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Autore: Skylark91    22/05/2015    10 recensioni
Sevitus Post-GOF: l'estate immediatamente successiva al quarto anno di Harry porta con se nuovi problemi, sfide e... drastici cambiamenti. Un susseguirsi di vicende molto particolari indurranno il ragazzo ad avvicinarsi alla persona più improbabile nel ricoprire il ruolo di mentore e... qualcosa di più. (Non-Slash)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Severus Piton, Sirius Black, Voldemort
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
Capitoli:
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XVI.
Under the Larches



«Expelliarmus!»

Codaliscia sgranò gli occhietti acquosi e lanciò un grido, più simile a uno squittio. Due getti di luce rossa piombarono su di lui dal nulla, appena un secondo dopo che il Mangiamorte ebbe spalancato la porta che conduceva alla cantina dei Malfoy. Il suo corpo grassoccio venne scaraventato all’indietro, ai piedi delle scale che aveva percorso e la sua testa ciondolò in avanti per qualche istante, finché due ombre non lo sovrastarono.

«Peter… vecchio amico

Il servitore più codardo di Lord Voldemort emise un altro verso, mentre ogni centimetro delle sue fattezze deformi prendeva a tremare e un’espressione di puro terrore andava a formarsi nello sguardo sconvolto.

«S-Sirius… R-Remus… per f-favore…»

«Com’è essere tornati a lavorare per il tuo padrone?» Sirius lo afferrò per la collottola macchiata di unto e sporcizia, sollevandolo da terra in malo modo. «I tuoi amici Mangiamorte ti trattano piuttosto bene dopotutto, per essere soltanto il loro ratto di fiducia… ti lasciano girare per Villa Malfoy tutto solo soletto… e guarda qui cos’abbiamo… una mano nuova di zecca tutta per te?»

«L-lasciami… ti p-prego… » biascicò Codaliscia, cercando di liberarsi dalla sua stretta. Guardò Remus in cerca di un briciolo di pietà, ma tutto ciò che ricevette fu disprezzo.

«Non temere, non abbiamo tempo per trattarti come più meriti,» intervenne quest’ultimo, sentendo Tonks superarli per perlustrare il piano superiore. «Ora ci dirai come raggiungere la fortezza del tuo adorato Signore Oscuro, senza farci perdere tempo con le tue inutili suppliche.»

Codaliscia allargò ancora di più gli occhi. «M-ma… ma… n-non posso!» piagnucolò, quasi istericamente.
 
La presa di Sirius su di lui si intensificò. «Non garantisco il tuo arrivo tutto intero da Silente, quando avremo finito…» lo minacciò, fulminandolo con un’occhiata.

Il Mangiamorte deglutì più volte, il viso impiastrato di sudore che brillava alla luce delle bacchette. «Non è possibile Materializzarsi all’interno o all’esterno con chi non possiede il Marchio, la base è nascosta da barriere estremamente potenti poste tutt’attorno alla foresta di larici…»

«Ed è proprio lì che ci farai apparire allora,» incalzò Sirius, strattonandolo con forza, «ai limitari della foresta, per poi farci strada fino al quartier generale segreto.»

«E non pensare nemmeno di fare scherzi,» sottolineò Remus, premendo la punta della bacchetta contro il suo petto, «ti assicuro che questa volta non finirà come l’ultima.»

Tonks tornò dal suo giro e guardò gli altri con rinnovato entusiasmo. «Dunque è tutto pronto per andare a salvare Harry?»
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Una donna bellissima, dai capelli rosso scuro e gli occhi di un verde così brillante da illuminare anche l’oscurità più buia…

… Accanto a lei era accovacciata una cerva trasparente, il corpo splendente di luce propria…

«Potter non mostrava rispetto quando era nel pieno di se, mio Signore, la sua persistente arroganza è tutto all’infuori che imprevedibile.» …

… «Fai del tuo peggio con lui, altrimenti… lo saprò.»

«Certamente, mio Signore.» …

… «Ho bisogno che tu prenda questa, Potter, ti aiuterà a recuperare le forze più rapidamente.» …

… «No, Potter, non ci saranno altre torture.» …

Harry cercò con tutto se stesso di risvegliarsi. Non sopportava più quelle ombre, non sopportava più quelle voci, né le sue stesse urla di dolore. Voleva dimenticare con tutte le proprie forze ogni cosa, voleva tornare a Grimmauld Place, rivedere Sirius e riappacificarsi con lui per quella stupida discussione che avevano avuto… voleva Ron e Hermione al suo fianco, mangiare un’altra fetta della torta della Signora Weasley… voleva…  

I suoi occhi finalmente si mossero e le sue palpebre si aprirono leggermente. Si accorse di non essere più nella fredda e buia selva in cui aveva battuto la testa. Il luogo in cui si trovava sembrava molto più piccolo e ristretto… una cella? Harry cercò di tirarsi su di colpo, terrorizzato, ma la testa gli vorticò paurosamente e fu costretto ad accasciarsi di nuovo.

«Quando la smetterai di agitarti sarà sempre troppo tardi.»

Una voce familiare parlò accanto a lui e Harry non poté fare a meno di muoversi ancora, freneticamente. Nella sua testa, c’era il ricordo di due Piton: una prima versione che lo torturava per ordine di Voldemort, e una seconda che lo aiutava a fuggire e lo rassicurava. Ora Harry, sconvolto dallo stato semi-onirico in cui era – per l’ennesima volta – sprofondato, non sapeva con quale dei due si trovasse.   

«Dannazione, Potter, pensavo avessimo ormai superato questo punto…» Piton si fece più vicino e gli immobilizzò entrambe le braccia in modo da impedirgli di farsi del male.

«N-no!» protestò il ragazzo, cercando di svincolarsi inutilmente dalla sua presa.

«Smettila di muoverti, stupido, finirai per ferirti!»

«No, non m-mi torturi!»

Piton mollò immediatamente la presa su di lui, come se si fosse scottato. Nel suo sguardo, c’era una luce sorpresa mista a quello che Harry non poteva credere essere rimorso. Il giovane cessò di agitarsi – accorgendosi di non essere mai stato in pericolo – e si rese conto che, come era arrivato, quel velo di turbamento era già scomparso dall’espressione dell’uomo.

