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Autore: __aris__    19/05/2015    4 recensioni
Mentre è sulla barca con Raul, Christine si accorge di trovarsi nel posto sbagliato e di stringere il braccio dell'uomo sbagliato. Torna alla Dimora ma trova solo la distruzione lasciata dalla folla, nessuna traccia del Fantasma! Da quella sera Parigi e la Francia non sanno più niente di lei
Otto anni dopo un misterioso milionario sostiene di voler ricostruire l'Opéra Populaire e di volerla riportare all'antico splendore, non ponendo limiti di spesa. Ha tuttavia una condizione: Christine Daaè dovrà essere la prima donna della nuova Opéra. Mentre Mr Y entusiasmerà Parigi, il Fantasma dell'Opéra cercherà la sua vendetta senza sapere che molte cose sono cambiate rispetto al passato, anche lui.
-- qualcosa di più "tradizionale" rispetto alle precedenti ff. I commenti sono sempre graditi! Spero vi piaccia!
----STORIA IN REVISIONE------
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTA DELL’AUTRICE: il nome della casa chiusa è preso dalla serie francese Maison Close, ed il personaggio di madame Hortanse Lemaître, la tenutaria del bordello, è ispirato alla serie. Detto questo spero che il capitolo vi piaccia e che mi lasciate un commento.



 
Nadir serrò i denti mentre Erik si allontanava nell’ombra. I suoi occhi neri scintillavano nel buio; per un attimo il desidero di giocare l'unica carta che aveva in mano lo sopraffece ma se voleva avere successo doveva agire nel momento opportuno ed avere pazienza. Il resto lo avrebbero fatto Erik e lui sarebbe potuto tornare a fumare i suoi sigari in pace.
Recuperò il corpo esanime di Christine dalla Rotonde de la Lune e lo portò nel camerino della prima donna. La cantante era pallida e sudata, in preda ad un violento attacco di febbre. Dopo aver acceso qualche lampada estrasse un’ampolla dal taschino della giacca e ne versò il contenuto tra le labbra di Christine perché lo bevesse; dopo pochi secondi la cantante riprese i sensi tossicchiando un po’.
Dove sono …? Dov’è lui?” spaesata si guardò attorno ricordando solo di aver sentito la voce del suo Maestro che l’aveva rincorsa per tutto il teatro.
Siete nel vostro camerino Mademoiselle. E temo che qualcuno abbia cercato di avvelenarvi.” Rispose il Persiano con la solita calma.
Confusa, la cantante si portò una mano alla fronte: “Nel mio camerino? … Io ricordo di aver corso per tutto il teatro … ricordo che lui mi inseguiva …
Come vi ho appena detto qualcuno ha cercato di avvelenarvi. Temo che le vostre percezioni siano meno affidabili del solito.” Nadir rimaneva in piedi davanti a lei dimostrando una tranquillità che non possedeva.
Quindi ho solo immaginato … tutto?” Christine non sapeva se essere sollevata o no a quella rivelazione.
L’oleandro agisce sui centri nervosi.” Il Persiano non disse altro. In realtà quel veleno non causa allucinazioni, ma se Christine avesse saputo la verità avrebbe anche potuto offrirsi spontaneamente ad Erik per tacitare la sua coscienza. “Vi ho somministrato l’antidoto e sarete immune dal veleno per qualche giorno.”
 “Davvero mi hanno avvelenata? Ma chi?
In questo momento è più importante il come, mademoiselle. So che avete ricevuto un ramo di fiori bianchi quando avete cantato con Mr Y. Vi sono arrivati con qualcos’altro?
Christine scosse la testa “Fiori bianchi …? Mi hanno mandato tantissimi fiori in questi giorni monsieur che proprio non saprei!
Fiori bianchi a cinque petali attaccati al loro ramo. Il centro è giallo e le foglie sono strette e lunghe, di color verde scuro.”
Forse ho capito … non sono profumati, vero?
No mademoiselle.” Confermò l’altro con un cenno del capo.
