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Autore: Owlfiction    19/05/2015    1 recensioni
Ambientata alla fine di New Moon, questa è la storia di Isabella Swan, incappata nel mondo del soprannaturale per amore, quando il suo mondo minaccia di nuovo di crollare. Lei ed Edward sono stati miracolosamente rilasciati dai Volturi e i Cullen vogliono tornare a Forks. Però Bella si imbatte in qualcosa di cui non sapeva l'esistenza, o meglio, che credeva essere solo una leggenda. Si risveglierà in un luogo sconosciuto, più forte, più veloce, con sensi più acuti, senza però i Cullen a circondarla. Scoprirà di essere, suo malgrado, entrata in una sanguinosa guerra che dura da millenni, di cui lei potrebbe decidere l'esito. Dovrà proteggere chi ama, e decidere a chi dare il proprio cuore: perché anche il suo legame con Edward si sta sfaldando, e lei non è sicura di volerlo salvare.
Le servirà tutta la sua forza e quella che ha ricevuto in dono dal morso di uno sconosciuto.
Perché lei, adesso, è un lupo mannaro.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon, Eclipse
Capitoli:
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Capitolo 20


Bella
 
 
Riflettei sui mille modi in cui poteva reagire Charlie al mio ritorno.
La possibilità che urlasse per giorni e giorni era la più probabile, seguita da quella che cercasse di mettermi in punizione, anche se ormai ero un tantino grande per quel genere di cose. Mi consolai realizzando che, anche se mi avesse chiusa in cantina, avrei sempre potuto sfondare la porta con una spallata.
-Pensi ancora a tuo padre?- mi chiese Den, facendo scivolare silenziosamente le sue dita tra le mie.
-Sì. Non credo che la prenderà bene.- risposi, chiudendo la presa sulla sua mano.
Den sorrise.
-È inutile preoccuparsi- replicò -Trevor e Jasper ti hanno già assicurato che faranno in modo di tranquillizzare la situazione.
-Purché quei tizi si allontanino da lui- asserii -sono pronta anche a venire ripudiata.
Rilassai la schiena sul divano di casa Cullen, ripetendomi che non era sembrato arrabbiato quando aveva risposto al telefono, due giorni prima, più che altro sollevato dal sapermi sana e salva. La balla che gli avevano rifilato i cacciatori si era rivoltata contro di loro, dato che l'uomo era stato felicissimo dall'essere rassicurato che non ero caduta nelle mani di una setta satanica.
-Ehi- mi richiamò lui -ti stai ancora preoccupando.
Mi morsi il labbro. Era vero.
-Ora, ripeti con me- salmodiò Den, come in preghiera -io sono umana, devo camminare lentamente, non ringhiare agli altri cani...
Mi ero dimenticata della lista delle cose da fare e da non fare davanti a mio padre. Forse perché era infinita.
-... non cercare il sale nella dispensa seguendone l'odore (fidati di me, ti prendono per pazza), non rincorrere i gatti, non inseguire le palle da tennis, e soprattutto NON frugare nella spazzatura dei vicini...
Adesso però stava esagerando.
-Questi non c'erano!- protestai, spingendolo via.
-Era solo per chiarire il concetto!- si giustificò -E per cercare di farti sorridere.
Mi affrettai a nascondere i denti scoperti in un ghigno. Ma non riuscii subito, e feci il solletico sotto le costole al licantropo perché non potesse notarlo.
Esme mi salvò chiamandoci per il pranzo.
-Un giorno riusciremo ad arrivare per primi in cucina- sbuffò Trevor, scendendo le scale -e cucinare da soli.
-Dovremmo accamparci lì.- commentai.
-O cominciare uno sciopero della fame.- propose Den.
Io e Trevor ci scambiammo sguardi preoccupati.
-Era solo per dire qualcosa.- si affrettò a spiegare il lupo mannaro.
Il fratello sospirò di sollievo.
-Grazie al cielo- ringraziò -per un attimo sono stato certo che tu fossi stato posseduto da uno spirito dell'anoressia.
Inviai a tutti l'immagine di Den da lupo anoressico, ridacchiando.
-Comincia a correre.- sussurrò il licantropo corvino.
-Vedremo quante volte riesco a farti mangiare la polvere.- replicai, con lo stesso tono di voce.
Aggiunsi all'immagine anche i bigodini nella pelliccia bianca e nera del lupo.
-Avrei dovuto ucciderti tanto tempo fa.- commentò lui, superandomi per andare in cucina.
-Avete finito di flirtare, voi due?- chiese Emmet, entrato dalla porta principale.
Chiesi silenziosamente al mio cuore di non perdere battiti e di non cominciare a galoppare come un cavallo impazzito. Sentii il braccio di Den cingermi la vita da dietro.
-Mai- rispose, come recitando una parte -costei è troppo affascinante perché io possa rinunciare al suo amore!
-Ehi, frena, giovanotto.- lo canzonò Emmet dandogli una spallata mentre ci passava di fianco -Sai bene come è finita con l'ultimo che l'ha toccata così.
Di certo il licantropo se lo ricordava benissimo, c'era anche lui.
