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Autore: AlexiaLil    25/05/2015    4 recensioni
Fic scritta a quattro mani da me e dennisNBK93, in questa AU avremo una Lucy assolutamente diversa da quella che siamo abituati a conoscere: spericolata, assetata di avventura e battaglie all'ultimo sangue. Una cacciatrice di draghi che ha fatto di questa sua nuova vita il suo hobby e divertimento prediletto.
E avrà a che fare, per caso e destino, con il drago di fuoco per antonomasia.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Arrivare a quella montagna, infestata dal famoso drago, non si era rivelata una gran fatica, soprattutto se si aveva a disposizione lo spirito magico di una tigre che correva tanto veloce da tagliare il vento e l’aria; le zampe possenti di Darya e i suoi artigli letali si spingevano con forza sul sentiero polveroso, grattavano il terreno lasciando dietro di sé una scia di polvere e solchi d’impronte appena accennate e nonostante la forza che i suoi muscoli mettevano nel galoppare, pareva volasse, tanto era svelta.
Lucy sarebbe arrivata anche molto prima alla sua destinazione ma aveva voluto deviare per un bosco vicino per far scorta di acqua e cacciare della piccola selvaggina, recuperare le forze e far riposare la sua amica cavalcatura – non voleva di certo ritrovarsi i suoi canini sulla giugulare per averla “sfruttata” a quel modo -. In quel momento camminava sola per quelle lande verdi e desolate in prossimità del monte, da cui immaginava si potesse godere una vista fantastica dei territori circostanti, un orizzonte mozzafiato in cui le nuvole della sera parevano ricoprire le colline tondeggianti; un ottimo rifugio per un drago territoriale come quello da cui poter controllare e sovrastare ciò che reputava suo per istinto e diritto di razza.
Prima ancora di incontrarlo e già sentiva le mani tremare dalla voglia di bagnarsi del sangue di quella creatura arrogante e di immergersi in una battaglia mortale.
Pregustava l'adrenalina che avrebbe provato, il sangue della bestia che oramai come rito aveva cominciato a leccarsi via dalle mani. Quel sapore e quell'odore unico le dava un senso di eccitazione che la faceva tremare, le faceva inumidire gli occhi e le imporporava il volto e la faceva sentire accaldata. Ogni volta ne rimaneva quasi assuefatta. Era un giusto premio per l'uccisione dell'avversario.
L’ebbrezza della sfida, sentire quelle scaglie dure e lucenti essere frantumate dal suo potere, quell’ammasso di muscoli e carne esser lacerato dal suo guanto di lame che prometteva una fine dolorosa e l’odore ferroso del caldo sangue argentato dei draghi la mandava in estasi; aveva affrontato altri draghi prima di questo, che sospettava essere, fra i più feroci e orgogliosi in circolazione della sua razza, ma non aveva certo timore.
Lei cacciava gli esseri come lui.
Era più di un mestiere, più di un passatempo poco signorile, più di una scelta di vita.
Era il suo più vero e completo essere.
Passeggiare sul filo della propria esistenza, in bilico fra vita e morte, sicura di sé ma con la consapevolezza che una mossa azzardata potesse spazzare via, letteralmente, i suoi anni da vivere nel mondo con un colpo di artigli.
Che delizioso potere avevano, l’adrenalina e il richiamo del sangue, di incoraggiarla verso l’ignoto imprudente.
 
