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Autore: ladyAmaryllis    19/05/2015    0 recensioni
Magari avrete letto e sentito mille storie simili a questa: una ragazza normale, con una vita normale, improvvisamente viene a conoscenza di un mondo che credeva esistesse solo nei film. La storia di Emily è una storia d'amore, ma anche di guerra; è una storia sul capire la differenza tra bene e male, sul commettere degli errori e imparare da essi. In fondo è solo la storia di come una ragazza diventa donna, in un mondo più complicato di quello che sembra.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Nei giorni seguenti ripensai molto a quello che era successo, ma i ricordi erano un po' annebbiati. Eppure per quanto provassi a convincermi che era stato tutto frutto dell'immaginazione, sapevo che era successo qualcosa di molto strano quella notte. Primo: come aveva fatto Matt a sentire quei due a quella distanza? Secondo: perché andare nel bosco in piena notte solo perché ha sentito un rumore strano? E terzo: cosa mai poteva avermi scatenato un'allucinazione così vivida come quella che avevo avuto?
Avevo pensato di parlarne con Noemi, ma quando ci avevo provato era sembrata una cosa così assurda da dire ad alta voce che avevo desistito.
Però non riuscivo a togliermela dalla testa, così il lunedì decisi di trovare a tutti i costi Matt e costringerlo a darmi spiegazioni. Mi ero resa conto di non aver fatto caso a lui durante la prima settimana, magari avevamo qualche corso insieme.
Infatti durante l'ora di letteratura era lì, seduto in ultima fila con un ragazzo che non avevo mai visto, si passava una mano tra i capelli spettinandoseli tutti, e non potei fare a meno di notare che, nonostante il clima piuttosto freddo, indossava una maglietta a maniche corte. Cosa che mi portò a notare anche il bicipite che si gonfiava ogni volta che muoveva la mano, tirando il tessuto della manica al limite. Deglutii.
Di colpo mi sembrò così assurdo quello che era successo da Rachel -sia il quasi bacio che l'inseguimento nel bosco- che persi tutto il mio coraggio, mi sedetti nel banco di fronte al loro e presi il posto a Noemi.
La voce di Matt che mi accarezzava l'orecchio mi fece sussultare:
«Fai finta di non conoscermi ora?».
Mi voltai a guardarlo cercando di assumere un'aria di sufficienza, ma vedendo il suo mezzo sorriso persi di convinzione:
«Perché, ci conosciamo?», risposi alzando un sopracciglio. Per tutta risposta scoppiò a ridere e si passò la lingua sulle labbra:
«Non abbastanza, direi. Sicuramente possiamo rimediare», aggiunse con quel maledetto sorriso. «Intanto volevo presentarti Mark», disse indicando con la testa il ragazzo che gli stava a fianco, e lo osservai sul serio: era molto bello, portava i capelli biondi leggermente lunghi sugli occhi, che erano di un azzurro ghiaccio impenetrabile. Mark? Il Mark che Noemi aveva conosciuto alla festa di Rachel? Mi riscossi quando mi sorrise in maniera un po' strana, come se non lo facesse spesso. Sorrisi anch'io:
«Emily, molto piacere. Strano, la mia amica Noemi mi ha detto di averti conosciuto alla festa di Rachel, ma io non ti ho visto»
«La tua amica Noemi ti ha parlato di me?», disse con un sorriso ammiccante, e subito mi pentii di quel commento, Noemi mi avrebbe sicuramente ucciso. Cercai di salvarmi:
«Mi ha accennato di aver conosciuto un Mark», dissi con indifferenza sperando che ci cascasse, ma vidi Matt che sghignazzava con la coda dell'occhio. Continuai cercando di ignorarlo:
«Quindi anche tu ti sei trasferito qui quest'anno? Insieme a Matt? Non voglio essere indiscreta, ma sembrate una bella coppia», dissi rivolgendomi a Matt,  cercando una rivincita.
Si guadarono entrambi a disagio e vidi Matt cambiare posizione sulla sedia.
«No, per carità...»
