Capitolo
1
I
raggi del
sole che filtravano attraverso le pesanti tende in broccato rubino le
colpirono
il volto, costringendola a serrare bruscamente gli occhi prima di
rinunciare
definitivamente a ogni ulteriore minuto di riposo. Si
stiracchiò pigramente
come avrebbe fatto una gatta e ravviò distrattamente le
lunghe onde corvine. Il
vociare proveniente dal piazzale antistante la Fortezza Rossa le
annunciò che i
giovani principi erano già svegli da tempo e avevano
cominciato a passeggiare
urlando ordini agli scudieri che trasportavano i pezzi delle loro
armature e
l’equipaggiamento per giostrare.
-
Ti sembra che quel padiglione sia stato montato
in modo corretto? –
La
voce di Aerion la raggiunse fino alla torre,
tagliente come un rasoio ben affilato. Sbirciò da dietro i
drappeggi,
osservando lo scudiero del principe farsi piccolo piccolo sotto le urla
del suo
signore implorando perdono. Una spinta vigorosa di Aerion lo fece
rotolare
nella polvere, costringendolo a mollare la presa sulla placca frontale
dell’armatura
per cercare di attutire la caduta.
-
Se quella placca ha anche solo un graffio ti
ritroverai senza una mano. Del resto non ti servono a molto, visto che
non
riesci neppure ad adempiere a un compito semplice come questo, no?
–
Il
ragazzetto rabbrividì, profondendosi in una
nuova serie di scuse lacrimevoli.
-
Per i Sette Dei, chiudi quella stupida bocca e
mettiti al lavoro. –
Se
il buongiorno si vedeva dal mattino, l’umore
di Aerion sarebbe stato burrascoso e incostante come il vento prima di
una
tempesta per tutto il resto della giornata. Esattamente il tipo
d’umore che
l’avrebbe spinta a girargli il più a largo
possibile. Aguzzò la vista per
scorgere le insegne dei padiglioni più lontani.
C’erano i due leoni, quello
dorato dei Lannister e quello rosso dei Reyne, ai lati opposti
dell’accampamento; le insegne di Casa Tyrell accanto a quelle
personali di Lord
Lungaspina; il cervo di Casa Baratheon con “La Tempesta che
ride”; le torri
gemelle dei Frey, con
quel Lord Walder
che tanto la disgustava; l’uomo scuoiato dei Bolton e il
metalupo di Casa Stark
vicini all’emblema dei Tully e poi, ancora, il fulmine viola
dei Dondarrion e
le insegne di Casa Martell e Casa Dayne.
Tutti
i più grandi lord dei Sette Regni erano
giunti in città in occasione del compleanno
dell’uomo più stimato del momento:
il principe Baelor.
Con
un sospiro, si allontanò dalla finestra e si
accinse a cominciare la ricerca per l’abito più
adatto all’evento. Non aveva
una serva che l’aiutasse a vestirsi né una dama di
compagnia per sua scelta;
quando si era sotto lo sguardo attento di Lord Bloodraven la cosa
più saggia
era evitare di circondarsi di persone la cui lealtà poteva
essere facilmente
comprata. Individuò l’abito prescelto
nell’angolo più remoto: morbido merletto
di Meereen di una tonalità particolarmente delicata di
indaco, che le metteva
in risalto gli occhi violacei; era stato fatto realizzare su
commissione di
Lady Shiera l’anno precedente e non aveva trovato un motivo
valido per
rifiutare il dono dell’amante del Corvo di sangue.
Sufficientemente
leggero per una giornata calda
come quella che si profilava all’orizzonte, ma allo stesso
tempo capace di
conferirle un’aria regale.
Si
concesse un’occhiata allo specchio, notando
una volta di più quanto il suo incarnato fosse pallido; se
non fosse stato per
le onde scure, sarebbe potuta passare per una vera Targaryen.
Il
bussare educato alla porta in noce la spinse
ad accantonare quelle considerazioni.
-
Sì? –
La
voce di Ser Alessarion risuonò lieve oltre il
legno spesso.
