A
seguito degli eventi che hanno portato noi partecipanti al “Contest Natalizio”
a far rivalutare i nostri lavori per via dell’improvvisa sparizione della
giudice ufficiale, vi ripropongo il mio lavoro, non più valutato da AchiSama ma da Iaia86@. So che ormai non è più periodo XD,
però per noi era importante avere un giudizio equo, visto l’impegno che tutte
noi avevamo messo per questo lavoro.
Ringrazio infinitamente Iaia
per la pazienza e la velocità. Nella seconda valutazione, mi sono classificata
seconda, anziché quarta. Non nego di esserne felice, grazie ancora, Iaia! Saluti, Izayoi007
RED CHRISTMAS
Autore: Izayoi007
Titolo: Red Christmas
Genere: sorpresa.*
rating: arancione.
Avvertimenti: nessuno.
Introduzione: Un Natale in rosso, gli abitanti riuniti per festeggiare e,
ovviamente, il classico albero di Natale a testimonianza dell’evento.
Il
grosso abete decorato magnificamente, posto all’entrata di Konoha, ricordò a
tutti i presenti che Natale era giunto.
Quella
notte del 24 Dicembre che, come tutti gli anni, avevano deciso di passare
insieme.
Stavolta, tutti insieme. Sasuke-kun compreso.
Indi,
si ritrovarono tutti all’entrata del villaggio per i festeggiamenti. Tutti, nel
cammino per raggiungere il luogo d’incontro, erano stati felici fino a quel
momento e festeggiavano a cuor leggero quella tradizione non proprio orientale.
Ma
quello non era previsto nei festeggiamenti e nei giochi goliardici e un po’
infantili dei loro amici. Nessuno di loro si aspettava la figura imponente
appena entro i grossi portoni d’entrata.
Sakura
lo fissò sconvolta, anche se, in parte, quasi affascinata, trattenendo
un’esclamazione sorpresa.
Una
moltitudine di grosse polle rosso scarlatto partivano dalla base dell’intera
figura e, risalendo, la ricoprivano interamente.
Flash
dorati, come scariche elettriche ad alta tensione, si alternavano ripetutamente
intorno ad essa, mischiandosi al porpora, dando vita a uno spettacolo
irripetibile.
Il
vento gelido dell’inverno, attraversò con una folata più gelida delle altre
l’intera zona.
Mosse
i fili dorati, intrecciandoli ai rivoli cremisi, macchiandoli con sottile e
particolare armonia.
Il
cielo di notte, nero di pece, solitamente attraversato dalla pallida luna e
illuminato dalla fievole luce delle stelle, quella particolare notte, caratterizzata
dai festeggiamenti e dagli ordinari schiamazzi dei giovani, ne fu sconvolta. Fu
sconvolta da quelle luci abbacinanti, vive e danzanti attorno a lui.
Ne
segnò l’inizio e l’accompagnò fino all’alba.
Forte,
devastante e indimenticabile, ciò che rappresentava in quel momento di festa, rimase
indelebile nei cuori e nella mente di tutti loro.
Un’altra
ondata di vento calda, innaturale, si levò in aria.
Alcune
di quelle polle rosse caddero al suolo, tingendo la neve candida di fantomatici
pois.
Le
palline dell’albero sparse al suolo dal vento, adagiate sul manto bianco,
formarono immagini di rari disegni dalla forma irregolare e ineffabile.
Tutto
tacque, finché il rumore dei cocci rotti di una di quelle decorazioni, attirò
la loro attenzione sul terreno. Osservarono il ninja muoversi incurante tra di
esse, pestando e distruggendo tutte quelle che gli capitavano sotto gli arti.
-Naruto, fermo! Distruggerai tutto! – fu il
richiamo severo, con una leggera nota di biasimo, ma anche di supplica.
L’interessato non l’ascoltò, né rispose.
-
Lascia perdere Sakura, parlargli non serve a nulla. Dobe era, e dobe è rimasto.
– decretò con vece gelida, il compagno al suo fianco. I suoi capelli scuri si
mossero appena all’ennesima folata di vento.