«Non era mia intenzione farti del male,» disse rigidamente Piton dopo qualche istante, tornando a sedersi poco più in là, il volto nuovamente impassibile.

«Lo so,» rispose Harry, in un tono a malapena udibile, mentre la respirazione iniziava a regolarizzarsi. In realtà, non sapeva se Piton si stesse riferendo a quanto appena successo o a quanto accaduto nella fortezza di Voldemort la notte prima.

Ora che era completamente sveglio, si sentì quasi un’idiota per la reazione avuta.

Uno scomodo silenzio scese su di loro, e il ragazzo ne approfittò per guardarsi intorno. Si trovavano in quella che aveva tutta l’aria di essere una piccola caverna scavata nella roccia, illuminata quel tanto che bastava da permettere a entrambi di vederci qualcosa; Harry sospettò che ci fosse lo zampino della magia di Piton anche per la temperatura all’interno del loro rifugio improvvisato, perché l’ambiente appariva piacevolmente riscaldato.
 
«Non saremo un bersaglio facile qui dentro?» chiese Harry, mentre notava che il giaciglio improvvisato su cui era steso si trovava nel punto più lontano dall’apertura della tana.

«Siamo al sicuro per il momento, ho incantato la caverna perché risulti invisibile ad occhi esterni, estendendo la protezione anche alle nostre voci,» spiegò Piton, che stava scrutando le tenebre della notte.

Harry annuì, ma smise subito: la testa gli faceva così male che faticava persino ad immagazzinare informazioni tanto semplici. Per distrarsi, cercò di ricordare quello che stava sognando prima che tutto si trasformasse in un incubo su Voldemort, Piton e la tortura. Il volto di sua madre che accarezzava una cerva eterea affiorò nella sua mente e Harry sentì il cuore alleggerirsi un poco a quel pensiero.

In che modo erano collegate le due immagini?

Il Patronus di Piton era una cerva… e ormai il ragazzo non aveva più dubbi sul fatto che un tempo i due fossero stati amici. Era mai possibile, tuttavia, che ci fosse dell’altro?

Come in un flash, il ragazzo rivide la lettera che aveva scoperto nel laboratorio del Pozionista e ricordò il modo burrascoso in cui quella mattinata si era conclusa. Harry poteva ancora sentire la voce di Piton – terribile e incontrollabile – tuonargli addosso, mentre lo scacciava dal suo laboratorio senza lasciargli il tempo di dare nemmeno una spiegazione.

«Non volevo ficcare il naso nei suoi affari, a Hogwarts,» disse all’improvviso il ragazzo, pensando di approfittare di quel momento per chiarire; non sapeva perché, ma ne sentiva il bisogno.

Piton non mosse un muscolo, ma Harry ebbe l’impressione che l’uomo non si fosse aspettato un ritorno sull’argomento. «Non è qualcosa di cui voglio parlare, Potter,» tagliò corto, dissimulando una nota infastidita nella voce e sforzandosi di mantenere un tono sufficientemente civile con il giovane. «Ho commesso un errore lasciandoti solo nel mio laboratorio.»

Harry inghiottì la delusione che minacciava di salirgli alle labbra. Per un attimo, aveva quasi sperato che Piton fosse disposto a dirgli qualcosa riguardo a sua madre, ma era evidente che l’uomo non avesse nessuna intenzione al riguardo. Forse non aveva nemmeno tutti i torti; perché mai avrebbe dovuto raccontare i suoi fatti più personali proprio a lui, Harry James Potter? D’altronde, se doveva dirla tutta – senza giustificare la reazione esagerata del proprio insegnante –, il Grifondoro doveva ammettere che nemmeno a lui sarebbe piaciuto se di punto in bianco qualcuno si fosse messo a toccare i suoi affetti personali senza permesso.

Si rimangiò qualsiasi risposta piccata, mordendosi la lingua, e si coricò nuovamente, posando lo sguardo sul soffitto della grotta.
 
«Volevo solo dirle che mi dispiace,» rispose invece, sincero.

Con la coda dell’occhio, notò un movimento leggero della testa di Piton, come se quest’ultimo fosse stato sorpreso di sentire quelle parole provenire niente meno che dal Ragazzo Sopravvissuto. Lo vide separare appena le labbra, come sul punto di dire qualcosa, prima di tornare a volgersi verso l’esterno del loro riparo improvvisato, il viso nuovamente imperscrutabile.

Trascorse qualche altro attimo di silenzio, durante il quale Harry rimase in ascolto dei cori di cicale e dello stridio di qualche civetta solitaria, aspettandosi che da un momento all’altro questi suoni fossero interrotti dallo scalpitare improvviso dei loro inseguitori.

«Ne ho combinata un’altra delle mie, vero?» disse amaramente, non sopportando più quel silenzio; era evidente che per causa sua avevano dovuto interrompere la fuga e perdere anche quel briciolo di vantaggio che avevano acquisito sui Mangiamorte. Quando si accorse che la risposta di Piton tardava ad arrivare, il giovane gli lanciò un’altra occhiata. «Nessun commento sarcastico al riguardo?» aggiunse, nella speranza che l’uomo non ce l’avesse con lui per il comportamento di prima e per la storia della lettera.

Piton inarcò il suo sopracciglio preferito e si girò verso il Grifondoro. «Ti farebbe sentire meglio se ne facessi uno?» Non sembrava arrabbiato, e Harry si chiese da quando aveva iniziato ad apprezzare il senso dell’umorismo del Serpeverde; se doveva essere sincero, dopo averci fatto l’abitudine, non era poi così male. «In realtà – per quanto mi costi ammetterlo – per una volta hai fatto una cosa giusta, picchiando la testa contro quel ramo. Non potevamo continuare così, hai bisogno di recuperare le forze.»

Wow, questo sì che è incoraggiante, sospirò Harry nella propria testa. D’un tratto, si sentì nuovamente sopraffare dalla stanchezza e socchiuse brevemente gli occhi; si chiese se Piton non avesse bisogno di dormire.

«Per quanto tempo resteremo qui?»

«Tre ore, non di più. Prima dell’alba saremo già in marcia.»

«Non dovremmo fare a turni per…?»