Den mi lasciò andare roteando gli occhi. Aveva appena impedito a Emmet di capire cosa c'era stato tra di noi. Non riuscivo a immaginare se fosse un bene o no.
Non è che volessi tenere la cosa segreta. Non ero esattamente una fan dei telefilm con storie d'amore vissute nell'ombra e che poi finivano rigorosamente male. Era vero che i Cullen erano la famiglia di Edward, ma era stato lui a lasciarmi quando se ne erano andati, quindi cosa c'era di male se io dopo quasi un anno di dolori e rimorsi mi innamoravo di qualcun altro?
Vidi Alice ammiccarmi dalle scale che stava salendo per mettere in camera sua la borsa con i libri di scuola.
Lei sapeva. Ma non me ne faceva una colpa.
Era tardi per mangiare, ma avevamo stabilito di nutrirmi abbondantemente poco prima di andare da Charlie in modo da non fargli notare che il mio appetito era considerevolmente cresciuto dall'ultima volta che ci eravamo incontrati.
Un altro problema era che non potevo stare con lui. Non a tempo pieno almeno. Dovevo mutare continuamente per prepararmi alla prossima luna, e stare fuori per tutta la notte del plenilunio stesso. Tanto valeva dirgli che ero un licantropo.
Ci avevo pensato, e all'inizio non mi pareva un'idea troppo cattiva. Potevo riuscire a spiegargli l'argomento con la dovuta calma, oppure dargli piccoli indizi volta per volta. Per esempio, sollevando qualcosa di pesante con facilità, oppure mostrare i miei sensi acuti, finché non arrivasse lui stesso a capire che c'era qualcosa di diverso in me. Di sicuro non glielo avrei rivelato subito.
Mi immaginai la scena.
“Ciao, Charlie.”
“Ciao, Bella. È da un po' che non ci si vede.”
“Sì. Sono fuggita perché sono stata morsa da un lupo mannaro, e adesso lo sono anch'io. Beh, più che fuggire sono stata trasportata fino in Canada mentre ero incosciente, ma non ti preoccupare, mi sono divertita tantissimo a rincorrere gli alci!”
“Oh, e questo è Den. Mi ha morsa lui, sai? Un lavoro davvero pulito, un bel colpo preciso alla spalla. I suoi canini mi sono arrivati fino alla scapola. Però è stato un incidente, non voglio che ci siano malintesi...”
“Non ti preoccupare, cara, basta che tu abbia ancora le mani per cucinarmi la cena.”
Forse la conclusione non sarebbe stata proprio quella. Sarebbe stato deludente.
La cosa migliore da fare era uscire di casa, con la scusa che mi serviva spazio e che ci saremmo visti comunque. Poi avrei dovuto fare la stessa cosa con mia madre Renee e sperare che se la bevessero tutti e due.
Alice aveva avuto un'idea brillante. Avremmo finto che io avessi ricevuto la lettera da un college britannico per giovani speciali, raccontando qualche frottola su quoziente intellettivo e sviluppo di emisferi cerebrali. Una volta deciso Jasper era uscito di casa per tornare una decina di ore dopo con documenti e lettere dall'aria ufficiale su cui c'era scritto il mio nome.
Non volli sapere come se li era procurati.
-È ora.- mi informò Alice.
Appoggiai la forchetta e mi alzai. Afferrai la borsa con le carte della finta scuola. Ero pronta, dovevo solo recitare per un altro po', poi sarebbe diventato tutto più facile.
-Andiamo- confermai.
Den e Trevor si alzarono. Il piano era che venissi accompagnata dai due licantropi più Jasper; ma solo il vampiro mi avrebbe seguita fino a Charlie, gli altri due si sarebbero fermati nelle vicinanze, lontano dai cacciatori ma pronti ad aiutarmi se fosse comparsa Victoria, anche se era improbabile, finché avevo il Cullen con me.
In questo modo, Jasper avrebbe potuto aiutarmi col controllo dell'umore.
Salutai tutti, che mi augurarono buona fortuna. Prendemmo la macchina “discreta” della famiglia e ci allontanammo verso la casa di mio padre.
Per metà del viaggio temetti di svellere la portiera della macchina dal nervosismo, per l'altra metà ebbi la tentazione di mangiarmi le unghie fino a farle sanguinare. Ma, ogni volta che alzavo la mano, sentivo come la voce da maestrino del lupo dentro la mia testa.
Ti servono gli artigli!
Allora abbassavo la mano ogni volta, irritata, e mi giravo i pollici per sfogare parte della tensione che si era accumulata dentro di me. E che rischiò di farmi esplodere quando Jasper accostò per far scendere i due licantropi.
-Si va in scena.- sussurrai, quando avvistai la casa dove avevo abitato fino a un mese prima.
Feci un respiro profondo per calmarmi. Temevo la reazione di mio padre, e mi sentivo in colpa per le immeritate bugie che stavo per raccontargli.
-Bella- mi chiamò Jasper -i cacciatori sono ancora qui.
Drizzai il capo, irrigidendo involontariamente le braccia. Mezzo secondo dopo la voce di Jane, confermò la versione del vampiro.
