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Autore: Red_Coat    21/05/2015    5 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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ELABORAZIONE DATI IN CORSO …
CONNESSIONE …
Chiuso nel buio e nel silenzio del laboratorio, rotto solo dal ronzio delle macchine in esso contenute, il Professor Hojo si muoveva frenetico tra gli scaffali pieni di plichi e scartoffie e l’unico computer ancora accesso a quell’ora della notte, in fondo alla sala, cercando di affogare il nervosismo che faceva tremare quelle sue piccole dita adunche proiettando tutte le sue energie su quella ricerca, che ora gli appariva quasi disperata.
Ancora non riusciva a credere che quell’incompetente di Jim Davies avesse anche avuto l’ardine di morire, oltre alla totale incompetenza nell’archiviare i dati che gli era costata la perdita di quelli importanti su … Victor Osaka.
Un campione simile … quanti segreti aveva da svelare? E quell’irresponsabile aveva mandato in fumo una meravigliosa occasione. Che inutile idiota! E idiota era stato lui ad avergli permesso di rimanere così a lungo nella sua squadra. Ah, se solo lo avesse tolto di mezzo prima, adesso chissà a quale spettacolare scoperta scientifica avrebbe avuto accesso.
L’ennesima, visto che in pratica l’intero reparto SOLDIER esisteva grazie ad una sua intuizione, per non parlare di Sephiroth, l’eroe di Midgar e … la gallinella dalla uova d’oro del Presidente.
Estraendo da uno scaffale un pesante fascicolo, lo scienziato si lasciò sfuggire un compiaciuto ghigno di soddisfazione.
Il progetto Jenova era l’idea più geniale che la sua mente avesse mai potuto partorire, perché l’ordine delle cose grazie ad esso sarebbe cambiato. La Shinra, Midgar, il pianeta intero e perfino l’universo, non sarebbero più stati gli stessi, mai più per nessuno. Perché la sua scienza aveva regalato al mondo un eroe invincibile e la sua schiera di soldatini pronti a farsi ammazzare pur di uguagliarlo. I vertici della società facevano letteralmente a gara per accaparrarsi il bottino, e i gli stolti civili vedevano in quell’aitante ragazzo dai capelli albini un’icona di gloria e speranza alla quale ispirarsi per il resto della loro intera vita. Ma lui, solo e soltanto lui che gli aveva dato vita e aveva infuso nelle vene di quel feto il potere illimitato di quella che fino a poco tempo fa aveva creduto essere l’ultimo degli antichi, riusciva realmente a comprendere la portata di tutto ciò che stava succedendo. Perché sin dal suo primo battito, quel giovane cuore era diventato l’essere più potente che il pianeta avesse mai avuto l’onore di ospitare, la creatura che con la sua esistenza e le sue gesta avrebbe cambiato per sempre il corso della storia. Fino a palesarsi gloriosamente sopra ogni cosa che fosse in grado di nascere e morire in quel mondo imperfetto e putrido. O almeno così avrebbe dovuto essere, ed era stato molto interessante nel corso di quei 25 lunghi anni seguire i progressi di quell’infante dagli straordinari poteri, anche se ovviamente non erano mancate le difficoltà.
Soprattutto nei primi tempi, ove era stato fin troppo irrequieto e disobbediente per essere un bambino dallo straordinario potenziale. Ma purtroppo questo non poteva che attribuirsi esclusivamente a quella donna che per nove mesi lo aveva tenuto in grembo: stupida, vulnerabile e ingenua. E pensare che aveva anche dovuto fare i conti con quel fastidioso ragazzetto impiccione affidato alla sua protezione. Ah, al solo pensarci sentì, come ogni volta, salir su un improvviso moto di profondo fastidio.
Ma il ghigno tornò subito a dipingersi sulle sue piccole e raggrinzite labbra, perché adesso quel marmocchio giaceva inerme in una bara, chiusa a chiave in una delle tante stanze dei cunicoli sotto il maniero di Nibelheim.
Nessuno era riuscito a fermare il grande progredire della scienza, in una mente geniale come la sua. E chi ci aveva provato, aveva fatto la fine di Valentine, o magari anche una peggiore.
Tutto era andato perfettamente secondo i piani, e la situazione continuava a progredire di bene in meglio, ora che … un nuovo interessante sviluppo si era da poco palesato davanti ai suoi occhi.
Non sapeva ancora cosa aspettarsi, e quella mancanza di dati unita alla momentanea incapacità di potersene procurare avevano il potere di farlo letteralmente infuriare.
Per questo si trovava lì, da quasi più di quattro ore ormai. Era notte fonda ma lui non smetteva di cercare. Instancabile, irrefrenabile, colto da un’improvvisa smania come un cane da caccia in balia dell’odore della propria preda.
E più il tempo passava, più il nervosismo cresceva unito alla totale assenza del più piccolo dato riguardante quel misterioso e interessante ragazzo che in poco, pochissimo tempo era arrivato in cima alla gerarchia di SOLDIER, sbaragliando la concorrenza e attirando su di sé perfino l’interesse dei vertici. Il presidente in particolar modo, stava cominciando a interessarsi alle sue imprese.
E Hojo moriva dalla voglia di sapere. Come aveva fatto un ragazzo apparentemente normale a raggiungere in poco tempo quel risultato? E cosa era successo, quel giorno nella hall invasa da robot e copie? Quell’abbagliante raggio di luce nel quale era scomparso e poi riapparso, e poi tutta quella straordinaria forza e brutalità con le quali si era fiondato contro i nemici atterrandoli uno dopo l’altro, per non parlare degli incredibili progressi fatti sotto la tutela di Sephiroth, e di molti altri fattori che lo rendevano senza ombra di dubbio un interessantissimo calderone di misteri scientifici da svelare. Peccato che quel completo imbecille del suo collaboratore avesse così stupidamente buttato al vento tutti i documenti più importanti che riguardavano il caso. Ah, se solo avesse potuto avere anche solo un campione di DNA, un frammento di tessuto cutaneo, o magari una banalissima analisi del sangue. Qualsiasi cosa sarebbe potuta tornare utile per confermare ogni suo sospetto. E invece nei documenti che riguardavano il caso sembrava esserci un abissale buco, come se qualcuno avesse sottratto al laboratorio quelle importanti informazioni per farle sparire chissà dove.
Idiota! Come avevo osato anche solo per un istante pensare di soffiargli sotto il naso una scoperta simile? Qualsiasi fosse stata la motivazione, ora quel patetico ricercatore non avrebbe più potuto far nulla per impedire alla scienza di compiere l’ennesimo passo avanti, grazie ad una mente geniale e acuta come la sua.
Perché se le informazioni fossero state di poca importanza, non ci sarebbe stato alcun motivo valido per farle sparire. Se solo avesse avuto una prova, anche solo una minuscola piccola conferma dei suoi sospetti. Avrebbe potuto servirsene per convincere il Presidente che c’era davvero qualcosa di straordinario che stava bussando alla loro porta, già da un po’ senza che nessuno se ne fosse mai accorto prima.
E conseguentemente, con le risorse alle quali avrebbe avuto accesso, la via verso il mistero dietro a quel ragazzo si sarebbe finalmente spalancata davanti ai suoi occhi. Ecco perché continuava a trafficare nervosamente da uno scaffale all’altro in preda a una febbrile smania, ignorando qualsiasi sintomo fisico di stanchezza, fame o sete. Queste ultime, in realtà, sparivano completamente quando l’insaziabile desiderio di conoscenza lo travolgeva come un divampante fuoco inestinguibile. Provare, cercare, trovare, riuscire. Ad ogni costo, contro ogni aspettativa. Perché non c’era essere in grado di respirare a questo mondo che riuscisse a sfuggire alle incontrastabili verità che la scienza faceva rifulgere su tutti loro. La scienza era la regina alla quale prima o poi tutto e tutti avrebbero dovuto sottomettersi. Anche le leggi più incontrastabili, i cavilli più intricati, e le coscienze più sensibili.
E lui … lui non riusciva mai a resistere quando quel leggero bagliore che precedeva una scoperta si presentava fulgido davanti ai suoi occhi.
Come in quell’istante in cui, improvvisamente, i suoi artigli adunchi strinsero un vecchio foglio di carta, ed i suoi piccoli occhi si ritrovarono a scorrere illuminati di eccitazione queste poche, semplici righe
 
