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Autore: Crystal Wright    25/05/2015    3 recensioni
"Dopo la battaglia di Hogwarts, Draco Malfoy andò da Harry Potter e, con le lacrime agli occhi, disse: “Mi dispiace, voglio ricominciare tutto da capo. Io sono Draco, Draco Malfoy.” E gli porse la mano. Harry, sul punto di piangere, gliela strinse."
17 maggio: giornata mondiale contro l'omofobia. JK Rowling ci ha insegnato a non discriminare persone di nessun genere, ad amare qualsiasi persona senza pregiudizi. Oggi il mondo intero ringrazia persona come lei che lottano affinché tutti abbiano gli stessi diritti e pari opportunità. Mi appello a tutti coloro che, nel 2015, continuano a volere una comunità tutta uguale, basata sugli stessi principi e lo stesso modo di vivere. Ma noi abbiamo imparato a lottare contro gli stereotipi. Viva la diversità! Viva coloro che hanno tanto coraggio da vivere come vogliono! Viva la Drarry!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Love is never wrong.
Capitolo 4: remember to love yourself.
 
Draco quella mattina si era alzato piuttosto tardi e dovette correre a fare una lunga doccia fredda. Aveva sognato Harry tutta la notte e non riusciva a togliersi dalla testa il suo sorriso genuino. Ogni volta che ripensava alla conversazione del giorno precedente iniziava a sorridere e le barriere da principe delle serpi svanivano in un istante.
Per questo trascorse l’intera giornata a complimentarsi con maggiordomi, cuochi e domestici per l’ottimo lavoro che avevano svolto da quando erano a Malfoy Manor. Li invitò addirittura a pranzare con lui.
Terminato il pranzo, mentre Draco andava in giro canticchiando tra sé, i domestici che erano rimasti nella sala da pranzo non muovevano un muscolo: se ne stavano impalati come stoccafissi a fissarsi tra loro, pregando Merlino che Draco non avesse battuto la testa da qualche parte.
Draco si sentiva leggero come non mai. Da quando suo padre era stato rinchiuso ad Azkaban e sua madre in un centro psichiatrico, era rimasto solo in quell’enorme maniero. Ormai era un uomo di ventotto anni e doveva badare agli affari di famiglia completamente da solo. Da quando Daphne lo aveva lasciato, Draco evitava qualsiasi contatto con l’esterno, eccetto per sporadiche visite a Diagon Alley.
Ora invece, da quando Harry lo aveva perdonato, si sentiva un uomo diverso, addirittura migliore. Passeggiò tra i suoi giardini canticchiando un motivetto orecchiabile, mentre maggiordomi, cuochi e domestici lo fissavano dalle finestre, covando la paura che Draco sarebbe potuto tornare a essere l’apatico padrone che li aveva comandati a bacchetta fino a quel giorno.
 