La
kunoichi abbassò tristemente lo sguardo sui resti di ciò che il suo amico aveva
distrutto, poi si volse verso la donna bionda al suo fianco. Sakura aprì la
bocca per parlare ma un gesto secco dell’altra la interruppe.
-Lo
so, Sakura. Non possiamo lasciarlo così…- sospirò,
poi il suo sguardo si fece severo e negli occhi una luce ironica lampeggio per
un istante -…quando sarà finita, gli fa parò pulire e
aggiustare tutto quanto, a quello stupido moccioso! – ringhiò, con un leggero
ghigno stampato in volto. La loro attenzione fu catturata momentaneamente dall’arrivo di qualcun altro. L’uomo spuntò
dalla folla di ninja che si erano recati lì per prepararsi ai festeggiamenti e
ora, fissavano sorpresi l’alta figura davanti a loro.
-
Fino ad allora…?Che facciamo? – domandò il nuovo
arrivato.
-
È allievo tuo, o sbaglio, Jiraya?! – la risposta di lui fu un’impotente alzata
di spalle.
-
Sì, Tsunade…ma che ci posso fare io se quel ragazzo è
una testa quadra?! – ad avvalorare le sue parole, il giovane avanzò ancora,
distruggendo un’altra manciata di quelle palline.
-
Al diavolo! – sbottò l’hokage – Ormai il danno è fatto! È inutile piangere sul
latte versato...però, dobbiamo rimediare, prima che sia troppo tardi. – decretò
sicura. Gli altri la guardarono ed annuirono.
-
Quindi…? Che facciamo? – la bionda sospirò pensierosa,
poi, uno sguardo deciso illuminò il suo viso. Infine parlò:
-
Siamo in ballo, e allora balliamo! – detto questo, si gettò in mezzo alla
folla, più decisa che mai.
Sakura
e Sasuke si lanciarono uno sguardo d’intesa e poi, contemporaneamente, corsero
dietro all’Hokage.
Jiraya,
rimasto solo, si lasciò andare ad un lungo sbuffo.
-Diavolo
ragazzo…mi dai sempre un sacco di problemi! –
borbottò, scotendo il capo. Alzò lo sguardo verso di lui, diversi metri più in
là, immaginandosi la risata cristallina e genuina che accompagnava il
caratteristico sorriso che solitamente gli illuminava il volto. Ancora una
volta, non poté fare a meno di paragonarlo a Minato.
Si
ritrovò a sorridere a sua volta, quando il ricordo dell’indimenticabile sorriso
di quello che un tempo era stato suo allievo, tornò a farsi spazio nella sua
mente.
Davanti
ai suoi occhi la calca di ninja scomparve e, al suo posto, comparve il viso del
quarto hokage. Ancora una volta, il paragone tra padre e figlio fu impossibile
da evitare.
Sapeva
che era sbagliato; Naruto non era Minato, ma non poteva fare a meno di metterli
a confronto, ritrovando ogni volta, inevitabilmente, tutte le caratteristiche
che accumunavano il ragazzo a suo padre.
Cancellò
istantaneamente ognuno di quei pensieri quando Kakashi, silenziosamente come
suo solito, gli si avvicinò cautamente.
-Jiraya-sama…- accennò un saluto e seguì, con
lo sguardo, quello del sennin leggendario.
-
Andiamo…? – fece solo, muovendo un passo in avanti.
Quando vide l’altro incamminarsi e superarlo, si affrettò a seguirlo.
[Chi ha mai detto che
Natale è rigorosamente sinonimo di gioia e felicità?]
Balle. Tutte balle.
Sasuke
fissò, incolore, la figura davanti a sé, mentre questi pensieri gli
attraversavano il cervello. Non aveva vissuto un Natale peggiore di quello.
Troppa confusione, troppi schiamazzi.
Troppo rosso.
Lui
non l’aveva mai visto. Non aveva mai visto nulla di simile. Persino quando
erano più piccoli, ai tempi del neonato team sette, non aveva mai visto nulla
di simile a Konoha.
