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Autore: malpensandoti    19/05/2015    6 recensioni
Jodie le sorride di tanto in tanto, le scosta i capelli dal volto e le dice che Louis non ha idea di cosa si stia perdendo a non volere una sorella del genere.
Georgia la ringrazia e tace, alla fine non ci crede più di tanto.
Aspetta piano gli uomini – le persone – della sua vita prendersi qualcosa e sparire, perché è così che funziona, è così che semplicemente vanno le cose.
Vanno via.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Words As Weapons
Run

 
When I powder my nose
He will powder his gun
And if I try to get close
He is already gone

 

Forse si sarebbe dovuta mettere un paio di jeans scuri, si sarebbe di certo trovata appena più a suo agio.
È la prima cosa che pensa mentre entra nella dimora degli Horan, mentre osserva il lampadario che pende dal soffitto giallo dell'ingresso e mentre Oscar affianco a lei ha le mani infilate in tasca e il mento alto.
Georgia odia i jeans chiari, sul serio. Le fanno le gambe corte e in più sono stretti, quasi opprimenti.
Casa di Niall è grandissima, non troppo lontana dal liceo dove lei trascorre la maggior parte dei suoi giorni. È elegante e piena di piccoli dettagli arrivati da ogni parte del mondo che la rendono sfarzosa, sicuramente più accogliente del misero trilocale dove Georgia e sua madre hanno messo le radici da qualche anno.
“So a cosa stai pensando – le dice Oscar, osservando la sua espressione – Sì. Niall Horan è un irlandese pieno di soldi”
Le afferra il braccio e la conduce verso il salotto che sembra l'unione di due stanze, è lungo e pieno di gente, pavimentato con un parquet bianco e tappezzato di arazzi e quadri firmati da artisti contemporanei. C'è ancora un lampadario che pende e trema ogni volta che il volume supera la potenza delle casse vicino al televisore al plasma, la gente che si accalca sui divani e quella che invece opta per bere in piedi e improvvisare qualche passo scordinato.
Georgia respira a narici aperte e , avrebbe dovuto indossare i jeans neri.
“Non perdiamoci, d'accordo? – le strilla Oscar all'orecchio, facendola sobbalzare – Stai vicino a me e divertiti”
Georgia annuisce ma sa che non riuscirà a divertirsi nel momento esatto in cui entrano in cucina e Louis è seduto sul bancone accanto ai fornelli in acciaio. I gomiti di Suki sono piantati sulle sue cosce muscolose mentre lei gli da le spalle e parla gesticolando rivolta al tavolo rotondo di vetro.
Stanno bene insieme, sembrano una di quelle coppie forti anni e anni futuri.
“Tanti auguri, Centre!” esclama Oscar, avanzando verso Niall con le braccia aperte.
Quello balza in piedi facendo tremare i bicchieri sul tavolo e lo abbraccia, stampandogli un bacio sulla guancia scura mentre le sue si tingono di divertimento. Poi abbraccia anche Georgia, di slancio, e lei è talmente impacciata da non sapere dove mettere le mani su quel corpo gracile. Percepisce l'odore di anice e deodorante maschile e non può che sorridere con le labbra che tremano appena, senza dire nulla.
“Grazie per essere venuti – dice Niall, le pizzica il naso affettuosamente e fa un passo indietro – Assaggiate il cocktail di Payne però, o mi toccherà cacciarvi da qui ancora prima che la festa inizi davvero”
“Oh, ma sta zitto, Niall! – lo rimprovera Cyndi, seduta su una sedia con un bicchiere di plastica in mano – Smettila di intimidire i tuoi ospiti o finirai per festeggiare con quattro stronzi”
“Sempre presente” Suki alza un palmo della mano e fa un sorriso smagliante, scuote la coda di cavallo appoggiata su una spalla e si sistema la maglietta di seta che indossa e che funge da vestito.
Niall respira forte, sembra contentissimo nel vedere la cucina piena di amici e fa cenno ai nuovi arrivati di accomodarsi sulle sedie ancora libere. Georgia segue Oscar e saluta Liam, Zayn e Cyndi con un sorriso, prima di sedersi e fissarsi le mani con insistenza.
Riesce solo a pensare: c'è mio fratello e non è mio fratello.
“Tu non bevi, bellezza?”
Alza gli occhi dalle sue dita bianche e incontra lo sguardo ammaliante di Liam, il suo braccio tonico mentre le porge un bicchiere di vetro pieno di un liquido trasparente. Georgia si schiarisce la voce e le sue pupille tremanti guizzano involontariamente verso Louis. Lui però ha le mani impigliate tra i capelli lunghissimi di Suki e le sta mormorando qualcosa all'orecchio, con l'espressione rigida e seria.
“Sì, grazie” risponde poi, facendo un sorriso tirato a Liam nell'accettare il bicchiere.
Lo tiene in mano, assaggia il sapore brusco di fragola e pesca e strizza gli occhi, facendo ridere Oscar che “Raggio di sole, non ti facevo così intraprendente!” esclama, mentre lei arrossisce.
Cyndi, bella e invidiabile come al solito, sbuffa rumorosamente e “Noioso – lo rimprovera, con le braccia incrociate e i piedi appoggiati al tavolo con un'innata indifferenza – Perché siete tutti così petulanti stasera?”
“Che vuoi farci? Sono uomini” sospira Suki sconsolata, e Zayn sorride aggiustandosi gli occhiali sul naso dritto.
 