«Ma figuriamoci...»
Scoppiai a ridere:
«Tranquilli ragazzi vi stavo solo prendendo in giro!», stavo per chiedergli da dove venissero, se si conoscevano da prima di trasferirsi, ma l'arrivo di Noemi mi distrasse, e vedendo l'occhiata fulminante che lanciò a Mark capii che il momento per socializzare era finito.
 
 
Passai le due ore successive guardando il professore senza ascoltarlo davvero, rimuginando ancora su quella notte, ma oscillavo continuamente tra la possibilità di essere impazzita e aver avuto un'allucinazione e la possibilità che Matt potesse trasformarsi per qualche strano motivo in un lupo gigante. Non sarei arrivata a nessuna conclusione continuando così. Per quanto potesse sembrare ridicolo, dovevo parlare con Matt.
Mi resi conto che seguivo diverse lezioni con lui, anche se non riuscii ad avere più alcuna possibilità di parlargli, fino a che, entrando nel laboratorio di scienze, lo vidi seduto in terza fila vicino alla finestra, nel banco in cui di solito mi sedevo io.
D'un tratto però, la possibilità di parlarci da sola non sembrava più così allettante. E se fosse davvero capace di trasformarsi in quella bestia? Di certo non è una cosa che si dice in giro, e se avesse scoperto che l'avevo visto cosa mi avrebbe fatto? Cercai di andare il più veloce possibile ad un altro banco, ma mi vide e mi salutò con un gran sorriso, facendomi segno di andare accanto a lui. Feci un bel respiro e lo raggiunsi:
«Che ci fai qui? Non ti ho mai visto a questa lezione», dissi sperando che fosse lì per caso.
«Ho avuto solo ora la certificazione dalla mia vecchia scuola per seguire questo livello, ecco perché prima non mi hai mai visto».
«Oh, capisco», dissi mentre prendevo posto alla sua sinistra, «Hai già scelto questa postazione? Perché io mi siedo qui dall'inizio e...», non mi diede tempo di finire, che disse:
«Bene possiamo essere compagni di laboratorio, andiamo già d'accordo no?», corredando il tutto di un sorriso smagliante.
«Beh di solito preferisco lavorare da sola...», ma questa volta fu l'entrata del professor Carlson ad interrompermi. Il brusio in classe si spense e tutti presero posto. Era fatta, ora era anche il mio compagno di laboratorio, ero rovinata.
«Salve a tutti, ragazzi. Spero che abbiate passato un buon fine settimana, senza troppo CH3-CH2-OH, sapete, alcol», disse sogghignando Carlson. Qualcuno rise a voce un po' troppo alta, i soliti che cercavano di mettersi in mostra per prendere voti migliori, io sorrisi per la tristezza della battuta.
Il professor Carlson era un uomo di mezza età, portava gli occhiali senza montatura e un bel paio di folti baffi castani di cui sembrava andasse particolarmente fiero. Era bravo con i suoi studenti ma a volte sembrava si sforzasse un po' troppo. Riprese:
«Vorrei dare il benvenuto ad un nuovo studente, Matthew Carroll», disse indicando Matt, che fece un gesto di saluto verso tutta la classe, «Vedo che sei seduto accanto a Parker. Molto bene, è in gamba, sicuramente ti aiuterà ad ambientarti. Bene, bando alle chiacchiere, cominciamo».
Tutto il resto della classe cominciò a darsi da fare tirando fuori libri e appunti mentre Carlson scriveva sulla lavagna una serie di formule, ma io non riuscivo a muovermi. Di colpo Matt di diede un colpetto col gomito che mi fece riscuotere:
«Mi dispiace che le cose tra noi siano rimaste...un po' in sospeso dall'altra sera», mi sussurrò guardandomi con un'espressione indecifrabile. Parlava del quasi bacio che ci eravamo dati? O del fatto che lo avevo seguito nel bosco?