-Tesoro- disse Harry, posando le chiavi di casa nell’apposito contenitore vicino alla porta. –Sono a casa!-
Dalla cucina, come in un film horror, uscì Ginny, rossa in viso e con un coltello in una mano.
Harry fece inconsciamente un passo indietro. –Ginny cara, posa il coltello.-
Ginny lo fissò a lungo senza battere le ciglia e senza muoversi. Alla fine, dopo cinque minuti buoni durante i quali Harry temette seriamente di dover ricorrere alla magia, Ginny sembrò svegliarsi da un lungo sogno. Sbatté le palpebre un paio di volte e guardò Harry, questa volta sul serio.
-Harry- disse Ginny, sedendosi sul divano –Devo parlarti.-
Harry odiava i momenti in cui Ginny si sedeva sul divano e gli chiedeva di parlargli: l’ultima volta gli aveva rivelato di aver bruciato la cucina per provare una nuova succulenta ricetta, che alla fine era diventata spezzatino di cenere ricoperto di uno spesso strato di catrame con contorno di polvere.
Harry si sedette con calma, ponderando ogni minimo movimento. Quando si decise a incrociare lo sguardo di Ginny, notò che la donna aveva gli occhi lucidi.
-Tutto bene?- le chiese Harry dolcemente.
Ginny scosse lentamente la testa, ma prima che Harry si allarmasse, prese fiato e parlò.
-Noi due ci conosciamo da molto tempo e siamo sempre stati amici. A scuola ci difendevamo a vicenda quando qualche studente ci prendeva di mira. Con il passare del tempo la nostra amicizia è diventata più solida, fino a che non ci siamo messi insieme. Quel periodo per me è stato fondamentale e bellissimo: mi ha fatto capire che noi due siamo molto simili, forse fin troppo.- Ginny abbassò gli occhi a terra. –Sai, Harry, è da un po’ che mi chiedo se stare con te sia la cosa giusta.-
-Che cosa…?- la domanda gli morì in gola.
-Harry, da un paio di settimane mi vedo con… un altro uomo.-
Harry sentì la gola improvvisamente secca. –Chi è?- chiese con un filo di voce.
Ginny scosse la testa lentamente. –Non credo che sia una buona idea che…-
-No.- la bloccò Harry. –Devo saperlo.-
Ginny si studiò le mani e per qualche secondo la stanza fu avvolta dal silenzio e dalla tensione.
-Seamus.- disse alla fine la donna. –Seamus Finnigan.-
Harry sbiancò. –S… Seamus?! Quel Seamus?!-
Ginny annuì senza incrociare gli occhi furiosi del moro. Seamus era suo amico dai tempi di Hogwarts: durante la Grande Battaglia gli aveva salvato la vita proteggendolo da Voldemort e lui lo aveva ricompensato andando a letto con sua moglie. Come aveva potuto fargli una cosa del genere?
L’uomo si passò una mano tra i capelli folti, tirando diverse ciocche nere. Alla fine ruppe quell’imbarazzante silenzio che era caduto tra i due.
-Non posso credere che tu mi abbia fatto una cosa del genere.- disse Harry con un filo di voce.
Ginny respirò a fondo. –Mi dispiace, ma non provo più niente di profondo per te. Se non un’amicizia.-
Harry si morse le labbra, cercando di contrastare la bile che gli stava salendo in gola. Non poteva crederci.
-Harry- riprese Ginny guardandolo negli occhi. –Sei stato il migliore amico che abbia mai avuto. Finché siamo stati insieme era tutto perfetto, almeno per i primi tempi. Poi però mi sono accorta che per me sei un amico. Niente di più.-
-Niente di più.- ripeté Harry in modo secco. Incrociò gli occhi della donna, cercando di non piangere e mantenendo la voce più ferma possibile. –Non voglio più vederti.-
Ginny rimase sconcertata. –Cosa?-
-Vattene da questa casa. Stai con Seamus ora, no? Non c’è motivo per cui tu debba rimanere qui con me.-
La donna aspettò un istante, poi saltò letteralmente in piedi. Si fiondò in camera e gettò tutti i vestiti che aveva in una valigia su cui applicò un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile. Uscì di casa gridando un “Addio” e sbattendo con rabbia la porta.
Harry, ancora seduto sul divano, si coprì la faccia con le mani e iniziò a piangere in silenzio.
 
Il giorno seguente per Harry fu un incubo: dovette recuperare il lavoro arretrato del giorno precedente e seguire un nuovo caso piuttosto complicato. O almeno così lo aveva etichettato Ron prima di passarlo al suo amico. Anche se quel caso era in realtà molto semplice, Harry si scervellò per riuscire a risolverlo, finendo con il provocarsi un mal di testa allucinante.
Fu così che terminò quel giorno di lavoro: occhi rossi, mani tremanti, testa pulsante e, soprattutto, un vuoto incolmabile nel cuore.
Uscì verso le nove di sera dal Ministero della Magia senza salutare nessuno. Imboccò il primo camino libero e aspettò che questo lo scaraventasse a Diagon Alley. Fece un veloce giro tra i negozi per una mezz’oretta, poi prese una stradina molto stretta che sbucava su Nocturn Alley.
Harry era stato in quelle vie solo durante alcuni pedinamenti, ma sapeva che lì da qualche parte c’era la locanda del Cavallo Rampante, dove i proprietari servivano chiunque entrasse a qualunque ora del giorno e della notte senza fare domande. Ed era proprio quello che serviva a Harry Potter quella notte: anonimato.
Entrò lentamente, cercando di fare meno rumore possibile. Si guardò intorno, compiaciuto dal fatto che nessuno si era accorto di lui.
Si avvicinò al bancone, tenendosi però lontano da occhi indiscreti, e ordinò uno scotch. Il barista glielo servì e Harry lo bevve tutto d’un sorso, continuando a ordinarne uno dietro l’altro. Voleva annegare tutti i dispiaceri nell’alcol, o forse voleva annegare lui stesso.
 