Non so chi me li ha mandati. Accompagnavano una scatola di tea cinese, quella sulla mia toiletta.” Disse indicando una scatolina in latta dipinta.
Il persiano prese la in mano e ne saggiò il contenuto prima con l’olfatto, poi tra e dita ed in fine sulla punta della lingua. “L’avete bevuta?
Tutti i giorni. Non mi sento molto in forze ultimamente e così madame …” rispose sicura, prima di fermarsi per l’occhiata torva dell’uomo.
Madame Giry farebbe meglio a pensare a sua figlia invece di farvi bere qualcosa che probabilmente è avvelenato!” sbuffò irritato infilando l’oggetto sotto al cappotto “Adesso vi riporto in albergo. Per domani non verrete all’Opéra, parlerò io con Morrel e Reyer per le vostre prove. E non provate con uno dei vostri soliti e ridicoli ma.” L’ammonì infine.
Christine si limitò ad annuire, troppo stanca e scossa per opporre qualunque resistenza. Appena le fu porto il soprabito lo infilo con gesto meccanico. Aveva sognato di rincontrare il suo Maestro? Possibile? Eppure era stato tutto troppo reale! Aveva ricominciato a sentire le dolci melodie nella sua testa, percepito la sua presenza, il suo tocco; aveva perfino parlato con lui. Ma se fosse stata colpa del veleno? Allora per la Sua anima c’era ancora speranza! Non era diventato uno spirito infernali desideroso di vendetta.
Nadir non le disse altro, un po’ perché la cantante aveva tremato perfino al chiudersi della carrozza ed un po’ perché pungolarla in quelle condizioni non lo divertiva. Dei suoi dubbi interiori gli sarebbe importato meno che del fango sulle sue scarpe, se non fosse stato necessario che Christine continuasse a ritenere Erik morto.
Sorprendentemente fu la cantante ad interrompere il silenzio “Come farò se proveranno ad avvelenarmi ancora?
Il buio nascose il ghigno del Daroga di Mazenderan, ma la sua voce fu più che sufficiente “Oh ci potranno provare! Da dopodomani sarò la vostra ombra, la cosa rallegra me quanto voi madeomoiselle. Vi ho sempre detto che farvi da balia ed ascoltare i vostri piagnistei non mi alletta, ma se volete rimanere viva io sono la vostra unica speranza.
Non andate alla polizia?
Credete che quegli imbecilli in divisa blu potrebbero fare meglio di me? Chiunque altro al vostro posto morirebbe in meno di una settimana e qualsiasi medico francese giurerebbe che ha avuto solo un’infezione che ha colpito qualche organo interno.
Io non volevo mettere in dubbio le vostre capacità pensavo solo che …” balbettò come scusa.
Che chiamare le forze dell’ordine avrebbe aiutato a far rispettare la legge. Capisco. Purtroppo riponete sempre la vostra fiducia nelle persone sbagliate. Dovete imparare di chi fidarvi perché, per quanto voglia aiutarvi, non posso proteggervi da voi stessa.”
Christine non sapeva il perché, o da quale remoto angolo del suo inconscio spuntasse una simile consapevolezza, ma era certa che quelle parole avessero un significato che in quel momento non riusciva a comprendere. Avrebbe voluto chiedere conferma a Khan ma ormai sapeva che, come minimo, l’avrebbe derisa e che comunque non le avrebbe detto niente.
 
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Erik aveva preso una carrozza anonima per tornare a casa.
Aveva completato con successo la prima parte del suo piano: non solo era riuscito a far credere a Christine che il Fantasma dell’Opera fosse tornato dal regno dei morti per lei ma l’aveva portata in uno stato di puro panico molto prima di quanto avrebbe immaginato. Se continuava così la sua musa non sarebbe sopravvissuta alla Carmen.
Avrebbe dovuto sentirsi trionfante. Eppure non lo era.
Non era stato l’arrivo di Nadir a disturbarlo, anzi avere un avversario lo spronava.
No.