File della recluta numero: 10567
Nome e cognome: Victor Osaka
Provenienza: Midgar, settore 8
Età: 19
Corporatura: atletica, nella norma
Gruppo sanguigno: presumibilmente tipo O {da confermare con maggiori accertamenti)
Annotazioni: Il soggetto presenta una sbalorditiva capacità di adattamento alle cellule di tipo J. e un organismo in grado non solo di recepire ma anche di assorbirle completamente. Meriterebbe l'attenzione del reparto scientifico, quanto prima
 
 
Ecco. Ecco ciò di cui aveva bisogno. La prova, il frammento dal quale sarebbe riuscito a ricostruire ogni singolo tassello andato in fumo, la chiave di cui aveva bisogno per svelare l’arcano.
Un mistero ancora più sbalorditivo di quanto fosse in realtà riuscito ad immaginare fino a quel momento. Straordinaria adattabilità alle cellule di tipo J.? Un organismo in grado … di assorbirle completamente! Ma chi era stato, colui che aveva avuto l’ardine di scrivere tali informazioni sulla scheda della recluta?
Se solo i suoi occhi non avessero visto ciò a cui avevano assistito, da quando quel ragazzo era entrato in SOLDIER. Se solo non fosse mai stato a conoscenza di ciò che era successo quel giorno nella hall, e dell’enorme, incredibilmente alto potenziale che l’allievo del suo più grande esperimento riuscito portava con sé; forse non sarebbe mai stato in grado di accettare quelle parole, e avrebbe sciaguratamente commesso l’errore di catalogarle come ridicole e insensate.
Ma per fortuna, ora la sua mente era limpida, chiara, e preparata per recepire il significato reale e sbalorditivo di quelle parole.
Un inaspettato e incredibile colpo di scena, nell’ambito dell’ormai consolidato Progetto Jenova. ”
INTERRUZIONE DATI …                                            
 
Forte Condor. GIORNO 1
22 Settembre
 
CONNESSIONE …
La squadra investigativa arrivò al forte verso il tramonto, dopo un paio d’ore di volo e qualche minuto di cammino attraverso i cunicoli fitti della miniera, unico ingresso al minuscolo paesello sotterraneo. Nonostante il viaggio in elicottero avesse loro risparmiato la fatica di dover attraversare a piedi il valico, che tagliando in due la fitta foresta conduceva all’ingresso della vecchia miniera, subito dopo essere arrivati dentro il minuscolo formicaio sotto la fortezza ed aver abbandonato i loro borsoni sui letti del piccolo dormitorio scavato nella roccia, il gruppo si era recato immediatamente nelle viscere del vecchio reattore, per una prima ispezione.
Una volta all’interno, il Capitano Osaka li aveva divisi in squadre con una raccomandazione piuttosto severa
 
         << Armi alla mano e state in allerta. Sono state avvistate delle copie di Genesis anche qui, e
              io non ho intenzione di perdere altri uomini, figuriamoci farlo il primo giorno. >>
 
Nessuno aveva osato ribattere, anche perché il tono grave del giovane first class non lasciava spazio a dubbi o rimostranze, e il gruppo si era diviso in squadre da tre che si erano addentrate fin dentro le viscere di quel luogo che oltre alla minaccia di mostruose creature in agguato, aveva anche un che di spettrale.
C’era un silenzio assordante, avvolto dal sordo ronzio delle macchine e dal mormorio appena percepito del Mako incanalato negli spessi tubi dell’estrattore. Ogni tanto però, strani rumori simili a colpi e ruggiti stridenti si udivano rimbombare, sempre più prossimi mano a mano che ci si avvicinava alla zona di estrazione.
Il gruppo formato da Nigel e Jonathan Newell e un altro fante di nome Adam Jones si trovava ad appena una decina di metri sopra i tubi che affondavano nel prezioso liquido, e stava attraversando l’ennesimo pontile metallico che collega una estremità all’altra del corpo del reattore, quando nuovamente un altro di quei poderosi boati rimbombò lungo le pareti, facendo tremare di sconcerto i tre
 
        << M**da, ma che razza di mostro c’è laggiù? >> sbottò all’improvviso Jones, un aitante
             ragazzo di venticinque anni dagli occhi verde scuro ed i capelli corvini tagliati in maniera
             molto rozza a sfiorare appena le spalle, forti e robuste come il resto della sua corporatura
 
Nigel, che fino a quel momento aveva stretto in pugno il suo fucile, lo consegnò al fratello assieme ai due pacchetti di cartucce e si fece ridare la spada ordinaria, stringendola in posizione d’attacco
 
        << Credo che dovremmo aspettare il Capitano. >> bofonchiò alla fine il più piccolo, scrutando  
             nervosamente le robuste venature metalliche che li circondavano         
 
Il giovane fante coraggioso esitò, incerto sul da farsi, lanciando rapide occhiate ai suoi due compagni per poi tornare a fissare il grande spiazzo alla fine del pontile sul quale continuavano a stazionare immobili e impauriti.
Era una situazione estremamente rischiosa. Si trovavano nel ventre del reattore, su una pedana sospesa sul flusso di Mako, con alle spalle solo altre scale e pareti d’acciaio e davanti a loro, qualche metro più in sotto, una creatura – o forse un manipolo di creature – che continuava a tirare colpi sull’acciaio con una violenza tale che il rimbombo faceva scricchiolare le robuste travi di metallo.
Maledizione! Ma perché non aveva preferito continuare a rubare come aveva sempre fatto fino ad ora nella sua vita, invece di trascinare anche Jonathan in situazioni rischiose come questa? O magari avrebbe potuto fare il rigattiere, con tutti gli oggetti strani e vecchi sparsi per le strade dei bassifondi. Sarebbe stato comunque un lavoro molto meno rischioso e faticoso del Soldier, anche se a ben pensarci nessuno offriva un compenso così ben retribuito. Ah, il denaro! Se solo non fossero stati orfani indigenti le soluzioni sarebbero state molto meno drastiche di questa.
Intanto però, ora si ritrovava in bilico tra la paura e la disperazione, a scegliere quale fosse la soluzione migliore non per un comune essere umano, ma per un soldato coraggioso che deve ad ogni costo compiere il suo dovere.

