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Autore: SabrinaSala    16/05/2015    18 recensioni
Il proiettile lacerò l’aria. Poi la carne.
Sorpreso, André si portò una mano al petto. La giubba blu intrisa di sangue.
-Oscar… - mormorò in un soffio. E in quel nome c’era tutto. Dolore, sgomento, paura… Paura di perderla. Adesso. Di perdere lei, la sua vita… Dopo averla finalmente trovata - Oscar… - ripeté.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Saint-Just, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9 – Turbamenti
 
 
Oscar si rilassò sulla comoda poltroncina sistemata in fondo alla stanza. I gomiti appoggiati ai braccioli, le gambe distese, la testa appena reclinata all’indietro fino a sfiorare  il morbido schienale imbottito. Le palpebre abbassate sugli occhi stanchi.
Aveva smesso l’uniforme blu, ora diligentemente appoggiata sul letto.
Ispirò profondamente, godendosi quel momento di quiete. Troppe emozioni, troppi gli avvenimenti di quegli ultimi giorni. Avvertì su di sé tutta la spossatezza accumulata poi, improvvisamente, le braccia di André stringerla come non avevano mai fatto prima. Avvertì il calore, l’ardore dei suoi baci. Sul collo, sulle spalle, sul seno… e una stretta allo stomaco nel rivivere dietro le palpebre chiuse, le emozioni di quella notte…  Una notte che sembrava tanto lontana.
Si sollevò, piegandosi in avanti e passando le mani sulla fronte e tra i capelli. Restò così, nella penombra della stanza. Il volto tra le mani. Gli occhi sgranati. André le mancava. Le mancava terribilmente. Come se con lui avesse perso il respiro. L’aria indispensabile per sopravvivere.
Ma quando era successo? Quando era avvenuto quel cambiamento dentro di lei? André le era stato accanto per anni e lei non aveva mai provato nulla di simile…
Si domandò se era questo… se era questa oppressione che lui aveva provato in tutto quel tempo… Per tutto il tempo in cui l’aveva amata senza essere ricambiato, desiderato, cercato…
Quei pensieri la infastidivano. Si alzò di scatto, rigida. E portandosi di fronte alla finestra gettò uno sguardo all’esterno senza tuttavia vedere niente di quel che lo stipite di legno scuro incorniciava come fosse un quadro.
Alain, silenziosamente appoggiato allo specchio della porta, piegò le labbra in un sorriso appena accennato emettendo poi un sibilo leggero. Com’era cambiato il suo comandante in quei pochi giorni.
Le mani in tasca, attese ancora un momento prima di entrare in quella stanza. Non aveva mai gradito il ruolo di  terzo incomodo e tra quelle mura, la presenza del suo amico André era palpabile, concreta come il mobilio che la riempiva. Decise di lasciarle ancora qualche momento di intimità con il suo uomo. Girodel, al piano di sotto, poteva aspettare…
 
***
 
Victor avanzò di un passo, perfetto nell’ uniforme di Comandante delle Guardie Reali. Non fosse stato per il pallore del volto tirato, la sua figura sarebbe sembrata smagliante. Bello ed elegante come sempre.
-Madamigella Oscar… - mormorò trovandosi finalmente al suo cospetto.
Oscar aveva raggiunto Bernard e Rosalie nel salottino principale della casa. Semplice, con indosso la camicia bianca e un pantalone verde, appariva meno austera e imponente del solito. Solo lo sguardo aveva mantenuto la durezza di sempre, appena velato da un’ombra scura.
Come Bernard, si era accomodata in poltrona e attendeva che Girodel parlasse.
-Madamigella -, ripeté lui quasi assaporando dolorosamente quella parola – Sono stato messo al corrente delle reali condizioni di André Grandier. Mi spiace non avervi saputo preparare all’incontro, ignorando io stesso, fino all’ultimo, la verità sulla sua amnesia. –
Oscar annuì, addolcendo leggermente lo sguardo come a comunicare a Girodel che non lo riteneva responsabile dell’accaduto.
Rincuorato, il conte continuò:
-Vi porto notizie della vostra famiglia. – si raddrizzò stringendo il cappello piumato che teneva sotto al braccio sinistro, come se il solo parlare dei “de Jarjayes” lo richiamasse all’ordine.
Alain, con il gomito appoggiato al caminetto, sollevò un sopracciglio, divertito,  accorgendosi di quell’impercettibile ma comunque evidente cambiamento e ne sorrise masticando l’estremità dello stecchino che teneva tra le labbra piegate in un sorrisetto ironico.
