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Autore: xwilliamseyes    17/05/2015    1 recensioni
"Io credo negli inizi che non trovano una fine.
Credo negli sguardi destinati ad incrociarsi e mai più a lasciarsi.
Credo nella pelle che si confonde e sente di non averne mai più abbastanza.
Credo nelle affinità di cuore e di mente, nelle affinità di ricordi e di futuri.
Credo nei sorrisi, nelle lacrime, nelle urla, nei silenzi condivisi perché in due tutto è diverso, tutto è più colorato.
E c'è il verde, il rosso, l'arancione.
E l'azzurro dei tuoi occhi.
Dei tuoi e di nessun altro, Louis.
Che risplendano da sempre nei miei e da sempre si rispecchieranno nei miei.
Siamo noi quell'inizio che non trova fine.
Siamo noi quell'amore perpetuo che dà forma ai nostri sorrisi.
Ai tuoi e ai miei.
Unici, inseparabili, infiniti."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Turning Page
 
Your love is my turning page 
Where only the sweetest words remain 
Every kiss is a cursive line 
Every touch is a redefining phrase

 
"Io odio la pioggia"
Louis mi circondava il busto con le sue braccia. Il respiro sul mio collo, i capelli leggeri a sfiorarmi il viso. Istintivamente sorrisi e afferrai una delle mani che delicatamente si incrociavano sul mio ombelico. 
"Già. Anch'io"
Mi girai rapida verso di lui e mi sottrassi per metà alla sua stretta.
"Perché in piedi così presto?"
"Mi mancavi"
"Di già?"
"Si"
E si riavvicinò a me, schioccandomi un rapido ma intenso bacio sulle labbra. Ricambiai quel contatto e donai ad esso tutta la mia forza. 
Ci confondemmo così, in un attimo.
I corpi che a lungo si erano bramati ora erano una cosa sola. Si contorcevano, si ribellavano, si amavano. Incoscienti del passato e del futuro, ma concentrati esclusivamente su quel presente, intenzionati a vivere come se fosse l'ultimo angolo di paradiso. Felici, spensierati. Soprattutto liberi.
"Perché non ti risparmi l'università oggi?"
"No, Louis! Non un'altra volta!"
Mi allontanai scaltra e furiosa da lui. Per colpa sua avevo saltato nel giro di un mese quasi quindici lezioni. Le sue carezze mi confondevano ogni volta, ma non quel giorno. Ormai la situazione era diventata insostenibile.
Rischiavo di perdere numerosi esami di quell'anno.
"Dai, un giorno in più, un giorno in meno. Cosa cambia?"
"Tutto Louis, tutto"
Mi diressi verso la macchina per il caffè ed estrassi la mia tazza. Cercavo di non incrociare più il suo sguardo e di fare mente locale su quello che avrei dovuto fare in quella giornata. Studiare, prendere in prestito alcuni libri dalla biblioteca e chiedere a Rose gli appunti delle ultime lezioni perse. Una marea di cose in metà giornata.
"Gabrielle"
Si riavvicinò a me. L'espressione del viso mutata. Era serio, quasi preoccupato.
"Non devi andare all'università. Ho una brutta sensazione"
"Louis vaffanculo. Ora basta. Se fosse per te mi laureerei nel 2046"
Posai la tazza e mi diressi nella nostra stanza.
Mi seguì anche lì. L'ombra del suo inconfondibile corpo ad accompagnarmi ovunque. 
"Hai avuto più notizie di Turner?"
"No"
Storse il naso e massaggiandosi il viso si allontanò. E questa volta stranamente desideravo rimanesse con me. In quella stanza dove l'umidità era la padrona indiscussa. A quel nome un tremolio mi scosse il cuore e i pensieri. Era passato più di un anno da quell'orribile notte eppure, gli occhi rossi e furiosi del professore non riuscivano ad abbandonare i miei ricordi.
Tutto era cambiato dopo quell'avvenimento. Tutto.
Io, Louis. 
L'abbandono della cattedra di psicologia da parte del professore Turner.
Un abbandono che forse doveva essere previsto, ma che in fondo nessuno si aspettava. 
Mi vestii in fretta, cercando di scacciare quegli orribili pensieri contorti.
Ritornai in cucina, Louis sedeva su di una sedia e osservava il panorama.
Triste come un'ora prima. 
Avanzai silenziosamente verso di lui e lo abbracciai da dietro.
"Stai tranquillo"
Gli sussurrai nell'orecchio e gli lasciai un bacio sulla guancia, prima di prendere le mie cose e correre in università.

