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Autore: Askel    20/05/2015    1 recensioni
Isabella Swan, per gli amici Bella, è una ragazza di sedici anni che vive a Manhattan, New York, con sua madre e il suo nuovo marito. Sua madre pretende troppo da lei e quest’ultima non la vuole mai deludere, frequentando sia le numerose cene e party mondani sia un ragazzo ricco che non ama. Bella è la ragazza che aspetta ancora il vero amore, quell’amore travolgente da togliere il fiato. Nonostante ciò, la sua vita è abbastanza monotona, tra il suo fidanzato, Mike, e la sua migliore amica, Rosalie, fin quando non inizia una convivenza forzata con la sua sorellastra, Alice, ed è proprio grazie a lei che le cose cambieranno, conoscendo un ragazzo, Edward. Quest’ultimo riuscirà con la sua determinazione a far breccia nel cuore di Bella, cambiando anche l’opinione che si era fatta di lui?
****
Dal capitolo cinque:
-Come ti chiami?- mi chiese.
[...]
-Io sono Edward!- disse lui –E tu?-
-Scordatelo!- dissi io ridendo.
-Bel nome, anche se non ti si addice!-
-Non devi lamentarti con me, devi farlo con i miei genitori-
***
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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That's amore

Capitolo uno - Matrimonio
I raggi di un sole caldissimo mi fecero tornare bruscamente alla realtà, salutando in malo modo il mio amico Morfeo. Aprii gli occhi e quando mi accorsi che sopra il mio comodino c’era una tazza di caffè, compresi che era stata Marisa, la nostra tata, a svegliarmi. Mi misi seduta sul letto iniziando a sorseggiare la prima dose di caffeina. Non riuscivo ad andare avanti senza caffè e se non ne prendevo almeno tre al giorno stavo male. Mi godetti quel liquido nero e subito misi in moto il cervello. Oggi era uno di quei giorni dove volevo solo stare coricata, su questo morbido letto, a dormire e a leggere. Oggi era quella giornata “nera” dove mi ero semplicemente svegliata con il piede sbagliato e da un mese capitava spesso. Sapevo solo che, chiunque avesse provato a essere al settimo cielo davanti a me, sarebbe stato mandato a quel paese, almeno mentalmente. Beh, il mio pessimo umore non era a caso, ovviamente. Oggi era il fatidico giorno. Quel giorno che si progettava da mesi e che si aspettava con ansia. Ovviamente per me era un giorno da incubo visto che da domani, anzi da stasera, la mia vita avrebbe preso una svolta significativa. Non volevo che la mia vita subisse questo cambiamento, ma lo accettavo, ed ovviamente questi pessimi pensieri li tenevo per me, solo la mia migliore amica Rosalie sapeva ciò che pensavo realmente. Ero una persona abbastanza buona che, pur di non far soffrire gli altri, si sacrificava lei stessa. Da mesi ormai mi ripetevo che sarebbe andato tutto bene e che, in fondo, anche i cambiamenti posso portare a cose abbastanza buone. Era una cantilena che mi ripetevo giorno e notte e ancora non ero riuscita a convincermi del tutto ma comunque ero riuscita a mentire bene. Riuscivo a fingere con chiunque, nonostante fossi una pessima bugiarda, soprattutto con mia madre che era eccitata di questo cambiamento. Beh, in realtà tutti erano entusiasti all’idea. Ero solo io che non ci vedevo nulla di bello in tutto questo? Mi venivano continuamente questi dubbi sentendo per il corridoio di casa gente canticchiare di felicità a destra e a manca. Per non parlare di mia madre che sembrava un adolescente alla sua prima cotta talmente era contenta ed eccitata per l’imminente matrimonio. Sprizzava gioia da tutte le parti e talmente era entusiasta che riusciva a contagiare il suo umore anche alle persone che le stavano intorno, tutti