-Che facciamo?- chiese Trevor -Torniamo indietro?
-No- rispose pronto il Cullen -Se vedono la macchina mentre faccio inversione, si insospettiranno, inoltre Bella ha già avvisato Charlie che sta arrivando, deve presentarsi subito.
-Noi cerchiamo un punto dove spiare dalle finestre- ci informò Den -mio fratello così potrà usare il suo Talento in caso di necessità.
-Ok.- acconsentì Jasper -Ma state nascosti.
Probabilmente era la volta che sentivo parlare di più il vampiro da quando lo conoscevo.
L'uomo notò la mia espressione sbalordita, e mi sorrise.
-Sono abituato a questo genere di circostanze.- mi spiegò benignamente -Ed è più facile stare con te da quando puzzi.
Scesi dalla macchina roteando gli occhi.
Il vampiro mi seguì a un passo di distanza, fino alla porta. Bussai piano, interrompendo la conversazione di Charlie e dei suoi nuovi conoscenti. Mi scoprii a odiarli.
Sentii un suono di passi affrettati dal salotto. Poi i passi uscirono dalla porta della stanza e si diressero all'ingresso principale della casa. Poi l'uscio si aprì.
La tavola di legno ruotò lentamente sui cardini. Troppo lentamente. Come se i miei sensi da lupo avessero deciso di bloccare il mondo nell'istante precedente alla mia riunione con mio padre, per qualche strano senso di crudeltà. Come se volessero dirmi che lui non era più affar mio, che apparteneva alla mia vita precedente, quella in cui inciampavo continuamente e il pensiero di degli occhi verdi e grigio matita era sostituito da quello di iridi color miele.
Poi la porta si aprì.
I capelli spettinati di Charlie erano insolitamente vividi nella mia vista da lupo, così come la sua espressione sorpresa, il suo battito accelerato o il suo respiro affannoso.
La gioia gli arrivò all'improvviso negli occhi. Prima che il sorriso gli arrivasse alle labbra l'avevo già stretto tra le mie braccia.
-Bella- mi disse, solo per pronunciare il mio nome.
-Mi sei mancato.- risposi -Non avrei voluto stare via tanto tempo ma sono rimasta... invischiata in qualcosa d'importante.
-Cosa?- chiese, quasi come se avesse paura di farmi sparire se avesse parlato troppo forte.
-Ne parleremo dopo.- lo rassicurai.
Non volevo ancora mentirgli. Volevo, almeno per adesso, solo fargli sapere che gli volevo bene.
L'uomo fece uno strano movimento nel mio abbraccio.
-Però adesso lasciami andare.
Ops. Pensai, mentre mi maledicevo. Cerano cacciatori in quella casa! Non potevo dar prova della mia forza!
Allargai le braccia, notando solo allora che la carne di Charlie non mi sembrava meno calda al confronto della mia. Avevo temuto che la temperatura corporea dei Figli della Luna fosse superiore a quella degli umani. Una cosa in meno di cui preoccuparsi.
Sapevo che c'erano altre persone dietro di lui anche senza vederle. Sentivo il loro respiro ed il battito di tre cuori diversi.
Alzai la testa.
-Charlie- domandai -chi sono i tuoi amici?
-Oh, non te li ho presentati- si scusò, con le lacrime agli occhi -Lui è Tom,
L'uomo alla sinistra del gruppo fece un cenno col capo. Era un tizio alto e ben piazzato, sulla cui giacca il distintivo luccicava in modo sinistro. Perfino a quella distanza potevo dire che era finto. Portava i lunghi capelli neri legati in tante treccine, il che gli dava un aspetto strano.
-lei è Jessica,
La donna in mezzo aveva capelli biondi e uno sguardo furbo. Quando spostò il peso da una gamba all'altra udii distintamente il suono del coltello nascosto sotto i pantaloni sulla gamba destra, vicino alla pistola. Tutti avevano pistole, forse per questo non avevano il borsone che aveva visto Alice.
-e l'ultimo è William.
Era più alto di Jessica ma più basso di Tom, e a vedersi sembrava il più sprovveduto tra i due. La frangia eccessivamente grande gli copriva quasi metà del volto, lasciando vedere solo uno dei suoi occhi.
-Piacere. Io sono Isabella.- mi presentai.
Mi sforzai per non detestarli. Non li conoscevo, dopotutto. Anche se fossero venuti per uccidere un licantropo, era per eliminare quello che aveva massacrato una ragazza nella riserva indiana vicina. Riflettendoci, stavano facendo un favore anche a lupi come Den e Trevor. E anche a un sacco di persone che sarebbero state risparmiate se quell'ipotetico assassino fosse stato giustiziato.
Dopotutto, se avessero trovato quello che aveva trasformato i due fratelli prima che li mordesse, essi avrebbero ancora avuto i loro genitori.
-Piacere- rispose Jessica -È rassicurante vederla qui e in salute.
È un trucco. Capii.
Non avrei dovuto sapere di ciò che avevano detto a mio padre sulla mia scomparsa.
Corrugai la fronte.
-Non capisco- risposi -perché dovrei stare male.
