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Autore: Mue    18/05/2015    3 recensioni
«Ehi, Folletto Saputello!»
Ecco come nei corridoi di Hogwarts il divino James Sirius Potter apostrofa Emily Hale, Corvonero, anonima, impacciata e senz'altra dote -se dote si può chiamare- che non un'estrema bibliofilia.
Sarebbe un episodio di potteriana impertinenza come tanti altri che Emily è costretta a subire se Stuart Dunneth, suo misantropo e ambiguo compagno di classe, non si trovasse per caso nei paraggi.
Emily, ligia alle regole, timida all'ennesima potenza e avversa a qualsiasi tipo di azione eroica, ancora non sa che questo incontro la coinvolgerà nel vischioso mistero che avvolge il ragazzo e sarà costretta, suo malgrado, a dare fondo a tutte le sue risorse per risolvere quello che, da giallo inquietante, potrebbe rivelarsi invece una storia dell'orrore delle peggiori. E i Potter, con le loro smanie di protagonismo, ovviamente non possono stare molto lontani.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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XVI.
Leggende ritrovate



 

Al la guardò stralunato. «Cosa stai dicendo?»
«Lo so, Al! Ho capito perché sta morendo!», insisté Emily, infastidita dalla sua lentezza nel capire.
«Che vuoi dire? Gli hai trovato qualcosa addosso? Sintomi di una malattia?», chiese Al avvicinandosi e scostando il colletto di Stuart. «Ma che cosa…?», mormorò, vedendo i quattro segni. «Cosa sono? Fori?»
Emily annuì.
«Santo cielo, e ce li ha da così tanto tempo? Perché non perde sangue? Sembrano profondi!»
«Perché non è una ferita normale. Non è nemmeno una ferita!», gli spiegò Emily impaziente. «Andiamo, vieni con me, non abbiamo molto tempo!», aggiunse, strattonandolo per la manica.
Al si lasciò trascinare docile. «Dove stiamo andando?»
«In biblioteca», rispose lei in fretta, mettendosi a correre per il corridoio.
«In biblioteca? E a fare che cosa?», domandò perplesso.
Emily non gli rispose. Al le correva dietro ansimando. «Perché… stiamo… correndo… scusa?», esclamò affannato.
«Perché a Stuart rimane pochissimo tempo, poi morirà!», rispose Emily. Quel pensiero la terrorizzava, ma se fossero arrivati in tempo, se fossero riusciti a… a fare che cosa? Che cosa potevano fare loro due, dei ragazzini, contro quello che stava minacciando Stuart?
«Non capisco. Se non è una ferita che cosa sono quei buchi che Stuart ha sul collo?», chiese Al quando arrivarono alla biblioteca e si fermarono ansanti.
«Un Consenso», disse Emily.
«Un… cosa?»
«Un morso, insomma, però particolare», spiegò lei entrando in biblioteca e abbassando di colpo la voce.
Madama Oackes rivolse loro un’occhiata glaciale, vedendoli entrare scompigliati in quel luogo sacro. Emily si bloccò un attimo, arrossendo. Non ci voleva, l’aveva già vista una volta con quel libro strappato vicino… Ma aveva bisogno di leggerlo, a tutti i costi. Fece una serie di cenni ad Al, che, grazie al cielo, capì e sorridendo –per la verità piuttosto nervosamente- si fece avanti.
«Madama Oackes, scusi, sarei qui per una ricerca…»
La donna, di statura molto ridotta, lo guardò dal basso in alto. «Che genere di ricerca?», abbaiò.
Emily rimase ammirata dall’inventiva di Al, che subito rispose: «Be’, non saprei, il professor Rüf mi ha commissionato un’indagine sugli usi comuni del metallo di Hammerial nella popolazione Goblin del quindicesimo secolo…»
Funzionò. Madama Oackes sbatté gli occhi, confusa, e cercò di mantenere un’espressione minacciosa. «Prego?»
Albus sorrise di nuovo. Emily ringraziò il cielo che il suo amico possedesse un sorriso così rassicurante e candido, che non fece sospettare nulla alla bibliotecaria. «Sì, ha detto che magari potevo collegarlo alle famose fucine del nord della Scozia, quindi magari tra i libri che ne parlano…»
Madama Oackes si aggiustò gli occhiali sul naso. Dopo l’approvazione al Ministero della pena di morte per chiunque osasse anche solo fare le orecchie alle pagine di un libro qualsiasi, trovare uno di questi ultimi in particolare era la missione della sua vita. Scattò con un tacchettio delle scarpe verso il reparto che reputò più adatto con un feroce «Seguimi!» ad Al, che lanciò un’occhiata implorante ad Emily, come per dirle di sbrigarsi. Lei annuì e si dileguò dall’altra parte, dove si trovava lo scaffale che cercava.