«Senti, era solo uno stupido gioco alcolico, eravamo un po' ubriachi e ci siamo fatti trasportare, ma tranquillo non mi aspetto che tu mi chieda di uscire o altro, non sono così disperata eh», scoppiai in una risatina nervosa mentre cercavo di rimanere sull'argomento sperando che non nominasse quello che era successo dopo, «Poi ci conosciamo appena, non so che tipo di ragazza pensi che sia ma...».
Sorrise e scosse la testa:
«Emily rilassati, volevo solo dirti che sono dispiaciuto che le cose siano rimaste in sospeso. Ho sentito dei rumori venire dal giardino ed ho pensato che ci fosse qualcuno, per questo mi sono allontanato. Ma...», disse abbassando la voce, «Non mi dispiacerebbe riprendere da dove abbiamo lasciato».
Il cuore prese a battermi forte, di certo non era il tipo che girava intorno alle cose. Ma c'era qualcosa che mi sfuggiva di lui, che non riuscivo a capire, e che mi spaventava. Mi rilassai pensando che qualunque cosa avesse in mente di fare -che fosse baciarmi o tapparmi la bocca per sempre su quello che avevo visto- non l'avrebbe mai fatto in una classe piena di persone.
E mi venne un'idea: volevo davvero sapere cos'era successo quella notte, e gliel'avrei chiesto in un posto pubblico, come la mensa ad esempio, dove non avrebbe potuto farmi niente.
«Proposta allettante, ma sono contenta che alla fine non sia successo niente tra noi l'altra sera, non ti conosco e non so niente di te, mi sembra un po' affrettato da parte tua chiedermi una cosa del genere», dissi recuperando un po' di sicurezza. Sorrise e mi lanciò un'occhiata maliziosa:
«Mi sembra giusto. Allora cosa hai bisogno di sapere di me prima di non ritenere "affrettato" concedermi un bacio?»
«Ma la vuoi smettere?», dissi dandogli un colpetto sul braccio, «Più lo dici e più perde di significato, sembra che un bacio non abbia nessun valore per te».
«Magari non ce l'ha», mi stuzzicò.
«Magari allora non sono interessata a qualcuno che la pensa così», dissi alzando un sopracciglio.
Stava per ribattere quando Carlson iniziò a spiegare, e lo costrinsi a lasciarmi in pace almeno per il resto della lezione.
 
 
All'ora di pranzo non vedevo l'ora di andare a mensa per spettegolare un po' con Noemi e vedere Chris, Logan, e le altre ragazze e ragazzi con cui dividevamo di solito il tavolo a mensa.
Ogni tanto mi guardavo intorno sperando di scorgere Matt, ma niente. Non vidi neanche Mark, l'altro nuovo arrivato. Non riuscivo a farmi un'opinione neanche su di lui, entrambi mi davano una strana sensazione, come se nascondessero qualcosa. O forse stavo solo diventando paranoica, altro punto a favore del fatto che stessi diventando pazza.
 
 
Per il resto della giornata non riuscii più a incontrare Matt, così il mio piano di fare chiarezza andò in fumo, fortunatamente avevo deciso di passare il resto della giornata con Noemi, così dopo le lezioni andammo a casa mia, che sarebbe stata libera per i prossimi giorni visto che mio padre viaggiava spesso per lavoro.
Parcheggiammo di fronte al garage, aspettai che fosse scesa e poi le dissi:
«Prima di venire a scuola stamattina ho preso una cosetta», dissi con aria furtiva mentre infilavo una mano nella borsa: «Ta-Da!», esclamai mostrandole un pacchetto di Marlboro. Sul suo volto comparve un sorriso complice:
«A volte credo che tu mi legga nel pensiero»
«Lo sai che è così, baby», dissi facendole l'occhiolino mentre salivo i gradini della veranda cercando le chiavi nella borsa. In effetti mi era sempre risultato facile capire Noemi, capire cosa pensava, cosa la preoccupava, cosa le passava per la testa. Ma ero sempre stata molto perspicace più o meno con tutti.