La donna di fronte a me fu rapida a nascondere la scintilla di delusione dal suo volto.
-Temevano che tu fossi stata rapita da un gruppo di serial killer.- mi spiegò Charlie.
-Davvero?- esclamai sussultando, come sorpresa -Wow! Ma, pensavo che fossi tranquillo, insomma, ti avevo chiamato...
-Queste persone costringono le vittime a chiamare amici e famiglia, dicendo loro che stanno bene, quando in realtà non è così.- continuò Charlie.
Espirai di colpo e mi misi una mano sul petto.
-Oddio.- mormorai -A quanti... A quante persone...
-Abbiamo ritrovato tredici corpi- rispose Tom -ma siamo sicuri che tengano altre vittime prigioniere.
Deglutii e mi appoggiai a Jasper, quasi stessi per svenire.
-Basta ora.- esclamò Jessica -Giustamente la signorina sarà stanca e vorrà stare con suo padre senza che noi parliamo di questo genere di disgrazie. Grazie al cielo, qui non è successo niente.
Mi rialzai come se il sangue avesse ripreso a circolare normalmente. E venni a sapere, con mio grande piacere, che i tre stavano uscendo.
-Abbiamo compiuto il nostro dovere.- ci salutò Jessica -Con un po' di fortuna, non ci vedremo più in vesti ufficiali.
Passando la donna mi strinse la mano.
-Arrivederci signorina.- mi salutò, sistemandosi il guanto.
Non è educato porgere la mano guantata. Pensai prima che la donna uscisse.
Gli sorrisi cordialmente mentre uscivano dalla porta, augurandomi di non rincontrarli mai più in alcuna situazione. Chiusi la porta dietro di loro con un moto di sollievo.
La porta che sbatteva fu l'ultimo rumore per un bel po' di tempo. Restammo lì zitti, a corto di parole. Io, sollevata perché i cacciatori stavano uscendo dalla vita di Charlie, lui, perché ero tornata sana e salva. Non sarebbe durata per molto, però.
-C-come è andato il viaggio?- Balbettò l'uomo.
-Bene.- risposi -Nessun problema.
-Ceniamo?- continuò.
Sorrisi. Charlie che cucinava? O era un miracolo, o mi aspettava pesce crudo. Non che mi dispiacesse la carne al sangue, ultimamente.
-Certo. Si può fermare anche lui?- domandai indicando Jasper.
Mio padre accettò con uno strano buonumore, che credevo non fosse suo, ma ispirato dal Talento del vampiro.
Con mia grande sorpresa, il pasto era decente, anche se probabilmente avrei potuto spazzolare tutti i piatti sulla tavola e poi chiederne ancora. Mangiai anche parte della pasta del vampiro mentre Charlie non guardava, in parte per mia golosità e in parte per far sembrare che Jasper non avesse rifiutato completamente il cibo.
Ero al sesto boccone mangiato clandestinamente quando decisi che era il momento di passare alle cose serie.
-Ecco, mi è successa una cosa mentre ero via.- cominciai -Mi è arrivato questo.
Presi la borsetta e trassi fuori la pila di documenti falsi che avevamo preparato, appoggiandoli sul tavolo.
-Alice mi ha mandato un messaggio dicendo che un tizio dall'Inghilterra chiedeva di me. Quest'uomo mi è venuto a trovare. Era di un'università inglese e mi ha offerto di ammettermi se avessi superato un colloquio da uno psicologo.
-Non mi sono fidata subito, mi sembrava un pazzo, così ho chiamato Alice e le ho chiesto chi mi avesse mandato in casa. Mi ha spiegato che Carlisle ha dei contatti con una speciale scuola inglese per persone dalla mente speciale o qualcosa del genere, che era un ottimo investimento e che se l'avessi superata mi si sarebbero presentate moltissime opportunità. Mi convinse a fare il colloquio.
-È uscito che sono idonea.
Charlie si fermò a boccheggiare per un istante, sommerso dalle troppe informazioni. Guardò per un secondo le scartoffie che gli avevo dato.
-Ma a te manca un anno per l'università- protestò.
-Penseranno loro anche a quello.- risposi -Io... ho intenzione di accettare.
-E la retta?
Charlie sembrava sconvolto.
-Non esiste. Ma vogliono qualcosa in cambio.- spiegai, respirando a fondo -Ogni alunno, alla fine del corso è... vivamente invitato a lavorare per un paio d'anni almeno nel Regno Unito.
-Lo chiamano un modo per farti ripagare la retta in ritardo.
-Posso tornare- mi affrettai ad aggiungere -magari per le vacanze. Insomma, non dobbiamo dirci addio.
Mio padre strinse i pugni. Volevo che la smettesse, non volevo che stesse male. Altrimenti avrei finito per raccontargli tutto, su di me, sui licantropi, sul fatto che dovevo stare lontana per trasformarmi e perché c'era una vampira pazza che mi dava la caccia.
-Quando dovresti partire?
Deglutii.
-Ho un volo per la settimana prossima.- indicai Jasper -Ho trovato anche un passaggio.
Ho bisogno di aiuto adesso. Dissi a Jasper.