Ti prego, fa’ che non l’abbiano spostato, ti prego, ti prego!, implorò mentalmente mentre scorreva con un dito i libri polverosi sullo scaffale. Niente. Passò a quello sotto e quasi le venne da gridare di gioia quando lo trovò. Lanciò una rapida occhiata intorno, per assicurarsi che la bibliotecaria fosse ancora impegnata con Al, e lo tirò fuori.
La copertina era molto, molto più consunta di quella a cui era abituata, ma il titolo era tale e quale: Creature Elfiche Incantate dal 1000 a.C. ai giorni nostri.
Emily lo aprì in fretta: non dovette cercare a lungo per trovare la parte che le interessava: le pagine strappate formavano un grosso buco verso la fine del libro, ed era in quel punto che il volume si spalancava quasi automaticamente.
Emily lanciò un’occhiata in fondo all’ultimo foglio integro prima dello strappo: scolorito e poco leggibile, c’era il numero di pagina.
1587, riuscì a decifrare dopo qualche minuto. Lo memorizzò e rimise a posto il libro appena un attimo prima che Madama Oackes spuntasse come un falco in appostamento dallo scaffale.
«Tu! Che stai facendo?»
Emily indietreggiò, intimidita. «Sto… sto solo cercando un libro», si giustificò.
La donna la guardò con cipiglio severo, quindi si voltò e marciò fino al suo posto, voltandosi e tenendola d’occhio da dietro le lenti spesse.
Emily attese un minuto lì, facendo finta di interessarsi ai libri per non farla insospettire, poi sgusciò fuori dalla biblioteca. Al la stava aspettando davanti alla porta.
«Allora? Si può sapere cosa stavi cercando?»
Emily lo prese per una manica. «Muoviti, dobbiamo andare al mio dormitorio.»
Al la seguì seccato. «Mi vuoi spiegare che cosa hai intenzione di fare?»
«Leggere le pagine che Stuart ha strappato dal libro di scuola per non farsi scoprire», rispose lei riprendendo a correre.
Al, ormai, si era rassegnato alla piega illogica che il discorso aveva preso. «Perché Stuart avrebbe dovuto strappare delle pagine da un libro? Che cosa non voleva che scoprissero?»
«Che aveva trovato l’ultima strega della tribù!»
«La strega di… Aspetta, non starai parlando di quella stupida leggenda che Aberforth va in giro a raccontare a tutti, vero?»
Emily si voltò di scatto, a metà della scala chiocciola che portava alla torre di Corvonero. «La conosci?»
Al scrollò le spalle. «Ma certo. L’ha raccontata a me, Jamie e David l’ultima volta che siamo andati a Hogsmeade. Non mi dirai che ci credi?»
«Dobbiamo crederci, Al, o altrimenti non so cos’altro si stia impossessando della vita di Stuart.»
Al spalancò la bocca. «Cioè, vuoi dire che la strega esiste davvero, che Stuart l’ha trovata e ha acconsentito a lasciarle succhiare via la vita da lui?»
Emily fece una smorfia e riprese a correre rapida per la scala a chiocciola. «Non lo so ancora, ma lo scoprirò subito.»
Arrivarono alla porta del dormitorio. Il batacchio a forma di corvo si animò. «Quante sono le stelle del cielo?», gracchiò.
«Tante quanti i fili d’erba sulla Terra», rispose istantaneamente Emily.
Il portone si aprì ed Emily lanciò un’occhiata cauta all’interno per assicurarsi che non ci fosse nessuno. Tecnicamente era proibito portare studenti di altre Case nel proprio dormitorio, ma se l’aveva fatto una volta Drilla…
«Via libera», sussurrò ad Al, che entrò riluttante.
«Non dovrei entrare...»
Emily lo ignorò e, facendo le scale del dormitorio a due a due, raggiunse la stanza, spalancò il suo baule e rovistò al suo interno. Ne riemerse quasi subito trionfante con il libro che Jamie ed Al le avevano regalato al compleanno e tornò giù dal ragazzo, che continuava a guardarsi intorno nervosamente.
Quando vide il libro spalancò gli occhi. «Ma quello è il libro…»
«Che mi avete regalato», completò Emily. «Sapevi che è un libro raro?»
Al scosse il capo. «Abbiamo chiesto a nostra zia Hermione cosa sarebbe piaciuto a un’appassionata di libri e lei ci aveva consigliato questo, anche se costava un po’… ops!», fece, tappandosi la bocca.
Emily sorrise. «Grazie ancora», disse in fretta. «Comunque questo libro è lo stesso che ha usato Stuart per trovare la strega, quindi…»
Lo spalancò sul tavolo più vicino e lo sfogliò rapidamente fino a pagina 1587. Il suo libro, a differenza di quello della biblioteca, aveva tutte le pagine, così si mise a cercare in quella seguente, scorrendo con il dito i paragrafi.