 
 
“Mamma, non ti sento”
Jodie dice di nuovo qualcosa, ma la casa di Niall è così rumorosa e grande che Georgia proprio non capisce. Si fa largo tra la calca dell'ingresso e quasi inciampa quando raggiuge il porticato esterno, sentendo l'aria fredda filtrare dai buchi del maglione.
“Georgia? Ci sei?” riprova Jodie dall'altra parte della cornetta.
“Mamma?”
“Finalmente! – la ragazza scende gli scalini e si morde il labbro, guardando la strada buia disturbata dalla musica e gli schiamazzi che provengono da quella casa – Volevo dirti sto andando a dormire. Ti ho lasciato le chiavi dentro il vaso, d'accordo? Come sta andando?”
Georgia si morde il labbro e si sente stanca, spossata. E anche molto meno coordinata.
Forse avrebbe dovuto mangiare qualcosa a cena, il bicchiere che s'è imposta di bere per rilassarsi avrebbe fatto meno effetto. Non che sia ubriaca o altro, semplicemente ha voglia di dormire e stare lontano da tutta quella confusione in cui non riesce a trovare un posto adatto a lei. Ha passato la maggior parte del tempo a guardarsi i jeans seduta in cucina mentre intorno a lei le persone parlavano e ridevano fino alle lacrime, poi ha tirato fuori il telefono dalle tasche e ha controllato ininterrottamente l'orario per due minuti, finché non ha ricevuto la chiamata di sua madre quasi come un'illuminazione.
“Alla grande” risponde, rabbrividendo.
Inciampa su un sasso del giardino e per poco non cade per terra, Jodie esclama: “Bene! – e poi – Non fare tardi, okay?” e le dà la buonanotte, lasciandola col telefono attaccato all'orecchio per qualche secondo.
Quando si volta verso l'ingresso, anche Louis ha in mano il telefono. Lo schermo gli illumina l'espressione concentrata e le sopracciglia aggrottate, il ciuffo arricciato sulle punte che gli copre l'occhio destro e la bocca piegata in una linea dritta.
Georgia inciampa di nuovo, i suoi piedi si muovono veloci non appena lo vede voltarsi verso la porta per rientrare.
È tardi, è buio e lei adesso ha le mani che gli stringono il polso piccolo. Nella sua testa è una scena che sta avvenendo diversamente: lei aspetta di vederlo sparire in casa prima di rientrare a sua volta, in realtà Louis la sta guardando senza apparente espressione e Georgia gli sta stringendo il polso, lo sta bloccando, tenendo.
Respira forte come dopo una maratona e strizza gli occhi come dopo un pianto.
Sussurra: “Non odiarmi”
Le sue dita gli lasciano la manica del parka nero mentre le pupille si abbassano, incapaci di sopportare uno sguardo talmente uguale al suo da farle venire i brividi. Hanno lo stesso mare negli occhi.
“Non odiarmi, per favore – mormora, tirando su col naso – So che mi odi. E mi dispiace, ma. Non odiarmi, per favore. Io...”
Resta sospesa, in bilico tra un sospiro e una sillaba. Non lo guarda in faccia, Louis torna dentro e non dice nulla.
Il cervello di Georgia connette qualche istante dopo, facendole desiderare semplicemente di scomparire.
 