Il problema era la rassegnazione con cui Christine si era arresa. Avrebbe voluto che lottasse, che si aggrappasse alla vita; che gli si opponesse. Invece quasi aspettava ciò che lui le avrebbe inferto, forse addirittura una parte di lei lo desiderava. Davvero i suoi sensi di colpa arrivavano a tanto? Davvero aveva finalmente capito quanto grave fosse stato il tradimento che gli aveva inferto? Peccato che adesso fosse troppo tardi per il pentimento e per le seconde possibilità. Dieci anni prima le aveva dato moltissime opportunità per tornare sui suoi passi ma lei le aveva respinte tutte. Addirittura lo aveva smascherato in pubblico in risposta all’ennesima dichiarazione d’amore che avrebbe fatto sciogliere anche i sassi. Adesso era tardi. Troppo tardi.
La carrozza arrivò davanti al cancello della sua villa, Erik scese e pagò il vetturino che ripartì immediatamente. Due valletti con abiti e lineamenti orientali gli aprirono il cancello e lo scortarono con delle torce accese fin nell’interno. Subito arrivarono altri valletti che si occuparono del pastrano e del cappello prima di porgergli, appoggiato su un vassoio d’argento, un biglietto di Philippe de Chagny. Erik ruppe il sigillo raffigurante lo stemma di famiglia con uno strappo netto, dispiegò la carta per scoprire che si trattava di un invito in una casa di piacere. Se ci fosse stato Nadir gli avrebbe chiesto cosa sapeva del Paradis, ma stava sicuramente facendo da balia a Christine, quindi avrebbe dovuto scoprire da solo di cosa si trattava.
“Fate preparare la carrozza e date questa a Nadir quando tornerà.” Disse ridando il foglio al servo subito prima che si dileguasse per eseguire gli ordini.
 
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Il Paradis era tra le migliori case chiuse di Parigi. Era il luogo in cui tutti gli uomini più importati di Francia riuscivano ad appianare le loro divergenze politiche ammirando il seno di Isabelle, i capelli biondi di Letizia, la pelle candida di Artemisia, o i fianchi di Valentine, assaporando il dolce profumo di Aurore o le labbra carnose di Eléa. Le ragazze che vi lavoravano erano tutte prostitute d’alto bordo capaci di illudere un uomo di qualunque cosa, fino a che stava tra le loro cosce o pagava da bere. Tutte le sere, al riparo da occhi indiscreti, dilettavano i visitatori della casa con la loro presenza; chi voleva poteva accedere al piano superiore e godere delle loro grazie, mentre con gli altri gentiluomini conversavano sull’arte, sulla letteratura e sugli ultimi pettegolezzi. Le serate al Paradis erano piacevoli: oltre a politici ed affaristi della più varia natura, c’era sempre qualche pittore o poeta che aggiungeva qualcosa all’atmosfera di festa del locale.
Erik busso alla porta pesante con il pomello di smeraldo del bastone e subito dopo qualcun aprì lo spioncino. “Questa casa è per i clienti abituali.” Disse la voce di una donna non più giovane.
L’uomo prese tre banconote da mille franchi e le passò attraverso la grata “Mi perdoni Madame. Sono Mr Y ed ho ricevuto un invito dal Conte de Chagny.”
Immediatamente lo spioncino si chiuse e la donna aprì la porta. Era vestita di nero, aveva i capelli bianchi sistemati in un’acconciatura elegante ed era troppo grassa per credere che da ragazza avesse fatto la prostituta. “Il Conte ci aveva informate del vostro arrivo.” Disse mettendo i soldi in una tasca “Accomodatevi, vi stanno aspettando.” Lo invitò facendosi di lato.