-
Le principesse Aelora e Daenora chiedono di
voi, mia signora. –
Sono
venute a prendermi per non darmi modo di
trovare una scusa per evitare la giostra. Ostinate come tutti i draghi,
non c’è
che dire.
Aprì
la porta, sorridendo all’indirizzo delle
fanciulle. Aelora indossava un abito di un bianco verginale che ben si
sposava
con la sua chioma argentea e la faceva sembrare
l’incarnazione della Fanciulla
mentre Daenora aveva optato per il rosso Targaryen per eccellenza e
appariva
tremendamente simile al ritratto della regina Rhaenyra.
-
Ali credeva che non saresti venuta alla
giostra, ma io le avevo detto che si sbagliava –
asserì la principessa più
giovane, sorridendo compiaciuta.
-
Ho detto che avrebbe cercato una valida ragione
per non venire – precisò Aelora, punta sul vivo,
prima di rivolgere la sua
attenzione al fazzoletto che stringeva tra le mani, - E quello per chi
é? –
Lottò
per cercare di mantenere la consueta
indifferenza, ma le sue guance dovevano averla tradita
perché cominciava a
sentirle fastidiosamente calde.
Per
i Sette Dei, devo proprio rendermi ridicola?
-
È per vostro cugino … Valarr. –
Aelora
emise un lieve squittio deliziato, uno di
quei versi che le giovani lady erano solite emettere quando qualcosa le
colpiva
in modo assolutamente piacevole. Daenora per contro mantenne la
compostezza e
si limitò a un commento velatamente malizioso: - Dunque
sarà meglio sbrigarsi
se dobbiamo passare per il padiglione di Valarr. –
Prima
di darle il tempo di pensare anche solo a
una risposta, le due sorelle la presero sottobraccio e
s’incamminarono per la
strada che portava al piazzale principale. Ser Gwyn e Ser Alessarion le
seguivano, mormorando qualcosa tra di loro con tono palesemente
divertito.
Dunque
stava diventando lo zimbello di Approdo
del Re, che magnifica notizia.
Oltrepassarono
il padiglione del principe Daeron,
che per qualche motivo noto solo agli Dei sembrava aver deciso di
gareggiare in
quella competizione.
Sempre
ammesso che non sia talmente ubriaco da
non riuscire a stare in sella.
-
Zio Maekar non gli ha lasciato scelta, dice che
non troverà mai una moglie all’altezza se passa il
suo tempo a fare la figura
dello smidollato – sussurrò Aelora.
Allungarono
il passo mentre giungevano in
vicinanza del padiglione di Aerion, ora montato alla perfezione. Non
furono
abbastanza veloci da evitarlo, tuttavia, perché
l’odiata voce del ragazzo le
raggiunse prima che fossero abbastanza lontane da poter far finta di
non averlo
udito.
-
Cugine, siete venute ad augurarmi buona
fortuna? –
La
vera fortuna sarebbe il tuo collo spezzato
dopo una caduta da cavallo, ma temo di essere fin troppo ottimista.
S’irrigidì
quando gli occhi violacei del giovane
incontrarono i suoi.
-
E tu, lady Flamaerys, non vuoi dare in pegno un
bacio di buon auspicio al futuro vincitore? –
-
Suppongo, principe Aerion, di avervi dato il
pegno della stima che nutro per voi durante il nostro incontro di ieri
–
replicò, utilizzando quel misto d’ironica cortesia
che in più di un’occasione
aveva sentito lasciare le turgide labbra di Lady Shiera.
Aerion
si rabbuiò, serrando gli occhi con stizza
e parve fare appello a ogni oncia del suo seppur misero autocontrollo
per
impedirsi di reagire come avrebbe desiderato. Mai come in quel momento
la
presenza di due Cappe Bianche era fonte di giubilo per lei.
Daenora
emise una lieve risata divertita,
prendendo l’iniziativa nel proseguire l’avanzata
verso il padiglione del
“Giovane Principe”.
-
Il pegno a cui ti riferivi era quella
tumefazione sul labbro di mio cugino? – domandò
poi, in tono cospiratorio.
-
Ha talmente insistito che non potevo non
accontentarlo. –
Le
risatine crebbero nuovamente, coinvolgendo
anche Aelora.
