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Autore: Malvagiuo    23/05/2015    1 recensioni
La morte di Roigkal val'Rundor precipita la valle di Askold in una situazione drammatica. L'inverno grava ancora sulle tribù del nord, che contano sul ritorno della loro divinità, Grijndir, per sopravvivere. Solo la possente Bestia del Mare, infatti, può spezzare l'immensa banchisa di ghiaccio che congela le acque di Askold, aprendo la via dell'oceano e della salvezza. Due uomini si disputano la successione, e con essa il dovere di richiamare Grijndir dalle profondità degli abissi. Da una parte il suo unico figlio, Volgrim, giovane e temerario, che dovrà convincere la sua gente a vederlo non più come ragazzo ma come uomo. Dall'altra, Iorig, fratello di Roigkal e zio di Volgrim, guerriero ambiguo e dalle mille risorse, i cui reali propositi costituiscono un mistero per chiunque.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La neve circondava il corpo di Volgrim. La tempesta era terminata, ma il gelo opprimeva con il suo morso ogni lembo d’aria della montagna. La pelliccia di lupo non era in grado di proteggere le membra di Volgrim, le cui estremità intirizzite erano ormai insensibili. In piedi lungo la strada ammantata dalla neve, l’askarl procedeva a fatica, facendosi strada tra i cumuli di ghiaccio, avanzando privo di meta. Era lontano dal villaggio, nessuno l’avrebbe udito gridare. Le tracce erano state inghiottite dalla neve, non potevano averlo seguito. Era solo, nel bianco abbraccio della morte.

Era così che sarebbe finita, aveva deciso. Che cosa gli rimaneva per cui lottare? Nonostante tutti gli sforzi impiegati, la sua missione aveva avuto esito disastroso. Il sangue versato non era stato ripagato. Tutto era stato sacrificato, per niente. A quale scopo continuare a vestire i panni dell’askarl, se non era in grado di assolvere il compito fondamentale della sua carica?

Morire in esilio. Un fato amaro, per il figlio di Roigkal val’Rundor. E tuttavia, l’unica scelta possibile.

Non era bastato mancare alla promessa fatta al suo popolo. Si era macchiato di un ulteriore crimine, uccidendo un vecchio con la stessa ascia che gli askarl usavano per difendere la propria gente. Il disonore e la vergogna ricoprivano il suo nome come mai prima d’allora a qualcuno era toccato sopportare. Non c’era più spazio per lui ad Askoldir. Non c’era spazio in nessuna delle terre degli uomini, né a nord, né a sud, né in qualunque anfratto di roccia o mare dell’Hyfrolst. Era un uomo maledetto.

Perché aveva voluto seguire le orme di suo padre? Negli ultimi giorni, Volgrim se lo era domandato spesso. Si era reso conto di non aver mai avuto un valido motivo per intraprendere quella strada. L’askarl era suo padre, non lui. Roigkal era una guida, lui era solo un ragazzo che agiva spinto dalla paura, dal timore di quello che il popolo avrebbe pensato se avesse fallito. E aveva fallito, e la consapevolezza di ciò lo aveva condotto alla pazzia, spingendolo prima a uccidere sua madre e, in seguito, un altro uomo, senza una valida ragione.

Gli sembrò di impazzire. Crollò a terra, le mani che artigliavano la testa.

Il gelo delle lacrime sulle guance divenne caldo all’improvviso. Non solo le guance, ma anche il resto del corpo fu investito da un’ondata di calore. Volgrim riaprì gli occhi, incredulo. La neve che lo circondava si stava sciogliendo con una velocità innaturale, come se il sole si fosse trovato a pochi passi di distanza. La morsa del gelo fu sciolta, un caldo soffocante l’avvolgeva, qualcosa che era impensabile trovare in un luogo come la montagna d’inverno.

Volgrim non capiva. Presto si ritrovò immerso in una fanghiglia calda, formata dall’abbondante residuo di neve sciolta. Una vampata di calore alle sue spalle lo costrinse a voltarsi. Lo sguardo di Volgrim si posò sulla cosa più strana che gli fosse mai capitato di vedere.