Qualcuno gli prese il capotto ed il cilindro e lo accompagnò in una grande stanza in cui troneggiava un gigantesco lampadario colmo di candele; le pareti erano finemente dipinte ma c’erano pochi mobili, per lo più divani imbottiti dall’aspetto comodo su cui erano seduti distinti gentiluomini e ragazze in elegante lingerie. Su uno dei lati lunghi della stanza c’era la scala che portava al piano superiore: in marmo bianco con le ringhiere in ferro battuto, si divideva dopo pochi gradini in due tronconi opposti, che costeggiavano il muto ed erano divisi da un grande specchio con la cornice dorata. Di fronte a lui una porta in rovere aperta lasciava intravedere una ragazza che gemeva in modo abbastanza forte da eccitare gli uomini che la guardavano ma senza disturbare coloro che erano nella stanza accanto: era mora, distesa su un tavolo con le gambe divaricate, copriva il volto dell’uomo che le dava piacere con la sua schiena.
Una donna vestita con un elegante abito nero si avvicinò ad Erik sorridendo “Buona sera Mr Y, sono Hortance Lemaître, la tenutaria di questa casa.” Aveva un viso triangolare, gli zigomi alti ed una leggera fossetta sul mento; i capelli scuri rilucevano alla luce delle candele; gli occhi erano color nocciola e la bocca a cuore: era ancora una bella donna, ma vent’anni prima avrebbe fatto morire di invidia molte delle ragazze che adesso lavoravano per lei.
Incantato Madame Lemaître.” Erik le fece un baciamano e la donna sorrise per compiacerlo. Non era mai stato un’amante dei bordelli e non sarebbe mai andati in un luogo come il Paradis che, per quanto elegante, era comunque troppo volgare per i suoi gusti. L’unica ragione per cui era lì era la lettera di Philippe: se ciò che scriveva il conte era vero, il Paradis poteva diventare un luogo molto interessante.
Il Conte de Chagny ed altri gentiluomini la stavano aspettando.” Disse madame Lemaître.
Mi faccia strada, allora.” La donna lo condusse oltre la porta in rovere, e da lì in un salottino privato. L’ambiente era più raccolto, quasi ovattato, rispetto al resto: le finestre erano coperte da pesanti tende scure, ed alle pareti erano sistemati dei divani dove gentiluomini rispettabili si sollazzavano in compagnia delle prostitute senza andare fino in fondo: alcuni si limitavano ad accarezzare o baciare il loro seno o il loro collo, un altro paio aveva infilato le mani sotto le sottane deliziandosi gli occhi con estasi della fortunata. In mezzo alla stanza, un grande divano rotondo in velluto rosso ospitava due ragazze che facevano del loro meglio per incoraggiare i clienti a portarle al piano superiore recitando quella che era chiamata “fantasia saffica”. Gemiti sussurrati e risate si sovrapponevano gli uni sugli altri, intervallati da qualche brindisi occasionale. Ovunque c’erano bicchieri e bottiglie di Champagne, troppi per poterli contare. “Questa camera è riservata ai nostri migliori clienti.” Disse la madama aprendo la porta, ma Erik non aveva dubbi che il metro di valutazione era in franchi spesi. “Se mi lasciate il bastone monsieur …” disse la donna porgendogli la mano “Sono sicura che siate un onesto gentiluomo, ma le ragazze sono facilmente suggestionabili.”
Senza dire niente Erik le porse l’oggetto: poche donne si spaventano più facilmente delle prostitute, lo aveva imparato in Persia, e non c’era modo per farle ragionare una volta che si mettevano una certa idea in testa. “Non farei nulla che rovini i vostri fiori, Madame.
Madame Lemaître gli elargì un altro sorriso compiacente prima di farlo entrare nella stanza ed accompagnarlo da Philippe de Changy. Il nobile era seduto su un divano, accanto al Marchese di Saint Meran, il capo della polizia, ed era intento a bere da una coppa di champagne che una ragazza bionda gli porgeva alle labbra. Appena vide Mr Y le fece segno di fermarsi e si alzò. “Mr Y! Temevo non ci avreste raggiunto più.” Disse andandogli incontro. Aveva bevuto un po’ troppo e le sue pupille erano dilatate per l’eccitazione, ma la voce era immutata.
Perdonate Monsieur le Conte, ma non ero in casa quando è arrivato il vostro biglietto.”