Quando
ancora non aveva tradito il villaggio e lui e gli altri membri della squadra si
limitavano a compiere stupide missioni di livello D.
Quando
ancora non aveva avuto la possibilità di vedere che la punta dell’iceberg di
tutto quello e i suoi giovani occhi si illudevano che non ci fosse nulla di più
sotto.
Quando
ancora era troppo ingenuo per capire e la sua preoccupazione era unicamente
quella di allenarsi per diventare più forte e uccidere suo fratello.
Quando
ancora era troppo cieco per vedere cosa accadeva alle sue spalle e cosa
sconvolgeva Konoha e i suoi migliori amici.
Non
credeva che in villaggio di vecchi bigotti e conservatori come quello, qualcosa
di simile sarebbe accaduto.
Loro
non ripetevano lo stesso errore due volte. Mai.
E
lasciarlo a piede libero, visti i precedenti, era un errore.
Ma
la verità era che non erano in grado di opporsi alla forza d’animo e al
carattere deciso di Tsunade. Lei non avrebbe mai permesso che, per quanto
instabile, gli rovinassero la vita.
Voleva
bene, Tsunade.
Gliene
voleva troppo.
Per
questo gli anziani non avevano potuto opporsi alla sua decisione.
Ed
ora, si ritrovava in mezzo a loro. Instabile. Una bomba ad orologeria che era
sempre sul punto di esplodere.
Ma
non ne faceva uno colpa a Tsunade. Nessuno di loro lì, lo faceva.
Tutti
loro gli volevano troppo bene per non condividere la scelta dell’Hokage.
Già,
tutti. Persino lui, per quanto non lo avrebbe mai ammesso.
Le
sue labbra si arricciarono in una sorta di mezzo ghigno.
-Che schifo. Bel
modo di farci passare il Natale, Dobe. –.
[Chi ha mai detto che a
Natale siamo tutti più buoni?]
Balle. Tutte balle.
A
Natale? Solo a Natale?
Diamine,
lui lo era tutto l’anno! Lui lo era sempre.
Anche
adesso, i suoi occhi, in mezzo a tutta quella neve, in mezzo a quel rosso e ai
lampi gialli, rimaneva buoni.
Sakura
lo sapeva. Sapeva che sotto tutto quello, sotto quell’aspetto, sotto quel
miscuglio di calore bruciante e rancore, lui c’era ancora.
Sapeva
che assieme alle polle cremisi e ai lampi dorati, sotto, in profondità, polle
trasparenti mitigavano quei colori forti e ne lambivano silenziosamente la
coscienza. La sfioravano, l’accarezzavano, la cullavano in quel limbo di dolore
e offuscavano i suoi sensi cosicché non sentisse cosa ci fosse fuori, cosa lui
stesso stava provocando inconsciamente.
Desiderava
raggiungerlo. Toccare quelle profondità nascoste, porgere la mano ed attendere
che questi l’afferrasse, per tirarlo fuori con forza.
Avrebbe
voluto lacerare, spaccare in due quella corazza di rancore e distruzione. Per raggiungerlo,
salvarlo da quell’inferno di dolore.
Perché
faceva male.
Perché
tutto quello era molto di più da sopportare per lui che per loro.
Perché lui era
buono. Sempre.
[Chi ha mai detto che a
Natale non si festeggia mai da soli?]
Balle. Tutte Balle.
Lui
era sempre stato solo. Come tutti loro. Come tutti i ninja.
Perché
le amicizie, gli affetti, erano blandi. Perché quando capitavano,
inevitabilmente, quelli veri, finiva sempre, nel loro mondo, che qualcuno di loro
moriva, ucciso in battaglia o in missione. Ed allora i legami, per quanto
forti, si spezzavano e tu morivi dentro, con loro.
Perché,
per quanto ognuno di loro si ripetesse ogni dannata volta che succedeva, che
dovevano esserci abituati, che la perdita di un compagno, con la loro vita, era
inevitabile e che quindi non avrebbero dovuto piangerci su, nessuno ci
riusciva. Tutti loro soffrivano, per quanto abituati, ogni dannata volta.