Io e Louis ci eravamo sistemati così. Un piccolo appartamento in un piccolo e dimenticato quartiere di Londra. La nostra abitazione era situata al penultimo piano di una palazzina corrosa dal tempo e dalla noncuranza dell'amministratore e degli inquilini. Poco importava. Poca importanza davamo ai muri fatti di muffa che sovrastavano i vari piani o ai corrimani arrugginiti e spesso distrutti a metà. Eppure, a volte, quel posto mi faceva paura. Vuoi le leggende metropolitane, vuoi le persone ambigue che lo occupavano. E così quel giorno scesi di corsa le scale, pregando di non incontrare nessuno. La mia corsa fu, però, controproducente. Il mio piede destro si poggiò male sull'ultimo scalino e il mio peso si portò a terra come un burattino a cui siano tagliati improvvisamente i fili. Un leggero grido di dolore fuoriuscì dalle mie labbra e per alcuni secondi massaggiai la zona dolente, cercando di migliorare il dolore. Ero pronta ad alzarmi quando un braccio si strinse attorno al mio e mi aiutò a rimettermi in piedi. Mi girai verso quell'aiutante e mi accorsi che era un ragazzo, con degli inconfondibili occhi nocciola che stranamente mi sembrava già d'aver visto.
"Tutto apposto?"
Mi chiese, con un tono leggero e rassicurante.
"Si, grazie. Sono stata un po' distratta"
"Io darai la colpa a queste scale di merda, sinceramente"
Provò a sorridermi. Io di risposta allungai la mano, incitandolo a stringerla.
"Comunque piacere, io sono Gabrielle"
"Caden"
I suoi mi scrutarono fissi per degli istanti prima di lasciare la stretta.
"Ora devo andare, è stato un piacere Caden"
"Anche per me. A presto"
Mi sorrise debolmente prima di infilare il cappuccio e sparire sotto la pioggia che cadeva a goccioloni.
Mi fermai ad osservarlo. Tormentata dall'idea di averlo già visto da qualche parte.

L'università si presentò a me identica a sempre. La pioggia, il sole, la neve trasformavano tutto, ma non quel posto che rimaneva impassibile.
Stessa gente nervosa, stesse mura giallastre.
Mi diressi verso la mia aula da cui, stranamente, proveniva un silenzio tombale. Bussai e una voce maschile pronunciò un deciso "prego".
Spalancai la porta e me lo ritrovai di fronte.
Alex.
La giacca di pelle, i capelli neri impastati di gel, il viso contratto in uno spaventoso sorriso. Le gambe tremarono istintive e un pugno di saliva mi si fermò in gola. I suoi occhi alla mia vista si assottigliarono, per poi allargarsi come enormi biglie.
"Signorina Stock è in ritardo!"
La sua voce arrivò lenta al mio udito e immobile cercai di formulare una risposta.
"Mi scusi"
Mi limitai a dire, sopraffatta da delle terribili sensazioni.
"Si accomodi"
E con la mano mi indicò le diverse sedie vuote davanti a lui.
Proseguii verso di esse con lo sguardo di tutti puntato addosso. Presi posto e cercai di farmi più piccola possibile.
Evitai di guardarlo per svariati minuti, persa nei miei pensieri che si scontravano senza sosta.
Perché è di nuovo qui?
Cos'ha in mente?
E se volesse una specie di vendetta?

Iniziai a farmi paura da sola.
La situazione peggiorava senza sosta. Sentivo i suoi occhi che in tralice mi osservavano. I suoi pensieri concentrati su di me.
Sola, in quel posto che stava prendendo la forma di un incubo, decisi di inviare un messaggio a Louis. Presi il cellulare dalla tasca, ma contemporaneamente, la campanella che segnava la fine della lezione prese a suonare. Gli studenti scattarono dalle loro sedie e corsero fuori. Cercai di essere veloce quanto loro. 
"Signorina Stock, si è già dimenticata?"
La sua voce prese il sopravvento su tutto. 
Il suono della campanella, i passi allarmati dei miei compagni, le mie preoccupazioni instancabili.
Mi arrestai e piano mi voltai verso di lui.
"Non capisco a cosa si riferisca"
Un risatina aleggiò sulle sue labbra e lentamente si accostò a me.
Mi cinse le spalle con il braccio destro e richiuse il mio piccolo corpo sotto  il suo.
"Gabrielle, Gabrielle, perché pensi male?"
Il respiro iniziò a diventare sottile, fin troppo sottile. La fronte cominciò a tremare e a grondare di piccole gocce di sudore.
"Io non penso proprio a nulla, professore"
"Non ci credo, e sai perché?"
"Perché?"
"Perché i tuoi occhi dicono altro"
"Cosa ne sa lei dei miei occhi?"
"Ma tutto Gabrielle, io so tutto. Ho avuto il privilegio di scrutarli così tante volte"
Iniziò a stringermi sempre di più.
La quantità della mia adrenalina, per fortuna, aumentò drasticamente in quei pochi attimi. Con forza mi scostai da lui.
"Perché è tornato?"
"Per lei, che domande. Abbiamo un conto in sospeso"
Si allontanò e si diresse verso la sua ventiquattrore.
Il mio cervello formulò immediatamente una miriade di preghiere, eppure una dominava incontrastata su tutte le altre.

"Louis ti prego, salvami"
 
-SPAZIO AUTRICE
Salve gente! Questo capitolo è pieno di scenenette diverse fra di loro. Quel Caden, ma chi sarà? Gabrielle è convinta di averlo già visto da qualche altra parte. Chissà dove. E poi...il ritorno del professore Turner. Cosa avrà in mente stavolta? Sicuramente è vittima di forti squilibri mentali. Però, quello che fa da sfondo è la cosa più bella. I nostri Louis e Gabrielle. Che si amano a loro modo, che fanno le cose come se fossero una cosa sola. Io li trovo davvero molto carini.
Spero vi piaccia.
Un bacio.
-Manu 

p.s. il titolo e la citazione riprendono la canzone di Sleeping At Last - Turning Page

 
- LOUIS -

  
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