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Autore: SakiJune    22/05/2015    1 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Quando il Dottore riprese conoscenza, il sibilo era diventato assordante. Come il lamento disperato di una creatura… di un…

Si alzò, incespicando, e seguì quel suono. Si arrampicò sulle rocce, la testa che pulsava e ronzava e una nausea insopportabile dovuta a quel suono disturbante. Guardò, e un singulto scaturì dalla gola in fiamme; si precipitò giù, un po’ correndo, un po’ rotolando. Pagò cara quell'imprudenza, fitte di dolore lo attraversarono dove la maglietta era ormai inchiodata al suo corpo da schegge di metallo e grumi di sangue. Alcune ferite si erano riaperte, lo sapeva, ma non era di se stesso che gli importava, ora.

- Ehi! Ehi, stai bene? - La voce gli uscì a malapena, e il ragazzo non dava segno di averlo sentito, così arrancò lungo la distanza che li separava, le gambe tremanti, un sapore metallico in bocca.

 

Arkhew si era aggrappato alla speranza di aver avuto un’allucinazione, che tutto questo non fosse reale, di essere svenuto e di stare sognando.

Ma no, era perfettamente sveglio.

Il senso di colpa più cocente aveva preso il posto dello stupore. Era stato lui. L’aveva chiamata, come un bambino che fa i capricci, e per quel capriccio, adesso, sua madre non era che... polvere.

Si era chinato a terra e l’aveva sfiorata, sotto shock. La punta delle sue dita era scomparsa, come se le avesse immerse in acqua grigiastra; ma aveva trovato immediatamente qualcosa di solido. L’aveva afferrato e aveva visto cos’era.

Aveva trattenuto il respiro. Il manipolatore del Vortice...

Ora non c’era davvero più nessun dubbio, nessuna speranza.

Dalla sua gola era scaturito un lamento crescente, ad una frequenza insopportabile per orecchi umani. Aveva atteso che un secondo colpo mettesse fine a quel dolore, trasformandolo nella stessa fine materia, così che potesse mescolarsi con lei ed essere nuovamente una cosa sola.

Ma esso non era giunto. Il tempo aveva continuato a scorrere e la nebbia si era diradata, siglando nel suo animo l’amara consapevolezza di ciò che era accaduto.

- Arkhew?

Il suono iniziò a calare d’intensità, una volta che si fu accorto della sua presenza. Il senso di nausea che aveva afferrato il Dottore svanì di conseguenza, ma non per questo si sentiva più in forze. La debolezza fisica e la malinconia si accompagnarono in una dolce discesa. L’aveva visto scorrazzare nel giardino di Lungbarrow insieme a Jack, l’aveva preso in braccio quand’era un cosino minuscolo e i misteri erano stati finalmente svelati. Era incredibile, era tutto così incredibile e dolce e tremendo.

- Dottore. - Arrivava ora? Ora che più niente aveva significato?

- Stai bene? È tutto a posto, sei…

- Devi dirmi perché. Chi è stato. Chi era. - Chi ha ucciso mia madre? avrebbe voluto continuare, ma si accorse del suo pallore e delle sue ferite. - Perché… perché?

Il Dottore non sembrava avere una risposta, nemmeno una piccola e banale. Ma se… se era riuscito a tornare indietro, allora era stata Maggie a liberarlo, perché aveva creduto in ciò che le aveva detto, si era fidata, era ancora sua...

 

Non distante da loro, un uomo sulla sessantina, con un paio di baffi grigio ferro e un tono autoritario, si stava scrollando di dosso il fango e massaggiando la testa dolorante. Il suo cipiglio era più che mai intenso, quasi schiumante di rabbia.

Sussultò di sdegno quando si accorse dell’altro. Il prigioniero. Il maledetto Dottore.

Questi lo salutò con la mano, non appena si fu accorto di lui.  - Sentivo la sua mancanza, Fartridge, così mi sono fatto dare uno strappo fin qui - gorgogliò con amaro sarcasmo.

L’ufficiale non sembrò dare importanza al nomignolo volgare in sé; la sola presenza del Dottore gli sembrava abbastanza insultante. Traballò fin là, dandosi un contegno ormai inutile. - Traditori. Schifosi traditori. Tu, lucertola, tu, Signore del Tempo, e se sei riuscito a fuggire ho idea che la stronzetta artritica sia vostra complice… dove l’hai lasciata, dimmi?