Il Capitano gli aveva dato in mano il comando, molto probabilmente perché si fidava ed aveva intravisto in lui buone capacità, ma più passava il tempo più i boati sotto di loro si facevano intensi, e più lui aveva paura. Di morire, di non riuscire a difendere le vite che gli erano state affidate, e soprattutto di deludere le aspettative del suo carismatico condottiero.
Lo ammirava, molto. Per il suo coraggio, per la sua determinazione, per il suo carisma e per la sua forza. E ben presto, ritrovandosi a scambiare qualche parola con i suoi commilitoni, Nigel Newell si era accorto che non era l'unico a riporre fiducia in quello straordinario ragazzo che a soli 23 anni era riuscito li dove molti avevano fallito: Non solo era diventato un first class in breve tempo, ma grazie alle sue capacità di combattente era riuscito a farsi notare perfino dal grande Sephiroth, fino al punto di diventarne l'unico allievo.
Tutti lo invidiavano per questo, e al contempo le sue azioni e il suo carisma suscitavano ammirazione. Ma, per quanto riguardava sé stesso, queste non erano le uniche ragioni che spingevano il giovane Newell a rispettare il suo Capitano, nonostante fosse di ben tre anni più piccolo di lui.
Quando era entrato nell’esercito assieme a suo fratello John, Nigel non aveva neppure la più pallida idea di come avrebbero fatto a cavarsela, sapeva soltanto che non arruolarsi significava morire certamente di stenti e fame, mentre farlo avrebbe messo a rischio la già debole salute di suo fratello, che di certo non sarebbe mai riuscito a superare i test per diventare un SOLDIER. Certo, avrebbe potuto farlo lui. Ma … sebbene ora Jonathan avesse raggiunto l’età per cavarsela da solo, il suo premuroso fratello maggiore non sarebbe morto tranquillo nel saperlo da solo. Aveva promesso a sua madre e a suo padre di prendersi cura di lui, e avrebbe mantenuto la promessa.
Certo che Jonathan era piccolo e gracile, ma aveva anche una gran testa dura, e non avendo potuto impedirgli di arruolarsi assieme a lui, la decisione di non spiccare mai il grande salto verso la promozione a 3rd class era giunta a Nigel come l’unica strada per continuare a svolgere il suo dovere di fratello e al contempo onorare la divisa che aveva scelto un po’ per voglia, e un po’ per necessità. Rimanere un fante per tutta la vita, e assicurarsi per quanto gli fosse stato possibile che il suo fratellino più piccolo non si cacciasse in qualche guaio grosso. D'altronde, per sfamarsi e vivere una vita decente non era necessario lo stipendio da 1st class, e a pensarci neanche quello da 2nd.
Era questa la decisione che si era deciso a seguire, con determinazione e responsabilità ripetendosi che il suo dovere di fratello veniva prima dei suoi interessi personali e perfino a volte del suo mestiere di soldato. E ci stava riuscendo, sul serio, ad autoconvincersene.
Fino al momento in cui le loro strade non avevano incrociato quelle di Victor Osaka, che con le sue parole e le sue azioni aveva improvvisamente fatto crollare ogni sua certezza.
Determinato, acuto, a volte quasi spaventosamente crudele, ma in fondo incredibilmente umano.
Quando combatteva sembrava senza pietà, ligio al suo dovere. Ma un secondo dopo, di fronte alla morte stringeva i pugni, piegava il capo e continuava a combattere per coloro che non ce l’avevano fatta. Esattamente come aveva detto il giorno del loro primi incontro, a Junon.
Più e più volte Nigel Newell aveva ripensato a quel giorno, all’improvviso brivido di paura che lo aveva scosso lungo tutta la spina dorsale di fronte a quel soldato sconvolto dalla morte del fratello, ucciso mentre combatteva contro una copia di Genesis.
      
       << Combatti per lui, da adesso in poi. >> gli aveva detto il Capitano Osaka << Fa il tuo dovere, come lui ha fatto il suo. >>
 
Quelle parole lo avevano sconvolto, perché all’improvviso, guardando gli sguardi attoniti degli astanti e la paura in fondo agli occhi dei pochi bambini presenti, si era reso conto di esser diventato … terribilmente egoista.
Quanto valeva la vita di un bambino innocente? E quanto lui sarebbe stato disposto a sacrificare, per salvarlo?
Quel soldato morto aveva dato sé stesso, e tutti quei soldati in fondo quel giorno non era giunti fin lì solo per divertimento, il gusto dell’adrenalina. No. Erano lì per loro, i civili. Vittime indifese che andavano protette e tutelate. Era quello il loro dovere, lo sarebbe sempre stato.
E lui. Lui invece continuava a ragionare come se al mondo non esistesse nessun altro oltre alla sua famiglia. Ma se un giorno si sarebbe trovato di fronte ad una scelta, se salvare la vita di suo fratello o quella di un civile incolpevole, cosa avrebbe fatto? La risposta lo inquietò, ma da quel momento Victor Osaka divenne per lui un punto di riferimento, uno dei pochi SOLDIER che fosse capace di comprendere la difficoltà di tale incarico, affrontarla con incrollabili forza e determinazione, e con esse guidare una squadra di uomini. Consapevole del rischio, senza mai aver tentato di nasconderlo loro neppure una volta.
Ecco il motivo del suo enfatico e crudo discorso di benvenuto alle reclute: la guerra non era un gioco, né SOLDIER un modo come un altro per portare i soldi a casa. E lui, quale loro nuovo capitano, voleva assolutamente che lo capissero, prima di buttarsi a capofitto in un'impresa che forse per alcuni poteva risultare addirittura mortale.

 
<< Siete pronti ad affrontare tutto questo? >>  
 
Continuava risentire quella domanda, tuonare rimbombando per mezzo della voce del suo giovane Capitano. Anche adesso, mentre si ritrovava a scegliere la decisione più giusta da prendere tra l’andare avanti verso un minaccioso ignoto, o tornare indietro sotto le ali sicure del Capitano.
E più la udiva, più si convinceva di stare cambiando. Ancora non riusciva a capire se in male o in bene, ma una cosa era certa. Quella sincerità lo aveva colpito nel profondo, e quel “Si, signore!” che aveva pronunciato quasi d’istinto all’inizio, stava viva via prendendo consistenza e determinazione.
E sulla scia di quel profondo cambiamento, eliminando ogni soluzione impegnativa e seguendo il suo coraggio, Nigel Newell scosse deciso la sua chioma castana, e indossando nuovamente il casco decise
 
        << Il Capitano ci ha ordinato di assicurarci che la zona sia sicura. >> ribadì, guardando i suoi
             due compagni << Quindi tocca a noi, adesso! >>
 
Non né fu sicuro, ma nel momento stesso in cui lui finì di formulare quella frase e l’ennesimo colpo fece tremare tuonando le pareti del reattore, suo fratello e Adam Jones tremarono di paura. Qualsiasi cosa fosse, era sempre più vicina, e loro sempre più in pericolo.
Eppure, bastò un solo sguardo, per convincersi tra di loro che Nigel aveva ragione. Non c’era altra possibilità se non quella di prepararsi a combattere. Perciò, facendosi coraggio i tre si mossero in formazione a V, con Nigel in testa pronto a difendersi con la spada ordinaria, e Adam e Jonathan dietro di lui pronti a sparare a chiunque si fosse fatto avanti.
Avanzarono di qualche metro, molto lentamente mentre i rumori continuavano sempre più forti ed insistenti, segno che il pericolo era sempre più vicino. Poi, a poco meno di un paio di metri dalla piattaforma, la porta dietro alla valvola di sicurezza saltò letteralmente in aria, e da essa uscì ruggendo una copia corazzata che notatili si avventò contro di loro, assalendo il giovane Jones che all’istante abbandonò il fucile, lasciando di fatto che la copia lo gettasse violentemente a terra mentre una squadriglia di copie armate di un paio di scimitarre storte e arrugginite si fiondò contro Nigel e Jonathan impedendo loro di aiutarlo
 
        << Adam! >> urlarono allora all'unisono i due fratelli Newell
 
E a quel grido Victor Osaka, ch'era giunto a qualche altro metro sopra di loro pochi secondi prima, segui nuovamente il suo istinto e aggrappandosi al corrimano si diede la spinta per saltare, liberando poi subito dopo la lama della sua arma e proiettandola dritta verso la schiena della copia corazzata. Dopo aver compiuto un paio di avvitamenti in aria, atterrò appena in tempo, con le ginocchia piegate e le gambe abbastanza divaricate da permettergli di attutire il colpo con facilità, perché mentre i due fratelli cercavano con tutte le loro forze di difendersi dall'attacco della squadriglia nemica, Adam era disteso a terra quasi del tutto privo di sensi per la violenta botta ricevuta, mentre la copia corazzata stava per sferrare il suo letale attacco finale, ma fortunatamente l'attacco a sorpresa la fece indietreggiare bruscamente, obbligandola a voltarsi. E non appena ebbe attirato la sua attenzione, Osaka iniziò a tempestarla di colpi fino a spingerla sempre più vicino all'orlo della passerella, per poi scaraventarla giù, nel mare di Lifestream sotto i loro piedi.
La bestia stava ancora ruggendo, quando il giovane 1st class  affondò un colpo nell'addome di una  copia semplice vestita da fante rosso che aveva tentato di prenderlo alle spalle, per poi precipitarsi al capezzale del giovane Adam, inerte a qualche passo da lui. Nel frattempo, i fratelli Newell erano riusciti a liberarsi della squadriglia che tuttavia li aveva spinti indietro, fino in fondo alla passerella. Mentre Nigel si era battuto contro le copie più rapide abbattendole con la spada, Jonathan aveva funto da cecchino, posizionandosi alle spalle del fratello con un ginocchio posato a terra e il fucile ben saldo tra le mani, abbattendo quanti più avversari gli fosse stato possibile. Per quanto arrangiata ed elementare, quella formazione improvvisata aveva funzionato, e i due ragazzi rinfoderando le armi poterono quindi correre dal loro compagno, che giaceva quasi inerte con il petto e la testa posati sulle ginocchia del loro Comandante, che stava cercando in ogni modo di mantenerlo desto.

