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Autore: Bethesda    25/05/2015    6 recensioni
Raramente vidi il 221B tanto affollato quanto in quella fredda sera di Ottobre di almeno venti anni fa.
Forse vi fu tanto trambusto solo quando Holmes mise le mani su un farabutto proprio nelle nostre stanze, costringendo un certo numero di poliziotti, scortati dall’ispettore Lestrade, ad agguantare il malfattore in quei pochi metri quadri.
Tuttavia rimasi sorpreso quando mi resi conto che quel pugno di ragazzini infreddoliti e sporchi non stavano cercando il mio amico, ma il sottoscritto.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: poi non scriverò più per mesi, ma questa OS mi è uscita dal cuore. Niente betaggio, controllo blando (mi piace rischiare, yeah). Poco slash, una spruzzata di fluff e tanto amore per Watson, per il quale il mio amore aumenta di giorno in giorno, nonostante all'inizio avessi una predilezione per Holmes. Buona lettura.


La Preoccupazione degli Irregolari 

Raramente vidi il 221B tanto affollato quanto in quella fredda sera di Ottobre di almeno venti anni fa.
 Forse vi fu tanto trambusto solo quando Holmes mise le mani su un farabutto proprio nelle nostre stanze, costringendo un certo numero di poliziotti, scortati dall’ispettore Lestrade, ad agguantare il malfattore in quei pochi metri quadri.
Tuttavia rimasi sorpreso quando mi resi conto che quel pugno di ragazzini infreddoliti e sporchi non stavano cercando il mio amico, ma il sottoscritto.
Fu Wiggins, notoriamente a capo della banda, a parlare per primo: sorreggeva un bambino smunto, dal volto pallido e le membra tremanti.
«Dottor Watson, Henry sta male».
 Holmes ed io ci scambiammo una rapida occhiata: non serviva un medico per capire che il ragazzino necessitava al più presto di aiuto.
Il mio compagno lasciò che mi avvicinassi al giovane e rimase nelle retrovie, pronto a darmi manforte qualora ne avessi avuto bisogno. Fu una delle poche occasioni in cui vennero richiesti i miei servigi anziché i suoi.
Mi inginocchiai di fronte al bambino, mentre gli altri membri degli Irregolari – una dozzina in tutto, che riempivano l’intero salotto con la loro preoccupazione – si erano messi intorno a noi, come spettatori in un anfiteatro anatomico, mentre con l’aiuto del loro capo cercavo di interrogare il paziente.
                                                                                
«Henry Morgan*», biascicò.
 
«Henry, sono il dottor Watson, il collega del signor Holmes. Ti visiterò per capire che cos’hai, va bene?»
 
Il poveretto annuì, anche se sembrava quasi che la sua testa fosse sul punto di crollare da un lato, come se fosse un peso eccessivamente grave da sostenere per quel collo tanto gracile.
Aiutato da Wiggins lo feci accomodare sul divano, e se non fosse stata una situazione tanto preoccupante per gli astanti mi sarei lasciato scappare una risata di fronte al movimento che fece il resto della banda, la quale si spostò dai diversi angoli del salotto per stringersi dietro la spalliera del giaciglio improvvisato.
Tolsi il cappello ad Henry e mi voltai per chiedere ad Holmes di portarmi la valigetta in cui conservavo i miei strumenti, ma lo trovai già pronto, lo stetoscopio in mano e il resto della borsa ai suoi piedi, aperta e pronta per ogni evenienza. Lo sguardo del mio amico era teso e concentrato sul bambino.
 
Continuando a parlargli lentamente, certo che fosse in stato confusionale per via della febbre alta, lo convinsi a liberarsi del maglione che indossava – troppo leggero per una serata come quella – e lo auscultai.
Riuscii a farmi dire dove avesse dolore – prevalentemente al torace – e i suoi amici mi confermavano che da un paio di giorni a questa parte non aveva fatto altro che tossire senza tuttavia che espettorasse sangue – fu uno dei più grandi del gruppo a dirmelo, e rimasi colpito dal fatto che avesse annotato una cosa del genere. Scoprii in seguito che sua madre era deceduta due anni prima per via della tisi.
Continuai il mio esame, seguito dagli occhi attenti dei bambini e da Holmes, che non sembrava intenzionato ad aprir bocca.
Il caso mi risultò abbastanza semplice da diagnosticare.
 
Mi appesi il fonendo al collo, ancora inginocchiato di fronte a quel fantoccio, e guardai uno a uno gli spettatori della platea.
 
«Il vostro amico ha un’infiammazione della mucosa bronchiale. Non è eccessivamente pericolosa se sottoposta alle giuste cure e attenzioni. Chi si occupa di lui?»
 
La banda bisbigliò nervosa e si scosse in un unico fremito.
 
«Suo padre lavora sulle navi, dottore. Non lo vede da almeno sei mesi. La madre non riesce a prenderci cura di lui e deve badare ai suoi due fratelli più piccoli. Si è unito a noi quando ha scoperto di essere abile con le mani e che con il signor Holmes poteva guadagnare qualche soldo senza rischiare di finire fra le mani di qualche poliziotto».
 
Come molti di noi, era il sottointeso di Wiggins.
Non era difficile dedurre che con tali premesse, in mancanza di medicine e delle cure minime, le condizioni del giovanotto sarebbero certamente peggiorate.
 
«Perché non siete andati al London Hospital nell’East End? Lì lo avrebbero sicuramente curato».
 
Un’altra ondata di nervosismo pervase la platea.
 