«No, questo non centra… no, no…»
Al allungava il collo da sopra la sua spalla, cercando di vedere cosa stesse guardando.
Alla fine Emily trovò quello che cercava e le si mozzò il respiro.
«Che cosa c’è? Che hai trovato?», domandò Al, irritato di non essere coinvolto nella ricerca. Emily aprì la bocca per risponderne ma in quel momento la porta del dormitorio si spalancò, facendoli trasalire.
«E lui che ci fa qui?»
Drilla, infangata e ancora nella sua divisa di Quidditch, guardava Al perplessa.
«Drilla!», esclamò Emily sollevata. «Mi hai fatto prendere un colpo!»
Drilla appoggiò la scopa di lato e si avvicinò. «Che stata combinando voi due?»
«A quanto pare Emily ha scoperto che cos’è che sta togliendo le forze a Stuart.»
Il volto di Drilla si illuminò di sollievo. «Davvero? Che cosa?», chiese impaziente.
Emily mise a tacere sia lei che Al con un’occhiataccia e lesse ad alta voce un pezzo del libro.
«…senz’alcun dubbio atroci sono le mutazione elfiche dei maghi e dei Babbani, cioè razze che hanno acquisito nel corso dell’esistenza e non alla nascita una natura magica legata alla natura…», saltò, scorrendo una lunga lista di informazioni inutili, a due pagine dopo. «… un esempio di questa corruzione dell’essere è quella offerta dall’antica tribù delle streghe di Hogaart, la cui reale ubicazione antica è tuttora sconosciuta; le appartenenti a questa tribù, con malefìci oscuri e con la degradazione delle loro menti e dei loro corpi, giunsero a combinare se stesse e la loro magia in modo da pervenire all’indipendenza materiale delle elementari necessità umane. Questo rafforzamento da un lato, tuttavia, comportò dall’altro una degenerazione intellettuale e fisica che le portò ad avvertire invece il bisogno di nutrirsi di altro…», saltò un’altra riga, «… e così esse arrivarono alla concezione della vita come unica fonte di sostentamento pura, nutrimento che le rinforza. A questo modo si tramutarono in ammaliatrici, creature avvenenti e terribili che attraevano a sé gli incauti e li convincevano a concedere loro la vita… una teoria è che agissero così in concordanza alla venerazione di cui facevano oggetto le leggi che regolavano la natura elfica delle creature a cui si erano unite e mischiate… il resto sono solo testimonianze poco attendibili su folletti e altro.»
Al era ammutolito. Drilla, invece, non capiva. «Gran bella storiella, non c’è che dire. Ma cosa c'entra tutto questo con Stuart?»
Emily chiuse il libro con un tonfo. «C'entra perché Stuart ha trovato l’ultima delle streghe in vita e si è lasciato convincere, non so come, a darle la sua vita. Una delle streghe della storia di Jamie, Drilla», aggiunse, perché lei continuava a non capire.
Drilla spalancò gli occhi. «Ma era solo una leggenda, no?»
«Forse no», disse Al. Sembrava scosso, ma anche determinato. «Io ed Emily abbiamo visto dei segni strani sul collo di Stuart. Emily, hai detto che quei segni…»
«Sono il morso della Strega. So che esistono creature magiche che lasciano un marchio simile sulle loro prede per poterle riconoscere o per poter estendere il loro potere su di loro.»
Drilla guardò dall’uno all’altra viceversa, sorridendo nervosamente. «Ma non crederete che sia vero, no? Insomma, non può essere… se una creatura del genere si aggirasse per Hogwarts l’avrebbero scoperta da tempo gli insegnati, no? Uno studente non può trovare da solo quello che è sfuggito da decine e decine di…»
«Mio padre era uno studente del secondo anno quando trovò da solo la Camera dei Segreti a Hogwarts», replicò Al.
«Sì, ma tuo padre è Harry Potter», osservò Drilla, illogica.
«E allora? È un essere umano come noi, no?», replicò Emily. «Sentite, non voglio discutere con voi, ma Stuart si indebolisce ogni minuto che passa. Dobbiamo fare qualcosa!»
«Andiamo a cercare la strega?», propose subito Al, da vero Grifondoro.
«Andiamo a dirlo a un professore?», disse invece Drilla, molto più razionale.
I due si guardarono in cagnesco. Ma nessuno fece in tempo a decidere perché, per la seconda volta, la porta si aprì e il professor Ravenscar, il direttore di Corvonero, entrò nella Sala Comune.
Li vide e si bloccò di colpo. Al deglutì mentre gli occhi dell'uomo si fermavano sorpresi su di lui.
«Posso sapere cosa ci fa un Grifondoro in un dormitorio che non è il suo?», domandò calmo.

   
 
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