«Ma che diavolo..!», non riuscivo a trovare le chiavi da nessuna parte. Ma le avevo prese la mattina? Cominciai a tirare fuori tutto, portafogli, fazzoletti, trucchi, una penna, vari scontrini, il pacchetto di sigarette, ma delle chiavi neanche l'ombra.
«Cazzo, Noe, siamo chiuse fuori!»
«Sei sicura che tuo padre abbia chiuso a chiave?», disse lei vagamente allarmata.
Corsi subito a controllare: girai il pomello, spinsi la porta con tutta me stessa ma niente.
«Provo ad andare sul retro e controllo anche quella, o guardo se ci sono delle finestre aperte, aspettami qui»
«Aspetta Emily, non senti anche tu quest'odore?», mi interruppe lei alzando il naso per aria tutta concentrata.
«Non c'è nessun odore Noe, ora fammi andare a controllare».
Correndo controllai ogni finestra, quelle della cucina sul lato destro, poi la porta sul retro, le finestre del salotto, niente, era tutto serrato. Tornai sul davanti e trovai Noemi con le mani a cerchio su una delle vetrate laterali alla porta, con il volto appiccicato al vetro, cercando di guardare dentro.
«Ma che fai?», al suono della mia voce sobbalzò e vedendomi sembrò tornare alla realtà.
«Emily hai lasciato una bistecca fuori dal frigo? Sento un odore fortissimo, forse tuo padre ha lasciato qualcosa nel forno?», mi guardava con gli occhi spalancati e inspirava molto forte dal naso.
«Io non sento nessun odore», dissi inspirando forte anch'io, cercando di sentire qualcosa, «Non ci sono bistecche né fuori né dentro il frigo. Che ti succede? Mica sarai incinta?», dissi sorpresa.
Mi diede uno spintone che per poco non mi fece rotolare per terra e si mise a ridere, ma aveva un'espressione strana in viso, molto concentrata, muoveva ancora leggermente le narici.
«Comunque è tutto chiuso al piano terra, forse camera mia è aperta, ma mi dovrò arrampicare», dissi avvicinandomi di nuovo alla porta per un ultimo tentativo.
Provai a spingere e girare il pomello insieme ma niente. Non avevo alcuna voglia di fare un salto di quasi un metro dall'albero che avevo in giardino fino alla tettoia di fronte a camera mia, sarei di certo caduta e mi sarei rotta una gamba. Avrei voluto solo poter entrare, rilassarmi con Noemi, magari fumare una sigaretta, una serata tranquilla, e invece mi toccava fare Tarzan.
Disperata tornai a girare il pomello e a spingere, sempre più forte, poi mi uscì:
«E APRITI, MALEDETTA!».
Sentii un sordo clang dentro la porta e si aprì cigolando leggermente.
Mi voltai di scatto verso Noemi con un sorriso a trentadue denti cercando la sua mano per darle il cinque, ma lei sfrecciò dentro superandomi con una spallata.
«Devo capire cos'è questo odore!», mi urlò da dentro.
La seguii fino in cucina e la trovai in piedi di fronte al tavolo. Mi guardò incuriosita indicando una cassetta di plastica bianca e blu con un manico spesso:
«Che diavolo è? È da qui che viene »
«Oh, è una specie di minifrigo di mio padre», dissi avvicinandomi e aprendo il coperchio, «Vedi ci sono varie provette per un progetto di ricerca che sta facendo su un nuovo farmaco, me l'ha spiegato ma non ci ho capito molto», ne presi una e la tirai fuori, il vetro della provetta era ghiacciato contro i miei polpastrelli, «Deve essersele scordate qui stamattina, ma...», mi interruppi, perché alzando lo sguardo su Noemi la vidi concentratissima sulla provetta che tenevo in mano. Schioccai le dita davanti al suo naso e scherzai:
«Ehi, i miei occhi sono qui», lei si riscosse, e io rimisi velocemente tutto a posto, chiudendo il coperchio con attenzione.