Perché i legami erano importanti, indistruttibili alle volte, persino per la
morte, ma la gente moriva, e con sé si portava sempre via parte di quel legame.
Kakashi
lo sapeva bene, aveva potuto constatarlo di persona. E gli doleva il petto a
vedere sempre la stessa storia ripetersi.
Lui
aveva faticato, si era affannato così tanto, sin da piccolo, a creare quei
legami che gli erano sempre stati negati per via di ciò che il destino aveva
avuto in serbo per lui.
Ed
in quel momento, tutti i suoi amici erano lì per aiutarlo. Tutti i legami così
faticosamente allacciati, si stavano dando da fare per lui.
Ma
per quanto essi volessero aiutarlo, allungare una mano ( lo vedeva, nei loro
occhi, negli occhi di Sakura, al suo fianco, negli occhi si Sasuke, poco più
avanti ), e trarlo in salvo, lui sarebbe comunque stato solo. Avrebbe dovuto
farcela da solo. Avrebbe dovuto attingere forza solo dal pensiero di quei
legami, dalla consapevolezza della loro reale esistenza, della loro presenza.
Ce
l’avrebbe fatta, o si sarebbe lasciato sopraffare?
Cosa avrebbe
fatto, se fosse stato lui stesso a reciderli?
[Chi ha mai detto che a
Natale tutti si vogliono bene?]
Balle. Tutte Balle.
Quand’era piccolo, c’era
stato soltanto lui.
Natale o non Natale, in
ogni periodo dell’anno, nessuno voleva avere a che fare con lui.
Nessuno gli voleva bene,
solamente lui. Solo lui lo aveva accettato per quello che era, non per quello
che appariva o credeva la gente.
Iruka era stato il primo
a volergliene veramente. E tutt’ora, guardandolo, nonostante tutto, non poteva
fare a meno di provare lo stesso incondizionato affetto.
Certo, all’inizio era
stata dura. Anche lui, traviato dalle chiacchiere di strada e dalla sua
esperienza stessa, non vedeva in lui altro che quello che vedevano gli altri.
Poi, una volta scoperto il suo vero “io”, dall’animo nobile, forte e sincero,
tutto era cambiato.
Perché lui era quello che
era. Era lui, e nessun’altro. C’era
voluto molto tempo, ma alla fine, anche altri se n’erano accorti e avevano
guardato al di là delle dicerie e della paura ed erano diventati suoi amici, e
gli avevano finalmente voluto bene.
Se lo meritava. Meritava
tutto il bene che, in quel momento, ai suoi occhi paterni, tutte le persone di
cui aveva lentamente e faticosamente conquistato l’affetto, lì presenti,
stavano dimostrando a modo loro.
Lui avrebbe sentito quanto era grande
il loro affetto?
[Chi ha mai detto che a
Natale tutto è migliore?]
Balle. Tutte Balle.
Il
loro sguardo si levò in alto, ancora.
Un
ruggito ruppe il silenzio e attraversò il villaggio.
Un
ondata di aria calda, bollente, incandescente,
inaridì l’atmosfera e mozzò loro il respiro in gola.
Lingue
di fuoco - nove - lambirono il cielo.
Flash dorati,
come scariche elettriche ad alta tensione, lo circondarono.
Una moltitudine
di grosse polle rosso scarlatto – sangue
- partivano dalla base dell’intera figura e, risalendo, la ricoprivano
interamente,
perdendosi nell’atmosfera circostante ed andando ad infrangersi ed alimentare
la barriera di chakra scarlatto che lo ricopriva.
Il vento gelido
dell’inverno, attraversò con una folata più gelida delle altre l’intera zona.
Mosse i fili
dorati – i suoi capelli - ,
intrecciandoli ai rivoli cremisi – il
suo sangue - , macchiandoli con sottile e particolare armonia.