Le sue condizioni non erano poi così gravi, visto che il casco aveva protetto la testa e la copia non aveva avuto il tempo di infliggergli ulteriori colpi. Ma una profonda ferita sul fianco destro sanguinava spaventosamente, e data la potenza del colpo non si poteva escludere che qualche organo interno fosse stato danneggiato anche solo in maniera lieve, anche perché il giovane non riusciva a muoversi, e respirava a fatica
 
     << Non ti azzardare neppure minimamente a pensare di poter chiudere gli occhi, soldato! >> lo
          ammonì perciò Victor Osaka con severità, misurandogli nel frattempo il polso e
          accorgendosi con sgomento di come il battito fosse estremamente debole
     << S … sono … s .. stanco. >> rispose invece quello, socchiudendo le palpebre
     << Si, lo so! >> ribatté Victor, scuotendolo e stringendogli la mano << E’ normale, ma non devi
          arrenderti. Mi hai sentito, soldato? >> concluse, ordinando a Nigel con un cenno del capo di
          appropriarsi di un pezzo di stoffa da una delle divise dai cadaveri delle copie
 
Nel frattempo Adam annuì, e mentre, sotto gli occhi sgomenti dei fratelli Newell, Victor Osaka cercava disperatamente di fermare l’emorragia legando ben stretta attorno alla vita del giovane la stoffa che gli era stata portata da Nigel, il Capitano proseguì con le domande
 
        << Parlami. Dimmi come ti senti! Avanti! >>
        << I … io … non lo so … >> mormorò in un soffio quello
        << Sforzati! >> ribadì Victor, sempre più determinato a non perderlo
 
A lui, dopo un primo momento di sconcerto, si unirono le voci dei due fratelli, che seguirono l’esempio del loro comandante e si adoperarono per sostenerlo in quell’impresa disperata
 
        << Adam, coraggio! >> aggiunse infatti Jonathan, stringendogli piano il braccio
        << Anche solo semplici parole, non è necessario coordinarle tra loro! >> lo incoraggiò invece
             Nigel, togliendogli piano il casco come gli era stato ordinato da un Victor sempre più cupo
             in viso << Cercale Adam! Cercale e diccele! >> concluse
 
Adam sembrò titubare per qualche istante, poi però dopo aver gettato i suoi occhi su quelli preoccupati dei suoi compagni annuì nuovamente ed iniziò a cercare nella sua mente, con la poca lucidità che gli era rimasta, tutte quelle parole che potessero descrivere il suo stato. La sua voce si smorzò in un gemito solo quando Osaka lo sollevò da terra prendendolo tra le braccia, ma in quel caso fu il Capitano stesso ad incoraggiarlo
 
        << Stai andando benissimo, avanti continua! >> gli disse, poi si rivolse agli altri due fanti che
             lo seguivano con i fucili spianati a difesa della loro incolumità << Dobbiamo uscire al più
             presto di qui. Avviamoci all’uscita, la zona è quasi certamente sicura adesso. >>
        << Capitano, e gli altri? >> chiese Nigel, il casco ancora calato sul volto
        << Sono già fuori, sbrighiamoci. >>
 
E così fecero.
Continuando a fare in modo che Jones rimanesse sveglio per tutto il tragitto fin dentro al villaggio sotterraneo, dove fortunatamente proprio in quel periodo era presente anche un medico che avrebbe potuto almeno tentare di curarlo, le dodici reclute e il loro Capitano raggiunsero integri (o quasi) il loro rifugio, e la mattina del giorno dopo, mentre Adam Jones rimaneva convalescente ma per fortuna fuori pericolo nel letto che gli era stato assegnato, Victor Osaka, Nigel e Jonathan Newell e altre due reclute tornarono nel reattore per concludere l’ispezione e costatare che – nonostante i danni lievi alla struttura – la zona era adesso sicura e sgombra da pericoli.
Nonostante ciò, Victor Osaka decise che era meglio ricontrollare frequentemente che la situazione si mantenesse stabile e sicura e per questo stabilì che a turno due reclute ogni tre giorni si recassero con lui a ispezionare il reattore da cima a fondo, fino alla fine dei sei mesi o comunque fino a che la situazione non sarebbe stata abbastanza stabile da ritenere il reattore fuori pericolo.
Nel frattempo, Osaka decise di darsi tempo. Formalmente, per capire il motivo per cui le copie di Genesis si fossero intrufolate in un reattore come quello di Forte Condor.
Ma la realtà era un’altra.
Così complicata che gli sembrava costantemente d’impazzire.
INTERRUZIONE DATI …  
 
Forte Condor. GIORNO 2
23 Settembre 
Era una giornata limpida e fresca di fine settembre, meravigliosa da passare in compagnia di amici fidati, magari a passeggio nei boschi dove la vegetazione era all’apice della propria vitalità, come quelli attorno a forte condor, brulicanti di una vita che tra qualche mese si sarebbe completamente addormentata per lasciar posto ai colori baritoni e spenti dell'inverno.
Per il momento però la vegetazione sembrava non volersi proprio addormentare, rifulgente nei suoi mille colori accesi d'estate, e l'aria fresca e leggera era invasa dall'impercettibile e continuo brulichio laborioso degli insetti e di tutti gli altri animali che abitavano la radura.
Era in questo clima assolato e pacifico, che in quella mattina di fine settembre uno sparuto gruppetto di soldati passeggiava per la selva concedendosi così qualche ora di meritato riposo.
Erano in 11, tutti con indosso le loro uniformi da reclute e i loro fucili a tracolla. Qualcuno, più o meno sei o sette di loro, aveva anche la spada ordinaria di SOLDIER avvitata alla cintola. Avevano già avuto modo di utilizzarla, il giorno precedente per l’inizio della missione, ma non era stato proprio un inizio fortunato perché un loro compagno, Adam Jones, era stato ferito da mostro corazzato, e sarebbe stato praticamente inutile per quasi metà della durata della missione.

Il medico aveva detto che l’intervento tempestivo del Capitano Osaka era stato fondamentale, e la fasciatura stretta attorno alla ferita aveva in qualche modo evitato che la perdita di sangue peggiorasse ulteriormente.
Tuttavia … tutti erano rimasti sconvolti dall’accaduto, e a ben pensarci nessuno di loro riusciva a capacitarsi del perché di quei sentimenti. In fondo, il Capitano era stato chiaro fin dall’inizio. La guerra non è un gioco. Solo che … vederlo con i propri occhi era stato molto diverso.
Anche se si erano conosciuti relativamente da poco, quell’avventura li aveva presto uniti.
Ognuno aveva una storia a sé. C’era chi come i fratelli Newell veniva dai bassifondi e si era arruolato un po’ per necessità e un po’ per gratitudine nei confronti di quel direttore che ormai scomparso da mese. Kiyoshi Asaki invece, 17 anni appena, era un ragazzo attento e solare, e proveniva da un villaggio di Wutai, così come Hideki Kawayama, che di anni invece ne aveva 22 ed era nato e cresciuto in un piccolo villaggio molto più a nord di quello di Kiyoshi.
Seguiva poi Alexander Ray, coetaneo di Nigel, e figlio unico di un padre e una madre premurosi che tuttavia non erano proprio riusciti a trattenere lo spirito assetato di avventura di quel figlio che sì, aveva sempre amato la guerra e le armi, e no, non aveva mai considerato la Shinra come una nemica da debellare, anzi.
Come lui, anche Katashi Murazaki (anni 19) non aveva fatto altro che aspettare il giorno in cui il suo sogno più grande si sarebbe avverato, dopo aver vissuto per anni all’ombra del cannone Shinra che sorgeva proprio sopra il suo villaggio. Doveva ammettere che quando era arrivato a Midgar dalla sua Junon aveva sperato di poter incontrare finalmente il suo eroe, il grande Sephiroth, ed era rimasto un po’ deluso perché nell’arco di due settimane non aveva mai avuto occasione di farlo. Tuttavia, neppure trovarsi ad essere guidati dal suo unico allievo era stato poi così male.
Era stato così … stimolante, da riuscire a rendergli meno pesante anche la sua prima missione di salvataggio, oltretutto nella suo amato villaggio natio.
E la pensavano allo stesso modo Mitchell Itaki e Yori Kuroiwa, 23 e 21 anni, entrambi provenienti dal settore 4 di Midgar e legati da una lunga e assodata amicizia che col tempo era diventata quasi fraterna. Così com’era successo ad Ayumo Nakeawa e Gorou Nishihata, di 18 e 19 anni, nati chissà dove, e cresciuti come fratelli insieme in un orfanotrofio sull’isola di Wutai. All’inizio della loro adolescenza, dopo un’infanzia passata a prepararsi per diventare dei veri combattenti al servizio di Wutai, entrambi avevano deciso di fare dietro front ed arruolarsi tra le file del nemico. Perché? A dire la verità non lo sapevano neanche loro. SOLDIER, per quanto fosse discriminato dagli abitanti di Wutai assieme a tutto quello che riguardava la Shinra, alla fine li aveva sempre affascinati. E anche se alla fine non sarebbero più potuti tornare lì dov’erano nati e cresciuti, entrambi erano d’accordo sul correre il rischio. Anche perché avevano molto da scoprire, su chi li avesse messi al mondo. E chissà che tra una missione e l’altra questi misteri non si sarebbe svelati anche un po’ da soli.
In sostanza, Wutai li aveva cresciuti, ma ora il loro destino era in Soldier. O almeno, così avevano pensato, fino a questo giorno.
Infine … c’era Shin Nishimura.
17 anni, settore 4.
Era entrato nell’esercito per scoprire di più sulla sorte del suo adorato fratello maggiore, Jiro Nishimura, e da poco aveva scoperto ch’era stato uno dei Soldier 3rd class coinvolti nella diserzione di massa seguita alla ribellione di Genesis Rhapsodos.
Forse era stato il destino a condurlo sotto le ali protettive di Victor Osaka, l’unico che avrebbe potuto fornirgli una risposta, anche se probabilmente non sarebbe stato facile farlo. Ma lui ci credeva, e continuava a sperare in cuor suo di riuscire un giorno a chiedere al suo giovane Capitano qualcosa in più su quella storia visto che lui, così come Zack Fair e Sephiroth, avevano avuto la fortuna di vivere i pochi attimi che avevano preceduto quello sciagurato atto ai danni di SOLDIER. E, forse, avevano anche conosciuto un 3rd class di nome Jiro.
Nigel, Jonathan, Adam, Kiyoshi, Hideki, Alexander, Katashi, Mitchell, Yori, Ayumo, Gorou e Shin.
Queste erano le giovani reclute del Capitano Victor Osaka.
Dodici ragazzi coraggiosi, ognuno di loro con dei sogni e delle speranze. Alcuni forse troppo fragili per poter resistere all’uragano che si stava abbattendo, giorno dopo giorno, sulla malandata e vacillante nave di SOLDIER, oramai non più tanto sicura come all’inizio del suo lungo viaggio.
E all’improvviso, proprio come aveva predetto loro il Capitano Osaka, avevano dovuto fare i conti con le differenze tra realtà e illusione. E quest’ultima si era rivelata molto più menzognera di quanto si fossero aspettati.
Fortunatamente, il loro giovane e taciturno compagno Adam Jones non aveva riportato fratture interne che avrebbero potuto compromettere ancor di più la sua vita, anche se il suo corpo era ammaccato qua e là da lividi più o meno grandi che per il momento gli avrebbero causato non poco dolore. Per non parlare della ferita al fianco, che oltre ad essere ricucita aveva anche avuto bisogno di un intervento di purificazione dal veleno che quell’orribile mostro gli aveva lasciato come ulteriore regalo di benvenuto. Comunque, ciò che li aveva scossi di più, talmente tanto da spingere il Capitano a liberarli per un po’ quel pomeriggio con l’ordine di ritornare meno sconvolti e più pronti ad un nuovo giorno sul campo, era l’incredulità e il senso d’impotenza. C’era chi, come Nigel Newell, non riusciva ancora a capire. Perché tutto era avvenuto con una rapidità ed una violenza tale da sconvolgere ed immobilizzare “Avremmo potuto difenderlo …” continuava a pensare il giovane fante coraggioso, “Se solo non fossimo stati così … ingenui.”
Non aveva mai smesso di pensarci, durante tutta quella giornata. Come avrebbe potuto proteggere suo fratello, se non era stato neppure in grado di decidere tempestivamente quando ce n’era stato bisogno?
E non era l’unico, in quell’assolato ventitreesimo giorno di settembre, a continuare a farsi domande simili. Non erano bastate tutte quelle ore di svago nel bosco, ne gli allenamenti con la spada che di comune accordo tutti e undici avevano voluto intraprendere quel giorno, nel bel mezzo della selva.
Si erano esercitati molto, a turni per via della carenza di armi. Nigel aveva anche cercato d’insegnare ad alcuni suoi compagni – e d’imparare insieme a loro – l’uso delle materie. Sembrava stessero quasi cercando di non pensare.
Ma non era stato così facile come avevano sempre creduto.
Il Capitano aveva avuto ragione
***
Adam riaprì gli occhi e la prima cosa che vide, avvolto nel torpore del suo corpo ammaccato, fu il soffitto scuro e basso fatto di terra e pietra del piccolo dormitorio nel fortino sotto il Reattore.
Quel reattore nel quale aveva visto la morte in faccia. Una faccia orribile, coperta da un elmo appuntito e munita di acuminate zanne, una minacciosa e potente ascia ed un corpo minaccioso e grande avvolto da una robusta corazza di ferro.
Gli sembrava ancora di sentire il suo ruggito, e il potente boato che aveva preceduto il suo arrivo, nel silenzio che invece avvolgeva adesso la stanza.
Un silenzio piacevole e quasi accogliente, nel quale si muoveva sommessamente il veloce e rilassante frusciare di una mina di grafite.
Qualcuno stava strusciando contro un foglio di carta una matita, e quando il giovane voltò lo sguardo alla sua destra, riuscì anche a capire chi fosse.
Il Capitano Victor Osaka, disteso sul letto in fondo alla stanza. La schiena comodamente appoggiata sulla testiera del letto foderato col cuscino, e un ginocchio rialzato sul quale era appoggiato il piccolo foglio sul quale pareva stesse disegnando.
Era molto concentrato, e mentre con la mano sinistra muoveva la matita, con la destra cercava il qualche modo di ampliare la superfice d’appoggio per il vecchio pezzo di carta pallida.
Fu proprio quel particolare a incuriosirlo, oltre al fatto di osservarlo in quel momento che per lui doveva essere così … intimo.
Oltre ad essere l’unica avvolta ancora dal guanto nero della divisa, la mano destra sembrava inerte, sotto il peso leggero della matita e del foglietto. Troppo. Quasi come se non potesse fare a meno di subire, perché non aveva in alcun modo la possibilità di svincolarsi da quel giogo. A dirla tutta sembrava … morta.
Proprio mentre quel pensiero si affacciava alla sua mente, il suo corpo si svegliò dall’intorpidimento del sonno e quando quasi istintivamente provò a muoversi per cambiare posizione, come conseguenza un sordo dolore al fianco lo paralizzò strappandogli un gemito.
Victor Osaka smise per un attimo di destreggiarsi con la matita, e seguitò a guardarlo da lontano, talmente tanto intensamente che dopo un po’ il giovane si sentì di abbassare il volto. Sembrava stesse cercando di scrutarlo dentro e … la sola idea lo faceva tremare.
Gli sarebbe piaciuto, almeno una volta, che qualcuno ci fosse riuscito. Forse la sua vita non sarebbe stata così un disastro, e non sarebbe stato costretto ad arrivare a tanto.
 
    << Come ti senti? >>
 
La voce chiara e tonante del Capitano lo riscosse, riportandolo per un attimo indietro a qualche ora prima, quando aveva rischiato di morire. Ci pensò ancora un poco, ricordando quei drammatici attimi, poi rispose
 
   << Intorpidito … >> disse, come se stesse ancora giocando a quello strano gioco che gli era
        servito per resistere al dolce tepore della morte << Poteva andarmi peggio. >> sorrise infine
 
il 1st class dai capelli neri sembrò rispondere a quel sorriso, aggiungendovi anche un cenno divertito del capo mentre rialzandosi dal letto si avviò calmo verso di lui
 
   << Quindi, hai cambiato idea? >>
 
Il cuore del giovane fante perse un colpo, e mentre il sorriso scompariva velocemente dalle sue labbra, i suoi occhi di un verde scurissimo si sgranarono in un’espressione sorpresa e impaurita.
 
  << C – come? >> bofonchiò, la bocca improvvisamente asciutta
 
Il sorrise del capitano si trasformò quasi in un ghigno di sufficienza, e alzatosi si diresse con calma verso il comodino del suo letto, tirando poi fuori dal cassetto un bicchiere di plastica bianca e versandovi dentro un po’ dell’acqua contenuta nella bottiglia posata proprio vicino alla piccola lanterna da minatore che fungeva da lampada.
Adam lo osservò sgomento, anche se … non sembrava né arrabbiato, né contrariato.
Solo un po’ deluso, forse
 
     << Vuoi ancora provare a morire? >> gli chiese nuovamente, porgendogli il bicchiere, quasi
          sapesse quale sconvolgimento emotivo quella domanda inaspettata gli avesse provocato
 
Il giovane Adam abbassò nuovamente il volto, e all’improvviso gli parve di essere di nuovo di fronte a suo padre. Scoperto, e pronto a sorbirsi l’ennesima umiliante ramanzina.
Invece, Victor posò il bicchiere con l’acqua sul comodino, e sedendosi sul letto di fronte a lui gli lanciò uno sguardo sincero, prima di proseguire
 
     << Non starò qui a fare sarcasmo. >> disse << Non ne hai bisogno. Dimmi solo perché hai
          cercato di farti ammazzare da quella copia. >>
 
Ma il giovane tacque. Continuò a rifiutarsi di rispondere, seguitando ad ignorare perfino il bicchiere d’acqua sul tavolino nonostante col passare dei minuti questi diventasse sempre più invitante.
Victor Osaka lo osservò per qualche minuto in attesa di una risposta, le dita delle mani intrecciate tra di loro e le braccia posate sui ginocchi, ma alla fine si arrese al silenzio.
Annuì di nuovo, e rialzatosi lo guardò nuovamente negli occhi, piantati di nuovo nei suoi quasi sperasse di aver superato il peggio
 
    << Facciamo così, non voglio saperlo. >> concluse, e i nervi di Adam Jones si sciolsero 
         immediatamente restituendogli la capacità di respirare << Ma fino a quando io sarò il tuo
         Capitano e tu sarai un mio sottoposto, ti proibisco di riprovarci di nuovo. Chiaro? >> 
 
Il ragazzo lo fissò, impressionato dal tono perentorio e formale che quella richiesta aveva improvvisamente assunto. Era un ordine? Si, lo era.
Ma aveva qualcosa di più di un semplice ordine. Sembrava quasi che si stesse preoccupando per lui, sinceramente. Ed era … strano e bello, al contempo. Da quando sua madre era morta, nessuno gli aveva mai dimostrato una simile preoccupazione, figurarsi un estraneo. E mai, MAI si sarebbe aspettato di trovare un simile affetto tra le file di SOLDIER.
Annuì, in silenzio, e continuando a tacere osservò il suo giovane Capitano tuonare un severo “Bene!”, per poi tornare a sdraiarsi sul suo letto e riprendere a strofinare la matita sul foglio pallido.
Che cosa aveva da ritrarre, di così importante?
Continuò a chiederselo per tutto il tempo che seguitò a scrutarlo. Cinque, dieci minuti, o forse anche di più. Fino a che la stanchezza non tornò ad appesantire di nuovo i suoi occhi, i suoi sensi confusi, e le sue palpebre si chiusero di nuovo, cullati dalla semi oscurità della piccola stanza. –

                                                                          
 
*** 

Forte Condor. GIORNO 3
24 Settembre
 
<< Hey, soldatino. La sai una cosa? >>

- S.  Ho sempre saputo di essere speciale, ma ... non così. –

<< T'invidio da morire ... >>

- G. Povero piccolo Sephiroth. Non hai mai conosciuto tua madre, vero? –

<< ...  perché il cielo sotto al quale vivi ... >>

- S. Io ... sono umano? – 
 
<<... così buio, avvelenato e pericoloso ...>>

- G. No, sfortunatamente -      

<< ... è pieno di Stelle.>>    
  
- G. Sei il mostro perfetto. -
- Z. Genesis. NO!
 
Voci.
Sospese nel buio, ma terribilmente reali.
Sento dolore, angoscia, rabbia, ma soprattutto paura. Di cosa non lo so, ma sento che è talmente tanto forte da … stritolare qualsiasi altro pensiero.
Non mi appartengono, so che non ho alcuna relazione con loro. Non ora, almeno.
Eppure … sono così terribilmente reali da sentirli miei.
Sephiroth …
… Genesis? …
Zack …
 
Ragazzo del mio sogno .... Che ci sta succedendo?
 
***
ELABORAZIONE DATI IN CORSO …
CONNESSIONE …
22/09/0001
Mittente: Zack Fair
Hey, Vic! Tutto bene? Lo so che è praticamente solo da qualche ora che non ci sentiamo, ma volevo sapere come stavi. Eri sconvolto e debilitato quando ci siamo salutati, prima di partire. Ora come va? Certo la convalescenza in missione dopo un infarto non è proprio il massimo, ma scommetto che tu preferisci molto meglio questa soluzione. Comunque, come sta andando lì?
Avete incontrato qualche problema? Nibelheim è un bel posto, forse un po’ troppo monotono per uno abituato al trambusto della città, ma l'aria delle montagne è fresca e pulita, e Sephiroth ... è sempre lo stesso, ormai lo sai immagino tu non abbia molto tempo per stare al telefono, neppure io ce l'avrei ma te l'ho detto, mi hai fatto preoccupare. Fatti sentire appena puoi, e non dimenticarti di sorridere, okkey?
                                       Zack
 
Mittente: Victor Osaka
Hai ragione. Ero troppo stanco. Sto bene comunque. E no, niente intoppi qui. Fort Condor è un paesino deserto scavato nella roccia in realtà, monotono e snervante. Non sai cosa darei per essere lì con voi. Ricevuto. Mi eserciterò appena posso, promesso.  Sta attento, okkey?
 
23/09/0001
Mittente: Zack Fair
Oggi abbiamo potuto ammirare nuovamente il grande Sephiroth all’opera. È sempre una sorpresa, ogni volta come se fosse la prima. Anche la nostra guida è rimasta colpita, sai? E’ una ragazzina intraprendente e sveglia di nome Tifa. Conosce molto bene queste ispide montagne e assieme a Cloud ha saputo guidarci molto bene. Abbiamo avuto … un piccolissimo intoppo su al reattore, ma non preoccuparti, ce la siamo cavata abbastanza bene. O almeno questo per quanto riguarda me ...
Comunque, ora la situazione è tranquilla, e spero che continui così fino al nostro ritorno a Midgar, anche s’è ancora presto per dirlo. Nel frattempo, continuo a scriverti e nemmeno io so perché lo faccio, visto che non mi rispondi mai.
Buona notte Vittorio, sono esausto.
Zack
 
24/09/0001
Mittente: Zack Fair
Un altro giorno è volato via. Sempre più stremato, meno male che i letti della pensione sono comodi e morbidi. Comincio a farci l'abitudine, eh eh.  E voi? È un po che non rispondi ai miei messaggi. Ti sei esercitato con questi sorrisi? La positività nel bel mezzo di una missione è tutto. Lo sai, no?
Victor … Sono preoccupato, lo sai?
Se c’è qualcosa, qualsiasi cosa che posso dire o fare anche se adesso siamo lontani, dimmela Vic e io giuro che la faccio. Te lo giuro.
Ma non restare da solo, per favore. E soprattutto … non dimenticare la promessa che mi hai fatto. Ne hai bisogno Vittorio, ricordati che ne hai bisogno.
A presto
 