tranne me, purtroppo. Io comunque rimanevo la ragazza che pur di far felice sua madre, soffriva in silenzio. Ero contenta che mia madre avesse trovato un uomo che l’amava e che la rendeva felice dopo il fallimento del matrimonio con mio padre. L’unico problema era che questo Phil, mio quasi patrigno, aveva anche una figlia, Alice, che sarebbe venuta ad abitare con noi. Questa cosa non mi rendeva euforica, anzi era proprio questa ragazza il motivo del mio pessimo umore e la disapprovazione a questo matrimonio. La mia quasi sorellastra, soprannominata “gentilmente” da me folletto, era l’opposto di me: schietta, diretta, esuberante, troppo determinata “nel senso che qualsiasi cosa lei volesse, usava qualsiasi mezzo pur di ottenerla” e soprattutto molto vendicativa. Io invece amavo la calma, la tranquillità e la monotonia che mi facevano sentire sicura e protetta. Inoltre, facendo qualche indagine nel loro vecchio quartiere sapevo che Alice non aveva una buona reputazione e la gente, almeno con quelli della sua scuola, l’aveva definita una “stronza vendicatrice”, parole loro. Per questo e altri duecento motivi non volevo Alice come sorellastra e persona con cui condividere il tetto. Ovviamente lei era entusiasta della cosa e aveva già programmato svariate giornate di shopping che io rifiutavo apertamente inventando anche qualche appuntamento inesistente. Inoltre mi ripeteva che un giorno saremo diventate ottime amiche e io le annuivo educata, non credendo alle sue parole. Io e lei amiche? Ne ora e ne mai. Avevamo due caratteri completamente diversi e vedevamo le cose da due punti di vista troppo differenti per trovare un punto d’accordo. Il cellulare iniziò a squillare e ritornai al mondo reale. Posai la tazza ormai vuota sul comodino e presi il cellulare per rispondere. Quando guardai chi era, un sorriso spuntò sulle mie labbra. Avevo proprio bisogno di lui e di un conforto e lui a modo suo sapeva darmelo. Accettai la chiamata e portai il telefono all’orecchio.
“Papà!” urlai felice.
“Ciao piccola!” disse lui ridendo “Buongiorno!”
Guardai l’orario ed essendo qui solo le otto e mezzo, ipotizzai che lì erano appena le cinque e trenta. Mi stupii non poco, mio padre che ci faceva alzato a quest’ora se di solito iniziava a lavorare alle otto?
“Che ci fai alzato a quest’ora?” chiesi io preoccupata.
“Perché? Volevo solo chiamarti!” disse lui finto tondo.
“Papà, sono le cinque e mezza lì da voi e tu non lavori prima delle otto!” dissi io “È successo qualcosa?”
“No, tranquilla. Solo che stanotte hanno stuprato una ragazza di Forks e hanno preso il colpevole ma ci devo essere io per l’interrogatorio e volevo salutarti prima di andare”
“Sta attento!” dissi semplicemente io.
Mio padre era il capo della polizia a Forks, mia città natale. Un luogo dove non capitava assolutamente nulla e questi eventi erano proprio rari, per questo motivo senza lo sceriffo non riuscivano a concludere nulla.
“Okay ma non ti ho chiamato per parlarti del mio lavoro! Come vanno le cose lì?”
Feci spallucce e solo dopo mi presi per stupida visto che lui non poteva vedermi. Sorrisi e risposi.
“Vanno!” dissi io sospirando “Doveva andare così, lo sapevamo tutti!”
“Sai che c’è sempre un posto qui per te!” disse lui “Hai una casa qui!”
Ci riflettei un attimo. La tentazione di partire e non dover sopportare tutto questo era davvero tanta ma ero legata qui, c’era la scuola, mia madre, la mia migliore amica, i miei party e anche il mio ragazzo. Non mi andava di lasciare tutto questo e soprattutto non mi andava di lasciare mia madre nelle condizioni in cui era. Mi sarei preoccupata troppo e avrei avuto la testa sempre qui a New York.
