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Autore: Temperina    17/05/2015    1 recensioni
Esiste un limite alla vendetta? Lee Eunhyuk vorrebbe rispondere di no, visto che nel suo caso si tratta di provocare la bancarotta della famiglia che aveva umiliato lui e sua madre molti anni prima.
Nel suo piano, però, non aveva previsto di conoscere e soprattutto di innamorarsi di una delle vittime,l'angelo bruno Donghae.
C'è ancora tempo per fermare il disastro che lui stesso ha iniziato? Forse no, a meno che loro due non accettino la condizione di...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rapimento

<< Stai tranquillo, fai quello che ti viene detto e vedrai che tutto andrà per il meglio >>.
Era stato rapito. Trascinato via nella piena luce del giorno, nel bel mezzo dell’aeroporto di Incheon, sotto gli occhi dei poliziotti.
A Lee Donghae si contorse lo stomaco nel momento in cui l’elicottero, all’improvviso, si piegò su un lato. Si aggrappò al sedile, con le dita che stringevano così forte la stoffa che provò dolore. Lui (Eunhyuk) gli aveva ordinato di non parlare, e lui (Donghae) non lo aveva fatto, ma era terribilmente spaventato. Tutto questo non poteva succedere realmente… Doveva trattarsi solo di un brutto sogno…
<< Atterreremo tra pochi minuti >>.
Donghae sussultò al suono della sua voce: era la prima volta che gli rivolgeva la parola durante le due ore di volo.
Non aveva mai sentito una voce così grave, e gli sembrò che rimbombasse nell’obitacolo come il rumore di un treno in corsa. << Dove mi stai portando? >> gli sussurrò, con le mani che tremavano.
Lui lo guardò di sfuggita, socchiudendo appena gli occhi. << Non ha alcuna importanza >>.
Gli si seccò la gola e ondate di paura gli tolsero le forze.
Istintivamente si aggrappò alle cinture di sicurezza del sedile, come se potessero in qualche modo proteggerlo da ciò che sarebbe potuto accadere in seguito.
Avrebbe voluto avere il coraggio di sfidarlo, aggredirlo con parole infuocate…. Sicuramente Kyuhyun si sarebbe comportato così. Ma lui non era un uomo combattivo, e ciò che provava in quel momento era un inimmaginabile terrore. Non si era mai allontanato da Mokpo prima di allora, e adesso, durante il suo primo viaggio, era stato…
Rapito.
Il cuore cominciò a battergli talmente forte che temette potesse esplodergli dal petto. Fissò il suo rapitore; lui non lo stava guardando, stava osservando dal finestrino il paesaggio buio e deserto sotto di loro. La luce del crepuscolo si stava lentamente spegnendo. << Cosa vuoi da me? >>.
Finalmente riuscì ad attirare la sua attenzione.
Eunhyuk lo osservò nella penombra dell’obitacolo; aveva gli occhi sottolineati da lunghe ciglia scure, e un’espressione dura. Non c’era nessun segno di tenerezza nei lineamenti scolpiti del suo volto. << Adesso non è il momento di parlarne >> dichiarò secco.
Il suo inglese era privo di accento, il tono della voce profondo. Aveva certamente studiato negli Stati Uniti, pensò Donghae. << Hai intenzione…di farmi del male? >> Sentì tremare la propria voce, le parole suonavano spezzate dalla paura e dalla stanchezza.
Anche lui se ne accorse. << Io non faccio del male agli uomini >>.
<< Tuttavia hai l’abitudine di rapirli? >> non riuscì a trattenersi lui, quasi preda di un attacco di isteria. L’immaginazione cominciò a giocargli brutti scherzi, disegnando scene terribili nella sua mente. Era sveglio da più di ventiquatr’ore e stava perdendo il controllo dei nervi.
<< Solo se mi viene chiesto >> rispose Eunhyuk non appena l’elicottero cominciò ad abbassarsi. Lanciò un’occhiata del finestrino e annuì soddisfatto. << Stiamo atterrando. Tieniti >>.