Si ritrovò presto di fronte al sentiero montuoso che, senza l’impedimento del drago, portava all’altro lato del monte, a pochi chilometri da un’enorme radura nascosta da una fitta boscaglia alta, il cui lago, si diceva, risplendeva della luce del Sole e della Luna, illuminando i dintorni di un chiarore magico, come se mille fatine e lucciole si fossero unite in danze silenziose.
Almeno questa era la diceria.
E per vedere con i propri occhi se quel fantomatico luogo fatato esistesse o no, arrivare in cima al monte e ridiscenderlo dall’altro lato erano l’unico modo e l’unica via da prendere.
Non ci teneva granché ad ammirare un simile panorama, non era il tipo di donna alla ricerca di spazi romantici in cui perdersi in fantasticherie sentimentali.
Ma comunque, quello sprazzo di verde magico rimaneva un irraggiungibile sogno per i più, se quel drago poltriva nei dintorni, un guado intransitabile per normali viaggiatori.
Lucy alzò gli occhi sull’immenso monte, ripido e scosceso, attorno cui serpeggiava un percorso non proprio dei più stabili, leggermente franoso ma abbastanza largo da essere attraversato senza per forza di cosa ruzzolare ai piedi della montagna, rimettendoci l’osso del collo e molto altro per strada; da lì si intravedeva bene lo spiazzo in cui il drago aveva nidificato, sicuramente all’ingresso di una caverna e decise di non chiamare a sé Darya per il momento.
Risparmiare il suo potere per lo scontro era la cosa migliore da fare.
Decise di accamparsi per la notte vicino al fianco del monte, sotto una sporgenza di roccia grigia che sembrava abbastanza compatta da non crollarle sulla testa nel sonno; non accese un fuoco e trangugiò silenziosamente le bacche raccolte nel bosco e pane e formaggio comprati nel villaggio della taverna da cui era partita.
Le stelle e lo spicchio di Luna appese al cielo non riflettevano abbastanza luce da illuminare i paraggi – “Ma” si disse “meglio così che avere un bersaglio luminoso sulla testa” -; il luogo, comunque, era ammantato da un vago silenzio sinistro e nemmeno il drago aveva dato segno di trovarsi lì.
Per un millesimo di secondo l’idea che i due viandanti le avessero dato indicazioni sbagliate di proposito la fece arrossire di collera – se lo sarebbe aspettata, codardi e incapaci come li aveva inquadrati - ma, ripensandoci, diede una motivazione diversa a quel silenzio innaturale, in cui nemmeno il frinire di grilli e cicale osava avventurarsi, nonostante la stagione estiva: quale animale con un briciolo d’istinto di sopravvivenza sarebbe mai stato il vicino di tana di un drago spietato e pronto a far man bassa di carne?
Aveva fatto caso solo in quel momento – non prima, troppo presa dal pensiero della sua frusta che calava sulla membrana di un’ala – di non aver incontrato altre persone o attraversato villaggi anche di sole quattro case nel suo tragitto.
Quel drago aveva fatto davvero tabula rasa di ogni essere vivente nei dintorni?
Appoggiò il capo sulla sacca da viaggio e, il viso rivolto al cielo buio e le mani in grembo, si fece catturare dal sonno lentamente … le orecchie tese in attesa di battiti d’ali.
 
Alle prime luci dell’alba s’incamminò nuovamente e salì per la via con calma, mano sulla frusta a chiodi sfrangiata e attenta a dove metteva i piedi – sarebbe stato i colmo se, arrivata ad una buona altezza, fosse precipitata giù, morendo ancora prima di essersi data battaglia con quella bestia feroce -. Drizzò le orecchie, attenta a scovare ogni minimo rumore – un fruscio sospetto, un grattare di artigli, un sassolino che ruzzolava giù per il pendio – e andò avanti, mantenendosi addossata alla parete rocciosa.
 
Lucy si esaltò quando, arrivata nei pressi della tana del drago, alle sue orecchie giunse dalle profondità della caverna il suo ronfare bestiale e calmo. Il suo respiro di zolfo fuoriusciva in un venticello rovente dall’ingresso della tana e Lucy tossì, inalando quello sbuffo che la investì, scottandola appena; sguainò la frusta ed entrò a passo deciso ma cauto, riparandosi il viso con un braccio guantato fino al gomito.
La caverna era buia, ma non umida come ci si potrebbe aspettare in condizioni normali: i fumi e il corpo caldo del drago asciugavano l’aria e l’umidità interna, rendendo il luogo secco e l’aria pesante da inspirare. La luce esterna faticava ad arrivare così in profondità ma Lucy poté distinguere nelle ombre una sagoma imponente accucciata in mezzo all’antro: la cacciatrice immaginò soltanto quanto quelle squame potessero brillare sotto la luce solare, se già con il suo debole barlume schiariva il corpo muscoloso dell’essere. Riposava su un ammasso di ossa e rami bitorzoluti e cespugliosi, il capo posato sulle zampe anteriori armate di artigli che sembravano sciabole della miglior fattura, le ali ammansate sulla schiena e la coda che circondava il corpo.
 
Lucy sapeva che disturbare un drago mentre sonnecchiava beato era la cosa più insensata e assolutamente rischiosa da fare, ma lei si faceva beffe del pericolo e, soprattutto, non si preoccupava delle fauci munite da infinita schiera di zanne letali leggermente aperte che si ritrovò di fronte.
Sferzò l’aria con un gesto secco e veloce della frusta, lo schiocco che riecheggiò per la grotta e vide l’animale schiudere di scatto gli occhi, le iridi gialle e le pupille ristrette che puntarono la ragazza sfrontata che osava disturbare il suo sonno.
 
<< Ben svegliato lucertolone. E’ ora di giocare >>.
   
 
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