 
 
Lasciano la festa due ore dopo, a braccetto perché Oscar è brillo e felice.
Non ha ancora baciato Cyndi, ma manca poco, lo sa.
Non le fa domanda e Georgia gliene è grata, si sente in colpa e stupida perché poteva essere una grande occasione per stare bene e invece non è successo nulla, e invece è anche peggio.
Si danno la buonanotte a metà strada, poi entrambi si stringono nelle spalle e camminano velocemente verso le proprie abitazioni.
Georgia ha freddo, osserva l'asfalto arancione e poi i ragazzi che stipati nell'angolo del parco del quartiere fanno esplodere petardi e fumo denso.
Quando finalmente raggiunge il vialetto di casa, respira forte e si siede sul marciapiede con le ginocchie al petto e le spalle che tremano.
Piange.
È un pianto vuoto, solo, un pianto che scuote e logora dentro, uno di quelli senza fine e pieno di domande. Ma è notte e lei è triste, non c'è niente di sbagliato in questo.
Il vento le taglia le guance nascoste dalle mani, Georgia si asciuga gli occhi coi polsi freddi e strizza le palpebre dolorosissime e rosse.
Strilla appena nell'accorgersi di una figura davanti a lei, indietreggia sul marciapiede finché Harry non alza i palmi della mani e “Sono io” sussurra, velocemente.
Lei respira a bocca aperta e si schiarisce la voce, le guance le si arrossano vistosamente ed è una fortuna che faccia così buio da non distinguere i particolari.
“Scusa” dice di getto, senza nemmeno accorgersene.
Harry è chiuso dentro una giacca nera e un paio di pantaloni larghi, ha le mani infilate in tasca e la voce incerta, bassissima. “Di cosa?”
Lei non lo sa, tira su col naso e proprio non lo sa. Forse per non essere forte abbastanza da sopportare tutti quei buchi dentro.
(scusa)
C'è un botto improvviso lontano che rimbomba nel silenzio pesante del quartiere, facendo volare i pipistrelli.
Georgia si sta chiedendo perché diavolo qualcuno debba scoppiare i petardi in piena notte, quando lo nota.
Harry ha cambiato postura, la sua schiena è dritta come un palo e le sue mani spalancate, bianche e lunghe come lame di coltelli. Ha lo sguardo fisso verso la strada e respira in modo impercettibile, come per non far alcun tipo di rumore.
“Stanno arrivando” sussurra.
C'è un altro scoppio più potente, l'antifurto di una macchina che prende a urlare tremendamente e il respiro secco del ragazzo che accelera.
“Stanno arrivando” dice ancora e fa un passo indietro, ansima ed è spaventoso, sembra un animale chiuso in gabbia, un lupo famelico e pronto a correre.
Georgia non capisce, ha la nebbia tra i pensieri e i movimenti lenti, che non coincidono con le azioni dentro la sua testa.
“Stanno arrivando. Nasconditi – le mani lunghe di Harry hanno uno spasmo tremante, si chiudono e si aprono a intervalli brevi e regolari – Vattene via, sono qui. Sono qui”
C'è un ultimo botto nel momento esatto in cui Georgia si alza in piedi. Viene sbattuta di nuovo sul marciapiede con una forza tale da farla singhiozzare, tale da mandarla in panico finché non connette.
Harry la sta abbracciando e anzi, la sta stringendo, soffocando. È ricurvo su di lei su quel cemento freddo con le braccia marmoree che non le permettono di respirare, con quel fiato impazzito che le rimbomba nel timpano e l'odore di caffè impregnato tra quelle labbra.
“Va tutto bene, va tutto bene” rantola lui come un mantra, petto contro petto a ritmi e paure diverse.
Georgia ha la fronte contro il suo mento e gli occhi spalancati che cercano l'aria che i polmoni non riescono a raggiungere.
“Mi stai facendo male” sussurra senza voce, ma è un male che picchia dentro, un male che è solo paura.
Finisce tutto qualche secondo dopo, Harry stringe ancora più forte – quasi come frantuarla in polvere – e la lascia andare all'improvviso. Georgia respira pentemente e deglutisce con la gola secca, lo vede correre dall'altra parte della strada e la vista le si offusca appena.
Il quarto botto esplode mentre Harry si chiude la porta dietro le spalle grandi e i pipistrelli si alzano in volo strillando, terrorizzati.


(scusa)

 





 
  
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