“Certo!” dissi io ridendo “Con Sue, Leah e Seth! Dalla padella alla brace!”
Anche mio padre si era risposato l’anno scorso con Sue e anche lei aveva due figli: Seth e Leah. Benché riuscissi a vederli solo poche volte durante l’anno, li adoravo e ormai li consideravo come fratelli.
“Spiritosa! Tanto lo so che vuoi bene a Sue, Leah e Seth!” disse lui ridendo.
“Certo, certo! L’unico problema sta nel fatto che loro non si fanno mai sentire!” dissi io ridendo “Dovresti rimproverarli! Non si tratta così una di famiglia!”
Chiudemmo la chiamata solamente quando sentii qualcuno bussare alla porta della mia camera da letto e dopo un mio flebile “avanti” da parte mia, entrò mia madre super raggiante. Si sedette accanto a me e strinse una mia mano tra le sue. Non diceva nulla ma si vedeva dal luccichio dei suoi occhi che era al settimo cielo. In quel momento mi sentii in colpa. Mi ero concentrata tanto ad odiare questa unione, sicuramente quella che includeva anche la mia “sorellina” Alice, che mi ero dimenticata il motivo principale per cui soffrivo in silenzio: la felicità di mia madre.
“Oggi è il gran giorno!” dissi io sorridendo “Emozionata?”
“Si, tantissimo!” disse lei “Sicuro che non sia un problema che Alice dorme da te stasera? Perché se ti dà fastidio può sempre andare in albergo ma è brutto: è la nostra prima sera come famiglia e poi per questa settimana dovete stare voi due soli quindi!”
“La stanza degli ospiti non è ancora finita?” chiesi io curiosa.
“No, dovevano finirla oggi insieme alla stanza di Ali, ma ho bloccato i lavori a causa del matrimonio” disse lei “Riprenderanno domani!”
Mia madre iniziò a parlare a raffica e io ingoiai un boccone amaro. Non solo dovevo subirla come sorella ma, purtroppo, fin quando la sua stanza non sarebbe pronta, avrebbe dormito con me. Speravo davvero che la sua stanza fosse utilizzabile domani in modo tale che, quando i nostri genitori sarebbero andati in viaggio di nozze, io e lei non ci vedessimo più di tanto. 
“No, tutto bene! Alice può dormire da me!” dissi io interrompendola.
“Sono arrivati gli abiti e sono stupendi!” disse lei mordendosi il labbro.
“Mamma!” dissi io confortandola “Sarai bellissima!”
Mi diede un bacio sulla fronte e uscii dalla stanza, non prima di avermi intimato di scendere a fare colazione poiché stavano per arrivare quelli che si dovevano occupare del trucco e dei capelli. Mi alzai dal letto infreddolita dichiarando di aver bisogno un’altra dose di caffeina e poi presi il cellulare che squillava, segno che era arrivato un messaggio, lo aprii e lessi ciò che c’era scritto:
Buongiorno vita!