Il Dottore scoprì i denti in una smorfia. - Come l’hai chiamata?

- Doveva chiuderti in cella, non lasciarti libero di… perché sei tornato qui, comunque? - Qualcosa non quadrava. Voleva eliminare i sopravvissuti, forse? Che cosa...

- È grazie a lei se sei ancora vivo, razza di ingrato! Chi pensi abbia fatto saltare quella? Mia cugina Jobiska? - grugnì, indicando i resti fumanti della nave Sycorax in lontananza. - Perché nessuno lo capisce, mai? Perché nessuno mi ascolta? Lei mi ha ascoltato. Mi ha dato fiducia. Speravamo di salvarvi… Credeva ancora in sciocchezze come queste, lo sai? Fare del bene. Salvare delle vite.

Arkhew chiuse gli occhi e sentì il dolore attraversarlo ancora una volta, solo un poco anestetizzato dalla stanchezza. Sentir parlare di lei al passato fu troppo per i suoi nervi già scossi. Non pianse, però; non avrebbe dato a Partridge quella soddisfazione. - Io. Non sono. Un fottuto. Traditore!

Ma l’ufficiale quasi non lo sentì. Era concentrato su qualcosa dietro di loro, una forma blu acceso che si fece più solida ad ogni istante. La donna che ne era uscita trascinava con sé la figura recalcitrante di Zendarotethlestar, sopravvissuto all’interrogatorio con più di un arto e accessori extra fuori uso. Partridge fissò entrambi con sospettosa attenzione.

- Eccolo. Tutto per voi, grandiosi generali… il Signore del Tempo che cercate. L’ultimo anello di una catena, il più piccolo ingranaggio di un sistema corrotto e disgustoso. I servizi segreti di Gallifrey architettano di guadagnare potere e non solo sul tempo, anche nello spazio. Vogliono stroncare sul nascere ogni alleanza che considerano pericolosa al proprio dominio.

- J-Jenny… - balbettò il Dottore. Il cappotto che indossava, adatto al clima di Grad ma che stonava con la temperatura torrida della pianura, era lo stesso della sua visita nella TARDIS, quando Honey era appena nata. Un altro cerchio che si chiudeva. Forse l’ultimo, forse...

 

Se Zendar le aveva confessato di aver ucciso Kew, poterlo riabbracciare fu per Jenny un sollievo molto, molto breve. Non contava nulla che negli ultimi anni lei e Vastra fossero rimaste separate, fra loro non era mai stato semplice, mai… ma proprio per questo aveva sempre avuto la certezza che valesse la pena ogni volta perdonarsi e ricominciare.

Questa volta era davvero la fine. Non erano più su Poosh, né in quell’appartamento minuscolo e brulicante di negatività, non c’erano piatti sporchi e granchi giganti e cyborg cospiratori, solo cenere e fango.

Era l’ultima pagina di quella storia d’amore costellata di incomprensioni e litigi, ma autentica e ardente come un sole.

Scorrevano i titoli di coda.

In una lingua sconosciuta.

Il Dottore ripensò al suo primo incontro con Vastra, nel diciannovesimo secolo, e poi alla battaglia di Demon's Run, e al suo matrimonio con Jenny Flint. E ancora, a quando sua figlia l'aveva salvata dopo l'attacco del Macra, e a come, tornato da Peladon, avesse benedetto quel nuovo amore. Ricordò la sua fiera intelligenza e le ragioni per cui essa era stata offuscata dalla rabbia più cocente, cristallizzando il risentimento e trasformandolo in roccia. Nessuna possibilità di chiarirsi. Più nulla.

Jenny non aveva mai provato la curiosità di assaggiare la carne umana, e nemmeno era mai stata d’accordo che Kew lo facesse, per quanto era quasi sicura che certi avanzi in frigorifero gli avessero fatto gola in più occasioni - ma questa volta, in un gesto di dolore estremo ed amaro trionfo, offrì al ragazzo il corpo palpitante di terrore di Zendar. Dimenticò i giuramenti della sua professione; non lavorava più per la Legge, solo per la… Giustizia.

In fondo, come gli Eterni le avrebbero suggerito, era la figlia del Guardiano Rosso.

