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Autore: Trick    05/01/2009    6 recensioni
AGGIORNATO IL SESSANTOTTESIMO CAPITOLO
Infiltrato nel clan di Fenrir Greyback, Remus Lupin finirà per scontrarsi con quella realtà dalla quale ha sempre tentato di sfuggire. Nel frattempo, a Londra, Tonks non può far altro che cercare di sopravvivere alla guerra che imperversa per la città. Una storia fra umani e licantropi, fra amicizie improbabili e segreti dimenticati, per decidere se sia più forte il richiamo del sangue o quello del cuore.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Diario di un Lupo

in un Branco di Lupi

(Versione riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)

CAPITOLO QUARANTACINQUESIMO

Le fiamme del Mastro

°°°°°°°



Entrando nella tenda con il volto più stanco del solito, Remus guardò intensamente Tyne e Alceus. La giovane, ancora china sulla amica incosciente, alzò il capo rigato verso di lui, mentre il ragazzo, intento a cambiare le fasciature del piccolo Kisu, strinse con forza le labbra sottili e gli rivolse un mesto sorriso.

«So che è difficile. Molto più per voi, sicuramente, che non per me» iniziò piano, lasciandosi scivolare in un angolo della baracca e affondando una mano fra i capelli ingrigiti. «So cosa significa perdere qualcuno di così importante, ma... vi devo chiedere di non gettare la spugna proprio ora. Ogni minuto che lasciamo correre potrebbe essere un minuto in meno per qualcuno del branco. Detesto dovervi chiedere anche questo, ma-».

«Noi siamo con te, Bizét» lo interruppe deferente Alceus. «Qualunque cosa succeda».

Sorridendogli in risposta, Remus annuì grato.

«Bizét?» lo chiamò improvvisamente Tyne. «Potremmo... potremmo almeno... era uno dei saggi e...» balbettò. Incapace di terminare la frase, cercò con lo sguardo il sostegno di Alceus.

«Ci chiedevamo, Bizét» riprese questo, «se non fosse possibile seppellirlo onorevolmente nella necropoli. Come ha detto Tyne, era uno dei saggi e-».

«No» tagliò corto Remus, scuotendo amaramente il capo. «Non credo che una cosa del genere sia possibile».

Alceus e Tyne sgranarono gli occhi, fissandolo con espressione sgomenta.

«P-perchè...?» biascicò tremante Tyne, continuando a guardare rapidamente da lui ad Alceus, confusa. «Perché lui non-?».

«Perché non ho alcuna certezza che il morbo abbia perso la sua pericolosità. Se seppellissimo Chilone nella necropoli – dove sarebbe giusto, ne convengo – rischieremmo un contagio di massa dalle proporzioni abissali».

«Ma... ma...» iniziò Tyne, singhiozzando sconvolta. «Allora, cosa...?».

«Mi dispiace» mormorò accoratamente Remus, scrutandoli cupo. «ma è necessario bruciare la sua salma».

°°°°°°°





Calde e fluttuanti, le lingue di fuoco si stagliavano contro un nuovo giorno. Se l'acre odore della morte non ne avesse alterato lo spettacolo, poter scorgere i tenui colori pastello del cielo e, contemporaneamente, la forza feroce del fuoco, sarebbe stata una visione spettacolare. Remus Lupin aveva sempre trovato l'alba di una bellezza estremamente più piacevole del tramonto. Probabilmente, si era sempre detto, anche questa sua predilezione doveva alla sua condizione di licantropo. Il tramonto, così avvolgente ed esaltante, non era altro che il segno di un'altra notte che si andava avvicinando e, di mese in mese, quella notte si trasformava in un altro plenilunio di sofferenze.