Era Mike che mi mandava, come ogni giorno, il buongiorno anche se ci saremo visti tra un paio d’ore al matrimonio. Sbuffai. Non era che non mi facesse piacere, anzi. Era solo che volevo un po’ i miei spazi e non dovevo ritrovarmi sempre lui tra i piedi. Era il mio fidanzato ormai da un paio di mesi e sapevo che i sentimenti dei primi mesi, da parte mia, erano un po’ scomparsi. Lo amavo ancora, questo era chiaro, ma principalmente stavo con lui per quattro motivi: mi amava, mi rendeva felice, era un bravissimo ragazzo ed era ricco. Ora il problema era che a me non interessava il fatto che fosse ricco o meno ma a mia madre si e quindi, visto anche il mio stato confusionale, mi aveva convinto a starci insieme. Eliminai il messaggio e scesi in sala da pranzo. La tavola era imbandita da ogni genere di cose, dalle uova alle ciambelle. Presi solo dei pancake, i miei preferiti, solo per tirarmi su di morale, e un caffè e andai a sedermi nel mio posto. Non mi andava proprio di essere contenta in questo giorno ma dovevo fare finta. Dopo aver finito di mangiare, ritornai nella mia stanza. Non sapevo che fare e mi sentivo disorientata. Il matrimonio era oggi pomeriggio alle quattro ed erano presto. Il cellulare mi vibrò di nuovo e stavolta era mia madre che mi avvisava che i parrucchieri erano lì e che potevo tranquillamente fare una doccia e shampoo. Entrai nel mio bagno e mi guardai allo specchio spaventandomi: i capelli erano tutti arruffati mentre le occhiaie erano più che evidenti che facevano a pugni con la mia pelle chiara. Mi vedevo brutta, di certo non una top model, e non riuscivo ad amare a me stessa. Trovavo sempre qualsiasi difetto in me e per questo motivo ero molta insicura che nascondevo dietro un sorriso. Mi sbrigai a lavarmi anche perché se iniziavo a rilassarmi nella doccia, ero capace anche di scordarmi il matrimonio. Ero quel tipo di ragazza che quando stava sotto la doccia, ci stava per ore perdendo la concezione del tempo. Uscii di fretta e, per non rovinare i capelli nel momento in cui sarebbero stati perfetti, indossai una semplice vestaglia. Alla fine mi lavai i denti e scesi di sotto. Sapevo che sarei stata torturata per due ore buone e di certo non ero pronta per questo. Stavo per scendere le scale per arrivare nell’open space che fungeva da soggiorno e ingresso quando mi arrestai di botto nel vedere mia madre parlare con Alice Mary Brandon, soprannominata da me il “folletto”. Quest’ultima aveva la mia stessa età ma ne dimostrava molto di più grazie al suo sguardo fiero e menefreghista che teneva su sempre. Mi sorprese ritrovarmela qui in casa ma sapevo che prima o poi avrei dovuto abituarmici alla sua presenza. Feci un respiro profondo e scesi gli ultimi scalini.
“Buongiorno Bella!” urlò lei euforica “Pronta per diventare una principessa?”
Mi abbracciò fortissimo e io, con meno vigore, ricambiai. Era la sua troppa euforia che mi dava alla testa e, a causa delle sue urla da oca, mi faceva venire un’emicrania. Senza dire altro, decise di andare a posare le sue cose nella sua stanza ancora vuota e davanti a mia madre mi fece promettere che le avrei dato una mano con il trasloco. La detestavo perché non solo sembrava un’oca ma anche perché riusciva sempre a ottenere qualsiasi cosa con tutti i mezzi possibili, com’era appena successo. Non avevo intenzione di darle una mano con il trasloco ma mi aveva preso in contropiede chiedendomelo davanti a mia madre e non potevo certo rifiutare. Sospirai afflitta e a testa china seguii mia madre per dare il via ai preparativi delle nozze.
 ***
Inutile dire che per acconciarmi i capelli e fare il trucco, i professionisti ci avevano messo quasi un’ora ma il risultato era meraviglioso. Ero bellissima e non sembravo nemmeno io. Mi vestii con calma per non rovinare il viso e solo dopo che indossai le scarpe, mi guardai allo specchio. Non riuscivo a staccare gli occhi da quello splendore allo specchio. Misi gli orecchini, la collana e i bracciali che aveva regalato a me e ad Alice Phil lo scorso natale e mi riguardai allo specchio. Io e la mia nuova sorella avevamo lo stesso vestito e gli stessi gioielli poiché eravamo entrambe damigelle d’onore e saremo state tutto il tempo della cerimonia accanto a loro, in fondo si stavano riunendo due famiglie e quindi il matrimonio non era solo l’unione di Renee e Phil ma anche delle due famiglie, per questo motivo io e Alice avevamo un abito bianco. Sbuffai al solo pensiero. Dovevo farlo per mia madre, non aveva importanza quello che provavo io. La sua felicità in fondo era anche la mia. Bussarono alla porta e io feci un sorriso credendo che fosse Alice o mia madre. Quando entrò la mia migliore amica, mi rilassai.