-Mi dispiace- continuai -di non essere stata presente negli ultimi giorni. So che ti ho fatto preoccupare ma...
Avevo smesso di mentire, ora stavo dicendo la verità.
-Ma non sono potuta tornare indietro. E poi, sono rimasta incastrata in questa cosa grossa, molto più grande di te e di me, e non sapevo cosa fare. Ma pensavo valesse la pena continuare. Provarci, almeno...
Ripensai alle mie corse nei boschi. Allo Scudo, alla caccia e alle piroette tra la neve che cadeva al rallentatore. Risentivo la sensazione delle mie zampe che si aprivano per fare presa sul terreno e lanciarmi sul lupo bianco e nero che schivava i miei attacchi con eleganza. Il suo odore di bosco e sciroppo d'acero entrò nei miei ricordi, portandomi alla mente il calore del suo abbraccio, e delle sue labbra sulle mie.
-Vai.- mi interruppe all'improvviso Charlie.
Sbarrai gli occhi.
-È ciò che ti capita una sola volta nella vita.- concluse -Vai.
Rimasi senza parole. Era ridicolo, un licantropo senza parole. Anche con la nuova rapidità di pensiero da lupo mannaro, non potevo parlare.
Lo abbracciai, costringendolo ad alzarti.
-Grazie- dissi -Ti voglio bene.
E, guardando dalla finestra, sorrisi agli occhi verdi di Den che mi fissavano stupiti.


-Vuoi sapere per quante volte ho usato il mio potere?- chiese Jasper quando fummo fuori dal raggio uditivo di Charlie.
Ma certo pensai che voglio sapere come ti ho permesso di manipolare mio padre affinché credesse ciecamente a ogni singola balla che gli rifilavo. Come no!
-Quante?- chiesi ugualmente.
-Una- fu la risposta -per farmi rimanere a cena. Tutto il resto lo ha deciso di sua spontanea volontà.
Rimasi in silenzio. La cosa non mi faceva comunque stare meglio.
-Pensa che sei stata costretta a mentirgli.- mi consolò Jasper -Era la soluzione migliore, sei stata costretta dalle circostanze.
-Potevo dirgli la verità.- replicai.
Nessuno di noi parlò più per il resto del tragitto verso la macchina, che fu fatto a passo umano. Eravamo a metà strada , quando sentii un rumore di passi.
Io e il vampiro aumentammo impercettibilmente l'andatura per arrivare alla macchina prima che il suono ci raggiungesse. Sapevamo benissimo chi fosse, dal battito del coltello sulla coscia della donna.
A dieci passi dalla macchina. A nove. A otto.
La cacciatrice si mise a correre.
Lasciai che i miei occhi si ingiallissero. Il lupo dentro di me ringhiò. A sette passi. A sei. Ero pronta a scattare non appena avessi sentito il suono di un arma che veniva estratta dalla fondina.
Jasper mi strinse il braccio per trattenermi.
A cinque. A quattro.
-Signorina Swan!- mi chiamò Jessica.
Non potevo fingere di non aver sentito.
Mi girai, fingendomi sorpresa, e senza mostrare delusione.
-Agente.- la salutai cortesemente -Cosa posso fare per lei?
-Lei sa cos'è l'urusciolo?- cambiò discorso la donna.
I suoi occhi avevano una scintilla astuta che non mi piaceva. Contrassi involontariamente i muscoli.
-È la sostanza irritante presente in molte piante velenose.- spiegò, giocherellando coi guanti -Causa irritazione al contatto con la pelle umana, e un evidente rush.
Sollevò la mano destra.
-Questo guanto ne è pieno.
-Vede, la cosa interessante è che questa sostanza non riesce a penetrare attraverso pelli particolarmente dure, e con una rigenerazione cellulare ampiamente più alta di quella umana.
Avevo capito dove voleva arrivare, e dissi a Jasper di stare pronto, perché gli altri due si dovevano essere nascosti, ma non sapevo dove. Di sicuro a un tiro di fucile.
-Non noto nessuna reazione sulla sua mano, signorina.- terminò, con un sorriso che le avrei volentieri strappato dalla faccia.
Contrassi i pugni. Dov'erano gli altri due? Sperai che se ne occupassero Den e Trevor, prima che mi arrivasse una pallottola in testa.
-Se ne vada. E mi lasci in pace con quegli strani discorsi sulle erbe.- dissi.
-Non faccia l'ingenua.- mi criticò -Potrebbe esserlo se non fosse passato un mese dalla sua “scomparsa”. La luna piena è sorta solo pochi giorni fa, si sarà accorta del cambiamento.
-La smetta.- intimò il vampiro -E se ne vada. Bella non è una criminale, non ha alcun diritto di trattarla così.
-Sì che lo ho, invece.
La donna lo scrutò con attenzione e facendo un sorriso civettuolo.
-Tu non sei uno di loro. L'ho capito subito dalle occhiaie, e dal pallore. Quelli non sono mai stanchi. Forse non sai chi stai proteggendo.- fece la cacciatrice, che ora aveva posato la mano sulla pistola, munita di silenziatore.