«Poi mi spieghi come hai fatto a sentirlo da fuori. Te lo dico, quando puoi fai un test di gravidanza»
La presi per mano e la guidai su per le scale verso camera mia. Entrammo, lei si mise sul letto e io sul piccolo davanzale sotto la finestra, la spalancai e appoggiai le gambe fuori sulla tettoia. Accesi una sigaretta e lei mi raggiunse subito dopo. Gliene passai una.
«E invece tu mi spieghi come hai fatto ad aprire una porta chiusa a chiave», disse tossicchiando leggermente dopo il primo tiro.
Io inspirai a fondo, mi trattenni dal tossire, ed espirai lentamente.
«Sicuramente era chiusa male, Robert non si accorge di niente di prima mattina, non avrebbe lasciato quelle provette in cucina altrimenti. Tu piuttosto, non lo sai che fumare fa male al bambino?»
Ridemmo insieme e lei mi diede una gomitata che fece più male di quello che volevo ammettere.
«Sei tu che me l'hai data quindi sei colpevole tanto quanto me. Sarai tu a spiegargli perché ha tre occhi invece di due come tutti gli altri bambini».
Risi talmente forte che rischiai di scivolare di sotto. Questa era la mia Noemi. Ma ultimamente veniva fuori sempre meno spesso. Sarà stata colpa di Logan, e per me di Chris, ma sentivo che non eravamo più quelle di una volta, quei momenti spensierati erano sempre più rari, così decisi di godermi appieno quello che stavo vivendo.
Scherzammo per tutto il resto del pomeriggio, ma una piccola parte di me stava ancora rimuginando su quella porta, e, ne ero certa, una piccola parte di Noemi stava ancora rimuginando su quelle provette.
 
Verso sera però mi resi conto di non essere riuscita a togliermi dalla testa i dubbi che mi assillavano su Matt, e così mi feci coraggio:
«Noe devo dirti una cosa, ma devi promettermi che non mi giudicherai male...», dissi scrutandola per vedere la sua espressione.
«Certo lo sai che puoi dirmi tutto!»
«L'altra sera, da Rachel, quando ero con Matt...»
Spalancò gli occhi:
«NO! Non dirmi che l'avete fatto!»
«NOEMI MCADAMS!», urlai dandole un colpetto, «No! Come ti viene in mente?! Dai fammi parlare...»
E così le spiegai di aver seguito Matt nel bosco, di quello che credevo di aver visto, e del suo comportamento a scuola.
Mi ascoltò in silenzio, e anche quando finii di parlare rimase a guardarmi per qualche secondo senza dire una parola, probabilmente cercando di capire se stessi scherzando o meno. Finalmente disse:
«Tu sei assolutamente certa di quello che hai visto?»
«Non lo so, insomma credo di sì. Certo avevo bevuto, ma mi ricordo quel lupo come se ce l'avessi di fronte adesso, e mi ricordo di essermela quasi fatta sotto dalla paura Noe, quella era vera, per un secondo ho pensato che fosse davvero finita, che mi avrebbe attaccato».
«Non so cosa dirti Emily. Certo non è facile immaginare che possano esserci certi animali, specialmente così in città, ma se dici di averlo visto...»
«Il fatto è, e ti prego non pensare che sia pazza, che credo che non fosse un animale selvatico, credo che fosse Matt». Mi guardò con gli occhi spalancati, e scosse la testa, ma non le diedi tempo di parlare:
«So quanto suona assurdo, per questo non te l'ho detto prima, ma credimi lui era lì, e un secondo dopo era sparito nel nulla e c'era quella cosa... Non so cosa pensare».
«Senti, ti credo sul fatto che abbia visto qualcosa quella sera, ma questo mi sembra davvero improbabile, non pensi che tutto quel rum e quella birra possano aver influenzato i tuoi sensi? Non cercare spiegazioni assurde a quello che hai visto».
«Sì, forse hai ragione... dai lasciamo perdere queste cose, probabilmente sono solo un po' stressata. Ordiniamo una pizza?», dissi tirandomi su e prendendo il telefono. Non volevo contagiare Noemi con le mie paranoie, ma ero ancora decisa a parlare con Matt.
  
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