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Autore: pamina71    26/05/2015    16 recensioni
Un prigioniero da recuperare sulle Alpi e ricondurre a Parigi.
Un prigioniero che qualcuno non vuole far testimoniare.
Qualcuno disposto a tutto per eliminarlo.
Una storia di viaggio, letterale e metaforico.
Lungo la Francia, sulle Alpi, dentro se stessi.
Con la copertina disegnata dalla meravigliosa matita di Sabrina Sala.
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi, Sorelle Jarjeyes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lupi, Giganti ed altre avventure'
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Grazie e a tutte per le recensioni, grazie a chi ha messo questa storia tra le preferite, seguite, ricordate. E grazie a chi legge senza commentare.

Non sarebbe divenuta così lunga e completa senza di voi.

 

6. Un tetto di ardesia.

 

Il breve percorso in carrozza sino alla locanda fu silenzioso, interrotto solo dallo scalpitio dei passi del cavallo e dal risuonare delle ruote sulle pietre del selciato.

Il loro respiro era leggero ed inudibile, solo il tintinnare dei puntali metallici delle cordelline1 contro la croce ad otto punte fissata sul petto di Oscar rendeva concreta la loro presenza.

Il breve tratto fu anche pieno di pensieri ed emozioni.

Innanzitutto la preoccupazione: da chi era stato eliminato quell'uomo? Da qualcuno che voleva farlo testimoniare, difendendolo anche con mezzi illeciti? Oppure da un secondo sicario, talmente preoccupato di compiere sino in fondo il lavoro da eliminare un rivale? Un suicidio? Risposte che avrebbero dovuto attendere.

In secondo luogo, la pena pena per quella fine miseranda e miserabile, dolorosa, squallida, ripugnante.

Poi il sollievo, quello di André per la fine della giornata che gli permetteva di riportarla alla locanda intera, ancora una volta.

Ed ancora, la gratitudine di Oscar, per quella presenza salda e costante. Non solo per essere comparsa nel vicolo, la mattina, ma per essere sempre di appoggio alle sue azioni; gratitudine già espressa, per chi con la propria presenza, le permetteva di vivere in quel modo2, gratitudine pensata e non detta, per l'armatura di basso della sua vita, che le consentiva di stare sempre troppo in alto, in quelle note di testa che le erano così naturali3.

Infine, il bisogno di sentire un contatto, in quella sera di orrore, che le fece poggiare la gota sulla manica della giubba di André.

Il tocco leggero sul braccio lo fece voltare verso di lei. Rimase ad osservarla un momento, aggiungendo anche questo alla lista di piccoli gesti incongrui che stava compiendo da qualche tempo a quella parte. Oscar sollevò a sua volta lo sguardo verso di lui, rimanendo immobile per quanto lo permettevano gli scossoni della carrozza sul selciato, tenendo le labbra appena socchiuse, e gli occhi persi in un'espressione che non le aveva mai visto...

André ruotò lentamente il busto cercando di non spostare il braccio su cui lei si poggiava, cercando di non farla allontanare, continuando a fissare quelle labbra così vicine, così incredibilmente vicine alle proprie, che parevano attirarlo con una malia antica, sebbene il ricordo di un maldestro e disperato tentativo di baciarla e dichiararle il proprio amore fosse, mesi prima, sfociato nel peggiore dei suoi gesti.

Nella mente di lei stava galleggiando lo stesso ricordo, la memoria di un gesto tormentato, di un amore tanto soffocato da diventare crudele, eppure quello che le sovveniva erano la morbidezza delle sue labbra ed il sussurro carezzevole della sua voce "Ogni volta che un respiro esce dalle tue labbra proibite qualcosa di bruciante mi invade il corpo e il mio cuore non può trovare pace...". Avrebbe voluto fargli capire che qualcosa stava mutando da allora, che forse non erano più davvero proibite. Avvicinò leggermente il proprio viso a quello di lui...e la carrozza si arrestò all'improvviso, con un leggero scossone.

Udirono la voce del cocchiere:

- Siete arrivati.

Scesero in silenzio, in silenzio entrarono, ed in silenzio salirono le scale.