Non ha importanza. Adesso siete qui, no?” sorrise “Volevate conoscere Parigi ed i suoi abitante? Osservate ed ascoltate: metà delle storie che girano nella capitale escono da questa casa e l’altra metà dal giornale dell’amico Dupount.” Gli sussurrò ad un orecchio mentre Saint Meran li raggiungeva, affiancato da una fanciulla rossa con la pelle lattea.
Nr Y, iniziavamo a disperare!” lui era ancora più ubriaco di Philippe: se solo avesse provato ad andare nelle camere superiori avrebbe pagato per qualcosa che non sarebbe nemmeno riuscito ad iniziare.
Perdonatemi ma ero uscito a caccia ed ho fatto tardi.”
Caccia? In questa stagione che animali sperate di prendere?
Mr Y ghignò “Uno della stessa specie di quella che tenete per la vita.”
Il capo della polizia guardò la rossa interdetto per un istante, prima che scoppiassero tutti a ridere. “Ed avete avuto successo?
Si, ma i successi troppo facili non mi piacciono.”
Non pensateci, la prossima sarà più stimolante!”  Poi si rivolse alla ragazza “Véra porta dello champagne al nostro ospite.” e lei si allontanò con movenze ammalianti.
Madame Lemaître … ” intervenne Philippe “Artemisia è scesa?
Ha appena terminato con Luise e l’onorevole Grousson. Dovrebbe scendere tra poco.” Rispose la donna.
Questa volta Pierre ti ha anticipato amico mio!” commentò divertito il marchese.
Non importa, salirò con Eléa.” Disse facendo cenno alla giovane rimasta sul divano: era un po’ magra, ma aveva delle labbra ed un sento talmente morbidi! “Spero mi perdonerete Mr Y, ma il caro Marchese è molto più adatto di me per raccontarvi tutti i peccati di questo angolo di paradiso.”
Il Giardino dell’Eden è libero, monsieur.” Lo informò prontamente madame Lemaître prima che i tre si allontanassero.
In pochi minuti Saint Meran stava illustrando la variegata clientela del Paradis ad Erik: politici, nobili, banchieri, artisti dai vari talenti, tutti passavano per quelle camere, usando le ragazze come merce di scambio per ottenere favori. Lo stesso padrone del bordello, il fratello di Madame, aveva fatto carriera nella diplomazia grazie alla prostituzione. Sotto il tacito accordo per cui ciò che acceda al Paradis rimaneva al Paradis, in quel bordello si prendevano accordi per alcune delle decisioni più importanti per il Paese. Mentre il Marchese raccontava delle vicende di Pierre Gavosh (un ex ministro delle finanze, esponente di primo piano del parlamento, che aveva l’abitudine di frasi sculacciare dalle prostitute) Erik vide scendere due donne, seguite da un uomo con l’espressione molto soddisfatta.
Chi è la ragazza sulla destra?
Non vi sfugge davvero niente. Quella è Artemisia, è la più richiesta qui dentro. Qualche tempo fa il Conte de Perry organizzò una competizione tra lei ed un'altra prostituta. La gara durò tutta la notte ma alla fine Artemisia fu incoronata come la prostituta più brava di Francia. Da allora tutti la vogliono. Philippe è uno dei suoi amanti fissi; ma, a suo merito, bisogna dire che lo è sempre stato.” Raccontò l’altro, finendo l’ennesima coppa di vino.
Artemisia era davvero una splendida donna: la pelle era chiarissima, mentre i lunghissimi capelli erano neri come la notte. Gli occhi erano azzurri, quasi trasparenti, e sembrava che conservassero l’innocenza di una bambina. Quella accanto a lei, che doveva essere Luise, era bella, Erik la riconosceva in alcuni quadri dei pittori più affermati, ma accanto alla particolarità di Artemisia pareva quasi scomparire.
Mi vogliate scusare, monsieur le marquise.” Disse Erik con una leggera riverenza prima di avvicinarsi ad Artemisia. 
 
   
 
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