Dopo tanti anni e, forse, per la prima volta, guardava l'alba con occhi diversi. Mentre il corpo di Chilone andava via via dissolvendosi fra lo scoppiettare delle fiamme, quello stesso sole mattutino a cui tante volte aveva rivolto i suoi sguardi riconoscenti, illuminava implacabile i loro volti turbati. Impressa nei volti dalle forme più diverse, troneggiava la più totale e devota sofferenza. La vecchia Faolan, contro ogni previsione, aveva abbandonato il suo ombroso rifugio e si era trascinata fino al grande falò del villaggio, arrancando stancamente con il suo vecchio bastone di canne intrecciate; Minsk, grattandosi pensieroso la lunga barba rossa, teneva il capo chino e, di tanto in tanto, gettava occhiate preoccupate verso la necropoli, sperando, probabilmente, di poter intravedere il volto della compagna e del proprio bambino nascosti dalle betulle più vicine; Alceus e Aulos, seduti l'uno accanto all'altro a pochi metri dal fuoco, zufolavano piano una malinconica nenia; a pochi passi da loro, Tyne, carezzando piano i capelli del giovane Kisu (fra tutti gli infermi, probabilmente quello che dava i migliori segni di guarigione), piangeva sommessa. Attorno a loro, tutti gli altri mannari affetti dal Morbo dei Re, Regalis Morbus, Sigillo dei Peccatori o qualunque altro nome gli si possa attribuire, parevano essere ipnotizzati dal danzare delle fiamme. Vi era chi scorgeva nel suo calore nient'altro che un funesto avvertimento, chi, scuotendo il capo, ringraziava la sorte di averlo risparmiato e chi, stringendosi semplicemente nel bavero della casacca, non era semplicemente in grado di pensare a qualcosa. Il volto di Rouge, al contrario di tutti, era una maschera di imperturbabilità. Austera e apparentemente inattaccabile, fissava il viso contorto del proprio mentore svanire fra le fiamme, con lo sguardo brillante e la mascella rigidamente serrata.

«È COLPA VOSTRA!» strillò improvvisamente una voce.

Voltandosi spaventato, Remus vide Lynn fissarli con un'espressione alienata impressa nel volto olivastro. Respirava affannosa, stringeva i pugni con forza e pareva in procinto di attaccare uno qualsiasi di loro. Muovendo appena il capo, Rouge le rivolse un'occhiata altezzosa, prima di tornare a fissare taciturna il falò.

«È COLPA VOSTRA SE MIO PADRE È MORTO!» continuò a strillare, scuotendo isterica il capo e muovendo agitata le braccia. «ASSASSINI!».

Respirando stancamente, Remus si avvicinò a lei.

«Lynn...» tentò di iniziare, stringendole con gentilezza le braccia.

«NON PARLARMI!» gridò di rimando lei, divincolandosi dalla sua presa e guardandolo con ira. «È STATA TUTTA COLPA TUA! SE TU NON FOSSI MAI VENUTO QUI, NON SAREBBE MAI SUCCESSO NIENTE! TU HAI PORTATO LA SCALOGNA NEL NOSTRO BRANCO! DOVEVI MORIRE TU, MALEDETTO!».

Corrugando le sopracciglia e scrutando attento la scena, Aulos spostò la sua mano da quella di Alceus, per stringerla con forza attorno all'impugnatura del proprio pugnale. Accortosi del gesto del giovane, Minsk distolse lo sguardo da Lynn e lo ammonì silenziosamente con un cenno severo del capo.

«Ascoltami, Lynn, te ne prego» riprese pacato Remus, osservandola con intensità. «Capisco quanto sia dura accettare il fatto che-»-

«TU NON SAI NIENTE! È MIO PADRE QUELLO CHE STATE BRUCIANDO! MIO PADRE! TU NON CAPISCI!».

«Purtroppo» mormorò tristemente lui, «temo di capirti».

Tremando per i violenti singhiozzi e fissandolo con il volto deformato dal dolore e dalla rabbia, Lynn scosse di nuovo il capo, facendo ondeggiare la lunga chioma corvina come un'onda di pece.

«No, non lo sai...» ribatté decisa, stringendosi nelle braccia e inginocchiandosi a terra. «Non lo sai...».

Guardandola sconfitto, Remus si chinò dinanzi a lei e le sfiorò con gentilezza una mano. Gemendo dolorosamente, Lynn si lasciò sopraffare da un pianto implacabile.

«Mio padre...» biascicò con voce impastata.

«Non ha voluto che tentassimo di guarirlo» disse. «Aveva già deciso la strada che avrebbe percorso».

E tu, Lynn? Quale strada hai intenzione di percorrere, ora?

°°°°°°°





«Come sta?» s'informò Rouge, sporgendosi verso Calima e immergendo una mano nell'acqua per scostarle un ciuffo fluttuante di capelli dal volto squamato.