Udii il suono di qualcosa di metallico che urtava leggermente una superficie provenire dalla mia sinistra.
L'hai sentito? Chiesi a Jasper.
Lui fece un impercettibile cenno col capo.
Hai individuato l'altro?
Un altro cenno affermativo.
Di lei mi occupo io.
Decisi di fare un altro tentativo per spaventarla, o tentare di farla ragionare.
-Jessica,- dissi -se questo è il tuo nome, non dobbiamo essere nemiche. Due mesi fa mi avresti considerata un'innocente da salvare, e non un'assassina da giustiziare. Cosa è cambiato, da qui a un mese?
Il suo sorriso si trasformò in un ghigno.
-La tua carne!- esclamò. E tirò fuori l'arma.
Jasper le immobilizzò il polso con una mano.
-Non ti preoccupare per gli altri due.- mi rassicurò, mentre scattavo verso il nascondiglio di quello che avevo sentito muoversi.
Mi ci vollero un paio di passi per fermarmi. Den e Trevor. Non avevo bisogno di sapere altro.
Il vampiro stese la donna con un colpo di taglio sul collo prima che questa potesse urlare. Il suo corpo cadde pesantemente per terra. Potevo dire che era ancora viva solo grazie al lieve suono del suo respiro. La pistola le cadde di mano e atterrò a mezzo metro da lei.
Jasper raccolse l'arma e la osservò con occhio da intenditore. Poi fece qualcosa che non vidi e non capii, comunque, alla fine del processo tutti i proiettili erano sulla sua mano. Le pallottole erano strane, le parti anteriore e posteriore sembravano metalliche, ma il centro era di un materiale simile a vetro, da cui si vedeva che l'interno dell'ogiva era cavo, e ripieno di un liquido giallastro.
-Meglio non toccarli troppo.- disse, infilandoseli in tasca.
-Perché, hai paura di scottarti?- risuonò una voce proveniente dal bosco oltre la strada.
Ci fu un istante in cui pregai di aver sentito male. Che le mie orecchie da lupo potessero sbagliarsi e la mia memoria confondere i timbri delle voci. Avevo l'impressione che avrei avuto un infarto se non fosse stato così, se mi fossi girata e avessi scoperto che ciò che temevo era realtà.
Vidi Victoria avvicinarsi come un angelo della morte dalla macchia di alberi.
I suoi capelli erano accesi perfino al chiarore della grande luna calante, che contribuiva a imbiancare ancora di più la sua pelle, facendola rilucere debolmente. I suoi occhi erano due pozzi neri sul suo viso, contornati da una sottile striscia rossa, e mi sembrava di affogarci dentro.
Le unghie del lupo mi affondarono nel cervello, rese più forti dalla paura.
Trasformati.
Ci vorrebbe troppo tempo mi avvisò la mia parte razionale ti ucciderebbe a metà mutazione.
Spinsi indietro gli artigli, che però mi avevano ricordato una cosa. Io non ero più umana. Ero più forte di quanto lei si aspettasse.
Le sue movenze mi ricordavano quelle di un leone, scattanti, forti, ma con scarsa eleganza. Jasper si mise tra di noi, accucciandosi e ringhiando, pronto al combattimento. Quasi come una risposta da parte di Victoria, altri due vampiri uscirono dagli alberi e si misero ai suoi lati.
Il primo era un uomo e, dal modo in cui le stava vicino, lo riconobbi per il suo nuovo compagno, l'altra era una donna dall'aspetto anonimo, e dalle occhiaie sembrava non mangiasse da molto tempo, anche se i suoi occhi erano sanguigni. Mi chiesi il perché di questa strana anomalia.
-Imprudente, da parte tua,- commentò la rossa -uscire senza il tuo solito, piccolo esercito. Credi che questa parte del mondo sia tua, non è vero? Che tu qui sia invulnerabile.
Il “piccolo esercito” che mi sono portata dietro è più grande del suo. Realizzai. Se solo...
-E non ti preoccupare dei tuoi amichetti.- continuò -Ho mandato uno dei miei a complimentarsi per aver steso quegli altri due umani.
-No!- gemetti.
-Sta ferma, Bella!- sibilò Jasper, mentre ero sul punto di scattare verso dove credevo che fossero i miei amici per aiutarli.
I ricordi di Den che si accumulavano davanti a me mi urlarono di ignorarlo, di lasciarlo a combattere e di andare a salvare il licantropo. Quegli stessi ricordi rivissuti quando ero con Charlie mi invasero anche in quel momento, lottando tra di loro. Gli occhi gialli di Den quando mi aveva atterrata mentre giocavamo a rincorrerci, lui e il fratello che discorrevano in modi che a me sembravano folli, ma che per loro due avevano perfettamente senso, i nostri combattimenti.
Non devi mai staccare gli occhi dall'avversario. Non buttarti in un attacco con troppa foga.
Strinsi i pugni, e imposi alle mie gambe di non muoversi.
Se la caverà placai me stessa un vampiro non è abbastanza per uccidere un Guaritore e un Alfa.
