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Autore: Malvagiuo    19/05/2015    1 recensioni
La morte di Roigkal val'Rundor precipita la valle di Askold in una situazione drammatica. L'inverno grava ancora sulle tribù del nord, che contano sul ritorno della loro divinità, Grijndir, per sopravvivere. Solo la possente Bestia del Mare, infatti, può spezzare l'immensa banchisa di ghiaccio che congela le acque di Askold, aprendo la via dell'oceano e della salvezza. Due uomini si disputano la successione, e con essa il dovere di richiamare Grijndir dalle profondità degli abissi. Da una parte il suo unico figlio, Volgrim, giovane e temerario, che dovrà convincere la sua gente a vederlo non più come ragazzo ma come uomo. Dall'altra, Iorig, fratello di Roigkal e zio di Volgrim, guerriero ambiguo e dalle mille risorse, i cui reali propositi costituiscono un mistero per chiunque.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Durante la notte, una valanga si abbatté sul versante occidentale della montagna della baia. Il ghiaccio scivolò fino a valle, lambendo i confini del villaggio.

Che cosa significa? si chiese Iorig val’Rundor. Il suo sguardo era fisso sulla vetta della montagna. Osservò la cresta frastagliata delle montagne che chiudevano la valle da ogni lato, alla ricerca di una spiegazione. Non riuscì a trovarne alcuna. Il freddo morde la terra come farebbe un lupo vorace. Questo non può essere il disgelo. Ma allora che cos’è?

Le valanghe erano troppo frequenti. Il rombo cupo delle superfici ghiacciate che si rompevano, in lontananza, era divenuto un suono comune. Qualcuno avrebbe dovuto recarsi ai valichi per indagare, ma sarebbe stato troppo rischioso: la neve era alta e le bufere flagellavano i sentieri conosciuti. Nessuno avrebbe fatto ritorno da una simile spedizione.

Iorig scosse la testa. Presto quel problema, assieme a tanti altri, avrebbe perso significato.

Il popolo era dalla sua parte. Dopo il sacrificio di Bjria, era evidente che Askoldir non godeva più del favore di Grijndir. Volgrim non era riuscito nel suo intento, né ci sarebbe riuscito mai. Per lui era finita. In verità, quella era proprio la questione più spinosa.

Iorig abbassò lo sguardo ed estrasse il pugnale. Un dono di Roigkal, dopo la loro prima caccia insieme. Roig lo aveva guidato nella foresta, un mattino di primavera, e dopo due giorni di inseguimento erano riusciti a catturare un cervo bianco, giovane e magnifico. In memoria di quel giorno, affinché la buona sorte che li aveva accompagnanti potesse non abbandonarli mai, Roig aveva fabbricato dal corno dell’animale un’arma, quello stesso pugnale che ora Iorig reggeva in mano. Il suo taglio non era affilato, ma era un oggetto di raro valore, non solo affettivo. I cervi bianchi erano scomparsi dalle loro terre molti anni addietro. Troppe cose erano scomparse, negli ultimi anni.

Volgrim era suo nemico, ma rimaneva il figlio di Roig. Non l’avrebbe ucciso, questo era un punto sul quale Iorig non intendeva transigere. Ma come privarlo dell’autorità?

Le leggi del popolo di Grijndir non consentivano al Consiglio di eleggere un nuovo askarl fino alla morte del suo predecessore. La morte di Volgrim sembrava essere l’unica via per accedere al dominio della valle. Una morte di cui Iorig non era disposto a farsi carico, a differenza di molte altre. Il dilemma lo assillava da molto tempo, da ben prima che suo nipote venisse scelto per divenire askarl dopo suo padre. Già in passato Iorig aveva considerato la possibilità che a essere designato fosse Volgrim anziché lui. La sconfitta incassata dopo la seduta del Consiglio era stata un duro colpo, eppure – in una certa misura – prevedibile. Quel vecchio bastardo di Bjorik godeva ancora di prestigio all’interno del Consiglio, ed era riuscito a convincere tutti che a scegliere Iorig avrebbero commesso un errore.

Ma ora le cose erano cambiate. Bjorik aveva vinto, ma quella vittoria era stata l’anticamera della sua disfatta. Il fallimento di Volgrim trascinava nel baratro anche lui. La sua opinione era screditata, la sua fama di saggezza veniva macchiata. Praticamente ogni uomo del villaggio era ormai convinto di aver commesso un grave errore nel prestargli ascolto. Iorig era parso da subito la scelta più logica, ma si erano lasciati raggirare e ora ne pagavano le conseguenze. Non avrebbero commesso lo stesso sbaglio una seconda volta. Nel frattempo, tuttavia, bisognava rimediare a quanto era stato fatto, e non era cosa facile.

Iorig avrebbe difeso la vita di Volgrim, se necessario. Ma doveva sbarazzarsi di lui, in qualche modo. Ancora non intravedeva una soluzione.

Camminando nella notte, aveva lasciato che i piedi lo portassero dove desideravano. D’un tratto si riscosse dai suoi pensieri, e scoprì fin dove era arrivato. La capanna degli schiavi era alla sua sinistra, buia e ricoperta di neve. Non c’erano bracieri lì dentro, gli schiavi si riscaldavano con le coperte e con il loro fiato. Iorig guardò a lungo in quella direzione, senza sapere perché. Poi comprese. Seppe quello che doveva fare. Ora gli serviva solo un pretesto.