-Le tensioni di Parigi stanno allargandosi alle campagne, messe in ginocchio dai gravi problemi di questi ultimi tempi. Il malumore sta dilagando e molti nobili stanno scegliendo di allontanarsi, preferendo i più tranquilli territori del nord. La regina stessa ha invocato cautela… - esitò scorgendo l’ombra negli occhi di Oscar farsi più profonda nel sentir nominare i reali. –La vostra famiglia è pronta a lasciare palazzo Jarjayes. Tutti, tranne il Generale vostro padre. –
Oscar fu percorsa da un fremito. Si alzò dalla poltrona e volse le spalle a Girodel perché non scorgesse l’emozione attraversarle lo sguardo. Dopo qualche istante di silenzio, parlò.
-Vi prego di far sapere a mio padre che sto bene, Victor… -
Girodel sussultò. Oscar aveva pronunciato il suo nome! E lo aveva fatto con una naturalezza e una dolcezza tali da illuderlo che finalmente le distanze tra loro fossero state cancellate per sempre.
Ad Alain, osservatore privilegiato, non sfuggì la sua emozione mentre, indossato il cappello, e battuti i tacchi il conte si  preparava ad uscire. Il leggero tremore alle mani e la voce meno ferma del solito furono indicatori reali di quel che provava.
-Sarà fatto, madamigella. –  mormorò, prima di lasciare la casa,  innamorandosi perdutamente, e ancora una volta, di quella donna speciale.
 
***
 
 Accompagnata da Alain, divenuto ormai la sua ombra, Oscar incontrò lo sguardo di Madame Boullet nel salotto al piano terra.
-Comandante Oscar!- fu la gioiosa accoglienza riservatale da Madame, affascinata come il figlio da quella figura di donna eccentrica.
-Sono tornata a far visita al vostro Serge. – confermò lei con uno sguardo dolce negli occhi dal taglio severo. –Spero stia meglio, quest’oggi, e di potermi intrattenere più a lungo con lui. – sorrise.
La donna lasciò il divanetto damascato sul quale era seduta e si avvicinò a Oscar prendendole mani.
-Vi sono grata per il vostro interesse! – la guardò con occhi sinceramente riconoscenti.
Oscar avvertì un fastidioso senso di imbarazzo e desiderò liberare le proprie mani da quelle piccole e paffute della donna.
-Raccontategli di Parigi. Tenetelo informato sulla situazione dei tumulti e i pettegolezzi di corte, se potete. –continuò lei speranzosa – E con il vostro aiuto, vedrete che recupererà presto la memoria.-
Oscar sussultò vedendo così candidamente scoperte le proprie intenzioni.
-Lo farete, comandante Oscar?-
Si liberò delicatamente della stretta di madame Boullet.
-Farò del mio meglio. – promise con la compassione nel cuore.
Alain, alle sue spalle, emise un flebile sospiro mentre dei passi leggeri sulla soglia del salottino indussero i due militari a voltarsi e madame Boullet a socchiudere gli occhi in un’espressione di sollievo.
-Eloise!- esclamò accogliendo con un sorriso radioso la ragazza bruna ferma sulla porta. –Entrate e lasciate che vi presenti ai miei ospiti. – continuò con un cenno della mano.
Oscar e André riconobbero in Eloise la giovane donna incrociata il giorno prima in cortile.
Era graziosa. L’incarnato candido messo in risalto da lunghi capelli scuri raccolti sul capo e due grandi occhi nocciola. Il suo sguardo, fermo e deciso, era lo stesso che aveva indotto Oscar a volgersi altrove.
Alain, dal canto suo,  ne ammirò la figura snella ed elegante, da perfetta padrona di casa, che un abito verde scuro esaltava nonostante la sua estrema semplicità. Ma fu colpito dal pallore di quel volto dall’indiscussa avvenenza e si chiese, sinceramente, chi fosse. Temendo, tuttavia, la risposta.
Non appena Eloise fu al suo fianco, madame Boullet si strinse al  braccio della nuova arrivata  e lei ricambiò il suo sguardo con un sorriso affettuoso.
-Comandante Oscar, Eloise de Martin… Fidanzata di Serge.-
Quelle parole furono come una doccia fredda. Ad Oscar mancò il respiro mentre Alain spalancò la bocca in un’espressione sorpresa, quasi terrorizzata, vagando con lo sguardo dal proprio comandante alla fanciulla dagli occhi scuri.
Senza distogliere lo sguardo da Oscar, Eloise accennò un sorriso di circostanza chinando leggermente il capo.