L’elicottero toccò terra. Mentre il pilota si dava da fare con i comandi per fermare il motore, il suo rapitore aprì lo sportello e balzò fuori dall’obitacolo. << Vieni >> gli ordinò allungando una mano per aiutarlo a scendere.
Donghae sfuggì al suo tocco. << No >>.
Non poteva vedere i suoi lineamenti nel buio della notte, però ne percepì l’impazienza. << Non hai scelta, señor Lee. Andiamo! >>
Lentamente, tremando di paura, lui scese dall’elicottero.
Si sentiva le gambe fredde e rigide, come se fossero improvvisamente diventate di legno anziché di carne e ossa.
La notte era calda, molto più di quanto Donghae si aspettasse, ma, nonostante ciò, lui si strinse la giacca sul petto.
Si rese conto che c’erano delle luci: alzando il capo col cuore che batteva come impazzito fissò la casa illuminata e le costruzioni che la circondavano.
Intorno, tuttavia, regnava solamente l’oscurità più profonda, un mondo di buio.
Dov’era finito? Che intenzioni aveva quell’uomo?
Eunhyuk gli si affianco e si chinò verso l’interno del veicolo, per afferrare la sua valigia e una borsa da viaggio più piccola, certamente la propria, pensò Donghae con un brivido.
Prelevati i bagagli lui chiuse lo sportello e fece un cenno al pilota; immediatamente l’elicottero si sollevò in una nuvola di polvere e scomparve nella notte.
Donghae, accecato dalla polvere e stordito dal rumore improvviso, indietreggiò, ma inciampò nella valigia che Eunhyuk aveva appoggiato dietro di lui. Perse l’equilibrio e solo la prontezza di riflessi del suo rapitore gli impedì di cadere.
Sentì la sua forte stretta e il calore del suo corpo mentre lo aiutava a recuperare l’equilibrio.
Immediatamente si allontanò, respingendolo; eppure quel brevissimo contatto fu molto più di quanto fosse in grado di sopportare. Durante quei pochi secondi aveva percepito la sua forza e il suo calore gli era penetrato sotto la pelle. Si sentì bruciare.
Che il cielo mi aiuti, pregò in silenzio, e che mi porti a casa sano e salvo. Con mani tremanti si scostò una ciocca di capelli dagli occhi. L’aria sollevata dall’elicottero gli aveva scompigliato i lunghi capelli biondi. Era distrutto.
Fisicamente e psicologicamente.
<< Da questa parte >> ordinò Eunhyuk bruscamente, sfiorandogli leggermente il gomito.
Questo secondo contatto fu ancora peggiore del primo.
Donghae sobbalzò, con i muscoli tesi fino allo spasimo. L’impproviso irrigidirsi del suo corpo gli provocò un dolore fisico. Ogni volta che lui lo sfiorava Donghae rabbrividiva. E nello stesso tempo si sentiva bruciare.
Il rumore dell’elicottero si fece sempre più flebile, fino a scomparire del tutto. Fu avvolto dal silenzio della notte.
<< Che cosa succede adesso? >> chiese tentando di raddrizzare la schiena per sembrare un po’ più alto.
Non servì, Eunhyuk era comunque molto più alto di lui, e molto più imponente. Aveva un fisico robusto e muscoloso simile a quello di un giocatore di football americano, tuttavia con il completo scuro che indossava sembrava più un gangster che uno sportivo.
<< Entriamo in casa, ceneremo e poi tu ti ritirerai nella tua stanza per la notte >>.
La faceva sembrare una cosa normale. Questo avrebbe dovuto tranquillizzarlo, invece si innervosì ancora di più. Aveva letto da qualche parte che, gli uomini più violenti sono quelli che con un’apparenza sofisticata e un comportamento educato.
Forse stava solo giocando con lui prima…
Basta!
Devi smetterla di pensare al peggio, non puoi lasciare che la tua immaginazione corra in questo modo. Serve solo a farti impazzire.
C’erano troppi punti oscuri in quella vicenda, troppe spiegazioni possibili.