Zack
***
Victor Osaka spense il telefono, continuando a tenere gli occhi zeppi di lacrime fissi sulle ultime righe dell’ultimo di una lunga lista dei messaggi che il first class dalla nera criniera gli aveva spedito ormai quasi un giorno addietro, fino a che non scomparvero risucchiate dal buio.
Seduto su uno scomodo letto, tre metri sotto le viscere della terra sotto il reattore di Fort Condor, nell’anima aveva il vuoto e la disperazione più totale e lo sguardo atono ancora si perdeva in quel sorriso rassicurante e solare.
Non lo avrebbe più rivisto. O magari, lo avrebbe fatto solo quando si sarebbe spento per sempre. Lui e soltanto lui sapeva cosa stava per accadere. Ma non poteva agire, non poteva fare nulla. Più nulla, oramai.
Il destino stava già dipingendosi, lontano chilometri e chilometri da lui che come un prigioniero legato e imbavagliato doveva limitarsi a guardare mentre la sorte si portava via l’ultima stella di quel cielo maledetto.
E ad ogni secondo che passava, una parte di lui impregnata di quei ricordi moriva. E lui con essa.
Per quanto ancora, avrebbe dovuto sopportarlo? Pensò, guardando la sua immagine sconvolta riflessa nella lama lucida della sua katana, posata col dorso sul comodino in legno tarlato di fronte al letto. Quella divisa, quelle cicatrici, tutte quelle morti e quelle battaglie.
Per quanto tempo ancora, avrebbe potuto sopportare tutto questo?
INTERRUZIONE DATI …
 
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Z. << Da quel giorno, Sephiroth si rinchiuse nel Maniero Shinra
 

 
e seguitò a consultare documenti su documenti, come se fosse posseduto
 

 
Le luci nei sotterranei rimasero sempre accese >>
 
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… E il settimo giorno …
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<< E questa, la verità che ho sempre cercato.
 
Splendida, esaltante verità!
Così bella, che mi sembra d’impazzire.
E ora …
 
Ora capisco anche perché da sempre hanno cercato di nasconderla.
Miseri, spregevoli, schifosi esseri umani.
Ero come un principe in schiavitù,
ridotto a fenomeno da baraccone
un dio in catene costretto a mostrarsi, solo per
tranquillizzare le masse, e raccogliere consensi.
Io … mi sentivo diverso. Mi sentivo … solo.
E mentre cercavo un posto, un motivo, una spiegazione e un’identità
non mi accorgevo che erano proprio queste le risposte
dalle quali i miei aguzzini volevano tenermi lontano.
Quante notti passate a rimproverarmi
Quanto smarrimento
Quanto dolore.
 
Madre …
 

 
Anche tu, come me …

 
hai provato tutto questo?
Tu, l’unica e la sola
che avrebbe saputo
sempre e comunque.
 
Ti hanno imprigionata
Incatenata
torturata
usata.
 
E non contenti
Hanno riservato a me il tuo stesso destino
 
Come hanno potuto?
Come hanno osato!
Mi hanno strappato a te.
Per paura.

Perché loro … loro sono semplicemente questo.
Paura.
Come i vermi che strisciano languidi sotto terra,
sperando nel favore delle tenebre.
Piccoli e disgustosi topolini
che corrono veloci lontano da qualsiasi cosa sia loro sconosciuta.
 
Come avvoltoi rapaci ti hanno strappato ciò che era tuo
Senza che tu abbia avuto il tempo di difenderti.
Poi si sono ripartiti la ricompensa.
E si sono moltiplicati, come uno sciame di cavallette ingorde.
 
Perché noi eravamo la minaccia.
Noi, insieme, avremmo potuto riprenderci tutto ciò che ci avevano tolto
e vendicarci.
Vendicarci, si.
Di tutto ciò che ci avevano fatto.
Di tutto ciò che ci avevano negato.
Di tutto ciò che ci avevano detto.
Quei miseri, meschini, schifosi traditori!
 
E allora, Madre, vendichiamoci!
Si, vendichiamoci.
 
Schiacciamoli come insetti
Uccidiamoli come mosche
Umiliamoli come vermi.
E bruciamo le loro case come fossero nidi di vespe
inutili e velenose.
 
Si.
 
Bruciamoli.
Fino a che la fiamma della loro inutile esistenza non si estingua
completamente, e il pianeta non sia libero dal loro
Inutile e penoso scalpiccio.
 
Non è tardi.
Ora, io so ogni cosa.
E la luce del mattino di una nuova era, per me, si espande
sempre più chiara e limpida.
 
Finalmente, ho spezzato quelle umilianti catene.
Ora, lo schiavo si ribellerà ai suoi signori,
e tuo figlio … tornerà a casa.
Con te.
 
Non aver timore, Madre mia.
Non essere triste.
 
L’era del dolore è finita.
Tra poco, saremo liberi.
 
E il pianeta sarà nuovamente nostro.
>>

 
***
***
***

 
                                                                                                        - Plenilunio d’autunno:
                                                                                                          illuminerà anche
                                                                                                          delle nascite -
- Ito Shintoku (Poeta Giapponese del 1600) -
 
Forte Condor. GIORNO 10
1 Ottobre 0001
 
- Sono chiuso in un bozzolo di vetro, col niente attorno a me. Mi guardo intorno, e m'accorgo di non essere solo. C’è Zack, a pochi passi da me.
Sta parlando con Cloud, e pare non essersi neppure accorto della mia presenza. Deve essere per colpa di questo strano involucro, penso. Ma ... perché sono dentro ad un involucro?
Non me ne curo. Con le infusioni quotidiane di Mako e tutto il resto, ho imparato a tollerare la sensazione d’isolamento in uno spazio così angusto. Unica differenza, questo strano bozzolo non contiene altro che me, sospeso chissà come nel vuoto a pochissimi centimetri dal suolo. Sposto nuovamente la mia attenzione su Zack, e provo a chiamarlo, ma lui sembra non udirmi neppure. In realtà, non sono neanche sicuro che possa vedermi. È colpa del bozzolo, continuo a pensare. E m'accorgo d'un'altra differenza tra le capsule di contenimento e questo strano contenitore che m'avvolge: Non c'è nessuno che sia in grado di farmi uscire.
Il vetro sembra semplicemente cresciuto attorno a me, come una mera trappola. Non ho altra scelta, se non quella di sfondarlo. Ed è adesso che inizio a preoccuparmi. Sferro dei violenti pugni sulla superficie cristallina e compatta del bozzolo, con tutta la forza di cui i miei muscoli di SOLDIER 1st class sono capaci. Ma più lo colpisco, più il vetro sembra ispessirsi e opacizzarsi quasi fino a far scomparire del tutto le immagini. Com'è possibile?

Stremato batto un ultimo, rassegnato colpo sul vetro, e chiuso gli occhi ad un paio di lacrime di rabbia, chinando la testa. Devo trovare un modo per uscire da qui! Io devo ... devo riuscire ad attirare l'attenzione di Zack. Ma all'improvviso, proprio mentre formulo questo pensiero, un ticchettio inizia a serpeggiare via via sempre più forte nell'aria che mi circonda.
Quel ticchettio. No.
Non di nuovo.
Inizio a tremare. Avrei voglia di tapparmi le orecchie, tornare nuovamente a tempestare di pugni il vetro, o iniziare a urlare nuovamente per farmi sentire da Zack. Ma non lo faccio.
Perché non appena alzo lo sguardo, tutto ciò che c'era attorno a me è di nuovo avvolto da una fitta e spaventosa nebbia. Non vedo null'altro, e anche Zack sembra semplicemente sparito nel nulla, risucchiato dalle nuvole proprio come l'ultima volta, mentre io continuo ad essere protetto dal bozzolo di vetro e per qualche strano motivo mi sento protetto e invulnerabile, anche se continuo a temere per Zack.
Non più di tanto però, perché ... è solo un sogno, penso. Un altro dei miei sogni premonitori, forse. Ed io non posso far altro che stare a guardare.