-Ho finalmente il piacere di conoscere la mia rivale – disse provocandole un nuovo sussulto. Sussulto che riuscì a stento a controllare.
Eloise accentuò il sorriso e socchiuse gli occhi nocciola.
-Serge non faceva che parlarmi di voi. – si fermò. Poi proseguì – Era affascinato da voi. – concluse mentre il sorriso le svaniva dalle labbra.
Oscar evitò di schiarirsi la voce per non dare a vedere il proprio imbarazzo.
-Una donna al comando di una guarnigione non è cosa di tutti i giorni. – si schermì, scrutando l’espressione severa di Eloise.
Madame Boullet si strinse maggiormente al suo braccio.
-Accompagnate il comandante dal nostro Serge, mia cara. – suggerì.
Accontentando Madame, Eloise precedette i due militari invitandoli a seguirla con un cenno della mano.
E mentre salivano le scale, osservando la figura che le dava le spalle, si domandò quanto sapesse realmente e a quale gioco stesse giocando.
Un colpo leggero alla porta della stanza in fondo al corridoio e la voce di André riempì il silenzio della casa, scaldando il cuore di Oscar.
Eloise pregò gli ospiti di attendere e li precedette nella camera in penombra, fermandosi accanto alla  poltrona dove sedeva l’uomo che tutti chiamavano Serge. Oscar notò la mano della donna sfiorare i capelli scuri di André e mormorare qualcosa al suo orecchio.
Alain, al suo fianco, ne scrutò la reazione. Ma lei sembrò rimanere impassibile. Solo le labbra serrate tradirono l’emozione che le aveva dilaniato il petto.
-Comandante Oscar. – chiamò improvvisamente Eloise e lei avanzò nella stanza. Lo sguardo di André, tiratosi in piedi,  sembrò accendersi.
-Comandante! – l’accolse con un sorriso spontaneo ed eccitato.
Era trascorso solo un giorno da quando lo aveva lasciato, ma l’uomo che aveva davanti era decisamente rilassato e di buon umore.  Merito di Eloise? Si domandò piccata. Eppure, lo sguardo di André si era acceso nel vedere lei, mentre l’ingresso della fidanzata non aveva riscosso altrettanta emozione, si raccontò.
-Vorrei restare sola con monsieur Serge, se non vi spiace. – domandò Oscar rivolgendo uno sguardo alla bella Eloise che congiungendo le mani in grembo accolse la muta richiesta di Serge e raggiunse l’uomo rimasto sulla soglia.
-Vi prego solo di non affaticarlo troppo, comandante… - raccomandò uscendo.
Oscar annuì e lanciando un’occhiata ad Alain, lo pregò tacitamente di lasciarli soli.
Alain accennò un sorriso e il saluto militare.
-Comandante Oscar – esordì Serge non appena la porta venne chiusa – Vi aspettavo. – le fece cenno di accomodarsi sulla poltrona che aveva occupato fino al momento del suo arrivo.
Oscar accettò l’invito, sperando così di sentirsi meno vulnerabile di fronte a quell’uomo dal fascino innegabile. L’uomo che l’aveva amata e che lei, forse troppo tardi, aveva scoperto di ricambiare. Attraverso la stoffa leggera della camicia aperta sul petto, si intravvedeva il bendaggio che ancora tamponava una ferita troppo fresca per essere completamente guarita. Oscar strinse le dita attorno al bracciolo, ricordando con terrore il rischio che aveva corso. Il rischio di perderlo… Poi sorrise amaramente. Non l’aveva perso comunque? E non era quello un modo altrettanto terribile di perdere una persona cara?
-Qualcosa vi preoccupa?- domandò inaspettatamente il suo ospite adombrandosi. Oscar gli rivolse un sorriso appena accennato.
-No. Non vi preoccupate. Avete altro a cui pensare. – mormorò.
L’uomo si appoggiò a una delle colonne del letto. Le braccia conserte sul petto profondo e virile.
-A dire il vero, non ho poi molto a cui pensare… - sorrise. –Non ricordo nulla e vivo di quello che mi viene raccontato ogni giorno. – affondò lo sguardo in quello di lei.
-Ho scoperto di avere una fidanzata… Eloise. – continuò. – Una donna bellissima. Ma non ricordo niente di lei… e di noi. – volse lo sguardo in fondo alla stanza. – Questo le fa male, ne sono certo. E anche se non voglio ferirla, non posso provare nulla per lei… ora.- riportò lo sguardo in quello fermo di Oscar.
Sorrise.