Doveva tentare di rimanere calmo, mantenere l’autocontrollo, come gli avrebbe consigliato suo padre. Suo padre era specializzato in autocontrollo.
Nonostante il panico gli serrasse la gola, provò a ribattere. << D’accordo, la cena mi sembra una buona idea >>. Avrebbe vissuto attimo per attimo, senza pensare al futuro.
Era l’unico modo per non lasciarsi sopraffare dalla paura.
Lui sollevò le valigie e lo precedette verso casa, convinto che Donghae lo seguisse. Ma non vi riuscì, non subito, almeno. Come sarebbe potuto entrare di propria volontà in quella che sarebbe stata la sua prigione?
Rimase impietrito dove lui lo aveva lasciato, a fissare la piazzola di atterraggio dell’elicottero nel buio della notte.
Il paesaggio era immenso, con solo una macchia di alberi che si intravedeva in lontananza.
All’orizzonte non si vedeva nulla. Niente montagne, niente luci di una città…solo il nulla.
L’ Hallasan, mormorò, ricordando le cartoline che gli aveva inviato Kyuhyun.
Anche la tenuta dei Choi si trovava nella pampas, la sterminata pianura argentina. Forse poi non era così lontano da Kyuhyun, magari i due fratelli erano più vicini di quanto sospettassero.
Si voltò a fissare la casa illuminata. Cosa fare?
Lui lo stava aspettando sulla porta di ingresso, poteva percepirne l’impazienza e questo lo spaventò. Cosa sarebbe successo una volta che fosse entrato in quella casa?
Eunhyuk attese ancora un momento prima di sparire all’interno. Dopo qualche minuto Donghae lo seguì lentamente.
Si diresse verso la costruzione e si fermò sulla soglia.
Il pesante portone di legno era ancora aperto e lui gli si materializzò di nuovo accanto.
Si era tolto la giacca e aveva slacciato i primi bottoni della camicia. Un muscolo sulla sua guancia si mosse quando i loro occhi si incontarono.
Aveva gli occhi molto più luminosi di quando Donghae avesse sospettato, e le sopracciglia erano scure. Ma era il naso che dominava quei lineamenti scolpiti. Un naso aquilino, con una piccola cicatrice. Aveva un viso combattente.
A Donghae si strinse la gola, il terrore lo pervase.
<< Hai deciso se entri o no? >> lo esortò lui.
Donghae fece uno sforzo per smettere di tremare e a fatica riuscì a rispondergli. << Non ti importerebbe se decidessi di rimanere fuori? >>
<< Adesso che siamo qui puoi fare quello che ti pare >>.
<< Davvero? >>
Il suo sguardo era piuttosto scettico, ma velato da una sottile speranza.
<< non c’è il telefono, né nessun altro mezzo per comunicare con l’esterno. Non ci sono visite e non ci sono strade. Sei al sicuro >>.
Copiose lacrime gli sgorgarono dagli occhi e Donghae serrò i denti. << Sono al sicuro? >>
Lui allungò una mano per accarezzargli il viso. << Perfettamente al sicuro >>.
Donghae sobbalzò. << Non c’è nessun altro qui? >>
<< Solamente un cameriere piuttosto anziano, non parla inglese e non ti darà fastidio >>.
Fece scorrere il dito sul collo e quando lo ritrasse Donghae si sentì come spezzato in due. La carezza era stata leggere, eppure era stato come se le avesse inserito sotto la pelle una bomba, che esplodendo lo aveva incendiato.
Era la cosa più sorprendente che gli fosse mai capitato e sentì il bisogno di urlare.
<< Entra, sei stanco >>.
<< Ho paura >>.
Lui alzò un sopracciglio e lo studiò. << Di cosa? >>.
La sua voce era calda  e penetrante gli fece vibrare i nervi.
Lo odiava, ne aveva paura, eppure si sentiva attratto in modo incredibile.
Di quello che potrebbe succedere, avrebbe voluto rispondergli.
Invece non disse nulla. Non ne ebbe il coraggio.