«Meglio» le rispose placida Tyne. «Almeno, questo è quello che dice Bizét».

«Non devi preoccuparti, allora».

Tyne annuì.

«Rouge! Rouge!» strepitava la voce di Aulos al di fuori della tenda. «Rouge!».

Alzando gli occhi al cielo con fare stizzito e imprecando contro l'inefficienza del giovane mannaro, Rouge aprì di scatto la tenda.

«Aulos, non urlare!» gridò a sua volta, alterata.

«Rouge!» esclamò lui, illuminandosi di colpo alla sua vista e correndole incontro trafelato.

«Madre Selene, Aulos, che succede, adesso?» sbottò stancamente, passandosi una mano sul viso.

«Fenrir...» iniziò lui, cercando di riprendere fiato. «Fenrir è tornato».

°°°°°°°





«Cosa diavolo è successo nella mia tenda!?» sbraitò Greyback, irrompendovi dentro con la grazia di un Troll. «Rouge!»

«Fenrir» disse Rouge, sfoderando il suo miglior sorriso diplomatico. «Quali novità dal mondo umano?».

«Chiudi il becco, stolta femmina, e rispondimi!» gridò di nuovo. «Cos'è questo macello!?».

Con un piccolo strillo terrorizzato, Tyne e Alceus si acquattarono sotto al grosso tavolo di legno, stringendosi tremanti l'uno con l'altra.

«Siamo morti...» squittì impercettibile il ragazzo.

«Fenrir» s'intromise Remus, entrando a sua volta nella tenda e inchinandosi appena. «Sono lieto tu sia tornato così in fretta».

«Forestiero...» mormorò rabbioso lui, voltando piano il capo verso di lui. «Mi vuoi spiegare?».

«Naturalmente, Fenrir» rispose prontamente Remus, annuendo servizievole. «Vedi, tutto è iniziato quando-».

Greyback, innervosito, lo sollevò per il collo e lo sbatté contro il grosso palo di legno che sosteneva la tenda. Sgranando gli occhi per il colpo poderoso, Remus boccheggiò in cerca di aria.

«Non mi interessa l'inizio, Damerino!» urlò Greyback. «Voglio una spiegazione!».

Riempendo un calice di vino al proprio capobranco e porgendoglielo con un sorriso divertito, Rouge ironizzò:

«Se tu evitassi di strangolarlo, Fenrir, forse sarebbe capace di fornirtela».

°°°°°°°





«Mi state dicendo che potrei essere affetto da quella cosa!?» gridò Fenrir, sbiancando improvvisamente.

«Non è detto, Fenrir» lo rassicurò stancamente Rouge. «Se non hai segni rossi non-».

«Ho detto che non ho segni rossi!».

«Allora non-»

«Hai sofferto di qualche strano e inspiegabile malanno, di recente?» la interruppe Remus, fingendosi improvvisamente preoccupato.

Rouge gli lanciò un'occhiataccia.

Fenrir, dall'altro capo della tenda, lo fissò frastornato.

«Strano... e inspiegabile?» ripeté. «Non... non lo so. Ho avuto una fitta alla stomaco per la via del ritorno».

Osservando il volto di Remus farsi sempre più sconvolto e allarmato, Fenrir impallidì.

«Cosa c'è!? Cosa succede!? Damerino, ho quella cosa!?» strillò spaventato. «Ho preso quella cosa!?».

«Calmati, Fenrir. Abbiamo la cura».

«La cura... sì, la cura! Dammela subito! Muoviti! Se ho quella cosa, non-»

«Ci sono membri del branco in condizioni peggiori delle tue» s'intromise stizzita Rouge, fissandolo torva. «Sarebbe meglio se prima-».

«IO sono il branco!» le urlò ferocemente lui. «E ora, curatemi, razza di idioti!».

Rouge parve contenere a stento il desiderio di sgozzarlo. Remus, al contrario, sembrava incredibilmente rilassato.

«Hai detto che hai avuto fitte allo stomaco?» s'informò, corrucciato.

«Sì, imbecille, te l'ho già detto» sbottò iroso.

«Mmh» si finse pensieroso Remus. «Questo è un problema».

Rouge, Tyne e Alceus si scambiarono una vaga occhiata perplessa.