«No, tu dormi, io faccio la guardia,» sentenziò l’Esperto di Pozioni, in un tono definitivo.

Se Severus Piton era intenzionato a restare di fronte all’ingresso della caverna per tutto il tempo che sarebbero stati lì, Harry non avrebbe certo cercato di fargli cambiare idea; era troppo esausto per argomentare ulteriormente con lui, e ormai aveva capito che sarebbe stata comunque una battaglia persa fin dall’inizio, anche in condizioni normali. Ciononostante, non poteva negare di sentirsi molto più sicuro sapendo che qualcuno come Piton avrebbe vegliato sul suo sonno; finora l’uomo si era dimostrato impeccabile nella fuga, affrontando ogni situazione con abilità e sangue freddo, e mantenendo fede a tutto ciò che gli aveva assicurato in cella, prima della loro evasione.

Un dettaglio di quei momenti colse Harry, proprio mentre il sonno iniziava a farsi più pesante e insistente. Non poteva credere che fosse arrivato a quella conclusione solo in quel momento, nemmeno dopo tutti gli indizi che persino Piton gli aveva suggerito durante le lezioni di Occlumanzia ad Hogwarts.
    
«Non è mai stato l'unguento, vero?»

Severus spostò gli occhi sul viso stanco e provato del ragazzo. «A cosa ti riferisci, Potter?» domandò, fingendo di non capire. Probabilmente la febbre stava tornando. Sì alzò e si chinò su di lui per controllargli la fronte.

«La sensazione... di pace interiore. A farmi stare bene.»

Era fredda. Severus rimase in silenzio per qualche istante, poi lo vide chiudere gli occhi e cedere alla stanchezza. «Dormi... presto, dovremo riprendere a correre.»

Forse questa piccola testa vuota sta finalmente iniziando a capire di aver bisogno di una mano e che non può continuare a giocare a fare l’eroe da solo...
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«È questo il punto esatto?»

Codaliscia annuì vigorosamente, prima di ritrarsi di scatto di fronte alla bacchetta agitatagli sotto il naso da Sirius. «Ne sei perfettamente sicuro, ratto?»
 
«Sì, sì, sì!» piagnucolò in risposta l’uomo tarchiato. «La base è in una radura nel mezzo della foresta! Si può entrare e uscire solo accompagnati da un Mangiamorte…»

«Come facciamo a sapere che non ci sta mentendo?» bisbigliò Tonks all’orecchio di Remus, vedendo Sirius troppo preso a ispezionare l’entrata della selva e ascoltare le spiegazioni frenetiche di Codaliscia.

«Semplice… non lo sappiamo,» rispose tetro Lunastorta, lasciando sorvolare gli occhi sulla boscaglia di fronte a loro, «ma ormai siamo qui, e temo che Sirius abbia ragione: questa potrebbe essere la nostra unica occasione per salvare Harry.»

«Remus, il piano era trovare informazioni su dove Harry è tenuto in modo da avvisare Silente. Abbiamo bisogno di una strategia se vogliamo anche solo sperare di poterci avvicinare al quartier generale di Tu-Sai-Chi, abbiamo bisogno di rinforzi, di altri auror--»

«È per questo che tu tornerai indietro,» la interruppe Remus, gentile e fermo al tempo stesso.

«Che cosa? Perché--?»

«Sarai tu a informare Silente e a mandare rinforzi,» spiegò lui. «Sei l’unica, a parte noi, ad essere a conoscenza di questo luogo, puoi Materializzarti qui con altri e porterai con te Codaliscia dopo che ci avrà fatto entrare, così da poter superare nuovamente le barriere. D’accordo?»

«Remus, sei impazzito?» Tonks lo guardò quasi scioccata. «Non potete entrare lì dentro da soli, quel posto brulica di Mangiamorte--»

«È l’unica soluzione, Tonks, lo sai,» intervenne Sirius, strattonando Codaliscia vicino all’ingresso della foresta, desideroso di entrarvi al più presto. «Non intendo sprecare quella che potrebbe essere l’unica chance di entrare che abbiamo.»

Tonks guardò alternativamente l’uno e l’altro uomo, prima di annuire, con riluttanza, e di acconsentire al piano. «Okay…» sospirò infine, «… ma fate attenzione, mi raccomando,» aggiunse, cercando di nascondere la pessima sensazione che provava all’idea di farli andare momentaneamente da soli.
 
Remus le sorrise, e lei ricambiò, abbozzandone uno che sperava non avrebbe tradito le proprie preoccupazioni. Poi, salutò entrambi e li vide inoltrarsi nella selva, guidati in modo remissivo da Codaliscia.

Tonks li guardò sparire oltre le barriere magiche e attese qualche secondo, rimanendo in ascolto.

I tre non erano entrati da più di due minuti, quando l’Auror avvertì una sorta di commozione generale. Dei versi strozzati provenivano dal punto in cui gli uomini erano scomparsi.

«No! Sirius, aiutami!»

«Ci sto provando! Dannazione, non si stacca!»

Tonks scattò verso la selva, incapace di oltrepassarne l’ingresso. «Remus!» gridò, con il cuore in gola. «Remus, rispondimi!»

Negli attimi di silenzio che seguirono, la donna credette di impazzire, costretta a non poter intervenire e a non sapere ciò che era accaduto dall’altra parte. Chiamò ancora i loro nomi, facendo appello anche a Sirius, finché non giunse, infine, la risposta di quest’ultimo. Sembrava scioccato.

«Codaliscia… lui è… La mano d’argento l’ha strangolato.»

Remus guardò impietrito il volto paonazzo di quello che un tempo era stato Peter Minus, solo un ragazzo debole e sognatore, che seguiva lui, Felpato e Ramoso in ogni disavventura possibile. Ora, aveva incontrato la propria fine così, da traditore – schierato dalla parte opposta –, dopo una vita costellata di scelte sbagliate.  

«E noi non abbiamo potuto fare nulla per aiutarlo.»  
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«Immagino che non sia possibile Smaterializzarsi per tornare a casa, vero?»

