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Autore: Francine    23/05/2015    3 recensioni
Frammenti di vita quotidiana, sparsi nello spazio e nel tempo, all'ombra del Grande Tempio di Athena. Tutto quello che non è entrato nell'Astrolabio lo trovate qui.
(Personaggi serie classica e Lost Canvas)
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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Sweet Dreams (Are Made of This)




Prompt: Cuscini
Titolo: Sweet Dreams (Are Made of This)
Autore: Francine
Fandom: Saint Seiya – Serie Classica
Personaggi: Cancer Death Mask - Capricorn Shura - Pisces Aphrodite
Genere: Commedia 
Rating: Verde
Avvertimenti: -
Lunghezza: (conteggio parole e numero pagine) 2665/5
Eventuali note dell’autore (o alla fine se contengono spoiler):
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Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree?
I travel the world
And the seven seas--
Everybody's looking for something.
(Eurythmics,
Sweet Dreams, 1983)




«Dammi. Quella. Tessera», scandisce Shura. «Adesso.»
«Nemmeno per sogno. Questa serve a tutti noi.»
Shura si avvicina e d’istinto la mano di Mask scende lungo il busto, pronta sparire nei pantaloni. Non oserà infilarmi le mani in tasca, si dice; ma qualcosa, nello sguardo d’acciaio del Capricorno, lo avvisa che Shura è disposto a questo ed altro pur di arrivare al suo obbiettivo. Quella stramaledetta tessera prepagata – personalizzata con l’immagine di Aphrodite sul dorso – da usare in caso di emergenza.
«Che te ne faresti, poi? Conoscendo Aphrodite, qui sopra non ci saranno abbastanza soldi nemmeno comprare un ghiacciolo!», ribatte Mask.
«Sapremo accontentarci…», ribatte a sua volta Shura. Avvicinandosi di un altro passo.
«Ma che vorresti farci, esattamente?», domanda Aldebaran, le braccia incrociate e lo sguardo corrucciato. Se iniziano a darsele, mi alzo e me ne vado pensa il Toro, fissando sospettoso l’espressione atarassica di Shura.
«Usarla per fraternizzare» e il tono tamburellante è quello di chi si trova costretto a rimarcare l’ovvio.
«E come?», vorrebbe domandare Milo, prima che Saga, il mento sollevato e le sopracciglia corrugate, intervenga dicendo: «Nossignore. Quel denaro serve per le emergenze.».
«Davvero?» Shura sorride, un lampo abbagliante sul viso abbronzato. «Siamo bloccati nel paradiso dell’amore uranista. Se siamo fortunati, avremo sì e no cento euro per campare fino a sabato. Aphrodite ha rimorchiato le uniche due turiste etero di tutta Mykonos. Questa è un’emergenza!»
«E se succede qualcosa?»
«E che deve succedere ancora?! Oddio, Saga, sembri mia nonna! Rilassati! È tutto organizzato e pagato, no? E poi, dobbiamo fraternizzare, o sbaglio?»
«Non credo che sia quello che aveva in mente Athena quando…»
«Con il dovuto rispetto», e una mano di Shura arresta le rimostranze di Saga, «Athena è pur sempre una donna. E agisce da donna. Noi siamo uomini. E che fanno gli uomini quando fraternizzano?».
Silenzio. Lo fissano. Attenti. Interessatissimi. Nemmeno stesse per svelare chissà quale segreto.
«Tre cose.» Il Capricorno le elenca con le dita. «Vanno a donne. Vanno allo stadio. Vanno per locali. E sono tutte impraticabili. Possiamo soltanto comprare qualcosa da bere e alzare il gomito al chiuso. Onde evitare cattivi incontri. Allora, che devo fare? Ti devo pregare in ginocchio, Santità
«E va bene, fate un po’ come vi pare!», concede Saga esasperato. «Ma non chiamarmi mai più così
«Altrimenti che fai? Mi polverizzi?»
«Adesso basta», e il placido Toro si alza in piedi, sovrastando i presenti con la propria mole. «Tu», intima al Cancro con un’occhiata truce, «dagli quella stramaledetta tessera. E tu», fa poi al Capricorno, con un sorriso poco piacevole, «ricordati di comprare anche qualcosa da mangiucchiare, assieme ai liquori. Intesi?»
«E noi?», chiede Mask, mentre Shura gli sfila la tessera dalle dita con l’agilità di un borseggiatore professionista.
«Raccattiamo Shaka, Aiolos e il Vecchio Maestro. E poi ci trasferiamo da te ed Aphrodite.»
«Nella stanza che divido con Aphrodite, semmai.»
«Come la metti, la metti. Suona sempre male», ribatte Aldebaran.
«Sì, ma perché proprio da me?»
«Perché hai casa libera.»
***