«Problema?».

«Be', capisci, Fenrir, la cura deve arrivarti nello stomaco e...»

Intuendo il trucco del mago, Rouge si voltò rapida verso Calima, sperando di nascondere il ghigno divertito che le era comparso sul viso. Tyne e Alceus la fissarono confusi, scambiandosi un'altra occhiata interrogativa. Cercando con tutte le proprie forze di non ridere, Remus aprì il pugno e mostrò a Fenrir cinque monete d'oro.

«...devi ingoiare queste».

«Cosa!?» ringhiò indignato lui, colpendo con forza il tavolo e facendo tremare i due giovani mannari nascosti sotto.

«Non esiste altro rimedio, Fenrir» spiegò Remus, annuendo tristemente. «Be', tecnicamente ci sarebbe, ma...».

«Non posso ingoiare delle monete, per chi mi hai preso!? Quale diavolo è quest'altro rimedio!?».

Remus si disse che la sua serietà non avrebbe avuto vita lunga, di quel passo.

«Per arrivare allo stomaco, ci sono solo due... ehm... possibili entrate, Fenrir, perciò... o una o l'altra. La scelta è tua».

«Stai dicendo che dovrei...» iniziò Fenrir, strabuzzando gli occhi e arrossendo improvvisamente. Guardò con aria stranita prima Remus, che gli rivolse un innocente sorriso, poi le monete che scintillavano sul suo palmo teso. Aggrottando le folte sopracciglia, parve soppesare intensamente la questione. Improvvisamente, raddrizzò la schiena, tossicchiò vagamente e riprese un contegno meno pavido.

«Molto bene» decretò infine. «Le mangerò, allora».

«Molto bene» annuì di rimando Remus.

«L'ho già detto io, Damerino» sibilò furente Greyback, sporgendosi verso di lui e mostrando i denti gialli.

«Mi perdoni, signore».

«E non chiamarmi ''signore''!» sbraitò, afferrando con stizza le monete e uscendo senza aggiungere altro dalla tenda.

Rouge lasciò trascorrere qualche secondo di quel forzato silenzio, prima di scoppiare a ridere. Remus, lanciandole un'occhiata di sbieco, sghignazzò appena e si avvicinò al grosso tavolo di quercia, dove si chinò per aiutare Tyne e Alceus a rialzarsi.

«Credi sia davvero malato?» chiese improvvisamente la donna, asciugandosi una lacrima e, di tanto in tanto, lasciandosi sfuggire altre risatine divertite.

«Temo di non saperlo con certezza» le rispose Remus con un'alzata di spalle. «Ad ogni modo, spero di no».

«Perché?» chiese Alceus, sollevando lo sguardo dagli stracci che aveva ripreso a pulire e guardandolo confuso. «Non sarebbe più facile per noi se facesse tutto la malattia?».

Al suo fianco, Tyne annuì con vigore.

Remus rivolse ad entrambi un labile ghigno.

«Se ne fosse affetto, il morbo scioglierebbe le monete nel suo stomaco» disse. «Personalmente, se questo non dovesse accadere... be', avete mai provato a completare la digestione dopo aver mangiato cinque monete di quelle dimensioni?».

°°°°°°°







Non fate come l'ultima volta. Non illudetevi che inizierò a postare come una persona normale. puciu ha addirittura provato a fare uno schema illustrativo dei miei aggiornamenti e (sì, effettivamente credo sia stata internata) e non è arrivata a nessuna soluzione. Ad ogni modo, dai, non sono stata bravissima a spararveli uno dietro l'altro, sotto le feste e sotto l'influenza? Qualcuno accenda il segnale luminoso degli applausi forzati, perché non si sente niente quaggiù... oh, chissenefrega.

Caillean, meriti un premio per non aver perso la speranza. Sei stata l'unica ad accorgerti del nuovo capitolo. Insomma, il fatto che aggiorni come Zarathustra comanda non significa che non aggiorno mai. Anyway. Sì, anch'io adoro Ted. È il Papà Coccola che tutto vorrebbero avere. Ad ogni modo, grazie mille.

Al prossimo capitolo, gente.

«Quando, quando, quando,non si sa...!»

Qualcuno smetta di farmi cantare.


   
 
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