-Ma non voglio annoiarvi con i miei problemi… Parlatemi di voi! –
Ripetendo la stessa domanda del giorno prima, la guardò fissamente negli occhi blu avvertendo una scossa, una fitta alla testa. Decise di ignorarla e continuò:
-Da quando ve ne siete andata, ieri sera, non ho fatto altro che pensare a voi… - si bloccò improvvisamente di fronte all’espressione sorpresa di lei.
-Non fraintendete – si affrettò a rimediare. – La vostra visita mi ha colpito così come la vostra persona. Non ho memoria, ma non mi sembra sia cosa comune che una donna vesta da uomo e sia al comando di una guarnigione. Potrei sbagliare... – sorrise con quelle sue labbra perfette.
Oscar si sentì affossare da quel sorriso così come dalle parole che l’uomo aveva pronunciato.
A tratti, l’André che conosceva sembrava riemergere, riaffiorare… Altre volte, veniva completamente soppiantato da quel giovane uomo spontaneo e quasi spavaldo che la disorientava.
-Sono riuscito a irritarvi ancora… - constatò lui, avvedendosi della sua espressione. –Posso offrirvi qualcosa da bere,  per farmi perdonare?
Meccanicamente, Oscar gli domandò un bicchiere di vino. Involontariamente, spontaneamente. E quando si ritrovò con il calice tra le mani e quell’uomo in piedi  di fronte a lei a condividere un momento di quiete, avvertì una stretta allo stomaco.
Serge la osservò sorseggiare il vino dall’acceso color rubino.
-Siete una donna straordinaria… - mormorò con naturale trasporto e ammirazione.
Poi una seconda fitta alla tempia lo costrinse ad appoggiarsi al letto.
-Perdonatemi… - si scusò – Un leggero malore. Forse il vino… - sorrise imbarazzato sotto lo sguardo preoccupato di lei che si era sporta, allarmata, e gli sfiorava un braccio.
Oscar tremò a quel contatto e lui se ne accorse.
-Non è nulla, Oscar… - mormorò dissimulando il malessere con un sorriso teso e  procurandole in quel modo, con quel nome pronunciato con tanta naturalezza, una seconda stretta allo stomaco.
Quando la situazione si stabilizzò, Oscar decise di andarsene. Non si sentiva in grado di resistere oltre senza scoprirsi e senza gridare in faccia a quell’uomo la sua vera identità. Senza scuoterlo chiedendo ragione di quell’amore che aveva detto di provare per lei e che sembrava svanito, inghiottito da un’amnesia che l’aveva cancellata forse per sempre.
Con la promessa di tornare, stordita da quella ridda di emozioni,  lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle e concedendosi un momento, addossata a quella stessa porta, prima di allontanarsi e percorrere con il solito incedere deciso il corridoio fino alle scale.
Dall’ombra del vestibolo di ingresso, un attimo prima che raggiungesse la porta, emerse Eloise.
-Comandante Oscar… - la richiamò. –O preferite madamigella Oscar… - le chiese.
Oscar si volse, trovando e sostenendo quel suo sguardo deciso, anche se avrebbe voluto trovarsi altrove.
-Oscar andrà benissimo. – rispose.
Sorvolando sulla risposta, la ragazza le rivolse una nuova domanda:
-Parlatemi di voi e di Serge. –
Oscar fu percorsa da un fremito che le irrigidì i muscoli già tesi.
Possibile che non se ne sia accorta? Si domandò. Possibile creda veramente sia Serge?
-Non sono una sciocca, madamigella Oscar… Né cieca. – rispose  lei alla sua tacita domanda – Ma per Madame Boullet, l’uomo che si trova al piano di sopra è Serge e come tale è il mio fidanzato. – continuò.
Oscar rimase in silenzio. Era in grado di gestire situazioni difficili e rischiose, affrontare e comandare un plotone di uomini rozzi e violenti, prendere decisioni con il coraggio che pochi altri potevano vantare e adesso?
Adesso si trovava in difficoltà.
Spiazzata dagli occhi di una donna. Dal dolore di una madre. Incapace di reagire e combattere una guerra tutta al femminile.
Aveva avuto la conferma che quello scambio di persona non aveva tratto in inganno la bella Eloise… E come avrebbe potuto? Ma non riusciva a decifrare l’atteggiamento e le emozioni di quella donna bruna.
-Io e lui siamo stati molto vicini, un tempo. – rispose senza volersi sbilanciare.
Eloise si avvicinò alle scale e sollevando leggermente le gonne prima di affrontare i gradini, le rivolse un’ultima occhiata:
-Immagino, quindi, che vorrete solo il suo bene… - concluse congedandola.
   
 
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