Nonostante la sua espressa volontà di essere arrestato per ubriachezza molesta, alle due meno un quarto Shura è l’unico ad essere rimasto sobrio. O quasi. Shaka ha dato loro buca e Mu ha abbandonato la compagnia per primo, dopo appena tre bicchieri di un buon Ribera del Duero che scendeva in gola come fosse miele. Aiolia si è occupato di suo fratello – Aiolos non regge il vino – e l’ha messo a nanna.
«Spostiamoci da noi», ha suggerito Camus, dopo essersi accorto che Mask era scivolato tra le braccia di Morfeo a metà strada tra il bagno e il letto con una bottiglia vuota di whiskey scozzese tra le braccia. Aldebaran s’è offerto di accompagnare in camera il vecchio Maestro – ciucco come un alpino che blatera dei massimi sistemi. In cinese. –  e ha detto: «Andate. Vi raggiungo.».
«Vi raggiungo anch’io», ha detto Shura. «Metto a letto don Vito Corleone, faccio un salto in bagno e arrivo», ma adesso che l’euforia della bisboccia è scemata, la stanchezza si fa sentire. Ha un sonno micidiale. E Mask è un suo compagno, dopotutto. E dormire insieme non è fraternizzare? Quindi, che ci sarebbe di male se adesso lui si stendesse sul letto e schiacciasse un pisolino? Nulla. Tanto Mask russa a faccia bocconi sulla sovraccoperta celestino spento piena di briciole e chiazze di vino, e Aphrodite sarà impegnato in più piacevoli questioni con le fotomodelle svedesi.
Al diavolo, si dice, scalzando via le scarpe e liberandosi dei pantaloni. E scivolando sul letto. La federa del cuscino è fresca e profumata e la sua guancia affonda. Buonanotte, mormora a sé stesso e al mondo intero, il bel viso di Athena come ultimo pensiero. Il sonno arriva subito, e nella stanza scende il silenzio, rotto solo dal tic tac dell’orologio da polso di Mask.