 
***
 
In quella glaciale mattina, una nuova sciagura si abbatté sul popolo di Grijndir. La Bestia del Mare pareva scomparsa, ma era accaduto qualcosa che per breve tempo avrebbe distolto la sua attenzione da quel dramma. Il corpo di Bjorik val’Kjorn giaceva sulla lastra di ghiaccio che ricopriva l’oceano, circondato da un alone di sangue rappreso. Una serie di orrende lacerazioni ricoprivano ogni parte del cadavere, le braccia e le gambe erano state brutalmente tranciate, al pari della testa, abbandonata alcuni passi più distante, simile a un macabro sasso insanguinato. Dapprima qualcuno pensò agli orsi o a un branco di lupi, ma in seguito tutti concordarono che a provocare quelle ferite era stata un’ascia. Era un uomo il responsabile di quel crimine, e non ci volle molto tempo per risalire al suo nome.

Volgrim val’Roigkal, l’askarl Volgrim val’Roigkal, si era macchiato di un delitto efferato. Rientrava nei poteri dell’askarl la condanna a morte di un uomo, ma una simile decisione doveva sempre avvenire sotto lo sguardo e l’approvazione del Consiglio. Gli abitanti di Askoldir rimasero turbati dal comportamento del loro signore.

«È impazzito» disse Algwi il Boscaiolo, prendendo parola nella sala affollata. «Ha fatto a pezzi un vecchio indifeso, e non sappiamo nemmeno perché.»

«Forse intendeva sacrificarlo...» mormorò Holf val’Hulf, ma la sua voce tradiva la scarsa convinzione in quelle parole.

«Non è così che si conduce un sacrificio, lo sai bene!» ribatté Algwi. «Volgrim ha ammazzato Bjorik, e basta.»

«Non può aver agito senza motivo. Qualcosa lo ha spinto.»

«E che cosa?»

Nessuno rispose. Volgrim non era stato invitato a prender parte alla riunione. Tutti lo temevano. Era un ragazzo, ma aveva dimostrato più volte di esser capace di uccidere a sangue freddo. Finora lo aveva fatto per dovere, ma l’uccisione avvenuta nella notte gettava un’ombra sinistra su tutto il suo operato.

«È un assassino!» gridò qualcuno.

«Sì, lo è» disse Algwi. «E non possiamo farci nulla. È l’askarl, niente può togliergli il titolo. Solo la morte può fare qualcosa.»

«Allora uccidiamolo! I suoi giorni abbiano fine!»

Algwi si prese qualche secondo per elaborare una risposta. Il terreno sul quale si addentravano era assai pericoloso. C’era troppo in gioco: le leggi più antiche del popolo di Grijndir non potevano essere trasgredite così facilmente. Uccidere un askarl avrebbe creato un grave precedente: altri uomini, in futuro, avrebbero potuto sentirsi legittimati a sostituire il loro signore con l’uso della violenza. Non potevano permetterlo: la legge doveva essere rispettata.

Algwi stava per riprendere parole e rispondere con il suo ragionamento, ma qualcuno lo precedette. La risposta fu di Iorig, che non fece uso di parole. Si avvicinò all’uomo che aveva parlato, gli afferrò il collo e lo atterrò. Il suo pugno si levò in alto e si abbatté sul volto della sua vittima. Inflisse un solo colpo, dopodiché costrinse l’uomo a rialzarsi. La sua faccia era una maschera di sangue, il naso era contorto e rossastro, fratturato all’apice. Non disse nulla, si limitò a sputare sangue e sorreggersi con le dita il naso dolorante.

«Meriteresti la morte seduta stante. Il prossimo che suggerirà di uccidere mio nipote, non se la caverà con un naso frantumato.»

Gli occhi di Iorig gettavano lampi. In quel momento, sembrava sovrastare ogni altro uomo nella sala. Avvolto nella sua pelliccia nera, incuteva soggezione all’intera tribù. Il ricordo di Volgrim, al suo cospetto, appariva minuscolo e insignificante. Se la questione doveva venire a galla, tanto valeva porla ora.

«Grijndir non ha rotto i ghiacci» disse Algwi. «È passato troppo tempo, e non possiamo più aspettare. Altri sacrifici sarebbero inutili. Quali scelte ci rimangono?»

Algwi osservò lo sguardo degli uomini. Erano in apprensione, perché ognuno di loro conosceva la risposta. Sapevano tutti qual era l’alternativa. Algwi stava per riprendere il discorso, ma Iorig glielo impedì. Fu lui a prendere in mano la situazione, rivolgendosi ai presenti.

«Andremo a sud. Con o senza il nostro askarl. Prepareremo in pochi giorni il necessario e partiremo. Non ci sarà molto da portare, solo le riserve di cibo e le armi. Tutto il resto se lo prendano i ghiacci.»

«Che cosa farà Volgrim?»

Iorig abbassò lo sguardo. Gli occhi vacui, l’espressione indecifrabile.

«Volgrim dovrà fare una scelta. Qualunque sia, la disgrazia piomberà su di lui. Non si può fare niente per impedirlo. Questo è il destino che ha scelto.»



 
   
 
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