Draco decise che quella sera sarebbe andato in giro per pub. Indossò quindi una camicia bianca senza cravatta, arrotolò le maniche fino ai gomiti e sbottonò i primi due bottoni. Quello era il suo segno di riconoscimento: niente cravatta significava niente formalità.
Girò per un po’ tra i pub a Diagon Alley, in cui incrociò un paio di compagni di casata ai tempi di Hogwarts. Poi decise di cambiare programma.
Era trascorso molto tempo dall’ultima volta che era entrato a Nocturn Alley, ma ne ricordava ogni cunicolo.
Si avviò verso la locanda del Cavallo Rampante e, quando aprì la porta, restò pietrificato sulla soglia.
La scena fece accapponare la pelle di Draco: Harry Potter era letteralmente sdraiato sul pavimento, gli occhi chiusi e le labbra violacee. Draco scattò e in un paio di secondi gli fu vicino. Sentì il battito cardiaco del polso: c’era, sebbene fosse molto debole.
Draco notò che era andato in apnea, quindi riprese a respirare.
Passò le braccia sotto le ascelle di Harry e lo tirò su con non poca fatica. La prima volta scivolò su uno scotch versato, finendo per sbattere dolorosamente un fianco contro una delle panche di ferro. Strinse i denti, masticando un’imprecazione contro gli avventori del locale che avrebbero dovuto negare l’ingresso a quello scellerato, o comunque l’avrebbero potuto aiutare a rialzarsi.
Quando, dopo sette tentativi, Draco riuscì a rimettersi in piedi con Harry, adagiò l’uomo svenuto su una panca lì vicino. Poi si avviò furibondo al bancone. Tutti i presenti conoscevano Draco Malfoy come un uomo molto ricco, molto cattivo e, soprattutto, molto vendicativo.
-Quanti gliene hai dati?- quasi urlò all’uomo al bancone, indicando Harry con un cenno della testa.
L’uomo mugugnò.
-Voglio sapere quanti gliene hai dati.- ora la voce di Draco era bassa e pacata. Tutti sapevano che quella era la calma prima della tempesta, pertanto si tennero a distanza di sicurezza.
L’uomo al bancone sbiancò. –D… Dodici.- disse balbettando.
-Dodici?!- urlò Draco, battendo le mani sul bancone così forte che i suoi palmi divennero completamente rossi. Fece addirittura cadere un bicchiere di vetro, che si infranse sotto le mani di Draco, tagliandole in più punti. Ma in quel momento a lui non importava nulla se non terminare al più presto quella conversazione e portare Harry in un posto più sicuro.
Notando lo sguardo furioso di Draco, l’uomo tentò di giustificarsi. –Qui non facciamo domande e lo sa anche lei. Quell’uomo mi ha chiesto alcuni scotch e io glieli ho dati. La nostra politica è… paga e ti sarà dato.-
Draco sfoggiò uno dei suoi migliori ghigni, che non usava da tempo. Fu come se il sangue fluisse più velocemente e l’adrenalina raggiungesse livelli spropositati.
Si sporse sul bancone, avvicinandosi a tal punto che solo l’uomo al bancone potesse sentirlo. –Sai chi sono e sai come mi comporto se i miei ordini vengono ignorati. Ma ti darò un avvertimento, perché mi sei simpatico: non dare mai più niente a quell’uomo. Intesi?-
Draco scandì quelle parole con tono così minaccioso che l’uomo annuì con vigore finché Malfoy non si allontanò dal bancone. Evitò di radere al suolo la locanda, visto che era una delle sue preferite. Con un incantesimo fece in modo che Harry pesasse molto di meno e, dopo avergli cinto le spalle con un braccio, lo portò fuori dal locale, dove si smaterializzò.

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Ciao a tutti, piccoli maghi e streghe! Spero non mi vogliate fustigare ora che ho scritto di un Harry decisamente ubriaco e poco sicuro di sè. Draco, d'altra parte, sta scoprendo un lato della sua stessa personalità che zia Jo ci aveva tenuto nascosto per sette lunghi libri. Spero che la storia vi stia piacendo. Recensite, se vi va! Mi fareste una potterhead felice. A presto,
Crystal :)
  
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