Arkhew la fissò, istupidito. - Vendetta - gli sussurrò Jenny, annuendo. - È tutto ciò che ci rimane.

- No, no, no! - supplicò il Dottore, tentando con tutte le sue forze di restare in piedi. - C’è molto di più… dovete lasciare che abbia un processo, l’Universo deve sapere! Gallifrey deve sapere, è l’occasione di estirpare il marcio dalla nostra civiltà, è… - Ripensò ai discorsi di Jelpax sulla necessità di continuare a combattere dall’interno, ricordò come gli avesse chiesto di restare nonostante quello che era accaduto… allora gli era sembrato assurdo, inutile, fuori da ogni questione. Se l’avesse fatto, se fosse rimasto, tutto questo non sarebbe accaduto, forse… forse.

- Non è la mia civiltà! Io non ho mai voluto essere una di loro! Volevo solo una famiglia… la mia famiglia!

- Lo so, Jenny, ma ascoltami, sei un avvocato con licenza di esercizio in due sistemi solari, giusto? Tocca a voi costruire ciò che avrebbero voluto distruggere. Tornate a Lungbarrow. Beaureglammorth avrà il suo primo grandioso scoop, altro che abiti da sposa…

Lei lo fissò quasi con disgusto, incapace di conciliare una parola tanto volgare con l’enorme vuoto che aveva già iniziato a divorarla. - Andate all’inferno, tutti quanti… anche tu! Cosa ti fa credere che metterei ancora piede su Gallifrey, dopo un orrore del genere? Hanno ucciso mia moglie. Volevano uccidere nostro figlio, e tu… tu mi parli di concedere esclusive giornalistiche? Che cosa sei diventato?

- No, ascoltami, ti prego! Ti sto parlando di quanto le convinzioni politiche dei Signori del Tempo sappiano essere estremamente mutevoli, ti sto parlando dell’unico modo in cui sarete al sicuro, non capisci? Non ci riproveranno. È tutto qui. È tutto finito. - Indicò il cielo, l’atmosfera ancora pregna di fumo soffocante. - Avevano visto… questo. Hanno sfruttato l’occasione, ma non sanno niente! Non sanno niente!

Jenny scosse la testa, già pentita di quella sfuriata, gli occhi che vagavano inquieti. Poteva aver ereditato il suo intuito, ma le mancavano ancora troppe tessere per completare quella visione d’insieme. - E che cosa sappiamo noi?

- Nemmeno io so niente! - Come un’eco amplificata, la replica di Kew sovrastò quella di Jenny. - Perché volevano uccidermi? Devo sapere per quale schifoso motivo ho perso mia madre… rispondimi, Dottore, o non sei migliore di… lui. - Confuso oltre ogni possibile definizione, Arkhew non aveva alzato un dito contro Zendar, che deglutì con forza e ricominciò a sperare. Qualsiasi condanna di un tribunale alieno sarebbe stata poca cosa, in confronto alla furia di Vansell per non aver portato a termine la missione.

“Hai ancora me. Anch’io sono la tua mamma, non t’importa? Non t’importa di me?” Jenny fece per appoggiare la mano sul braccio di Arkhew, ma d’istinto lui si scostò. Temeva che, se lei l’avesse toccato, avrebbe fatto la stessa fine di Vastra. Si sentiva sporco, colpevole, indegno del suo affetto.

- Avrai le tue risposte, tesoro. - balbettò Jenny, iniziando a comprendere... non il ruolo che avrebbero avuto in chissà quale ragnatela di eventi, ma gli errori che avevano commesso in passato. La colpa era dell’Agenzia Interventista; la responsabilità era anche sua, per non avere mai trovato il coraggio di rivelargli chi fosse suo padre, e quanto l’amasse, e che esisteva un luogo nell’universo interamente suo… gliel’aveva nascosto per tutti quegli anni, e il prezzo da pagare era stato così alto… L’orgoglio si era ormai dissolto nel suo cuore; era tempo di lasciarsi trasportare dal destino, per tutti loro, nessuno escluso. - Ci sono delle cose… che non ti abbiamo mai detto, e mi dispiace-

- Avrai molto di più, - promise il Dottore, annuendo debolmente. - Avrai un futuro, e nessuno potrà portartelo via. La verità dovrà riecheggiare, i Signori del Tempo si risveglieranno, adesso o mai… se non sono completamente idioti. - Assaporò quella possibilità con un ultimo gioco di sopracciglia, un’ultima scintilla di vivacità. - Il cosiddetto Lord Vansell dovrà presentare le dimissioni, l’opinione pubblica lo schiaccerà. Forse sarà tempo di nuove elezioni. E allora non avrete più nulla da temere… ma già ora, lo sento, non ci proveranno mai più...