Mi asciugai una lacrima che mi era scivolata sulla guancia sotto lo sguardo soddisfatto di Victoria, e arretrai lentamente di un passo verso il corpo esanime di Jane.
Feci tutto a velocità umana. Mi abbassai e tastai la cinta della donna finché non trovai il coltello. Lo estrassi con un movimento cauto, lo osservai per essere sicura che fosse ricoperta dalla stessa sostanza giallastra che avevo visto sui proiettili, poi lo strinsi forte in mano.
La lama era lunga quanto la mia spanna. Mi dava un discreto margine per tenere i nemici a distanza.
Metti paura agli altri due. Dissi a Jasper. Ma lascia stare lei. Oggi deve attaccare e morire.
Il vampiro ghignò. Io allargai leggermente le gambe dietro di lui, e portai avanti il coltello.
Lupo contro leone. Avremmo visto chi avrebbe vinto.
Se ci fu un segnale da parte di Victoria, non lo vidi, fatto sta che i due vampiri scattarono verso di noi. La paura di Jasper gli fece essere timorosi, e rallentarono prima di raggiungere il Cullen.
La sua mano destra sferrò un colpo allo stomaco del compagno della rossa, che si piegò in due. L'altra vampira cambiò direzione, e si avventò sul mio alleato dal fianco sinistro. Nel frattempo Jasper aveva avuto la prontezza di afferrare il vampiro stordito e di lanciarglielo contro.
I due rotolarono ringhiando e sputando veleno prima di rialzarsi e caricare di nuovo. L'altro rimase fermo ad aspettarli. Schivò l'uomo scartando di lato. Le braccia della donna l'avevano quasi raggiunto quando scivolò sotto di esse per afferrare la nemica per le spalle. La vampira continuò a correre mentre Jasper le saliva sulla schiena e le affondava i denti nella gola.
Nel momento i cui il Cullen staccava il capo della donna, Victoria mi si lanciò addosso. Piano per un vampiro, ma abbastanza rapidamente da raggiungermi prima che Jasper avesse finito.
Non le interessava della sorte dei suoi alleati. Non amava il suo compagno. Voleva solo che io morissi.
Stese la mano verso il mio collo con calma, sicura che io non avrei nemmeno visto l'attacco. Avrebbe dovuto dare ascolto al suo Talento per la fuga, stavolta.
Balzai di lato eseguendo un fendente col coltello. La lama colpì la pelle marmorea del polso della vampira e per un attimo temetti che ne venisse respinta. Invece affondò nella sua carne fredda e ne uscì, tagliando metà dell'articolazione.
L'urlo di Victoria fu il ruggito di una fiera ferita mentre indietreggiava stringendosi il braccio. Non sarebbe guarita rapidamente. Quello sul coltello era veleno di licantropo, dopotutto.
Jasper tentò di finirla attaccandola da dietro, ma il vampiro superstite si mise in mezzo. Si lanciò con le fauci contro il Cullen, ma ignorai lo scontro, prestandogli l'attenzione strettamente necessaria per assicurarmi che Jasper non avesse la peggio. Precauzione inutile: a ogni mossa del suo avversario il vampiro rispondeva con una reazione fluida e veloce. Dopo mezzo secondo udii un violento crac e vidi il braccio del compagno di Victoria volare per aria.
La vampira nel frattempo esitava. Aveva un occasione unica davanti a lei, ma il suo Talento le diceva che c'era qualcosa che non andava in me, che forse doveva scappare. Non feci alcun tentativo di attaccarla: più tempo passava, più il veleno che avevo inoculato con quel colpo di lama penetrava tra i tessuti della donna, più essa rimaneva indebolita.
Gli occhi di Victoria saettarono verso il combattimento alle sue spalle mentre Jasper tagliava di netto il collo del suo nemico. Capì di non avere più tempo, e io mi preparai.
Non potevo più contare sulla sorpresa, ora, lei sapeva del coltello.
Scattò contro di me in un turbine di capelli rossi. Balzai a sinistra e feci una piroetta per evitare il colpo. La sua mano sana si strinse attorno al mio braccio armato. Non ero riuscita bene nel mio intento.
Non persi tempo a scrutare i suoi occhi assetati per vedere il loro senso di vittoria. Agganciai il bersaglio. La mia gamba si mosse in un ampio arco per colpire la sua ferita con tutta la forza che avevo.
Un urlo agghiacciante lacerò la notte. Nel bel mezzo del suo dolore, la tirai verso di me, liberando il braccio dalla sua presa indebolita, feci ruotare il coltello nella mia mano di centottanta gradi e le scivolai dietro le spalle. Le bloccai il braccio sano con la mano libera mentre il mio arto armato era ancora steso davanti a me e a lei.
Ora la vampira si era ripresa dal dolore, ma non abbastanza velocemente.
L'azzannai sul collo. Tranciai la carotide e la giugulare, anche se non uscì sangue dalla profonda ferita. Tirai il coltello verso di me, conficcandolo nel suo addome per metà della lunghezza della lama. Ora era come se fosse meno affilato, forse perché avevo intoccato il suo rivestimento con il primo attacco, e si muoveva a fatica tra le carni della vampira, a differenza dei miei denti.