Il cielo di
notte, nero di pece, solitamente attraversato dalla pallida luna e illuminato
dalla fievole luce delle stelle, quella particolare notte, caratterizzata dai
festeggiamenti e dagli ordinari schiamazzi dei giovani, ne fu sconvolta. Fu
sconvolta da quelle luci abbacinanti –
il suo, il loro chakra lottava - ,
vive e danzanti attorno a lui.
Ne segnò
l’inizio e l’accompagnò fino all’alba –
durò tutta la notte - .
Forte,
devastante e indimenticabile, ciò che rappresentava in quel momento di festa,
rimase indelebile nei cuori e nella mente di tutti loro.
Un’altra ondata
di vento, calda, innaturale, si levò in aria – le lingue di fuoco si mossero,
devastanti -.
Alcune di quelle
polle rosse caddero al suolo – schizzi
di sangue caddero, bagnarono il terreno… - ,
tingendo la neve candida di fantomatici pois.
Le palline
dell’albero, sparse al suolo dal vento -…che si confusero
con le decorazioni vermiglie in vetro soffiato - , si adagiarono sul manto
bianco. Formarono immagini di rari disegni dalla forma irregolare e
ineffabile.
Tutto tacque. Finché
il rumore dei cocci rotti di una di quelle decorazioni, attirò la loro
attenzione sul terreno.
Lui
avanzò, ancora, verso di loro, incurante,
tra di essi, pestando e distruggendo tutte quelle che gli capitavano sotto gli
arti.
L’albero
cadde, abbattuto da un colpo di una delle lingue di fuoco, quasi fosse stato un
ramoscello insignificante. Tutte le decorazione caddero a terra. S’infransero.
Non
c’era spazio per il Natale, ora. Né per i festeggiamenti, né per gli scherzi o
i giochi.
C’era
spazio solo per la battaglia, il sangue e la
speranza.
Un
unico tenue bagliore di speranza che attraversò i loro animi, dandogli la forza
per combattere.
La forza per
distruggere il mostro.
La forza per
salvare lui. Lui che tutti loro, in un modo o nell’altro, aveva salvato.
Sasuke
si fece avanti, tra la folla di ninja che si erano precipitati lì per
festeggiare, ed ora si ritrovavano a dover affrontare la peggiore delle loro
paure.
-Allora
Dobe, sono stufo delle tue manie di protagonismo. – sibilò, fissandolo dritto
negli occhi cremisi – Mai una volta che riesci a stare al tuo posto. Forza,
finiamola con questa storia, una volta per tutte. -.
Anche
Sakura si fece avanti.
-Già,
e poi ti ho già comprato il regalo di Natale! Non vorrai che debba buttarlo,
vero?! – gridò, fintamente furiosa, agitando un pungo in aria.
In
risposta, la creatura ruggì nuovamente e scosse il capo. Si abbassò, piegandosi
sugli arti inferiori.
Erano
pronti per la battaglia.
Per una volta, saremo noi a salvare te,
Naruto.
Leggere
questa nota rigorosamente solo dopo aver concluso la lettura della storia,
grazie.
*Dunque, per ciò che riguarda il genere, ho
messo “sorpresa” semplicemente perché svelerebbe troppo riguardo al contenuto e
al tema principale di questa one-shot. Infatti, il
mio intento era di svelare il tutto poco a poco (e in particolare, alla fine)
ciò che riguardava la situazione. Se avessi messo “drammatico” o “malinconico”
o qualsiasi altra cosa del genere, probabilmente avrei reso inutile la parte
iniziale, che ha un tono ambiguo e quasi leggero e allegro, e che mi serviva
per introdurre il resto, confondendo volutamente un po’ le acque. Spero non me
ne vogliate per questo, ma l’ho ritenuto quasi indispensabile. Infatti, l’aver
ripreso, nella parte finale, alcuni pezzi e frasi di quella iniziale ed aver
“spiegato” con le parti in grassetto, cioè che realmente stava dietro
l’ambiguità racchiusa in essa, è del tutto voluto. Un effetto particolare per
far capire il senso del tutto, solamente alla fine. Spero di essere stata chiara,
altrimenti, sono disponibile per eventuali delucidazioni. Saluti, Izayoi007.