«Non pensi che se fosse stato possibile, l’avrei già fatto, Potter?» rispose l’Ex-Mangiamorte, senza lasciarsi sfuggire il termine con cui il giovane aveva definito Hogwarts. Di sicuro non poteva riferirsi a quell’orrendo tugurio a Grimmauld Place… né tantomeno alla casa dei suoi zii. «Se mi Smaterializzassi non potrei portarti con me dato che non disponi di Marchio.»

«Esattamente quello che pensavo,» rispose immediatamente il Grifondoro, deciso a non perdere punti agli occhi dell’uomo. «E come sapremo se stiamo andando dalla parte giusta?» chiese ancora, guardandosi intorno e cercando di capire come facesse Piton ad orientarsi in mezzo a quel paesaggio così monotono. Tanto più che fino alla notte precedente persino lui aveva ammesso di non sapere quale fosse la direzione giusta… ma forse in quel momento la priorità dell’uomo era stata sbarazzarsi dei Dissennatori e cercare riparo piuttosto che trovare il percorso corretto.

«Incanto Quattro Punti,» fu la semplice e incolore risposta di Piton.

«Oh.» Harry aggrottò la fronte. «É che non gliel’ho visto usare--»

«Se non puoi vedere qualcosa, non significa che questa non esista, dico bene, Potter?» lo interruppe l’uomo con voce di seta, come se gli stesse spiegando l’ovvietà più grande al mondo. «Se usassi l’incantesimo in maniera visibile, saremmo un bersaglio facile; potrebbero individuare la scia del sortilegio da parecchi metri di distanza e localizzarci quasi immediatamente.»

Harry si sentì uno sciocco. Poteva anche passare che non sapesse delle protezioni che impedivano la Materializzazione entro i confini del bosco, ma dimenticare che Piton ricorreva spesso e volentieri a incantesimi non verbali e talvolta persino invisibili doveva sembrare un po’ troppo per l’insegnante di Pozioni.

Harry tacque e Severus ne approfittò per godere di qualche attimo di silenzio. Sforzarsi di mantenere la calma con Potter non era esattamente la sua specialità e non voleva rischiare di perderla finché non fossero stati almeno nei paraggi dell’uscita da quella stramaledetta selva.

Ci manca solo che il ragazzo inizi a chiedermi del mio Patronus…

«Signore, credevo che l’Ordine usasse l'Incanto Patronus per comunicare a distanza, non potremmo adoperarlo per--»

«Le barriere del Signore Oscuro bloccano qualsiasi tipo di comunicazione,» rispose il Serpeverde, irrigidendosi appena. A che gioco sta giocando? «Mettiamo in chiaro due cose, Potter, ti va?» disse improvvisamente, girandosi verso il ragazzo. «Non stiamo esattamente facendo un’amichevole scampagnata nel parco di Hogwarts; ogni minuto - ogni secondo, trascorso qui dentro potrebbe determinare la nostra vita o la nostra morte, e dal momento che il mio compito è quello di portarti in salvo, preferirei che si trattasse del primo caso. Mi auguro che tu sia in grado di trattenere qualsiasi altra domanda per quando avremo abbandonato questo luogo infernale.»

«Sì, signore,» Severus lo vide abbassare appena il capo e – come gli era accaduto quella notte, nella grotta – fu colpito dall’impulso di rimangiarsi il tono con cui si era rivolto al giovane.

Potter in atteggiamento remissivo… un tempo avrei gradito questa rara visione.

«Ottimo. Ora affretta il passo.»

Ripresero a muoversi più velocemente attraverso la vegetazione, per quanto quest’ultima lo permettesse; Harry non voleva ripetere l’episodio della scorsa sera a causa di uno stupido ramo basso. Fortunatamente, la botta non gli aveva procurato gravi danni a parte mandarlo K.O, e il ragazzo era certo che Piton si fosse occupato di qualsiasi altro effetto indesiderato.

Non era ancora l’alba e tutto intorno una leggera nebbia avvolgeva ogni cosa; il ragazzo lanciò uno sguardo al cielo sopra di loro, nel tentativo di vedere oltre le spesse chiome degli alberi che li sovrastavano: le fronde erano così folte che difficilmente avrebbero notato il sorgere del sole.

Il Serpeverde guidò il giovane Grifondoro attraverso i passaggi più ombrosi, evitando le sporadiche radure che incontravano e che li avrebbero resi più visibili e vulnerabili; certo, questa scelta avrebbe reso il percorso più lento, ma almeno più sicuro. In questo modo, i due riuscirono a proseguire senza intoppi per quasi un’altra ora, almeno finché anche la nebbia fu dalla loro parte.

Harry era in procinto di dire a Piton che la cicatrice aveva cominciato a pizzicargli da una ventina di minuti, quando un getto di luce rosso passò accanto alla sua tempia come un bolide infuocato, mancandola di pochissimo.

«Sono laggiù!»

Harry riconobbe le voci dei Mangiamorte scambiarsi ordini concitati alle loro spalle e lanciò un’occhiata a Piton, che lo spronò a correre con un rapido gesto della testa; il giovane non se lo fece ripetere due volte. A giudicare dalle voci, i loro inseguitori dovevano essere come minimo tre, ma Harry era certo che presto ne sarebbero sopraggiunti altri, se non fossero riusciti a sbarazzarsi dei primi.  

Udì Piton lanciare sortilegi alle loro spalle e avvertì il grugnito di un Mangiamorte, evidentemente colpito da uno degli incantesimi dell’Esperto di Pozioni. Un fiotto bollente sfrecciò a pochi centimetri dalla guancia destra del ragazzo, che prese a muoversi a zig zag tra gli alberi, nel tentativo di rendersi una preda più difficile.

«Non puoi correre per sempre, Potter!»

Harry riconobbe la voce di Mulciber da un punto alla loro sinistra e sentì il cuore martellargli il petto mentre cercava di accelerare nella corsa, senza successo. Qualcosa andò storto e il suo piede sinistro entrò in collisione con la radice di un larice, trascinandolo in una rovinosa caduta nel sottobosco. Reprimendo un gemito, si voltò, cercando di risalire l’avvallamento nel quale era appena sprofondato, ma fu obbligato a bloccarsi quasi subito. Piton si era fermato di fronte a lui, ordinandogli con un solo, silenzioso gesto di rimanere nascosto.