Arkhew guardò il campo di battaglia. Morti, feriti, urla. Guardò gli aerei e le navicelle che iniziavano ad avventurarsi a bassa quota da quelle parti.

Guardò ciò che restava di sua madre.

Guardò a nord, verso la nave esplosa. Maggie…

Sibilò, questa volta brevemente e ad una frequenza accettabile. Afferrò Zendar e lo trascinò per un ultimo tratto, lasciandolo boccheggiante ai piedi del Tenente Colonnello Partridge.

- Non sono un traditore, signore. Non so ancora che cosa sono. Vuole fucilarmi ora? Lo faccia. Perché ho una paura dannata di quello che mi aspetta. Ma si rimangi ciò che ha detto.

L’uomo si schiarì la gola e borbottò qualcosa.

- Più forte, signore!

- Ricostruiremo i fatti, e se sarà dimostrato che il sergente Maplewood ha agito con onore, le sarà reso merito…

Discorsi pomposi e medaglie postume non avrebbero colmato quel vuoto, ma quel momento aveva un suo valore, portava con sé una scintilla di soddisfazione che brillò per un attimo nel suo sguardo prima di spegnersi in un battito di palpebre.

- E questo vale anche per il Dottore? - lo sfidò. Era la fine della sua breve carriera da ufficiale, lo sapeva. Non gli dispiacque. Senza di lei…

Lei chi? Sua madre o Maggie? Colei che l’aveva scongiurato invano di non mettere a repentaglio la sua vita o quella per cui sarebbe stato disposto a morire senza pensarci un secondo?

Partridge considerò la situazione con rinnovata sufficienza; avere un nuovo colpevole tra le mani gli sembrò accettabile. Sputò a terra, quasi in faccia a Zendar. - Non potrei comunque fermarlo, lui e il suo trabiccolo… giusto? Che vada da qualche altra razza di idioti, a illuderli di essere l'eroe che aspettavano.

 

Ma colui che era stato il Dottore si appoggiò alla porta della TARDIS, ormai consapevole di cosa stesse per accadere.

Sentiva di avere ancora energia per un’altra rigenerazione, ma una soltanto. Lo sapeva da tempo, solo non aveva creduto di doversene preoccupare tanto presto. Ritrovare Romana e Drax - il Calderaio, si chiamava il Calderaio ora - gli aveva annebbiato la mente sino a farlo ripiombare nell’illusione di eternità in cui già altre volte era caduto. Ma niente paura, si era rimesso in carreggiata. C’era ancora qualcosa da fare, e pian piano iniziò a ricordare che cosa.

Essere il Dottore non era tutto.

Smettere quel nome, come un cravattino usato, un vecchio ombrello, una spilla, non era ancora la fine.

Aveva creduto che la sua promessa nei confronti dell’Universo sarebbe stata eterna, ma qualcosa si era spezzato. La prima volta

(Cass)

era accaduto su Karn, e aveva aperto una lunga parentesi di guerra e morte. Morte, dalle sue stesse mani. Ma più tardi si era convinto - echi dal futuro l’avevano convinto - che poteva riprendere a sperare, che la distruzione non sarebbe stata totale…

E ora che avrebbe avuto il tempo di perdonarsi, non molto, ma più di quattro minuti, certo… non si concedette nemmeno questo. perché

(Maggie)

aveva visto il sacrificio e la distruzione e non aveva fermato né l’uno né l’altra. Aveva... goduto, a vedere l’astronave andare in pezzi? Tanto da trascurare di mettersi in salvo?

 

E non era solo per questo, no, era rimasto uno spettatore, nemmeno! Uno spettatore ritardatario, che poteva solo contare i caduti e vedere i sopravvissuti rialzarsi da soli, scrollandosi il fango dai vestiti, il dolore ancora negli occhi.

 

Ma non voleva morire, non ancora.

C’era ancora qualcosa.

Un’eredità.