Da anni si nutrivano di silenzi. Alcuni rabbiosi, altri un poco impacciati, silenzi complici e silenzi alcolici. Silenzi utilizzati per non mentire, ed altri che erano peggio di una falsità. Silenzi attoniti, silenzi che ordinavano, che ferivano. Questo era un silenzio come non capitava da anni. Un tentativo di comprendersi, di capire esattamente le intenzioni dell'altro, per non ferirsi a vicenda, per non farsi del male da soli.

Oscar saliva le scale senza peso, senza quasi far risuonare il legno, che rivelava la sua presenza solo attraverso leggeri cigolii. André la seguì sino alla porta della sua camera, l'ultima delle tre assegnate loro. Avrebbe dovuto darle la buonanotte, ma le parole avrebbero interrotto quella situazione così meravigliosamente anomala, e pareva che anche lei la pensasse allo stesso modo, poiché non aveva ancora posto la mano sulla maniglia di ottone della porta laccata di bianco.

Anzi, si era poggiata con la schiena al montante.

Si fosse trattato di chiunque altra, André avrebbe pensato ad un invito esplicito. Ma Oscar non sapeva gestire questo tipo di situazioni, anche se a Corte aveva avuto modo di vedere decine, se non centinaia di corteggiamenti e tentativi di seduzione.

Eppure, qualcosa stava accadendo tra loro. Non era in grado di spiegarselo razionalmente, ma uno strano flusso di sensazioni, di emozioni, una corrente come quelle che nei laghi creano piccoli vortici si stava insinuando tra i loro occhi, stava creando un'atmosfera differente, tesa e rilassata nello stesso tempo, piena di qualcosa che poteva solo definire desiderio.

Mosse un passo verso di lei, che non si mosse, né tentò di sfuggirgli. Un altro passo e furono vicinissimi, tanto vicini che il respiro di Oscar gli muoveva lievemente una ciocca di capelli posata sulla spalla. Si trovò ad avere quello sguardo azzurro fisso nel proprio. Non vi leggeva alcun timore. Si chiese che cosa leggesse lei nel suo.

Si avvicinò ancora, posando infine le labbra sulle sue, e poggiandole le mani sui fianchi magri, con i palmi sul bacino. Oscar lo allacciò invece dietro il collo. Assaporò la morbidezza di quelle labbra che le erano rimaste impresse nel cuore e nei sensi, dopo quella sera sventurata. Le pareva che volessero non solo baciarla, ma prendere completamente possesso del suo essere.

André la tirò con le mani, per fare aderire i due corpi. Oscar si ricordava un abbraccio caldo, che la circondava e la stringeva completamente, questo era diverso, meno amoroso e più sensuale. Le passò rapidamente nella testa il pensiero che questa parte di lui le era completamente sconosciuta. D'altra parte, anche questa parte di sé le era abbastanza estranea.

Il bacio stava cambiando aspetto, non era più una dichiarazione d'amore, non era una presa di possesso, stava diventando una richiesta, un bisogno.

 

Udirono un rumore, dei passi di pesanti scarpe chiodate da militare su per le scale, ed un vociare allegro e scomposto. Si staccarono rapidamente, sentendo arrivare i tre soldati. Ad Oscar pareva di essere tornata bambina, quando doveva nascondere le marachelle combinate con André al precettore, alla nonna od ai genitori...le scappò da ridere, guardandolo negli occhi da sotto in su come molti anni prima.

Fu così che li videro i tre militari, con un buffo sorriso sui volti.

- Allora la serata é stata un successo! Dico bene?

- Insomma...il nostro sicario é morto.

- Come? Quando?

- Avvelenato. Sentite, non mi va di discuterne qui. Parliamone domani, lontani dalla città e da qualsiasi orecchia ci possa sentire.

- André aggiunse: - E secondo me sarebbe meglio essere a Grénoble entro dopodomani sera. Visto ciò che è accaduto, meglio fare il più in fretta possibile.

Si salutarono e rientrarono nelle stanze.

 

Quindi la nostra Generalina non è poi così senza macchia come diceva il Duca...pensò uscendo dal ripostiglio della biancheria. Potrebbe tornarmi utile... per ora lasciamo che abbassino la guardia. Tutti quanti.

 

André giaceva sul letto a con le gambe distese, la caviglia desta su quella sinistra, e le mani intrecciate dietro la nuca, in una posizione che il suo vicino di branda aveva ormai imparato a conoscere.

- E' stato tanto orribile?

- Eh? - Rispose un André tirato fuori a forza da altri pensieri.