Avrei cercato di staccarle la testa, se Victoria non si fosse liberata con un'improvvisa esplosione di energia che mi colse impreparata, lanciandomi per terra. Persi la presa sul coltello, che rimase nel corpo della vampira. Appena colpii il suolo feci una capriola all'indietro e mi rialzai in un lampo. Lasciai che il ringhio che avevo trattenuto fino a quel momento risuonasse libero tra i miei denti scoperti, contro Victoria.
Un rivolo di veleno mi colava dalla bocca, in cui sentivo ancora il sapore troppo dolce della vampira, ma senza che mi venisse da vomitare. Era come se la mia salivazione fosse aumentata nel momento stesso in cui avevo deciso di morderla. Nel corpo avevo un'eccitazione strana, malata, che si esprimeva nella colorazione giallognola che aveva assunto il mondo nei miei occhi.
Quelli di Victoria si sbarrarono mentre capiva.
Tentò di aprire la bocca per parlare, o per urlare ancora, ma Jasper fu sopra di lei in quell'istante. Con uno schiocco sonoro la sua testa rotolò a due metri dal corpo, con le labbra ancora dischiuse.
È finita.
Ma non potevo ancora rilassarmi. Quel rovo nero di paura e inquietudine mi stringeva ancora il cuore. La sorte dei due licantropi mi era ancora ignota.
-Va a cercare il tuo amante lupo e suo fratello.- disse Jasper -Qui ci penso io.
Lo guardai balbettando.
-Non pronunciare una parola.- mi ammonì il vampiro -Se ne sono accorti tutti, e non disponevano della mia empatia.
Gli sorrisi per ringraziarlo.
Corsi verso il posto dove si era appostato un cacciatore, per seguire la scia. Trovai presto la pista e la percorsi a rotta di collo, col cuore che mi rimbombava nelle orecchie.
Den era stato lì sette minuti prima, trascinando il cacciatore stordito. Sei minuti prima. Cinque. L'odore di Trevor si mischiò a quello di Den, e poco avanti trovai i corpi legati ed esanimi dei due uomini. O meglio, solo uno di loro era svenuto. William era morto.
Un ammasso indistinto di carne maciullata gli sporgeva dal collo. Dal taglio non usciva sangue, perché era stato completamente drenato dalla vittima. Mi avvicinai per esaminare la ferita. Captai l'aroma dolciastro prima di essere a un metro e mezzo di distanza. I segni sulla gola erano di denti umani. Doveva essere stato il vampiro mandato da Victoria.
Continuai a seguire le traccie dei due lupi e del vampiro. Erano a quattro minuti. A tre.
-Den!- urlai -Trevor!
Corsi verso il suono della voce del licantropo non appena la udii.
Fa che stia bene. Fa che stia bene. Fa che stia bene. Fa che stia bene. Ripetei, sperando che qualcuno mi sentisse ed esaudisse il mio desiderio.
Il profumo di sciroppo d'acero si fece più distinto.
Una zazzera mora. Degli occhi verdi balenarono tra le fronde di un albero.
-Den!- gridai, con la mente e con la voce.
Arrestai la mia corsa tra le sue braccia. Non sarei riuscita a fermarmi se lui non mi avesse presa e stretta al suo petto. L'impatto gli fece fare mezzo passo indietro, contro il tronco del pino, che bloccò entrambi.
-Sta-state bene?- sussurrai, mentre i miei occhi minacciavano di farmi piangere di nuovo.
Il tepore del suo Talento mi avvolse la guancia che sfiorava il suo collo.
-Si.- mi rispose -Voi?
Mosse il braccio per accarezzarmi la mano. Il calore si diffuse lungo le mie ossa e i miei muscoli irrigiditi dall'adrenalina.
-Si.- lo tranquillizzai, sollevando la testa.
Den annuì per far segno che aveva capito, poi mi afferrò la nuca e mi tirò verso di lui. Le sue labbra si sostituirono al sapore di Victoria, il suo calore al punto freddo in cui mi aveva afferrata. Lo spinsi contro la corteccia, premendomi con più forza su di lui.
Il licantropo separò le nostre labbra con difficoltà.
-Tu hai il loro odore... in... bocca.- mormorò tra i respiri.
-Ho morso Victoria.- risposi, prendendo fiato -Jasper l'ha fatta a pezzi, poi, ma l'ho morsa non appena ho potuto.
Qualcuno tossì alle nostre spalle, a una quindicina di metri di distanza. Due persone camminavano fianco a fianco. Jasper e Trevor.
Ci separammo prima che fossero in vista. Non che dovessero avere un intuito particolarmente capace per immaginare cosa stesse succedendo, senza considerare che quel colpo di tosse era stato piuttosto provvidenziale. Come se qualcuno di noi soffrisse il raffreddore.
Incrociai lo sguardo di Den e lo vidi arrossire. Ora era finita, non dovevamo più nasconderci. Potevamo uscire e vivere le nostre vite per nulla normali senza avere paura di ogni ombra. Den mi sfiorò la mano.
Speravo solo di non sbagliarmi.
   
 
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