Lui dovette leggergli nel pensiero perché sorrise vagamente. << Considera tutto questo come una specie di avventura >>. Poi indietreggiò spostandosi di lato per lasciargli libero il passaggio.
Un’avventura? Doveva essere matto.
Il suo sguardo lo teneva ancora imprigionato, ma Eunhyuk non parlava né lo sfiorava. Lo lasciava libero di scegliere.
Sarebbe stato lui a compiere la mossa successiva.
Che cosa doveva fare? Rimanere fuori nell’oscurità di Hallasan o entrare nella calda luce della casa?
Col cuore in subbuglio si diresse verso l’interno.
Eunhyuk aveva riconosciuto Donghae nel momento stesso in cui era apparso all’uscita dei cancelli dell’aeroporto, quel pomeriggio.
Giovane, biondo, stupendo, rappresentava l’ideale di bellezza coreana.
L’aveva seguito fino a quando lui aveva ritirato il suo bagaglio e aveva indossato gli occhiali da sole.
Avrebbe potuto benissimo essere una stella di Hollywood; aveva un passo elegante e i capelli raccolti sulla nuca gli conferivano un aspetto regale.
Eunhyuk aveva notato che tutte le donne presenti in quella sala dell’aeroporto lo stavano guardando incantati.
Vedevano quello che volevano vedere, il petto sotto la maglietta nera, ei fianchi fasciati in un paio di pantaloni color caramello. Ammiravano anche i suoi stupendi capelli biondi.
Aveva i capelli dello stesso colore del fratello, Kyuhyun, solo leggermente più scuro.
Due anni dopo aver sposato il conte Choi Siwon, Kyuhyun era considerato una vera bellezza nei circoli dell’alta società in Corea.
Donghae aveva una bellezza diversa, molto più dolce.
Eunhyuk chiuse la porta, ma non girò la chiave, non vi era nessun posto dove Donghae potesse scappare.
Lo osservò: aveva gli occhi spalancati per il timore e le iridi tendevano più al viola che allo zaffiro. Stava studiando l’interno come se si aspettasse di trovare una porta segreta, o una camera di tortura.
<< Non c’è niente di sinistro qui >> tentò di tranquillizzarla.
<< Nessun coltello, pistola o catene. E’ solo una semplice fattoria >> aggiunse.
Lui sollevò il mento, le labbra gli tremavano, ma le serrò. << Hai già inviato una lettera di riscatto? >>
<< No >>.
Donghae annuì, abbassando le ciglia. Poi sollevò nuovamente lo sguardo verso di lui.
Era così giovane, aveva quasi dodici anni meno di lui.
 
Quella differenza di età avrebbe dovuto soffocare il suo desiderio, invece non era così.
Fin dal primo momento in cui l’aveva visto all’aeroporto si era sentito attratto da lui, il corpo acceso dal desiderio. Era una reazione fisica abbastanza primitiva, se ne rendeva conto, eppure…eppure stentava a controllarla.
Il desiderio era presente anche in quel momento, e lo faceva fremere.
Si sentiva affamato, come una creatura preistorica riportata improvvisamente alla vita. C’era qualcosa in quel ragazzo che lo attirava in modo incontrollabile, qualcosa che lo faceva sentire…maschio.
Voleva assaporarlo, possederlo. Ne sentiva il bisogno.
E in una piccola parte della sua testa sapeva che un giorno sarebbe successo.
Prima o poi l’avrebbe avuto, ma prima doveva distruggere la famiglia Choi.
Prima doveva ottenere la sua vendetta.
Adesso non era il momento, lui era stanco e impaurito, ed era ospite in casa sua.
<< Lascia che ti appenda il soprabito >> si offrì, tentando di smozzare il tono della voce. Sapeva di avere un timbro molto forte, e non voleva spaventarlo. Sapeva anche di non possedere modi particolarmente gentili, non era famoso per la sua sensibilità o le sue buone maniere.
Allungò una mano per prendere il soprabito ma lui si ritrasse di scatto.
Ci mancò poco che Donghae urlasse quando Eunhyuk fece per prendergli la giacca, non poteva lasciare che lui lo sfiorasse di nuovo. Non sopportava che lui gli stesse troppo vicino, si sentiva indifeso, intrappolato, troppo vulnerabile. Nuovamente notò la sua statura e il fisico possente. C’era qualcosa in lui che sprigionava una forza incredibile, non solo una forza fisica, bensì una sorta di…potere.
Si strinse ancora di più la giacca sul petto. << preferisco tenerlo, se non ti dispiace >>.
Lui sollevò un sopracciglio. << Guarda che poi te lo restituisco >> gli sussurrò.
Lo stava prendendo in giro.
Arrossendo Donghae alzò il mento. << Ho freddo >>.
<< Avvicinati al camino, allora. Ti riscalderai >>.
Lo guidò dall’ampio ingresso verso un soggiorno spazioso, con travi di legno scuro e il pavimento in cotto, dove troneggiava un camino in pietra alto fino al soffitto.
Anche in quella stanza l’arredamento era lussuoso: un tappeto color oro e scarlatto copriva parzialmente il pavimento e sedie con il sedile in seta erano sistemate intorno a un lungo tavolo antico.
Quadri preziosi abbellivano le pareti.
Non era sicuramente una semplice fattoria.
Donghae attraversò la stanza notando un tavolino da caffè sul quale erano accatastati dei libri, e si avvicinò lentamente al camino.
Gli tremavano le gambe e aveva i muscoli indolenziti.
Allungò le mani verso il fuoco per catturarne il calore, osservando sovrappensiero la libreria accanto al camino.
Rapito, continuava silenziosamente a ripetersi. Era stato rapito. Non lo aveva ancora accettato.
Ci sarebbe del resto, mai riuscito?
Ripensò a quando era sceso dall’aereo, la fila alla dogana con gli altri passeggeri, l’ingresso nella sala d’attesa dove qualcuno lostava aspettando.
Si rivide mentre osservava la folla dei presenti alla ricerca di Siwon o del suo autista; il cognato gli aveva assicurato che avrebbe mandato qualcuno a prenderlo.
Ma non aveva incontrato Siwon.
C’erano madre e figli, uomini d’affari con cellulari che squillavano in continuazione, persone anziane, ma nessuno sembrava lì per lui.
Si era sentito smarrito; normalmente una cosa del genere non l’avrebbe spaventato, tuttavia era un periodo particolare per lui. Suo padre stava peggiorando a vista d’occhio, sembrava aver perso completamente la memoria,e questo lo faceva soffrire oltre che preoccuparlo.
Era sempre stato un uomo gentile, amabile, generoso con gli altri.
Al solo pensiero gli si erano riempiti gli occhi di lacrime e aveva cercato nello zaino gli occhiali da sole. Aveva pianto per la maggior parte del viaggio, per questo aveva quasi sempre indossato le lenti scure. A dire la verità aveva pianto talmente tanto negli ultimi tempi che sarebbe dovuto restare senza lacrime, invece da qualche parte spuntavano sempre…
Con gli occhiali scuri si sentiva un po’ meglio, era come se, in qualche modo, lo proteggessero.
Aveva sospirato tentando di trovare i lati positivi della sua situazione. Era ad Hallasan per rivedere suo fratello Kyuhyun, presto sarebbero stati insieme e le cose sarebbero andate molto meglio.
Era stato proprio in quel momento che lui gli si era avvicinato… indossava un completo scuro, non sorrideva e lo fissava con occhi penetranti.
<< Il signorino Lee? >> gli aveva chiesto con voce incredibilmente profonda, facendolo tremare.
<< Sono Donghae >> aveva risposto lui con il cuore in subbuglio.
Era terribilmente stanco per il viaggio ed era sveglio dalla notte precedente.
Non aveva mai varcato i confini di Mokpo prima di allora ed era emozionato dal fatto di trovarsi in un luogo straniero. Aveva voglia di vedere suo fratello, anche se non gli era piaciuta l’idea di dover ricoverare suo padre in una casa di riposo per potersi allontanare.
