho scritto per te’’
‘’Vuoi farmi piangere per forza, stasera?’’ ironizzò Marge, perché sentiva di star per implodere. ‘’Posso leggerla adesso?’’
‘’Se vuoi’’
Maggie non se lo fece ripetere due volte. Delicatamente sfilò il foglio più grande, quello che era saltato subito ai suoi occhi, e lo aprì. Il titolo, scritto in stampatello, la colpì subito.
Amnesia.
Lo guardò solo per un attimo, prima di iniziare a leggere quelle poche righe. Sentiva che, alla fine, sarebbe finita in lacrime comunque.

Se tu fossi vento
Diventerei tempesta
Per portarti lontano dove non esistono nuvole

 
Se tu fossi sole
Diventerei vetro
Per brillare della tua luce anche quando piove

 
Se tu fossi buio
Diventerei ombra
Per vederti anche quando non mi vedo

 
 
Se tu fossi ricordo
Diventerei presente
Per portati dove non esiste amnesia
 
‘’Ti amo.’’

 
___________________________________________________

Come al solito, devo correre perchè ho un sonno della madonna!
Voglio solo dire, su questo capitolo, che lo stavo aspettando DALL'INIZIO della storia hahaha
Spero vi piaccia, e spero vi piaccia anche la poesia. Non mi sembrava carino nè corretto
copiare qualche poesia da internet e rendere Carl l'autore, così - povere voi - mi è toccato scriverla ahahha
So di non essere una poetessa, probabilmente la modificherò, ma abbiate pieta :((((
Spero abbiate PER SEMPRE cambiato opinione su Celine Grey. Volevo, inoltre, avvisare che mancano pochissimi capitoli alla fine.
Circa 3, compreso l'epilogo. NON PENSIAMOCI AAAHHAHAHA
Grazie per tutto l'affetto che mi dimostrate, vi voglio bene. <3
Harryette
  
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