Il ragazzo tentò di aprire bocca per protestare, ma l’uomo gli aveva già dato le spalle, con un singolo guizzo del mantello. Harry non era più certo di quanti Mangiamorte avessero alle calcagna ora e l’idea di non poter dare un contributo neanche quando era in grado di reggersi in piedi non gli piaceva affatto.

«Hai commesso un grave errore la scorsa notte, Severus.» Harry sbirciò dalla propria copertura quel tanto che bastava per vedere un uomo non troppo alto sostare a pochi metri da Piton. «Ma il Signore Oscuro sa essere misericordioso e potrebbe decidere di risparmiarti la vita se ci consegnerai il ragazzo… subito

«Al diavolo la misericordia, Yaxley,» intervenne un Mangiamorte dalla folta barba sul viso selvaggio. «Basta con i giochi, Piton, dove hai nascosto Potter?»

«Per una volta concordo con te, Dolohov,» replicò con calma la spia, «al diavolo la misericordia. Diffindo!»

«Hai dimenticato come si punta una bacchetta, Piton--?»

«Spostati, idiota!»

Yaxley si scansò di lato, intuendo le intenzioni dell’avversario, mentre Dolohov rimase immobile dove si trovava, un’espressione beffarda ancora stampata sul volto grezzo nell'istante in cui il grosso ramo sopra la sua testa si staccava dall’albero per piombargli addosso. Cadde a terra, svenuto.

«Stupeficium!»

Le saette di luce urtarono l’una con l’altra, deviandosi a vicenda.

Con il cuore in gola, Harry osservò Piton schivare una maledizione e spostarsi di lato per contrattaccare di nuovo. Yaxley arretrò di qualche passo, costretto a lanciare diversi incantesimi scudo per mantenere la distanza con il proprio avversario; la punta della sua bacchetta si illuminò di un viola acceso e uno scoppio violento esplose alle spalle di Piton, ad appena un metro dalla testa di Harry. Vedendo il proprio professore vacillare per la forza dell’esplosione, il giovane – ormai allo scoperto – balzò di lato e mirò dritto verso il Mangiamorte.

«Expelliarmus!»

Questa volta l’Incanto andò a segno, con abbastanza forza da disarmare Yaxley, ma non per mandarlo a tappeto.

«Incarcerus!» gridò Piton da terra, prima che l’altro potesse avere il tempo di reagire.

Corde invisibili si attorcigliarono per intero attorno al corpo e al volto del Mangiamorte, fino a immobilizzarlo completamente. Piton si rialzò e si mosse verso il punto in cui Harry si era accasciato, sfinito. Ma qualcosa non tornava.

Un fruscio alle sue spalle lo interruppe a metà strada.

L’uomo si voltò appena in tempo per evitare la Maledizione Cruciatus di Mulciber, il cui reale obiettivo era Harry. Il Mangiamorte scomparve in una voluta di fumo e riapparve dietro al ragazzo, afferrandolo per una spalla e costringendolo contro di se, in una morsa serrata.

Severus vide Harry – evidentemente sopraffatto dal ricordo di due notti prima – cercare di liberarsi disperatamente dalla presa di Mulciber e sentì una sensazione inedita agitarsi nelle viscere, come se queste avessero preso ad attorcigliarsi dolorosamente su se stesse.  

«Lascialo,» sibilò, a denti stretti.

Mulciber gli rivolse un ghigno storto. «Severus… mi conosci. Che male potrei mai fargli?» sussurrò, prima di scoppiare in una grottesca risata. «Desidero solo divertirmi un po’ con il ragazzo…»

Harry cercò di non cadere nel panico più totale, nonostante la repulsione per il contatto con Mulciber e il dolore alla testa non facessero altro che aumentare. Vide Piton stringere le dita attorno alla bacchetta d’ebano ancora più saldamente – la punta rivolta verso il Mangiamorte – come se stesse cercando di mantenere un ferreo controllo su se stesso; raramente il ragazzo l’aveva visto tanto livido.

«Hai qualcosa che mi appartiene, Mezzosangue,» proseguì Mulciber, «sarebbe buona maniera restituire ciò che non è tuo...» Con un lesto gesto del polso recuperò la bacchetta con cui Harry aveva disarmato Yaxley e sorrise beffardo, mentre sventolava l’altra di fronte al giovane. «Che dici, Potter, cosa dovrei fare ora con questa

Harry la riconobbe subito: il legno in agrifoglio, l’impugnatura ben salda… Una scarica di adrenalina gli percorse la schiena nel vederla così vicina, eppure ancora così lontana. Quell’emozione durò ben poco e fu presto sostituita da un tuffo al cuore: il giovane vide come al rallentatore le dita di Mulciber piegarsi sulla bacchetta e fare pressione su di essa.

«No!» gridò Harry, incapace di trattenersi, orripilato e scioccato al tempo stesso. Nel momento in cui le due estremità si staccarono – rivelando il nucleo cremisi in piuma di fenice – il Grifondoro sentì qualcosa dentro di se spezzarsi; il sonoro crack che seguì, segnando la rottura della sua fedele compagna di sempre, riecheggiò nella sua testa come amplificato da un eco immaginario e fu quasi peggio del ricordo di ciò che aveva patito quando era stato il suo stesso polso a provocare quello schiocco secco.

Mulciber rise e lasciò cadere a terra la bacchetta ormai inutilizzabile. «Povero Potter,» scosse la testa, compiaciuto dall’espressione distrutta del ragazzo, «non dirmi che ora ti metterai a frignare anche per la tua insulsa bacchetta?» lo canzonò, appagato dalla reazione che aveva provocato, prima di rivolgersi a Piton. «Ah, Severus, davvero non so cosa ti è preso. Abbandonare l’Oscuro Signore, i tuoi fratelli e la nostra causa solo… per questo lurido poppante piagnucoloso? Patetico

«Chiudi la bocca e molla il ragazzo,» ripeté Piton, minaccioso, «o devo pensare che sei troppo vigliacco per affrontare un uomo?» aggiunse, lanciandogli un’occhiata a metà tra il beffardo e il provocatorio.