Si rendeva conto che non sarebbe rimasto là a lungo, solo le due settimane in cui lui si sarebbe fermato ad Hallasan, ma era stato comunque difficile accompagnarlo e penoso lasciarlo in mano a sconosciuti.
<< Ha dei bagagli? >> gli aveva chiesto l’uomo.
<< Solo una valigia; è piuttosto grande quindi devo ritirarla al check-in >>.
Lui aveva i capelli neri tagliati corti. Reclinando la testa per avvicinarsi gli aveva chiesto il biglietto per il ritiro del bagaglio, assicurandogli che ci avrebbe pensato lui.
Aveva allungato la mano verso Donghae, con il palmo disteso, le dita lunghe e affusolate. Era perfettamente controllato e sembrava sicuro di sé: Donghae gli aveva dato il biglietto per il ritiro della valigia.
Lo aveva visto sollevare il bagaglio come se fosse incredibilmente leggero, e insieme si erano diretti verso una limousine che li attendeva all’esterno dell’aeroporto.
L’auto si era poi fermata alla pista di atterraggio degli elicotteri e solo a metà del volo Donghae aveva cominciato a fare domande su Kyuhyun, sullo stato della sua paternità, sull’ azienda dei Choi e sul tipo di vita he conduceva ad Hallasan.
Era stato allora che lui lo aveva zittito. In realtà le parole erano state: “Stai tranquillo, fai quello che ti viene detto e tutto andrà per il meglio”.
Donghae trasse un profondo respiro e fissò le fiamme che danzavano nel camino. Stava di nuovo tremando.
Sentiva l’odore del legno bruciato, avrebbe voluto smettere di rabbrividire, tuttavia non riusciva a controllare i nervi.
Lui si stava muovendo alle sue spalle, aveva in mano dei bicchieri e si stava versando un drink.
Che genere di rapitore poteva possedere dei libri rilegati in pelle, opere d’arte appese alle pareti e brandy di marca?
Che tipo di uomo era?
Donghae cercò di vincere la paura, doveva esserci una spiegazione logica a quella situazione. La gente non rapisce le persone senza una ragione, senza un piano prestabilito.
<< Bevi questo >>.
La sua voce era calda e profonda s’insinuò nei suoi pensieri, facendogli sollevare lo sguardo dalla luce delle fiamme che scoppiettavano nel camino verso gli occhi inspiegabilmente torvi di lui. << Io non bevo >>.
<< Ti riscalderà >>.
Lui fissò il bicchiere nelle mani di Eunhyuk, dove il liquido ambrato splendeva invitante.
<< Non mi piace il gusto >>.
<< Nemmeno a me piaceva molto quando avevo la tua età >>. Continuava a tenere il bicchiere verso di lui. << Stai tremando e questo aiuterà, fidati >>.
Fidarsi?
Era l’ultimo uomo al mondo di cui avrebbe potuto fidarsi…L’aveva sottrattoa Kyuhyun, a Siwon, alla riunione di famiglia che aveva in programma.
Sentì la rabbia salirgli in gola e si voltò verso di lui.
<< Chi sei? Non so nemmeno come ti chiami >>.
<< Lee Eunhyuk >>.
Il nome gli scivolò sensuale sulle labbra. Lee Eunhyk…gli si addiceva, comunicava forza e potere.
<< Ho cambiato idea, credo che berrò quel drink >>.
Le dita di lui sfiorarono le sue quando Donghae afferrò il bicchiere.
<< Sorseggialo lentamente >> gli ordinò.
La sua pelle era calda, eppure il tocco di quelle dita lo fece di nuovo rabbrividire.
<< Perché stai facendo questo? >>
Lui sollevò le spalle, infastidito.
<< Ho le mie ragioni >>.
<< Ma cosa ti ho fatto? Non ci conosciamo nemmeno >> sospirò con voce tremula, guardandolo in volto.
<< Non ti riguarda >> lo zittì.
<< E allora, dimmi, chi riguarda? >> si ritrovò a quel punto a urlare Donghae.
<< E’ una vendetta >>.
   
 
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