 
***

Lo sveglia un pugno sul fianco destro. E una risata. Roca. Gutturale. Da far rizzare i capelli sulla nuca. Riemergendo dalle braccia di Morfeo, un confuso e dolorante Shura boccheggia in cerca di aria da respirare. E lo investe in pieno un odore di cane bagnato. E asfalto appena steso. Botti di rovere affumicata. Carte da gioco. Aringhe. E Dio solo sa cos’altro.
Arriccia il naso e fa per scansarsi, ma si accorge che non può. Non può perché qualcosa di pesante – di molto pesante e inamovibile e caldo – lo blocca sul materasso. Un braccio – di certo non quello di Morfeo – gli cinge il petto. Un respiro caldo gli soffia nell’orecchio. Per un istante, uno soltanto, Shura teme che qualcuno armato delle peggiori intenzioni possibili – dal suo personalissimo punto di vista – sia entrato nella stanza. Magari ha sbagliato porta. Basterà scrollarselo di dosso. Ma lo sconosciuto non si muove. Resta sopra di lui come una cozza attaccata allo scoglio, stringendoselo al petto come si fa con l’orsacchiotto di pezza.
Ok, adesso mi alzo, e lo scaravento fuori, pensa. Prima che l’altro serri la stretta. Rida di nuovo, quel suono sinistro da cattivo da operetta con la raucedine, e gli chieda: «Hai piantato i bastoni?!», con la voce di Mask.
«Eh?» I bastoni? «Quali bastoni?»
«Lo sai. I bastoni.»
Ah, beh, allora… Non gli domanda se abbia bevuto, perché è evidente che sì, ha bevuto. Tutti loro hanno bevuto. E pure parecchio. E dal casino che sente provenire dalla stanza di Milo e Camus, pare che la festa stia andando avanti, in qualche modo. Ok. Assecondalo. Coi pazzi, non si sa mai, pensa, prima di rispondere: «Sì, sì. Li ho piantati.». E sperare che la storia finisca lì.
«Bravo!», esclama Mask. Con la lingua impastata dal sonno e dal troppo alcol tracannato. «Bravo…», e la sua voce si spegne in un sussurro, prima di mutare nel respiro lento e regolare di chi dorme il sonno dei giusti.
Shura sospira, le labbra dell’altro a meri centimetri dalle sue orecchie. Imbecille, pensa. Prima di sgusciare via dall’abbraccio di Mask. Il quale non gradisce. Mugugna qualcosa e gli assesta un poderoso cazzotto alla bocca dello stomaco.
«E stai fermo!», lo rimprovera. Scompigliandogli i capelli come si sprimaccia un cuscino ed avviluppandolo a sé, le labbra sopra la spalla destra ed un braccio a serrargli il petto in una stretta possessiva. «Fai il bravo… Dormi…»
E boccheggiando in cerca d’aria, Shura ha un flash. Un’immagine netta e nitida di quando lui e Mask e Aphrodite erano ancora Ruy, Marco e Yngve, tre mocciosi che dividevano la camerata, giù al Santuario.  E di come, al mattino, lui si svegliasse regolarmente fuori dalle coperte, Aphrodite fermo ed immobile nemmeno fosse una statua di cera – o in alternativa fosse morto –  e Mask saldamente abbracciato – ancorato – al cuscino. Come una cozza allo scoglio.
Ommerda…
 
***

Alle tre e trentaquattro il suo unico pensiero è una preghiera ad Athena. Fa’ che non entri nessuno. Lo ripete come un mantra, mentre il respiro regolare di Mask gli solletica la pelle e il suo peso gli scalda la schiena, inchiodandolo sul materasso. Oh, a sentir lui, sono tutti muscoli, i suoi. Non ha nemmeno un filo di grasso, lui. Fatto sta che Mask pesa. Pesa da morire. E la sua stretta è micidiale. E lui è stanco morto. Dovrebbe usare il cosmo per liberarsi, ma quanto ci impiegherebbero gli altri per accorrere a vedere che sta succedendo?
Pochissimo. Troppo perché lui possa imbastire una scusa sensata. Quindi, no, non deve entrare nessuno. Proprio nessuno. Perché come spiegherebbe, altrimenti, la situazione in cui si trova? Un improvviso attacco di fraterna amicizia?
Maffammilpiacere, si dice. Provando a scuoterselo di dosso per l’ultima volta. Provando a sgusciare via, come una murena che scivola sulla sabbia, ma niente, Mask non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare, come un granchio testardo che trattiene una preda succulenta tra le sue chele. E più lui scappa – più lui prova a scappare – più l’altro stringe. Trascinandoselo contro tra le lenzuola sfatte, la delicata sovraccoperta celeste pallido scalciata via e scivolata sulla moquette ai piedi del letto.
Nella stanza di Milo&Camus, gli altri ci stanno dando sotto a bere senza alcuna decenza. Al punto che a breve i vicini busseranno, magari per chiedere di potersi unire alla festa, già che si trovano. Magari si intrufolerà proprio Towel-Boy, come Mask ha ribattezzato il ragazzo che sta nella stanza accanto a quella di Milo&Camus. E magari, complice l’alcool, l’allegria e la spensieratezza delle vacanze, si scioglieranno un po’, ché si sa, in vino veritas e in compagnia prese moglie un frate, come diceva Lupe.
Shura se lo augura. Glielo augura. A ciascuno di loro. Dal profondo del cuore. Ma non di prendere moglie, anche se sarebbe interessante vedere le reazioni delle ragazze. Molto interessante.
No, Shura augura loro che saltino i freni inibitori. Tutti. E che domani mattina non riescano a stare in piedi dal dolore. Tutti. Nessuno escluso.
Ma tu guarda che situazione assurda, pensa il Capricorno. Sbadigliando. Pregando che nessuno entri. E assopendosi a poco a poco, ché il richiamo irresistibile del cuscino alla fine ha la meglio sulla stanchezza. Dalla stanza di Milo e Camus arriva un coro di risate e canzoni stonate e cori da caserma, ma sia Mask che Shura non li sentono più. Dormono. Come due angioletti. E non si accorgono che qualcuno è entrato nella stanza, con un diavolo per capello e armato delle peggiori intenzioni possibili. Quelle che profumano di vendetta, tremenda vedetta.
 
***

«Quanto vuoi?»
Quando Aphrodite ha quel sorriso tutto zucchero e miele sono guai. Grossi. Per il malcapitato che si ritrova tra le sue spine. In questo caso, lui.
«Duecentocinquanta. Euro. Non dracme.»
Mask lo guarda come se stesse parlando arabo. Poi fa un rapido conto. Ed esclama: «Tu sei pazzo.».
L’altro fa spallucce. «È un prezzo onesto», ribatte. «Ti consegno anche i negativi non appena arriviamo ad Atene, s’intende. Ma se non sei interessato…», e fa finta di alzarsi.
«Un momento.» La mano di Mask si serra attorno al suo polso. «Fammele vedere per bene.».
«Certo. Prenditi tutto il tempo che ti occorre», dice, sorseggiando il suo caffè all’americana. «Che fretta c’è?»
Mask trattiene tra i denti una bestemmia, gli occhiali calati a nascondere le occhiaie e a ripararsi dalla luce del sole. Scorre le fotografie con un dito. Lo ritraggono avvinghiato – avvinto come l’edera – alle spalle di Shura. Seminudi. La sua bocca socchiusa e pericolosamente poggiata sulla spalla dello spagnolo. Che non indossa i pantaloni.
«Non sapevo che tra te e il Capricorno ci fosse un così bel rapporto…», lo canzona Aphrodite. «Shura… le ha viste?», domanda Mask porgendogli le fotografie. Bisogna farle sparire. Subito. Non lasciare testimonianza alcuna, prima che sia troppo tardi e che la situazione peggiori ancora di più, ché con Aphrodite di mezzo non ti fermi una volta toccato il fondo, nossignore. Lui ti ricorda – ti dimostra – che puoi sempre scavare.
«No. Non ancora. Non siamo così intimi…» Pausa. «Pensi ancora che sia un prezzo eccessivo?»
«Non è questo il punto», dice Mask. Guardando da un’altra parte.
Aphrodite sfarfalla le ciglia oltre il vapore del caffè. «E allora qual è?»
«Che non ho il becco di un quattrino, adesso!», sibila, strizzando le parole tra i denti. «Lo sai!»
«Oh. Capisco. Ma, volendo, possiamo metterci d’accordo… Puoi pagarmi in natura
Un brivido freddo scorre lungo la schiena di Mask. «Mi pare di averti già detto che…»
«Non sei il mio tipo», ribatte Aphrodite. Tranquillissimo. «E a te piace l’uomo caliente…»
«Piantala!», e la manata di Mask è accompagnata da una cacofonia di piattini e cucchiaini che sbattono e tintinnano sul tavolo della caffetteria deserta. «Sputa il rospo! Che vuoi?»
«Casa. Per il resto della vacanza. A partire da stasera.»
«Cosa?»
«No, non cosa. Casa», e Death Mask ha un fastidioso e viscido senso di déjà vu.
«Secondo round con Jessie e quell’altra?», gli chiede. Per dimostrare che sono pari e che no, non lo tiene per il collo, senza sospettare che se Aphrodite ha scattato quelle foto è perché è andato in bianco, ieri sera. Perché Jessie e Freja sono cadute come due pere cotte appena varcata la soglia della loro stanza. Il retsina, si sa, è traditore. E ti presenta il conto quando meno te lo aspetti. Come Aphrodite.
«Sono un gentiluomo, io. Non entro nei dettagli», si schernisce Aphrodite; il quale sarebbe ben lieto di raccontare la sua serata per filo e per segno, se solo avesse qualcosa con cui pavoneggiarsi.
«E io dove dormo?»
«Che problema c’è?», dice. Anche se quelle parole sembrano più un «Fatti tuoi, cocco». «Fatti ospitare dal tuo Shura, no?»
«Sfotti, pesciolino?», e le dita di Mask tamburellano sulla tovaglia, avvisando l’altro che sta tirando un po’ troppo la corda.
