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Autore: SabrinaSala    21/05/2015    17 recensioni
Il proiettile lacerò l’aria. Poi la carne.
Sorpreso, André si portò una mano al petto. La giubba blu intrisa di sangue.
-Oscar… - mormorò in un soffio. E in quel nome c’era tutto. Dolore, sgomento, paura… Paura di perderla. Adesso. Di perdere lei, la sua vita… Dopo averla finalmente trovata - Oscar… - ripeté.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Saint-Just, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 – La sfida
 
 
 
Oscar sistemò con un gesto brusco il colletto della camicia.
Alle sue spalle, nella stessa stanza al primo piano messa a disposizione da Rosalie,  il dottore richiuse la valigetta scura. Un suono metallico che precedette di qualche istante la risposta che la donna aspettava.
-Certo! Le emicrania possono essere significative. Possono essere indice dei  ricordi che tentano di riaffiorare. Ogni stimolo che riceve, ogni forte emozione,  induce una fitta dolorosa alla testa. – la voce calda e rassicurante del medico strappò ad Oscar un sospiro.
Gli voltava le spalle. Rivolta allo specchio nel quale poteva vederlo riflesso.
L’uomo si schiarì la voce con un paio di colpi di tosse, portandosi una mano chiusa alle labbra.
-Ma non posso dirvi né quando né se recupererà la memoria. in parte o per intero. – concluse rispondendo alla domanda implicita nel discorso.
Oscar abbassò lo sguardo a sfiorare la copertina del diario che aveva riposto sul tavolino sotto lo specchio, vicino ad un grande vaso di fiori colmo di rose bianche. Il diario che aveva salvato la vita ad André e che lei non aveva avuto ancora il coraggio di leggere.
-Mi consigliate di indurlo a ricordare, quindi? – domandò sollevando repentinamente lo sguardo verso lo specchio e quindi cogliendo l’immagine dell’uomo che ancora sostava nella stanza.
Il medico ne soppesò la figura snella ed elegante.
-Vi consiglio innanzitutto di seguire la cura che vi ho prescritto, madamigella Oscar… - mormorò preoccupato. – In merito alla vostra domanda -, riprese – Senza arrecargli un ulteriore trauma, ma sì. Vi consiglio di indurlo a ricordare pian piano. –
Il prolungato silenzio di lei, lo indusse a guadagnare la soglia. Con un cenno del capo alla figura incorniciata nello specchio, lasciò la stanza per raggiungere la padrona di casa in attesa di un dettagliato rapporto sulle condizioni di Oscar.
Una volta sola, Oscar affondò nella  poltrona nella parte opposta della camera. Stendendo le lunghe gambe stanche e afferrandosi ai braccioli. La testa rovesciata all’indietro, contro lo schienale. I profondi occhi blu, chiusi. Sembrava riposare.
In realtà, la sua testa era un turbine di pensieri.
Dal fondo del corridoio, le arrivava la voce di Rosalie e il pacato parlottare del medico. Bernard dormiva. Le continue riunioni notturne, l’impegno con Robespierre e La Fayette lo tenevano occupato e consumavano pian piano le sue energie. 
Dalla finestra, la luce accesa di quel pomeriggio di sole le scivolò addosso come una gradevole carezza. André… pensò e improvvisamente si levò in piedi richiamando Alain, in attesa al piano di sotto.
Lanciò un’occhiata all’uniforme appoggiata sul letto. Esitò. Poi, decise per la prima volta di non indossarla.
 
***
 
Eloise de Martin si strinse al braccio forte di Serge guidandolo alla riscoperta dei giardini di casa Boullet. Il suono ritmico dei loro passi sul selciato le solleticava le orecchie riportandola a giorni e momenti non così lontani e mai dimenticati. Quanto tempo era passato? Meno di un mese… si disse.
Meno di un mese dalla sciagurata notizia che aveva colpito la famiglia Boullet e la sua vita. Compromettendo irrimediabilmente il suo futuro di giovane promessa sposa. Era così bello, Serge, così allegro ed entusiasta della vita…
L’uomo al suo fianco avvertì la stretta farsi più serrata e posò una mano su quelle di lei.
-Qualcosa vi preoccupa? – domandò con la sua voce gradevole e profonda.
Eloise sollevò lo sguardo su quel viso solo vagamente familiare e sorrise mentre l’ombra che era scesa sul suo sguardo rimaneva ancorata nei suoi occhi scuri.
-Stavo solo pensando che sono molto contenta vi stiate riprendendo così in fretta. – mentì dissimulando i propri più tristi pensieri.
La pressione di quella grande mano sulle sue più piccole e bianche aumentò, così come il sorriso caldo di quello sconosciuto.
Eloise sentì una fitta al cuore. Perché non poteva dimenticare? Perché non illudersi come Madame? Perché non perdersi nella dolcezza di quello sguardo…Non giocare fino in fondo il ruolo della fidanzata e chiedere a quell’uomo alto, affascinante e di una bellezza  indiscutibile di consolarla, abbandonandosi  tra le sue forti braccia?
La comparsa nel cortile di due cavalieri distolse lo sguardo dell’uomo che agitando il braccio libero salutò i nuovi arrivati.
-Comandante Oscar! – esclamò riconoscendo la donna sul cavallo bianco.
Oscar e Alain si fermarono a pochi passi da loro e Serge allungò la mano afferrando le redini di Caesar.
A quel gesto, una strana espressione si dipinse sul suo volto. Un’espressione sorpresa dettata dall’inaspettata familiarità di quel gesto istintivo. Ma l’immagine di Oscar in abiti civili lo rapì al punto da distoglierlo da quello strano pensiero.
La forte luce di quello splendido pomeriggio, scivolandole sulle spalle, ne metteva in risalto la figura perfetta che, finalmente libera dalla costrizione della divisa, appariva in tutto il proprio splendore. Le spalle larghe e diritte, i fianchi snelli, il bavero della camicia bianca che le sfiorava il collo sottile  lasciato maliziosamente esposto.
Oscar salutò entrambi con un cenno del capo, sorpresa di trovarli in giardino ma distogliendo istintivamente lo sguardo dall’uomo che la rimirava fissamente, quasi imbarazzandola, e per un attimo si pentì di non indossare l’uniforme.
La voce di Alain la riscosse, portandola a corrugare immediatamente la fronte. Cosa si stava inventando?
Piegato in avanti fino ad appoggiarsi alla sella, lo sguardo acuto, intento a valutare positivamente i progressi dell’amico, sorrise:
-Vi trovo in ottima forma! – esplose, volgendo lo sguardo alla ragazza che stava al suo fianco, domandandosi quanto di quella “rinascita” fosse da imputare alla morettina dallo sguardo di fuoco.
Poi sollevò un sopracciglio, come colto da un’idea improvvisa.
-Immagino  vi farebbe bene un po’ di esercizio fisico… Magari con la spada! – azzardò sollevando un braccio e iniziando  una rotazione per poi fermarsi a metà. –Vi sfiderei volentieri. Ma come vedete, non sono al massimo splendore. –
Bugiardo! Pensò Oscar squadrando l’uomo che l’aveva affiancata fino a quella mattina in trincea, correndo da un compagno all’altro con l’ordine di continuare a proteggere i cittadini dalle possibili e improvvise aggressioni dei soldati parigini. Era in forma! Eccome se era in forma.
Ma l’idea portò Serge ad allargare il sorriso che la loro apparizione gli aveva stampato sulle labbra.
-Potrebbe sostituirvi il vostro comandate… Se le aggrada! – propose entusiasta.
Eloise tentò di replicare ma la risata di Alain, saltato improvvisamente a terra, la distolse, piccandola.
-Suvvia, mademoiselle! Un po’ di moto non potrà fargli che bene.- poi afferrò le redini di Caesar, strappandole dalle mani di Serge, e proseguì lanciando un’occhiata eloquente alla donna immobile sulla sella.
-Avanti, comandante. Un po’ di spirito di squadra… - la incitò.
Oscar chinò per un attimo il capo e il suo soldato sapeva bene che stava semplicemente tentando di contenere la rabbia. Poi lo risollevò ridendo, contagiata dall’ottimismo di Alain. Incoraggiata dallo sguardo speranzoso di Serge… Stimolata dal sole che le pizzicava piacevolmente la pelle trapassando la camicia leggera.
-Perché no! – acconsentì smontando.  
Serge, intanto, aveva già richiamato un valletto chiedendogli una spada.
Alain gli lanciò un’occhiata divertita.
E bravo Serge! Ridacchiò. Fosse stato un po’ più sveglio anche il nostro André, non ci troveremmo a questo punto…
-Se succede qualcosa a Serge – lo investì Eloise con uno sguardo fiammeggiante – Vi riterrò personalmente responsabile e chiederò la vostra fucilazione! – minacciò guardandolo dritto negli occhi.
Alain la pregò di scostarsi dal piazzale dove i due “ufficiali” si sarebbero sfidati e scortandola ai margini dello spiazzo, le ricordò lapidario:
-Sapete bene che quell’uomo non vi appartiene. –
Eloise ammutolì, sgranando su di lui due occhi scuri carichi di rabbia e profonda tristezza.
-E voi? Cosa mi dite di voi… - ribatté infine, sibillina.
Alain si addossò al tronco di un albero. Le braccia incrociate sul petto e lo stecchino tra le labbra piegate in un mezzo sorriso. Gli occhi socchiusi rivolti al centro dello spiazzo.
-Io mi limiterò a gustarmi lo spettacolo. Sono ottimi spadaccini, sapete?- mormorò lasciando cadere volontariamente  il discorso.
 
***
 
Aveva fatto in modo di allontanarsi dal piazzale… Affondando e ritraendosi… Conducendo il gioco tra l’ombra degli alberi secolari del parco… Uscendo così dalla visuale di chiunque fosse fermo ai margini dello spiazzo a guardare.
Ora, Serge si sentiva libero di godere dello spettacolo che aveva di fronte. Una bellissima donna bionda, affannata e immobile. In attesa. Solo il ritmico sollevarsi del petto a rompere la perfetta stabilità delle cose. Accaldata, scarmigliata, la camicia bianca in disordine e quello scollo un po’ scomposto che lasciava intravvedere più di quel che avrebbe dovuto. A poco più di due passi da lei, anche lui fermo e impegnato a riprendere fiato, per un attimo provò il desiderio di cancellare anche quella esigua distanza.
-Non sarete già stanco!- lo sfidò lei con la sua voce roca e sensuale, allungando la spada fino a sfiorare con la punta della lama gelata il suo collo sudato. Felice come la ragazzina che si era lasciata alle spalle. 
Lui sorrise. La gola spaccata dal respiro affannoso. E si lanciò nuovamente all’attacco di quel seducente bersaglio biondo.
Uno scarto improvviso e il piede inciampò in una zolla erbosa. Maledisse il difetto alla vista che ogni tanto gli rendeva difficile restare in equilibrio. Poi gioì.
Gioì di quell’incidente inatteso che lo portò addosso a lei, intrappolata tra il suo corpo muscoloso e il tronco ruvido di un albero.
La distanza era stata annullata e in quel pomeriggio di fine luglio, un incredulo ed estasiato Serge Boulet si ritrovò a respirare il profumo della pelle del biondo comandante dei soldati della Guardia come fosse la cosa più naturale del mondo.
Il calore che emanava dallo scollo della sua camicia era inebriante. I volti vicini, i respiri intrecciati che scivolano gli uni dentro quelli dell’altro e gli sguardi allacciati. Le labbra dischiuse di Oscar erano un invito irresistibile. Lo sguardo ammaliato di Serge, una promessa.
Sollevandosi quel tanto che bastava affinché potesse respirare, Serge restò addossato a lei, esigente. Un braccio appoggiato all’albero, fino al gomito e l’altro abbandonato lungo il fianco a trattenere la spada la cui punta era conficcata nel terreno erboso.
Possibile, si domandò, provare una tale attrazione per quella donna? Anelare il suo profumo, il suo respiro, i suoi occhi blu?
Accorgersi del desiderio di lei, che la portava a stringere impercettibilmente le palpebre, gli strappò un sorriso di orgoglio soddisfatto… Avvertire il battito accelerato del suo cuore, il respiro corto far affiorare ritmicamente la curva appena accennata del suo seno candido celato ai suoi occhi dalla stoffa di quella camicia… Si umettò le labbra.
Eloise… pensò e si sentì colpevole.
Oscar, paralizzata tra l’albero e quel corpo maschio e vibrante, un corpo che aveva conosciuto una volta e una volta soltanto ma che non aveva dimenticato, impresso com’era nella memoria, negli occhi, in ogni terminazione nervosa delle sue mani e nei suoi sensi tutti, provò l’irresistibile tentazione di toccarlo.
Esitante, allungò le dita fino a sfiorargli il petto che la camicia lasciava generosamente scoperto. E quel contatto la scaldò.
-André…- emise in un soffio impercettibile, senza mai distogliere lo sguardo da quello intenso e febbricitante di lui nel quale da un momento, se ne era accorta,  era calata un’ombra che non aveva saputo decifrare. Quante volte, pensò, ci siamo sfidati a duello… Quante volte siamo stati così vicini. Possibile che io non abbia mai colto la tua sofferenza? La tua esigenza? 
Improvvisamente, l’uomo le affondò una mano tra i capelli morbidi e setosi, trovando la sua nuca e aggrappandosi  ad essa. Poi scivolò con il viso nell’incavo del suo collo caldo e pulsante.
Oscar avvertì un tuffo al cuore. E solo allora si accorse che Serge stava lentamente ma inevitabilmente scivolando a terra, in ginocchio davanti a lei. La mano destra, ora libera dalla spada, stretta all’altezza degli occhi.
-La testa! – biascicò l’uomo. – La mia testa! – ripeté in un lamento struggente che cancellò in un istante tutte le emozioni che li avevano coinvolti.
Oscar si inginocchio a sua volta cercando di sorreggerlo. Poi decise di aiutarlo a stendersi e si sedette al suo fianco. La schiena nuovamente addossata al tronco dell’albero, le ginocchia piegate e le braccia abbandonate sull’erba, cercando di fermare il battito tumultuoso del proprio cuore.
Tornato a respirare regolarmente, Serge ancora supino, volse la testa e lo sguardo alla donna che gli sedeva accanto.
-Perdonatemi, Oscar… - mormorò con un sorriso dolce e imbarazzato. –Non devo aver fatto una buona figura ai vostri occhi. – continuò, omettendo di specificare cosa intendesse e per quale dei momenti appena vissuti chiedesse venia.
Oscar volse altrove lo sguardo.
-Forse abbiamo esagerato. – rispose rimanendo anche lei sul vago. –Meglio tornare alla villa. Ci staranno cercando. – si sollevò spolverando i pantaloni sporchi di erba e foglie. Trattenendo il tremore che le percorreva braccia e gambe. Ricordando con un moto di fastidio e di rabbia le tante occasioni che li avevano visti, come in quel momento, nascosti agli occhi del mondo, complici e sereni. Chiedendosi quando quella serenità avesse abbandonato il cuore e gli occhi del suo amico di sempre.
Ancora a terra, lui le afferrò una mano, trattenendola.
-Promettete che tornerete a trovarmi. – disse.
Più tardi, cavalcando furiosamente verso Parigi, ricordandosi di quello sguardo, Oscar si domandò cosa l’avesse trattenuta, a quel punto, dal gettarsi tra le sue braccia e baciarlo…
 
   
 
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