“Scusa ho sbagliato stanza! Cercavo Isabella Marie Swan, per caso l’hai vista?” mi chiese sorridendo.
“Rosalie!” dissi abbracciandola felice di averla qui “Sei venuta!”
“Sei bellissima!” disse lei staccandosi.
Rosalie Lilian Hale era la mia migliore amica da quando mi ero trasferita qui all’età di dodici anni. Era l’unica che mi conosceva abbastanza bene da capire i miei silenzi e soprattutto a scrutarmi dentro con un solo sguardo. Sapeva tutto quello che mi passava per la testa senza che io glielo dicessi e soprattutto era l’unica, qui a New York, che sapeva del mio finto entusiasmo per questo matrimonio. La guardai meglio e le sorrisi. Ogni volta che mi soffermavo a guardarla era un incubo per la mia autostima. Lei era la classica ragazza che riusciva a mettere l’autostima sotto i piedi a qualsiasi essere umano femminile sulla terra e grazie anche alla sua bellezza e al suo modo di fare faceva qualche lavoretto come modella per chiunque la volesse e lei si divertiva nel farlo.
“Anche tu sei bellissima!” dissi io facendo un giro su se stessa “Te l’ho sempre detto che questi vestiti lunghi ti stanno davvero bene! Tu te lo puoi permettere a quanto sei alta!” finii con un pizzico d’invidia.
Lei sbuffò e poi alzò gli occhi al cielo. Odiava quando parlavo così ma sapeva benissimo che avrei fatto di tutto per avere il suo fisico. In confronto a lei, io mi sentivo bassa e grassa anche se non ero veramente così. Maledetta autostima che di fronte alla mia migliore amica vacillava.
“Jasper viene?” chiesi io.
“Non lo so, sinceramente. Quando sono uscita, aveva detto che non veniva” disse lei facendo spallucce.
Jasper era il suo fratello gemello, anch’egli invitato al matrimonio ma conoscendolo e sapendo che odiava tutte queste “robe” convenzionali, non si sarebbe fatto vivo. Era un tipo taciturno e solitario e di certo non amava questi eventi.  
“Come stai?” mi chiese interrompendo i miei pensieri.
Feci spallucce e alzai gli occhi al cielo. Lei si mise a ridere per la mia faccia e io la seguii. Con lei era così, ridevamo per una cazzata o per niente, anche se sapevo che il suo reale intento era quello di farmi stare meglio. La ringraziai per questo e dopo un abbraccio durato svari minuti, ci staccammo perché sentii la porta della mia stanza aprirsi. Entrò lei, la mia quasi sorellastra, con un sorriso a trentadue denti e sentii Rose sbuffare, seguito da una mia gomitata. Non ero cattiva quindi non mi andava di prenderla in giro o falla sentire indesiderata nonostante odiassi i suoi modi di fare.
“Sei bellissima!” mi disse sorridendomi “Stai bene anche tu, Rosalie!”
Rosalie non rispose, semplicemente prese il suo cellulare e si mise a mandare un messaggio.
“Grazie, anche tu!” risposi gentilmente.
“Volevo avvisarti che giù vi aspettano Mike e Royce, li faccio salire?” chiese.
“Stiamo scendendo, grazie!”
Lei si chiuse la porta alle spalle e io guardai in malo modo Rose che si difese solo alzando le mani e dicendo “Non è colpa mia se lei fa l’antipatica”. Scendemmo giù e quando arrivai in fondo trovai Michael Newton che mi sorrideva.  Mi morsi un labbro e mi avvicinai. Mi diede un bacio a fior di labbra e io ricambiai. Era perfetto, era il ragazzo che tutti volevano e soprattutto non solo era dolcissimo ma mi faceva sentire protetta e sicura. Poi salutai Royce King che teneva tra le braccia Rose. Lui e Royce stavano insieme da tre mesi ma si amavano alla follia e io ero felice per loro.