C’era un uomo, sul limitare del sentiero che aveva percorso. O almeno, una sagoma che ricordava quella di un uomo. Era difficile dirlo con certezza, perché era immersa in un vortice di fiamme crepitanti. Un penetrante odore di carne bruciata emanava da quella figura. Volgrim si dimenticò chi fosse e dove si trovasse: quella manifestazione di un potere divino lo aveva completamente catturato, impedendogli di considerare qualsiasi altra cosa.

Il bagliore delle fiamme lo accecò. Un grido riempì l’aria. Volgrim non riuscì a capire se si trattasse di un urlo umano o del suono del ghiaccio che si distaccava dalla parete della montagna. Era un suono assordante, qualcosa che non poteva essere prodotto dalla gola di un essere umano, eppure non aveva mai udito niente del genere provenire dalla rottura dei ghiacci.

Il ghiaccio scivolò, lento e maestoso come un’onda, e altrettanto letale, dalla superficie della montagna. Colò come l’acqua di un fiume, precipitando verso la valle, investendo alberi, speroni e qualunque cosa incontrasse sul cammino. Niente poteva avvicinarsi all’uomo di fuoco: ogni rivolo di neve che lo raggiungeva diveniva liquido all’istante, e bruciava anche la terra che aveva sotto i piedi. Forse le braccia erano spalancate, come ad accogliere la forza di quella distruzione, oppure a sfidarla. Volgrim non capiva. Non aveva mai assistito a qualcosa di simile, né aveva mai udito di uomini capaci di tali prodigi.

Il tempo parve dilatarsi all’infinito. Per quanto rimase paralizzato di fronte a quella creatura straordinaria, osservando il suo fuoco divampargli dal corpo? Giorni, forse anni? Non lo sapeva, ma quella visione infine cessò. Le fiamme cominciarono a scemare, facendosi sempre più rade. Quando scomparvero del tutto, Volgrim vide le sembianze di colui che le aveva generate.

Rimase a bocca aperta dallo stupore, quando si rese conto di osservare una donna.

Il corpo era annerito dalle fiamme, bruciato, ustionato. Non c’era una parte del corpo che fosse rimasta sana. Era esile, le braccia e le gambe talmente sottili che Volgrim temette non fossero altro che ossa. Si ergeva in piedi, ma non dava l’impressione di essere stabile. Tremava, nonostante il calore che aveva sprigionato e che continuava a diffondersi lì intorno. Gli occhi chiusi rendevano la sua faccia un’imperscrutabile macchia nera. Non aveva capelli. Nemmeno uno era sopravvissuto al rogo.

Volgrim le si avvicinò. Si accorse di essere finito in ginocchio, in una spontanea adorazione di quel miracolo. Lentamente si alzò in piedi e protese una mano verso di lei.

Prima che le sue mani la toccassero, la donna crollò a terra, producendo lo stesso rumore di un cumulo di foglie secche che viene spazzato via.

 
***
 
Il pallido sole dell’alba illuminò un villaggio in piena frenesia. Il popolo di Grijndir si muoveva di casa in casa, portando all’esterno qualunque cose potesse essergli utile nel lungo viaggio che lo attendeva. Alcuni possedevano carri, dove avevano cominciato a caricare coperte, tegami, scorte di cibo essiccato e sacchi di viveri. Gli altri dovevano accontentarsi di stuoie da trascinare, in grado di portare molto meno carico.

«Non possiamo portare tutta quella roba attraverso i valichi» disse Algwi, osservando dubbioso la gente che si arrabattava intorno ai carri e alle stuoie, nel tentativo di caricarle della maggiore quantità possibile dei propri beni.

«Non passeremo per i valichi» disse Iorig. «Costeggeremo la sponda ghiacciata. Passeremo per il mare a piedi.»

«Sei sicuro che il ghiaccio reggerà il peso? Grijndir non è venuto, ma è quasi primavera...»

«Ho tentato io stesso di aprire un buco nella banchisa. Ho usato ascia, martello, piccone, la spada di mio padre. Qualunque cosa. Il ghiaccio è duro come acciaio. Resisterà al nostro passaggio.»

Algwi annuì. «E Volgrim?»

Iorig rimase immobile. Il suo sguardo era fisso su qualcosa, ma Algwi non riusciva a capire su che cosa.

«Se non lo troveremo, ce lo lasceremo alle spalle. Come abbiamo fatto con Grijndir.»

«Vuoi ancora cercarlo?»

«Non so cosa voglio, Algwi» disse Iorig. «Se Volgrim fosse davvero scomparso, la mia scelta sarebbe più semplice. Se tornasse, tutto dipenderebbe dalle sue parole. Se rivendicasse i suoi poteri e ci ordinasse di non partire, dovrei agire. Ed è una cosa che non voglio fare.»

«E se scegliesse di partire con noi?»

«Volgrim non lo farebbe. Rassegnarsi a una simile decisione, dopo tutto quello che ha fatto per mantenerci qui, sarebbe come ammettere che ogni cosa è stata vana. Significherebbe essersi macchiato del sangue di sua madre senza motivo. È una cosa che non può accettare.»

Algwi si strinse la pelliccia intorno al collo. Una folata di vento gelido si era sollevata dal mare, investendo il villaggio e chiunque si trovasse nei suoi meandri.

«Quanto sarà lungo il viaggio?»

«Quindici giorni per uscire dalla banchisa. Due lune per raggiungere una terra fertile.»

«Come lo sai?»

«Io e mio fratello seguivamo rotte diverse, durante la stagione del mare aperto. A dire il vero, è sempre stato così, fra me e lui» disse Iorig. L’ombra di un sorriso si dipinse sul suo volto, ma svanì con la stessa rapidità con cui era apparso. «Sono stato molte volte a sud. Quando mio fratello l’ha scoperto, non ne è stato affatto contento. Ma non mi ha mai proibito di andarci. Io gli portavo un ricco bottino, e tanto gli bastava. A sud ci sono déi diversi da Grijndir, e condurvi una nave del popolo di Grijndir lo considerava una grave offesa. Secondo lui, la Bestia del Mare avrebbe potuto punirci per questo. Lui non si è mai spinto oltre i Denti della Bestia. Ma io sì. L’ho fatto molte volte e lo farò anche questa volta. Intendo condurre il popolo laggiù, in quello che spero sia il suo ultimo viaggio. La terra che ho visto è verde, il ghiaccio scende una volta l’anno e le foreste sono gremite di animali di ogni sorta. Non dovremo sottostare ai capricci di un dio per sopravvivere. Sarà la terra a nutrirci, e i sacrifici non saranno più necessari.»

«Ma il popolo può accettare tutto questo? Tu hai parlato loro di saccheggi, di bottino da riportare in questa terra. Loro credono che ce ne andiamo per un solo inverno, e sono ancora legati a Grijndir. Come credi che reagiranno, quando indicherai loro i campi da coltivare?»

«Dopo il primo anno di saccheggio, coltiveremo i nostri campi. Quando quei campi daranno i primi frutti, dopo aver conosciuto un anno intero con la pancia piena e il caldo nelle ossa, il popolo accetterà qualunque cosa.»

Algwi e Iorig si scambiarono un’occhiata. Nessuno dei due credeva alle parole dell’altro, ma ciononostante erano entrambi disposti ad accordarsi reciproca fiducia, per il momento. D’altronde, nessuno dei due aveva possibilità di scelta.




NOTA AUTORE
Arrivati a questo punto, sento di dover fare dei ringraziamenti. Tre, per la precisione: uno a alessandroago_94, per la sua costanza nel seguirmi e nel recensire. Un altro a Cygnus_X1 per i preziosissimi consigli sull'impostazione della pagine (me imbranato! :D). Il terzo a chi ha la mia storia tra le seguite e le ricordate, e che spero continui a divertirsi nel leggere la mia storia!
   
 
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