Ad ognuno la propria, pensò, accarezzando Arkhew e Jenny con lo sguardo mentre varcava la soglia.

 

“Sarei il Grande Curatore. Potrei andare in pensione e farlo davvero… diventare il curatore di questo posto…”

 

Mentre le sue mani iniziavano a luccicare, cercò dentro di sé ogni particella di energia rigenerativa. E trovò molto, molto di più.

Un vecchio se stesso, a cui piaceva indossare una sciarpa colorata e vecchi cappotti sformati.

Il Dodicesimo Dottore e Romana avrebbero riavuto la libertà - dalla prigionia e dal dolore, e infine lei si sarebbe tenuta persino il suo cappello.

Forse, forse… Ada avrebbe avuto il suo Tom.

Ma una cosa per volta, suvvia. Prima di tutto, il buon re James avrebbe ricevuto presto una gradita visita...

 

*

 

I polmoni di Jack scattarono a risucchiare più aria possibile. Spalancò gli occhi, guardandosi intorno freneticamente:

- Alonso!

Questi si fece più vicino per entrare nella sua visuale. Non c’era un solo osso che non gli facesse male, ma non gli importava nulla.

- Ehi. Ogni volta non credo che tu possa farcela davvero. Non mi abituerò mai.

- Abituati. - Jack si alzò a sedere e lo afferrò per le spalle doloranti, ma lui non si lamentò. - Stai bene? Stai bene, vero?

Alonso annuì lentamente. - Grazie a te.

Jack non lo lasciò andare; gli affondò le dita tra i capelli, avvinghiando la bocca alla sua in un bacio profondo e disperato.

- Mi concederai una possibilità, allora.

- Tu non sei un uomo a cui si concede una possibilità. Sei… la persona a cui si regala l’universo in una scatola.

“No, sto concedendo a me stesso un’altra chance di amare. E avrò l’onore e la gioia di amare te. Lascerò che questo cuore si apra un’altra volta, un’ultima meravigliosa volta…”

- Ehi, potrei abituarmi a tanta poesia. - Il giovane appoggiò la testa contro il petto di Jack. - Quest’ultima risurrezione ti ha cambiato un po’? Molto piacere, mi chiamo Alonso Frame e hai appena salvato il mio pianeta. Puoi aprirmi, per piacere? Fa un po’ freddo qui fuori.

Jack lo prese alla lettera, per quanto il sole picchiasse duro. - Freddo? Hai freddo?

Si rese conto improvvisamente di dove fossero. Vetture dell’esercito atterravano o ripartivano - il cielo era rossastro, come se nell’atmosfera esterna si fosse condensata una nebbia di fuoco.

- Black Beauty! - quasi gridò.

- Si sta riparando, ci metterà un po'. Dice di non scocciarla.

Jack sospirò di sollievo, sentendosi molto stupido. Tornò a fissare il cielo. - Se qualcuno ci guardasse…

- T’importa che ci guardino? - ribatté Alonso, in tono di sfida.

- Il pianeta. Dall’esterno. Potrebbe sembrare in fiamme. Esploso, per quanto ne possono sapere.

- Ma non è così.

- Esatto. Per me è lo stesso. Sono andato avanti, Gwen non può saperne niente. Spero che anche lei…

Alonso ricordò improvvisamente qualcosa: - Dobbiamo trovare Jenny. Altrimenti non possiamo… non avremmo potuto… non potremo essere qui.

- Impari in fretta. - Jack schioccò la lingua in una smorfia irresistibile.

- Imparo dal migliore… guarda! Là, guarda! - Si alzò a fatica, indicando una macchia blu nella pianura arida, in quello che sembrava un campo di battaglia.

 

Prima che potessero raggiungerla, la TARDIS svanì sotto i loro occhi come un miraggio.

 

Il Signore del Tempo che in essa riaprì gli occhi, svuotato di energia rigenerativa ma con i cuori colmi dello stesso amore di sempre, sapeva di avere ormai un altro nome.

 

Ma per miliardi di creature, sotto miliardi di stelle, in ogni epoca e in ogni luogo, il Dottore continuò ad esistere, nelle sue passate incarnazioni, e così fino alla conclusione di tutto... se una conclusione mai vi sarebbe stata, per le infinite realtà possibili e impossibili.

 

   
 
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