Mulciber lo ignorò e si rivolse nuovamente al giovane. «Forse il pidocchio può darmi una mano a comprendere… Fatti guardare, Potter,» disse, approfittando del fatto che Piton non potesse attaccarlo senza nuocere a Harry. Serrò una mano attorno al viso di quest’ultimo e lo costrinse ad alzare il volto verso di sé in modo da incontrare i terrorizzati occhi verdi del ragazzo. «Oh, sì… ora capisco cosa ti ha portato a questo… Ora riesco a vedere…» mormorò, come in trance, tornando a fissare il suo vecchio compagno di scuola con un lampo di folle trionfo nello sguardo, «… una certa somiglianza,» aggiunse, una piega di scherno a segnargli la faccia.

Severus serrò la mascella, fremendo di fronte alle parole del Mangiamorte; non stava nemmeno provando ad occludere la mente tanto era forte il desiderio di strappare quel ghigno dalla faccia odiosa di Mulciber.

Se solo Potter non gli stesse facendo da scudo umano…

«Mi chiedo cos’avrebbe pensato Evans se solo avesse potuto assistere allo spettacolino che ci hai offerto l’altra sera con suo figlio, Sev,» incalzò Mulciber, velenoso, «dubito che avrebbe cambiato idea sul tuo conto…»

Per Harry, che stava capendo solo in quel momento le implicazioni delle parole di Mulciber, vedere il proprio insegnante così fuori di sé durante un duello era qualcosa di estremamente insolito e terrificante. Il ragazzo si era ormai abituato a vederlo glaciale e calcolatore anche nelle situazioni più disperate, anzi, soprattutto durante queste; l’esempio più evidente era il modo in cui aveva affrontato i duelli con gli altri Mangiamorte. Ora, invece, l’intera figura del suo insegnante sembrava percorsa da una furia implacabile, da una sete di sangue insaziabile… e, per la prima volta da quando lo conosceva, Harry ebbe veramente paura.

Tutto ciò, prima di sentire il sangue ribollirgli nelle vene alle successive parole del Mangiamorte.

«… ma immagino che non abbia mai avuto granché importanza, non è così? È evidente che nonostante tutto tu non sia mai riuscito a dimenticarti di quella piccola, insulsa e sporca Mezzos--»

«STA’ ZITTO!» urlò Piton, il volto contorto in una maschera deforme.

In quel preciso istante – approfittando del fatto che Mulciber avesse scostato la bacchetta dal suo collo per puntarla contro Piton e che la presa dell’uomo si fosse fatta meno marcata dalla sorpresa, Harry calciò con tutte le forze che aveva in corpo, colpendo il Mangiamorte ad una gamba. Mulciber grugnì e si piegò sul ginocchio sano, cercando di riagguantare il ragazzo, il quale – però – era già sgusciato via e si era piegato per evitare il sortilegio di Piton.

«SECTUMSEMPRA!»

Mulciber venne ferito al petto e al ventre da una prima lama invisibile con una tale potenza che fu sbalzato all’indietro di diversi metri, mentre la seconda fu respinta da un Sortilegio Scudo di fortuna. Harry vide due squarci allargarsi nella veste da Mangiamorte, presto impregnata del sangue che fuoriusciva a volontà; con gli occhi dilatati dallo sgomento, il ragazzo colse il movimento di Piton, che si stava portando vicino a Mulciber, con l’evidente intenzione di finirlo.

Harry non seppe cosa lo fece muovere da quello stato di paralisi; scattò verso il suo insegnante e gli si parò davanti, senza avere nemmeno la più pallida idea di ciò che avrebbe fatto in seguito.

Piton non lo degnò di uno sguardo. «Togliti di mezzo, Potter,» scandì.

«No, non può davvero ucciderlo, non servirebbe a--»

«Tu non sai niente,» lo interruppe Piton, gli occhi che luccicavano pericolosamente ancora fissi sulla figura lamentosa di Mulciber, «questa feccia non merita la tua pietà.»

«Non ha importanza,» replicò Harry, cercando disperatamente di opporsi all’avanzare inarrestabile dell’uomo, «non è costretto a farlo, non deve abbassarsi al suo livello! Mia madre… lei non avrebbe voluto…»

Un lampo di sorpresa attraversò lo sguardo spietato di Piton, che spostò gli occhi su quelli verdi del ragazzo. Harry lo vide indugiare su di essi per qualche istante, chiaramente diviso da un conflitto interno tra sentimenti contrastanti, prima di sentire un rumore secco dietro di sé.

«Potter, giù!»

Il giovane si sentì afferrare e sospingere via; finì a terra malamente, ma – nel girarsi – fu in grado di vedere un primo lampo di luce ferire Piton ad una spalla, mentre il secondo andava ad infrangersi contro la protezione lanciata in ritardo dall’uomo. Harry si guardò rapidamente attorno, nella speranza di individuare chi li stesse attaccando, senza successo.

Poi, una risata acuta ruppe l’aria come un colpo di fucile.

«Ti sono mancata, Potterino?»

Bellatrix emerse dalla vegetazione, i lunghi capelli che sparavano in ogni direzione e gli occhi febbrili di chi non vede l’ora di affondare gli artigli nella propria preda. I suoi passi la portarono fino al corpo di Mulciber, che si muoveva ancora a malapena, circondato dal suo stesso sangue; Harry la vide scuotere la testa con aria di disappunto.

«Davvero un peccato, Mulciber. Ma in questo stato non sarai più utile a nessuno,» la sentì pronunciare il ragazzo, prima di osservarla puntare la bacchetta contro l’uomo esamine e assistere – scioccato e impotente – alla scena seguente. «Avada Kedavra

Harry rimase a fissare il volto spento del Mangiamorte a terra, incapace di staccare gli occhi da quella scena raccapricciante; l’ultima volta che aveva visto il lampo di luce verde prendersi la vita di qualcuno era stato nel cimitero di Little Hangleton e la vittima in questione era stata Cedric Diggory. In quell’attimo, sentì la cicatrice tornare ad ardere più forte.   

«Potter, dietro di me,» udì a malapena la voce bassa di Piton, che, se non altro, sembrava essere tornato in se stesso, «occludi la mente--»

«È troppo tardi, traditore,» lo interruppe la donna, pronunciando l’ultima parola con profondo disgusto; le sue labbra si stesero in un sorriso diabolico. «Il Signore Oscuro sta venendo a reclamare ciò che gli appartiene… la tua insulsa vita e il moccioso.»
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«Quanta strada avremo fatto?»