“Sei bellissima!” mi sussurrò all’orecchio mentre appoggiava una mano sulla mia schiena.
“Anche tu!” risposi con un filo di voce.
La mia attenzione cadde su mia madre che, nel suo giorno più importante, era davvero una favola. Mi avvicinai a lei e le indossai il girocollo di diamanti, feci molta attenzione per non rovinare niente, quando finii Alice le mise tra i capelli il diadema. Adesso era perfetta. Lei si commosse e abbracciò me e Alice, ringraziandoci per i regali che le avevamo fatto. Infatti, lei credeva di dover indossare il vecchio girocollo e diadema di sua madre e non s’immaginava minimamente che io e Alice ci eravamo messi d’accordo per farle un regalo e dovevo ammettere che era azzeccato.
“Allora!” disse non appena finii di lacrimare “Una cosa di vecchio ce l’ho!”
Sorrise e si toccò il bracciale di mia nonna che si tramandava di generazione in generazione.
“Una cosa di nuovo ce l’ho!” disse toccandosi collana e diadema.
“Una cosa di prestato ce l’ho!” disse toccandosi gli orecchini “Se non glieli restituisco, Sara mi uccide!”
“Manca una cosa di blu!” dissi io sorridendo.
“Già! Oddio!” disse lei in preda al panico.
Mi avvicinai e gli allacciai al polso il mio bracciale preferito. Era del mio colore preferito, blu, e me lo aveva regalato proprio lei quando ci eravamo trasferiti qui a New York. Mi faceva piacere che ce lo avesse lei per questo giorno così importante.
“Grazie Isabella, te lo ridarò di sicuro!”
“Ci conto” sorrisi.
Mi abbracciò e ricominciò a piangere per la gioia. Quando si calmò, ritornò di nuovo su in camera sua avvisando che si era dimenticata una cosa e che io e Alice dovevamo accompagnarla nella sua stanza da letto. Eravamo in ritardo per la chiesa e se continuava così Phil l’avrebbe aspettata ancora per un po’. Mia madre era così: un po’ svampita ma in perenne ritardo, anche al suo matrimonio.
“Renee, qualunque cosa hai dimenticato, non ha importanza!” disse Alice “Siamo già in ritardo!”
“Lo so, lo so!” disse lei sedendosi “E che abbiamo dimenticato una cosa!”
“Cosa?” chiesi io.
Lei per tutta risposta si tolse di nuovo le scarpe e ne passò una me e una ad Alice, con annesso un pennarello. Era una tradizione italiana della nostra famiglia e mia madre la voleva mantenere. Si diceva che era un buon augurio per le persone non sposate o comunque in cerca di marito e io m’imbarazzai parecchio. Di sotto c’era il mio ragazzo e non s’immaginava minimamente cosa stava accadendo qui sopra. Quando finimmo di firmare, scendemmo tutte insieme di nuovo giù e spiegai a Mike quello che avevamo fatto. Lui mi sorrise e io ricambiai, poi mi strinse la mano. Non c’era bisogno di spiegargli cosa significava la firma nella suola delle scarpe e capii del suo sguardo che prima o poi lui ci sperava che noi andassimo all’altare insieme. Non sapevo quello che vide nei miei occhi, sapevo solo che mi abbracciò fortissimo e poi raggiungemmo mano nella mano la sala dove si sarebbe tenuta la cerimonia.
***
Dal fatidico “si” che si erano scambiati i nostri genitori e quindi anche nell’aver unito la famiglia Dwyer e quella Brandon per la felicità di tutti, erano passate parecchie ore e adesso ci trovavamo tutti in un enorme sala bianca a festeggiare. Erano tutti felici e contenti, soprattutto i novelli sposi che ballavano sereni come se fossero in una loro bolla. Appena avevano detto si, l’unica cosa che avevo pensato in quel momento era stato un urlo di disapprovazione ma adesso, che li guardavo così felici, me ne pentii amaramente. In fondo stavo poco a casa a causa dei vari impegni, quindi sarei stata costretta a sopportare Alice solo alle cene di famiglia. Potevo farcela.  
“Signorina, mi concede questo ballo?” mi chiese una voce che conoscevo bene, Phil.
Seduta, mi sorprese molto della sua statura, cosa a cui ancora non ero abituata, e più un uomo sembrava proprio una montagna e in confronto a lui, anche in piedi e con dodici centimetri di tacco ero sempre una nana. Si vedeva proprio che era un giocatore di football. Accettai la mano che mi stava porgendo e iniziammo a ballare piano, facendo solo qualche passo a tempo di musica, mentre un presunto tecnico, nonché assistente del fotografo, ci stava addosso per riprendere quel fantastico momento patrigno-figlia. Noi invece di stare seri ridevamo come matti a vedere la faccia di questo tale che cerca di riprenderci da tutti i lati possibili, girandoci intorno. Mi stavo proprio divertendo con Phil e tutti, avevo ballato con mia mamma, Rose, Mike e anche con Alice, ma con quest’ultima era successo solo perché lo voleva il fotografo. Phil invece mi piaceva tantissimo: era dolce e comprensivo e fin da quando ci eravamo conosciuti mi aveva detto chiaramente che non voleva prendere il posto di mio padre ma solo voleva essere per me solo una figura paterna qui a New York. Lo apprezzavo parecchio per questo anche perché ero legata a mio padre e nulla poteva farci allontanare, neanche i chilometri di distanza.  
“Sei bellissima, Bella!” disse lui "Avete fatto un ottimo lavoro qui, è bellissimo."
“Anche tu stai bene!” dissi io ridendo “Sembri un pinguino!”
“Ehi, mio marito non sembra un pinguino!” disse mia madre dando un bacio a fior di labbra a Phil.
Li lasciai da soli a ballare mentre io mi andai a sedere al mio tavolo per un bicchiere d’acqua. Ero stremata, stamani mi ero svegliata presto e adesso erano già l’una di notte.
“Ti stai divertendo?” mi chiese un ragazzo alle mie spalle.
Posai il bicchiere e mi misi una mano sul petto. Dire che mi aveva preso un colpo era davvero poco. Ribevvi di nuovo e sembrò che il mio battito cardiaco andasse molto più piano. Mi girai verso l’interlocutore e trovai Jasper Hale che mi sorrideva raggiante. Poteva essere considerato il mio migliore amico, seppur da alcuni mesi i nostri rapporti si erano un po’ raffreddati. A Mike non piaceva come persona e pian piano anche io avevo iniziato a pensarla così, nonostante conservassi i miei sentimenti puramente fraterni in una parte del mio cuore. Era il gemello di Rosalie, ovviamente eterozigoti visto che non erano per nulla uguali.
“Scusami se ti ho fatto prendere un colpo!” disse sorridendomi.
“Tranquillo, grazie mille per essere venuto!” dissi.
“Non potevo perdermi il matrimonio più discusso dell’anno. Allora ti stai divertendo?”
Lui si sedette accanto a me e prese due bicchieri di champagne che il cameriere gli stava porgendo. Facemmo un silenzioso brindisi e poi mi lasciai andare a quelle dolci bollicine.
“Ti stai divertendo?” chiesi io rivolgendogli la sua stessa domanda.
“Non si risponde con un’altra domanda!” disse lui sorridendo.
“Mi sto divertendo!” dissi io “Tu?”
“Beh si, la compagnia è piacevole! Ho conosciuto la tua sorellastra!” disse.
Sbuffai. Non avevo proprio voglia di parlare di lei.
“Sai, è simpatica!” continuò lui sorridendomi “Rosalie mi ha detto tutto. Perché non le dai una possibilità di farsi conoscere?”
“Jazz, l’ho frequentata ogni giorno in questo mese per colpa di questo matrimonio e ti assicuro che sembra più un’oca che un essere umano!” dissi.
“Ricorda Bells: non si giudica il libro dalla copertina!” disse lui alzandosi.
Mi fece l’occhiolino e ripensai alle sue parole. Non si giudicava il libro dalla copertina ma non mi andava nemmeno di darle quella possibilità perché ero certa di non sopportare a lungo la sua voce troppo squillante oppure quegli schiamazzi fuori luogo. Mi diede un bacio sulla guancia e poi mi lasciò sola con i miei pensieri.
“Ti va di ballare?” mi chiese Mike interrompendo i miei pensieri.
Mi porse la mano che io afferrai di buon grado e iniziammo a dondolarci a tempo di musica. Era davvero bello stare così, noi due. Gli diedi un bacio sulle labbra e lui approfondii quel bacio. Mi girai e trovai Rose sorridermi e approvare il fatto che io stessi a ballare con Mike.  
“Sai amore, spero che un giorno ci sposeremo!” disse sorridendomi.
Gli sorrisi e gli diedi un altro bacio a stampo, poi mi lasciai cullare dalle sue braccia.
***
“Ti sei divertita oggi?” mi chiese.
La guardai con quel poco di luce che c’era nella stanza. Ero stanca, mi facevano male i piedi e avevo sonno e lei, invece di stare zitta e dormire, cercava di fare conversazione. Purtroppo la bellissima festa era finita molto tardi e avevo perso un’ora a togliere tutte le forcine che avevo sui capelli. Adesso finalmente ero riuscita a mettermi a letto a dormire ma a quanto pareva mi sbagliavo di grosso. Alice era al mio fianco, nel mio letto matrimoniale, cercando inutilmente di fare conversazione.
“Sai,” continuò lei che non aveva capito nulla dal mio mutismo “sono contenta che stiamo insieme. L’ho capito che non mi puoi tollerare più di tanto ma mi piacerebbe tanto fare amicizia con te, soprattutto per tua madre e mio padre!”
“Alice, io non è che non ti tollero!” mentii io “È solo che questa situazione per me è nuova. È vero mio padre si è risposato e Sue ha due figli ma li vedo praticamente una settimana all’anno. Con te è diverso, condividerai la mia casa, la mia scuola e soprattutto i miei amici. Faccio fatica ad abituarmi a tutto ciò quindi lasciami i miei spazi!”
Mi sentii in colpa, ero una bugiarda fatta e finita.  Non c’erano spiegazioni per tutto ciò ma non mi andava di farla soffrire. Tutto qui. Ero troppo buona a mio parere. Il cellulare iniziò a vibrare e mi accorsi che mi era arrivato un messaggio. Lo ignorai completamente e cercai di prendere sonno e mettere la parola fine a quella giornata stressante. Sentivo Alice scrivere dei messaggi e la lasciai stare. In fondo, dovevo essere più cordiale. Ero l’unica che conosceva qui e io la stavo lasciando sola. Mi misi nei suoi panni e mi sentii malissimo. Quando ero stata per il matrimonio di Sue e Charlie a Forks, Leah e Seth mi erano stati vicini. Perché io dovevo comportarmi da stronza?
“Ti va una giornata di shopping domani?” chiesi io “Vado insieme a Rose, ti va di unirti a noi?”
“Siiii!!” mi urlò lei emettendo un suono fastidioso.
Non riuscii nemmeno a sentirla mentre mi ringraziava poiché, finalmente, il mio migliore amico Morfeo mi stava accogliendo tra le sue braccia facendomi addormentare.
 

 
  
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