-
E questo spiega anche perché le ombre bianche
di Valarr siano con te. –
Annuì.
Non
voleva pensare a tutte le ripercussioni che
un fatto tanto palese avrebbe avuto agli occhi della corte e del Re
né alle
dicerie che avrebbe scatenato.
Fortunatamente
i padiglioni di Aerion e Valarr
non erano distanti che poco più di una ventina di metri
l’uno dall’altro,
perciò quel suo silenzio taciturno dovette essere
interpretato come semplice
emozione.
Giunte
all’ingresso del padiglione, Aelora la
spinse in avanti con decisione mentre lei e la sorella si dirigevano
verso il
patio reale dal quale avrebbero osservato l’intera durata
della giostra.
Un’occhiata
titubante alle sue spalle le confermò
che nessun aiuto le sarebbe giunto da Ser Gwyn o Ser Alessarion; il
loro
compito era proteggerla dagli attacchi alla sua persona, non da una
comune
tremarella alle ginocchia.
Prese
un sospiro profondo, facendosi coraggio.
Ho
passato centinaia di giornate in compagnia di
Valarr nel corso di questi anni, perché dovrebbe essere
diverso dal solito?
Perché
in nessuna di queste occasioni aveva
soggiornato nel suo padiglione come avrebbe fatto la lady di un
cavaliere, le
rispose automaticamente la voce della coscienza.
Era
sul punto di tornare sui suoi passi e
inventare un malessere improvviso per giustificare quel cambio
d’idea
repentino, ma aveva la netta sensazione che il Giovane Principe non ci
avrebbe
creduto.
Valarr
non era uno sciocco.
-
Lady Flamaerys, cominciavo a credere che non
saresti venuta. –
-
Pensavi che sarei stata tanto crudele da
deludere le tue richieste, vostra grazia? –
-
Dubito che tu riesca a essere crudele con
chicchessia, mia signora. –
Sorrise
appena, chinando graziosamente la testa
di lato e rivolgendogli la migliore delle sue occhiate penetranti.
– Non ne
sarei così sicura, vostra grazia. So essere spietata e
vendicativa con chi se
lo merita, ma con te non ne vedo il motivo. –
Cosa
le prendeva? Lei non civettava in modo tanto
sfrontato. Anzi, solitamente non civettava in alcun modo.
Valarr
ricambiò il sorriso, un luccichio strano
illuminava le sue iridi azzurre … un’emozione che
era abbastanza sicura di non
aver mai visto prima nel suo sguardo.
Gli
porse il fazzoletto che serrava ancora tra le
mani, osservandolo mentre quell’accenno di sorriso si
tramutava in
un’espressione compiaciuta.
-
Mi aiuteresti ad assicurarlo all’armatura, mia
signora? –
Si
avvicinò con movimenti studiati, come avrebbe
fatto con un animale selvatico, osservando i suoi movimenti da sotto le
lunghe
ciglia scure. Valarr era alto, circa sei piedi e due pollici secondo la
sua
stima, perciò fu costretta ad alzarsi in punta di piedi per
appuntare il
fazzoletto all’attaccatura dell’avambraccio
ricoperto d’acciaio. Posò una mano
sulla placca frontale dell’armatura nel tentativo di
mantenere l’equilibrio
mentre armeggiava con quel piccolo pezzo di tessuto nero e quando
alzò
nuovamente lo sguardo su di lui si ritrovò ad avvampare. Non
erano mai stati
tanto vicini come in quel momento ed era assurdo quanto il suo corpo
fosse
consapevole di ciò.
-
Io … credo che così vada bene – disse
infine,
tornando a mettere un po’ di distanza tra loro.
-
Suppongo di sì. –
È
una mia impressione oppure sembra imbarazzato
tanto quanto me? Probabilmente la colpa é di queste stupide
guance che non
sembrano volerne sapere di smetterla di assomigliare a dei pomodori
maturi.
-
Supponi, vostra grazia? –
-
Valarr, non vostra grazia … le Cappe sono
all’esterno del padiglione – le fece notare.
Se
non altro c’è la concreta possibilità
che
questa mia figura penosa non abbia alcun testimone
all’infuori di noi due.