«Sia mai», e Aphrodite gli mostra i palmi della mani, ma Mask sa di non star parlando con un innocuo pesce rosso, ma con un barracuda pronto a serrargli le fauci attorno alla caviglia e a trascinarselo dietro. Nel mare profondo. «Non si sfottono gli amici.»
«Amici, chi?»
«Tu. E io», ribatte Aphrodite sorridendo ed indicando prima Mask e poi se stesso. «E non fare quella faccia, ché con me puoi dormire tra due cuscini», ribatte Aphrodite, un sorriso vittorioso e malvagio che gli arriccia le labbra.
Mask scuote la testa. «Affare fatto», dice, alzandosi. E intascando le fotografie. Le brucerà appena rientrato in stanza, e poi spargerà le ceneri al vento. Per precauzione. «Adesso, se non ti spiace, andrei a  schiacciare un pisolino, fintanto che ho un tetto sulla testa…», ed il Cancro guadagna  la strada del ritorno con l’andatura sbilenca, di chi non vede l’ora di sprofondare con la testa sul cuscino e di lasciare che il mondo vada a farsi fottere almeno per un paio d’ore.
Appena Mask sparisce dietro la prima curva, Shura si accomoda al tavolino accanto, gli occhiali da sole inforcati ed un quotidiano sportivo tra le dita. «Allora?», chiede, l’aria sbattuta di chi non ha chiuso occhio e ha una grancassa sfrenata che impazza nella testa.
«Ha abboccato», ridacchia il Santo dei Pesci, la polo che richiama l’azzurro dei suoi occhi e del mare al mattino. «Mi devi un favore.»
«Sicuro. Coprirò i tuoi turni di servizio. Per due mesi. Ma niente gatti.»
«Non avevamo detto tre?»
«Due», replica secco il Capricorno, scorrendo le colonne del quotidiano.  «Hai cancellato quelle foto, vero?»
«Sì. L’ho fatto.»
«Anche dalla chiavetta USB?»
«Anche dalla chiavetta USB.»
«Una per una?»
«Una per una. Stai tranquillo...»
«Tranquillo ha fatto una brutta fine…»
«Tranquillo non aveva me, come amico», ribatte Aphrodite, bevendo il suo caffè.
«E con amici così, non s’abbisogna di nemici.»
«Sai, non ti facevo un tipo così… vendicativo», dice Aphrodite perdendosi ad osservare le nuvole che macchiano l’orizzonte come giganteschi sbuffi di panna montata.
«Adesso lo sai», replica Shura.
«Allora questa vacanza è davvero servita a qualcosa.»
«È la prima cosa sensata che sento da qualche giorno a questa parte», commenta il Capricorno. Abbassando il giornale e guardandolo negli occhi. «Ti sei divertito, vero?»
«Diciamo che mi sono preso una rivincita.»
«Per la storia delle pulci.»
«Esattamente…»
«Non ti facevo così vendicativo.»
«Adesso lo sai», e Aphrodite ride e Shura si accoda, mentre la mattina scivola placida sulle acque dell’Egeo.



Note:
Questa storia è l'atto conclusivo di due storielle senza impegno che ho scritto lo scorso anno (col senno di poi, ho pure citato tre canzoni nell'ordine cronologico corretto. Apperò!). Potete trovarle qui e qui, qualora vi andasse di capire che ci facciano tutti e dodici i Santi in vacanza a Mykonos. Quanto alla vicenda delle pulci di Aphrodite, ne trovate traccia qui e qui.
E sì, sto giocando coi cliché in maniera vergognosa. Ne sono consapevole. Al punto da tenere l'OOC a portata di mano. Per Shura, s'intende.

Stavolta mi sa che il prompt l'ho rispettato a malapena, ma pazienza. Non tutte le ciambelle riescono col buco, n'est-ce pas?
E in tutto ciò, se volete leggere di un ricatto analogo, ma strutturato molto meglio, fate pure un salto qui a leggere questa storia di Kymyt.


 
   
 
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