«Non ne ho idea… mi sembra di girare intorno da ore!» esclamò Sirius, frustrato.

Dopo l’improvvisa e scioccante morte di Codaliscia, i due non avevano parlato molto. Ciononostante, avevano presto realizzato di essere bloccati oltre le barriere della foresta, incapaci di uscirne a meno che non avessero catturato un Mangiamorte in ostaggio o ucciso lo stesso Voldemort; inutile dire che delle due soluzioni, la più probabile era la prima.

«La foresta potrebbe essere incantata per impedirci di raggiungere la base,» ipotizzò Remus, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa che li aiutasse a capire fino a che punto si fossero spinti.

«Forse se mi trasformassi sarei in grado di fiutare Harry…» stava iniziando a proporre Sirius, quando delle grida attirarono la sua attenzione e quella dell’amico; si voltò immediatamente verso di lui, la bacchetta pronta e i sensi all’erta.

«Proveniva da quella parte.» Remus indicò un punto alla loro destra, dove la vegetazione si infittiva, come una barriera che si spostava insieme ai loro movimenti.

«Riesci a riconoscere le voci?» domandò Sirius, mentre riprendevano ad avanzare, questa volta verso i rumori concitati.

«Distinguo la voce di una donna tra le altre, sento pronunciare incantesimi--» si interruppe, qualche secondo, prima di affrettare il passo. «Oh, no.»

«Che cosa?» incalzò Sirius, facendosi strada tra il fogliame il più velocemente possibile.

«Piton. Sembra essere nei guai.»

Felpato assunse un’espressione scettica. «Dovrà sperare che Harry sia con lui, altrimenti i Mangiamorte non saranno l’unica cosa di cui dovrà preoccuparsi,» commentò sospettoso, tuttavia senza rallentare.

Aiutati dal vociare costante e dallo scalpitio dell’azione in corso, si inoltrarono nel fogliame a passo svelto, cercando allo stesso tempo di non esporsi troppo nel caso in cui la vegetazione avesse lasciato improvvisamente spazio ad una radura. Non avrebbero mai rischiato di far saltare la loro copertura prima di aver acquisito una visuale più completa di chi stesse affrontando chi e, soprattutto, senza essersi prima accertati della presenza di Harry.
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Harry non poteva credere ai propri occhi quando vide le familiari sagome di Sirius e Remus fare il proprio ingresso nello spiazzo dove il tutto si stava svolgendo. Il loro arrivo, preceduto da diversi incantesimi a sorpresa che avevano spiazzato i Mangiamorte, non poteva capitare in un momento più opportuno.

Poco prima, Dolohov era rinvenuto dalla botta subita e si era sbarazzato del ramo che lo bloccava a terra, pronto ad affiancare Bellatrix nello scontro con Piton; la donna, inoltre, aveva prontamente provveduto a liberare Yaxley del sortilegio che lo aveva tenuto legato, cosa che aveva aggravato la situazione già abbastanza spinosa in cui il giovane Grifondoro e il suo insegnante si trovavano.  Harry, infatti, – privo di bacchetta e in evidente difficoltà – poteva contare solo sul riparo offerto dagli Incanti Scudo di Piton, la cui posizione sul campo di battaglia contro tre Mangiamorte diventava sempre più precaria.

L’inatteso intervento dei due membri dell’Ordine sortì parte dell’effetto sperato: Remus mandò al tappeto Dolohov colpendolo a un fianco, mentre Piton ne approfittava per cogliere di sprovvista Yaxley; Sirius si concentrò sulla donna, deviandone l’incanto prima che questo potesse nuovamente raggiungere l’Esperto di Pozioni.

Bellatrix scoprì i denti, sibilando furiosa mentre veniva costretta a indietreggiare, essendo stata ormai abbandonata dai suoi compagni. «Il Signore Oscuro sarà felice di sapere che il mio rognoso cugino e il suo fedele lupo mannaro hanno deciso di accompagnare lo sporco traditore in un viaggio di sola andata per l'inferno!» gridò, prima di sparire in una voluta di fumo nera.

«Sirius!» esultò Harry, cercando di rimettersi in piedi seppur vacillante.

«Harry,» sospirò sollevato il suo padrino, venendogli incontro per sorreggerlo, «sono così felice di vederti tutto intero. D'ora in poi andrà tutto bene,» aggiunse, stringendolo affettuosamente a se con un braccio.

Il ragazzo gli sorrise, offrendo uno sguardo riconoscente anche Lupin, che ricambiò con uno di rassicurazione. Harry sentì un senso di calore riscaldargli il cuore: i fedeli compagni di suo padre non si erano smentiti neanche in quell'occasione, rischiando di tutto per venirlo a cercare e infine riuscendo nell'intento di trovarlo, nonostante le avversità. Poi, un pensiero improvviso lo folgorò seduta stante, facendolo voltare immediatamente. Piton! Bellatrix l'ha ferito...?

L'Esperto di Pozioni spostò la mano che aveva tenuto pressata fino a quel momento contro la spalla colpita da uno dei precedenti sortilegi e vi accostò in silenzio la punta della bacchetta d'ebano. La pelle sfregiata prese a risanarsi e il mago alzò gli occhi d'onice, avvedendosi solo allora dello sguardo preoccupato del giovane Grifondoro.

«Sto bene, Potter,» rispose brevemente, senza indugiare con gli occhi su di lui e piegandosi ad afferrare qualcosa da terra che Harry non riuscì a distinguere a causa dell'erba alta. L'uomo fece per riprendere il cammino alla guida del gruppo, limitandosi ad aggiungere: «Non fermarti,» quando lo vide titubare ancora un po'.

Sirius colse la luce inquieta nello sguardo del suo figlioccio, ma non disse nulla, limitandosi a fissare Piton con un velo incerto negli occhi.

«Tutto bene, Severus? Sei sicuro di riuscire a proseguire...?»


«Credevo che i lupi avessero un udito superiore, Lupin, devo proprio ripetermi?» tagliò corto Piton, questa volta con una nota stizzita nella voce, del tutto assente quando si era rivolto a Harry.