-
Quindi vuoi farmi credere di non aver alcuna
esperienza in quanto a fazzoletti donati da giovani nobildonne?
–
Valarr
distolse leggermente lo sguardo mentre un
sorrisetto tipicamente maschile gli stirava le labbra sottili.
-
Forse qualche fazzoletto l’ho ricevuto –,
ammise, - Ma sono sicuro di non averlo mai indossato. –
-
Dunque dovrei considerarmi un’eccezione alla
regola? – insistè.
-
Sì, dovresti. –
La
fanfara suonò, annunciando l’arrivo dei membri
della famiglia reale e ponendo fine a quel piccolo e non del tutto
innocente
scambio di domande.
Dopo le
declamazioni di rito, Re Daeron diede ufficialmente inizio ai giochi. I
primi
ad entrare in campo furono il principe Brightflame e un giovane
cavaliere di
Casa Lannister che, a giudicare dalla somiglianza, doveva essere
imparentato
con il Leone Grigio.
-
Credi che sperare che Aerion si faccia male sia
crudele? – sussurrò mentre i contendenti
prendevano il loro posto.
Valarr
ridacchiò.
-
Credo che sperare che si faccia male sia molto
saggio. –
Saggio
e
oltremodo ottimista, questo é certo.
Aerion
poteva essere crudele e spietato, ma non c’era
alcun dubbio circa il fatto che fosse un abile combattente. Tuttavia
non era un
cavaliere onorevole, bastava assistere alle sue esibizioni nelle lizze
per comprenderlo
senza possibilità d’errore. Se un vero cavaliere
non si sarebbe accanito su un
avversario a terra, si poteva star certi che per contro Aerion avrebbe
infierito
finchè qualcuno non l’avesse portato via di peso.
La vista del sangue sembrava
eccitarlo e rendeva la sua follia ancora più temibile di
quanto già non fosse.
Lo
scalpiccio dei ferri sulla sabbia della giostra
risuonava nell’improvviso silenzio mentre
le cavalcature dei due avversari si avvicinavano sempre
più l’una all’altra.
La lancia del cavaliere di Casa Lannister era già in
posizione, tenuta
saldamente con un’angolatura che gli avrebbe permesso di
colpire lo scudo di
Aerion e cercare di sbalzarlo a terra a causa del contraccolpo, ma
quella del
principe svettava ancora in alto sebbene mancassero pochi istanti
all’impatto.
-
Non capisco. Aerion non riuscirà mai a colpire
lo scudo neppure se l’abbassasse di colpo. –
Valarr
osservava il cugino con sguardo truce. –
Non vuole colpire lo scudo. – La trasse a sé
d’un tratto, tanto rapidamente da
non permetterle di opporre resistenza, costringendola a distogliere lo
sguardo.
Mentre
apriva bocca per protestare, un rumore
agghiacciante le raggiunse le orecchie, accompagnato alle grida di
stupore
degli astanti.
Si
districò dalla presa per ritrovarsi a fissare
uno spettacolo disgustoso. La lancia da giostra di Aerion si era
spezzata a
metà nell’urto con la gorgiera dell’elmo
del cavaliere, ma una delle metà
appuntite era penetrata nella carne morbida del collo, trapassandolo da
parte a
parte. Il cavaliere, riverso nella polvere, provò a
gorgogliare qualcosa ma
tutto ciò che abbandonò la sua bocca fu un fiotto
di sangue scuro.
Ma
non fu quello ciò che la sconvolse
maggiormente. Tutti erano troppo impegnati a osservare quella scena per
curarsi
del principe e dell’espressione che solcava il suo bel viso.
Aerion
sorrideva.
Era
un sorriso soddisfatto, malato, che avrebbe
potuto tranquillamente rivaleggiare con quello di Maegor il Crudele.
Spazio
autrice:
Eccoci
qui con l’aggiornamento.
Spero che abbiate apprezzato anche questo capitolo e come sempre faccio
appello
al vostro buon cuore nella speranza che vogliate darmi il vostro parere
(anche
negativo, non mi offendo mica u.u, visto che si può sempre
migliorare). Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt