Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: indiceindaco    24/05/2015    2 recensioni
Theodore Nott, tre momenti della sua vita, scanditi da tre sinfonie diverse: Overture, Cross-Pollination e Redemption, composte dai Muse. Un bambino, un ragazzo, ed infine un uomo, per raccontare un personaggio che probabilmente esiste solo nella mia testa. Questo è solo un -il mio- modo per fare gli auguri ad una persona speciale.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Theodore Nott | Coppie: Draco/Theodore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Exogenesis
Symphony Part II: Cross-Pollination

 
“Rise above the crowd,
And wade through toxic clouds,
Breach the outer sphere,
The edge of all our fears,
Rest with you,
We are counting on you,
It’s up to you
 
Spread, our codes to the stars,
You can rescue us all,
Spread our codes to the stars,
You muse rescue us all,
Tell us, what is your final wish?
Now we know you can never return,
Tell us, what is your final wish?
We will tell it to the world”
 
Muse, Exogenesis - Symphony Part II: Cross-Pollination
 
 
 
Nelle tante missioni, Theodore ne era sicuro, avrebbe trovato quel che cercava. Ogni notte, quando il marchio bruciava, si lasciava inghiottire dalle tenebre che gli avevano avvelenato l’anima. Ogni notte con gli occhi che brillavano, accoglieva gli ordini, covando dentro di sé l’unica speranza che gli fosse mai stata concessa. Da quella notte, quando Lucius Malfoy aveva sputato fuori quel nome, Theodore ne era stato ossessionato. Eseguiva gli ordini, da bravo soldato del secolo nuovo, di un mondo pulito, ma il suo unico scopo, che lo lasciava inginocchiare ossequioso nei confronti di ideali corrotti e spuri, era trovarlo. E una volta trovato, annichilirlo.
 
Dare un volto a quel nome, a quella divisa da Auror che lo aveva spogliato di tutto, al punto da non lasciargli neppure il beneficio di immaginare l’abbraccio di una madre, i rimproveri docili di un padre. Così passava ogni notte, nell’estate dei suoi sedici anni, ad inseguire lo spettro della vendetta. Meccanicamente dava alle fiamme le case Babbane, dopo averne torturato i proprietari, fino a farli uscire di senno, invocando sempre la stessa preghiera.
 
Fa’ che venga anche lui, questa volta.
 
Aveva perso il conto delle maledizioni scagliate, senza neppure l’ombra di un possibile perdono. Non gli importava d’essere lodato, per il lavoro “pulito” e le missioni “magistralmente” portate a termine. Non gli importava lo affiancassero a Mangiamorte esperti, o ai suoi compagni di scuola. Non gli importavano gli sguardi d’approvazione della Lestrange, o l’orrore negli occhi di Pansy. Non gli importavano le parole di Blaise, le lusinghe di Greyback, né la ferocia delle suppliche di Draco. Non gli importava di vederli cadere a pezzi, né di ferirli. Era un uomo, ormai, e da sempre aveva nutrito, con i brandelli della propria anima, quell’unico scopo. Vendicare tutto ciò che di più caro gli fosse stato strappato via. Aveva abbracciato il marchio nero, e quell’ideale di giustizia, l’unica possibile: da pagare col sangue.
 
E quando quella notte lo trovò, in un campo di battaglia aperto, e lo guardò negli occhi, per un attimo Theodore sbirciò il proprio inferno. Per quanto tempo lo aveva atteso, aveva sperato di trovarlo fra le fila nemiche, aveva fantasticato sulle torture che gli avrebbe inflitto. Era quello il momento più esaltante: averlo di fronte in ginocchio, le labbra tremanti, gli occhi spalancati, in una penosa supplica. La punta della sua bacchetta era sulla gola dell’Auror, quando Theodore si sfilò la maschera candida. Negli occhi dell’uomo si accese una flebile speranza, che non poté far a meno di generare un ghigno spietato sulle labbra del ragazzo: ci credevano tutti, all’inizio, ne erano convinti…di poter sopravvivere. Era vergognosamente ripugnante, quella malsana natura umana che li spingeva a credere ci fosse salvezza. Com’erano fragili, quelle figure rattrappite, sospese tra la vita e la morte, schifosamente supplici di uno stato di grazia. Theodore le trovava vagamente buffe e infinitamente inutili.
 
-Ragazzo, metti giù la bacchetta…non devi farlo.
Avevano quelle vocette stridule, da bambini capricciosi, da animaletti terrorizzati, che Theodore trovava così nauseanti. Erano carne in putrefazione ma non si arrendevano all’evidenza.
-Sto solo ricambiando il favore. Non vorrai che mi privi di un tale onore.
Qualcosa palpitava sempre nelle pupille di quegli animali insulsi, a quel punto. Ma quell’Auror era diverso, probabilmente era stato addestrato per esserlo, per non mostrare paura, incertezze. Eppure, alla fine sarebbe morto, come tutti gli altri, più degli altri.
-Non ti ricordi di me, vero? No, non potresti. Non mi hai mai conosciuto, in effetti- disse Theodore, con fare accondiscendente e con una voce buia.
-Ragazzo, non sei costretto a farlo. So che stai solo eseguendo degli ordini, ma ci sono altre possibilità…
Sebbene si sforzasse, la voce dell’Auror era soffocata, atterrita, aveva forse già cominciato a smettere di sperare, solo un po’.
-Guardami bene in faccia. Non ricordi proprio, eh?
L’uomo lo scrutò attentamente, e Theodore riuscì a distinguere chiaramente il momento in cui venne riconosciuto: le pupille si dilatarono, e l’uomo aprì la bocca, emettendo un suono strozzato.
-Nott, sì. Non mi sorprende tu te ne sia ricordato solo adesso. Dimmi, ricordi anche il viso di mia madre? Io non l’ho mai visto, dicono le assomigli…tu che ne pensi?
Theodore affondò ancora un po’ la bacchetta nella giugulare dell’Auror, che adesso tremava, cercando invano di contenere il proprio terrore, nel contorcersi delle proprie budella. Gli occhi avevano abbandonato qualsiasi probabilità di sopravvivenza, e si stavano velocemente annacquando, rendendo lo spettacolo ancora più patetico sotto il feroce sguardo del ragazzo.
-Non farlo, ragazzo…vendicarti non ti ridarà tua madre. Non farlo, ti prego, io posso…
Theodore non seppe mai come finisse quella stupida preghiera, stroncata da un lampo di luce verde. Soddisfatto però, sentiva ancora le dolci parole supplichevoli:
Non farlo.

 
Invece, lo fece.
 
 

 
Troppi ne aveva visti, di morti, al punto di farne parte mentre era ancora vivo.
La guerra gli aveva insegnato a uccidere e gli aveva concesso di farlo
senza accusa e senza colpa per il semplice fatto di indossare una divisa.
G. Faletti
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: indiceindaco