Non ho paura, per la prima volta in vita mia da che queste visioni hanno iniziato a manifestarsi, sento che basterà che io stia fermo al mio posto, perché alla fine mi sveglierò nuovamente li dove mi sono addormentato, interrogandomi inquieto sul significato della mia visione.
Non ho paura, mi ripeto, continuando a guardare la nebbia fitta di fronte a me e sperando quasi che basti questo a farla scomparire restituendomi alla realtà. Non ho paura, e non mi muovo neppure quando improvvisamente il ticchettio svanisce, trascinato via da un esplosione di luce talmente forte da costringermi a ripararmi gli occhi con un braccio, mentre il cristallo di vetro trema, quasi come fosse scosso da un terremoto. Sembra sia scoppiata una devastante bomba, perché non appena il bagliore inizia a svanire, il bozzolo di vetro nel quale sono chiuso viene circondato dalle fiamme.
Sono dapprima solo piccole fiammelle ai piedi del cristallo di vetro, ma prendono piede velocemente e in un attimo le pareti esterne del guscio stanno bruciando. Come ogni cosa intorno a me. Perché l'esplosione, o qualsiasi cosa fosse quel raggio di luce accecante, mi ha trasportato in un villaggio in fiamme.
È notte, ma l'incendio è talmente devastante da riuscire ad illuminare a giorno ogni cosa.
Gli scheletri delle case ormai carbonizzate, in cui le fiamme continuano ad avvilupparsi talmente in alto da riuscire quasi a toccare la faccia grande ed eterea della luna piena, che assiste immobile e disinteressata allo scempio sotto di lei. Odo di nuovo i lamenti che udii la prima volta che sognai della morte di Zack: arrivano dalle case in fiamme, e dagli abitanti del villaggio riversi lungo la strada. Con sgomento noto che la maggior parte sono morti, uccisi dal taglio di una lama sottile. Alcuni invece, resistono in agonia in una pozza di sangue, o completamente sfigurati dalle ustioni.  ... Non riesco neppure a parlare …
Osservo muto, e mi chiedo solo che senso abbia, e come mai tutto ciò mi sembra così ... spaventosamente reale. Non so come spiegarlo ma … non può essere un sogno. Questo ... non può essere solo frutto della mia immaginazione. Anche se ... quelle ferite ... riconoscerei lontano un miglio quel taglio.

Affilato e letale come la lingua velenosa di un serpente.
C'è solo una spada, in grado di infliggere danni così gravi per mezzo di una sola stoccata.
Ed esiste una sola persona al mondo, in grado di domarla.

Sbigottito, mentre il calore ormai dovrebbe essere insopportabile ma il guscio sembra separare me da tutto questo, alzo gli occhi a pochi metri di fronte a me e lo vedo.
Come non l'ho mai visto prima.
Le fiamme lo avvolgono, ma sembrano non sfiorarlo neppure mentre nel suo sguardo ora c'è qualcosa di orrendo e spaventoso, una smorfia di sadica soddisfazione, rabbia, e perversa gioia, mentre la sua mano sinistra stringe l'elsa della Masamune, compagna di mille battaglie e fedele alleata, la cui lama ora completamente sporca di sangue innocente conferma ogni mio sospetto.
Io ... vorrei parlare, riuscire a chiedergli perché ma ... non posso far altro che mormorare il suo nome, con un'espressione di totale stupore negli occhi, e stare a guardare mentre ora quel suo nuovo sguardo sembra rivolto proprio a me.

Mi scruta, e sembra essere l'unico in grado di accorgersi della mia presenza, anche s'è così diverso, da indurmi a pensare per un breve istante che non sia neppure lui.
Capisco che invece è così solo dopo qualche secondo, quando i suoi occhi felini si puntano dritti nei miei, e sulle sue labbra sottili si dipinge un ghigno, come quello che mi fece la prima volta che c'incontrammo. Come se non si aspettasse di trovarmi lì, ma fosse in qualche modo quasi orgoglioso di questo.

           << Sephiroth ... >> mormoro nuovamente, stavolta in maniera di poco più udibile
 
Perché? continuo a pensare, mentre voltatosi nella direzione opposta alla mia lui sembra scomparire tra le fiamme, che avvolgono interamente la sua figura come un mantello e una barriera.
È solo adesso, ora che lui non c'è più e i lamenti, assieme al divampare delle fiamme, si fanno sempre più reali, m' accorgo che il calore sta iniziando a crepare il vetro che mi teneva lontano dal pericolo. Sempre più velocemente, le scheggiature nel mio guscio corrono come la consapevolezza nella mia mente che fra poco piomberò in braccio a quelle fiamme che forse hanno divorato anche Zack.
Zack! Lo cerco, affannosamente e senza trovarlo negli ultimi istanti che precedono il crollo della mia barriera.
Poi, il vetro si frantuma e proprio nel momento stesso in cui la forza di gravità mi trascina tra le fiamme, io urlo ancora una volta il nome del mio generale, allungando una mano nella direzione in cui l'ho visto scomparire, e sento un'altra mano spingermi lontano, nel buio e nel vuoto più profondo.

E torno bruscamente alla mia realtà. -
****
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<< L'ora è giunta ...
adesso ...
          la scelta è soltanto tua.
>>

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Note dell'autrice: Ahem, saaaalvee ^_^ *guarda Sephiroth con aria inquietata* (Sephiroth: Che c'è? <_< / Sara: ^_^" nienteniente ihih *si volatilizza via* / Sephiroth: U_U).
Allora, scusate il mastodontico ritardo (in pratica ho aperto delle note solo per questo :P), ma questo capitolo è uno di quelli di svolta e non volevo lasciarlo passare così :D. Mi sono presa tutto il tempo per capire come potevo rendere epico questo chappy senza snaturare le scene cardine del gioco, e anche se alla fine mi sono concentrata un pò di più solo su Sephiroth e Victor (com'è ovvio, penso) spero di non avervi deluso. (NdGenesis: In realtà ha passato tutto il tempo a giocare a Dirge of Cerberus e Final Fantasy 7, ma questi sono dettagli U_U/ NDSarah: SPIA, SPIONE! è__é Non ti parlo più, ecco Y____Y) ihihih perdonate la parentesi XD
Aaaanywayyyy ....
Ma quanto è insopportabilmente insopportabile HOJOOOO? In realtà, questo è uno dei motivi per cui ho ritardato così tanto. Per motivi di trama dovevo iniziare il capitolo con quella scena, ma non mi andava proprio di scrivere di lui, e alla fine ho lasciato passare più di un mese tra una riga e l'altra O_O Lo detesto, grrrrrrrrrr é__é io l'ho detto che schiatterà, prima o poi, si o noooo? (NdVic *prepara la katana*/ NdSarah: *sorriso perfido* / NdHojo O_______O").
E dulcis in fundo ora me la sto facendo sotto per la paura visto che i pensieri da killer psicopatic ahem bravo figlio di bravissima Madre, di Sephiroth sono stati l'ultima cosa che ho scritto :P
Miseria ladra, ecco perchè non mi piace scrivere in prima persona, tantomeno quando si parla di Sephiroth. FA IMPRESSIONE STO RAGAZZO, OH! Basta, io mi rifiuto di proseguire O__O (Tutti: NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO) xD
Scherzo, scherzo, ovviamente.
Comunque tutto questo per dirvi che: Punto numero 1. Mi siete mancati; e punto numero 2. Queste due scene su citate sono state il motivo per cui mi sono presa un pò di tempo in più. Spero di non aver steccato, vista l'iconicità del personaggio e delle scene, e se non l'ho fatto fatemi un applauso doppio perchè ho veramente faticato a capire quell'adorabile piccolo fiammiferaio psicopatico che non è altro.
Bene ora chiudo che ho scritto un papiro, ciao ciao.

PS. Ah, un ultima cosa. Qualcuno mi può spiegare come funziona il calendario in quel di Midgar? Perchè io ho provato a studiarmelo ma non c'ho capito una mazza :P XD
   
 
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