«Ci trovavamo in zona quando Henry è caduto. Sembrava un pupazzo, signore. Non potendo camminare fino al London, dato che una carrozza non si sarebbe mai fermata, abbiamo pensato che potesse aiutarci lei. Ma--»
Preso da una smania improvvisa, il ragazzo cominciò a frugarsi nelle tasche, finché alla fine non tirò fuori una manciata di monete sonanti, che porse a coppa verso il sottoscritto.
 
«Abbiamo raccolto un po’ di soldi. Non sappiamo quanto sia la sua parcella, dottore, ma le promettiamo di restituire tutto il dovuto se non bastasse. Però deve aiutarci a portarlo in un posto sicuro in cui possa guarire».
 
Fu una mano stretta intorno al cuore quella che avvertii? Quasi mi dovetti trattenere dal consolare Wiggins, che per una volta sembrava tornato a mostrare i pochi anni che portava sulle spalle.
Mi limitai a sorridergli.
 
«Restituisci i soldi ai tuoi compagni. Per questa sera, dato che ormai è tardi e sarebbe una sciocchezza affrontare il freddo notturno, il vostro amico resterà qui. Domani mattina penserò io stesso a portarlo all’ospedale. Tutto ciò che vi chiedo è di informare la madre».
 
Gli Irregolari cominciarono a parlare tutti insieme, concitati e sorridenti, come se avessi promesso loro balocchi e dolciumi. Wiggins continuava a fissarmi interdetto, ma si costrinse a rimettere in tasca le monete. Forse fu un gioco di ombre delle fiamme del caminetto alle mie spalle, ma mi sembrò di intravvedere delle lacrime riempire i suoi occhi. Che fosse un’illusione o meno, mi tese una mano con fare adulto e aspettò che gliela stringessi, ringraziandomi grandemente.
Solo allora il gruppo, rapidamente come era giunto, si disperse, non prima di aver ringraziato anche il loro datore di lavoro.
---
Era bastato poco perché la signora Hudson passasse da furibonda padrona di casa a balia preoccupata. Una volta che ci fummo scusati per l’invasione subita, le spiegai il perché di quell’ospite inatteso, e in poco tempo si presentò non solo con la nostra cena, ma anche con una zuppa calda per il povero malato, che ormai aveva perduto completamente le forze e giaceva inerme davanti al caminetto. Non credo si rendesse conto di essere in una casa diversa dalla propria.
Mi resi conto solo allora che Holmes non si era ancora espresso sulla questione, e mi concessi di farglielo notare.
Come se fosse appena stato svegliato da un lungo sonno, mi fissò attentamente per pochi secondi e, inaspettatamente, mi concesse un sorriso benevolo.
 
«Sei un buon medico, Watson».
 
Lo osservai leggermente piccato.
 
«Lieto di sentirmelo dire dopo anni di convivenza».
 
«Non ho detto bravo, ma buono. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che tu fossi un medico competente, ma ho solo affermato quanto tu sia buono nei confronti di chi, evidentemente, non ha modo di difendersi».
 
«Credo sia la caratteristica di qualsiasi medico».
 
«Dubito che qualsiasi medico avrebbe accettato di accogliere una banda come quella che ci ha invaso il salotto poco fa».
 
«Non si trattava certo di sconosciuti, Holmes! Sarebbe stato meschino chiudere loro la porta in faccia, specialmente di fronte a una situazione del genere».
 
Holmes si alzò ridacchiando chioccio e mi venne accanto, le mani impegnate a preparare la pipa.
 
«Andiamo Watson. Avresti accolto chiunque si fosse presentato alla porta bisognoso di aiuto, sia che si fosse trattato della  Regina che dell’ultimo dei reietti».
 
Alzai lo sguardo alla ricerca del suo.
 
«Lo dici come se fosse un qualcosa di disdicevole».
 
«Au countraire», mormorò chinandosi su di me e posandomi un leggero bacio sulle labbra. «Ritengo che sia una caratteristica particolarmente degna di lode».
 
Lasciando che si allontanasse verso il caminetto per accendere la pipa, mi voltai per osservare il divano, preoccupato che il nostro ospite avesse visto qualcosa.
Ciò che avvertii fu il respiro raschiante del giovane ancora addormentato, e mi concessi di tirare un respiro di sollievo.
 
«Non credo tu debba preoccuparti, Watson. Non credo si sveglierà prima di domani mattina, se non addirittura all’arrivo in ospedale».
Feci per rispondere, alzandomi a mia volta per andare ad accendere la sigaretta, ma rimasi colpito nell’osservare Holmes rimboccare le coperte al povero malato, mentre una mano, quella che non reggeva la pipa, andava a toccargli la fronte bollente.
Come se lo avessi colto in fallo nel fare qualcosa di proibito, la scostò immediatamente, dirigendosi verso la propria stanza con passo spedito.
 
«Vieni a dormire, Watson?»
 
Sorrisi a me stesso e mi sedetti nella poltrona di vimini.
 
«Baderò ancora un poco ad Henry. Ti raggiungerò fra poco».
 
Mi giunse un grugnito in risposta, e il sorriso non fece che allargarsi. Allungai una mano verso il libro che avevo abbandonato molte ore prima e rimasi al capezzale del nostro ospite finché, complici la stanchezza della giornata e il tepore del camino, non mi addormentai.
 
 
 

 
*Sì, il bambino si chiama come il protagonista di Forever. Amo quella serie e non ho fantasia per i nomi, quindi ne approfitto.

Nota: adoro immaginare Holmes come un "papà" per gli Irregolari, e non lo  ritengo neanche OOC un comportamento come quello finale (benché si tratti di un qualcosa di semplice come rimboccare le coperte). 
Anche questa è finita. Torno nel mio antro per il prossimo anno e mezzo. 
Dedicato a TCATH <3
   
 
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