Mentre acceleravano il passo, Remus guardò tentativamente Sirius aspettandosi che fosse lui a parlare questa volta, ma ciò non avvenne. «Volevo solo ringraziarti per quello che hai fatto per...»

«Non l'ho fatto per te, Lupin, né tantomeno per Black,» replicò con una smorfia il Serpeverde. «E se proprio vuoi ringraziarmi, ti consiglio di farlo una volta che saremo usciti da--»

Il grugnito soffocato di Harry richiamò la sua attenzione e così quella degli altri.

«Harry? Cosa succede...?» indagò immediatamente Sirius, che era il più vicino.

«La cicatrice... Voldemort è... vicino...» biascicò il ragazzo, cercando di mantenersi in piedi con l'aiuto del suo padrino.

«Dannazione, non hai niente per lui?»

«No, ho terminato quasi tutte le scorte da viaggio e quelle rimaste non lo aiuteranno,» disse Piton, ignorando la luce implorante negli occhi di Black e concentrandosi sull'espressione sofferente di Harry. «Solo Potter può fermarlo con l'Occlumanzia.»

«Avanti, possiamo raggiungere l'uscita se ci sbrighiamo!» esclamò Remus, mentre Sirius si caricava un esausto Harry in braccio per velocizzare gli spostamenti. «Incomincia a intravedersi!»

«Ahahaha, stupidi illusi! Non potete nulla contro... me!»

«Sirius, attento!»

Felpato si scostò appena in tempo per evitare di essere afferrato dalla sostanza fumosa che aveva iniziato a stargli alle costole. Un lembo nerastro si allungò nuovamente verso di lui e Sirius poté distinguere per un attimo le cineree e quasi scheletriche dita di Voldemort tentare di lambirgli una spalla.

«Impedimenta!» urlò, trattenendo Harry con un braccio per evitare che cadesse e puntando vanamente la bacchetta contro la massa informe che li aveva quasi raggiunti. Il getto di luce attraversò la voluta di fumo senza produrre l'effetto sperato.

«Credi di poter colpire me, traditore del tuo sangue? Patetico.»

No, no, no, no... non proprio ora! Siamo così vicini!

Harry ebbe una fugace visione dell'uscita dalla selva, a non più di trecento metri da lui, prima di essere costretto a capitombolare al suolo. Era bastato un leggero spostamento d'aria perché la forma incorporea di Voldemort producesse un'onda d'urto che fece incespicare Sirius, mandandolo rovinosamente a terra senza alcun preavviso. Remus e Piton interruppero la fuga per guardarsi alle spalle, il cuore in gola per la corsa e la vista che si parava loro innanzi: il Signore Oscuro aveva la strada ormai spianata verso un Harry che sembrava tentare di riprendere il controllo dei propri sensi, seppur con immensa fatica.

«Sectumsempra!»

«Stupeficium!»

Gli incantesimi vennero respinti senza il minimo sforzo, mentre Voldemort continuava la sua inesorabile avanzata verso il ragazzo.

«Dimmi, Potter, da chi incominciare? Dal tuo inetto padrino o dall'amico mannaro?» Voldemort ghignava maligno nella sua testa, graffiando e lacerando ogni angolo della sua mente. «Oh, ma aspetta... forse preferisci che sia lo sporco doppiogiochista a morire per primo? Dopo tanta strada fatta per arrivare fin qui... un vero peccato, non trovi?»

Harry si afferrò il capo, cercando di resistere al dolore e di occludere con tutte le proprie misere forze la paura che si faceva inesorabilmente strada in lui, la tremenda, folle paura di rivedere la stessa luce spenta che aveva visto sul volto di Cedric Diggory negli occhi delle tre persone che avevano fatto tanto per trarlo in salvo. No, aveva fatto una promessa a se stesso. Mai più. Mai più qualcun'altro sarebbe morto per colpa sua.

Concentrandosi, Harry cercò di trasformare quella medesima paura in forza di volontà.

No. Gridò nella sua mente, e avvertì la presenza di Voldemort vacillare anche se per un breve istante, indubbiamente colto di sorpresa. NO! Urlò più forte, trovando le energie per rialzarsi mentre costringeva la sua nemesi a indietreggiare.

«Prendete Harry e andate!»

Due secondi dopo, un grosso cane nero balzò di lato, afferrando tra le fauci il polso con cui Voldemort gestiva la bacchetta. Colto di sprovvista, il Signore Oscuro tentò di liberarsi dalla presa dell'animale, che non sembrava per nulla intenzionato a lasciarlo, almeno per dare il tempo necessario a Remus e Piton di recuperare Harry.

«No, Sirius!» esclamò Harry, ribellandosi debolmente alla salda presa esercitata da Severus sul suo braccio.

«Felpato, ora! Mollalo!» gridò Remus, pronto a coprire la fuga dell'amico con la bacchetta già puntata contro Voldemort. «Confringo!» urlò, non appena le zanne di Sirius si furono schiuse per abbandonare il braccio del mostro serpentesco e il cane nero non fu scattato in avanti.

Un'esplosione violacea circondò Voldemort fino a renderlo invisibile, mentre Sirius - ancora nella sua forma Animagus - veniva sbalzato in avanti dalla potenza dello scoppio. Remus si affrettò ad afferrare il cane privo di sensi e a trascinarlo verso l'uscita dove Piton attendeva trepidante per varcare le barriere insieme a loro.

«Muoviti, Lupin!» esortò, aggiustando la presa su Harry - ormai a peso morto contro di lui per l'impiego di forze mentali precedente - e osservando con ansia crescente il fumo attorno a Voldemort iniziare a diradarsi.

«AVADA--»

Lupin si tuffò oltre la barriera insieme agli altri - la morsa ancora salda sull'amico che non sembrava dar segni di rinvenimento - le ultime parole di Voldemort che riecheggiavano ancora nella sua testa come un sordo eco.

Poi, la mano di Piton aggrappò la sua veste e i contorni della spoglia pianura intorno a loro presero a girare in un vortice confuso, impedendogli di riprendere fiato anche solo per un istante e di realizzare l'incredibile ammontare di eventi susseguitisi in pochi ma interminabili minuti.
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