- Il morto avvelenato, dico. Deve essere una cosa abbastanza spaventosa.

- Non sai quanto. Disgustoso, pietoso, schifoso, anche. Non si é suicidato. Nessuno si infliggerebbe da solo un tormento simile. Meglio una dose massiccia di noce vomica, o il laudano. Quindi secondo me è stato eliminato. Non so se per noi sia un vantaggio od un pericolo...Adesso dormiamo, domattina si partirà presto. - Tagliò corto André.

Alain tacque, lasciandogli il silenzio necessario per ripensare a quanto era accaduto non in prigione, ma nel corridoio appena oltre la porta. Per riassaporare il contatto sulle labbra, per risentire il suo corpo vicinissimo a quello di lei, fianchi contro fianchi, e per ricordarsi che gli aveva stretto le braccia al collo, avvicinandolo anziché respingerlo.

Mai come ora la condivisione forzata di tempi e spazi della vita militare gli stava stretta. Avrebbe voluto essere solo, per poter rivivere le cose con calma. Od andare da lei a parlare, ma per comunicare a con calma avrebbe dovuto attendere chissà quanto tempo...

 

Nella stanza accanto, Oscar era seduta sul letto, scalza, stringendosi le ginocchia al petto mentre guardava fuori dalla finestra uno spicchio di luna calante.
Ma cosa ho fatto? L'ho fatto davvero? Non stavo così bene da anni, però...però lo amo davvero? E' amore questo. Non assomiglia in nulla a quello che provavo quando dicevo di Amare Fersen, O era quello a non essere amore?
L'amore é anche questo turbamento che mi attanaglia le viscere? O questa é solo lussuria? O una cosa che ho fatto perché ho visto la morte in faccia?
E se sbagliassi? Se perdendomi dietro a queste emozioni mettessi in pericolo me, lui, gli altri, la missione? Posso davvero permettermi di mescolare le cose?
Perdermi adesso nei tormenti del mio cuore? Non è il momento più sbagliato di tutti? Non dovrei pensare alla sicurezza della missione? Sono solo e soltanto una donna, che non riesce a ragionare lucidamente?
Eppure...eppure sono così felice. Avevo quasi dimenticato come ci si sente ad essere felici...

Il mattino dopo partirono presto, ed al galoppo leggero. Ancora sessantacinque leghe li separavano da Briançon, l'ultima città fortificata francese. Ad un buon passo, cinque giorni di viaggio. Avrebbero dormito nel punto in cui li avesse colti il tramonto, senza rallentare l'andatura per rimanere nei pressi di qualche locanda, e se avessero dormito in tenda avrebbero istituito dei turni di guardia.
Quando il sole fu alto, allo zenit, si fermarono per riposare e consumare un pasto leggero.
André ragguagliò tutti sui dettagli dell'accaduto alla prigione.
- Possiamo essere abbastanza sicuri di un omicidio, direi. L'arsenico, poi, sembra essere il veleno più diffuso...
- Se é stato qualcuno che voleva eliminare un sicario inadatto, ci dobbiamo aspettare altri attacchi, verso di noi, da parte di qualcun altro che vorrà farci fuori prima che arriviamo al Forte. - Riassunse Alain per tutti.
François suggerì: - E se invece ci fosse qualcun altro che vuole farci raggiungere il prigioniero, e trama nell'ombra per aiutarci?
- Mi sembrerebbe strano, in realtà, ma non possiamo trascurare nemmeno questa ipotesi. In ogni caso, meglio stare molto in guardia.
- E' per il pericolo, che eravate così arrabbiata per questa missione? Anche con quel Conte che abbiamo incontrato lungo la strada? - Chiese Gérard.
- Non solo...é che quando ci sono missioni pericolose, chiamano sempre i reggimenti in cui siete arruolati voi figli del popolo, e non mi pare giusto. Poi, il Generale Bouillé mi aveva detto che era stato, diciamo, suggerito a quel Conte di offrirsi volontario...visto che Sua Maestà aveva creato un reggimento speciale per lui, come gesto di fedeltà e ringraziamento. A quanto pare, lui come Girodelle della Guardia Reale hanno trovato più comodo rimanere a Parigi.
Rispose Oscar, con una leggera acrimonia nella voce.


Per tutto il giorno proseguirono sulle strade fiancheggiate da campi, alberi e radure. La prima notte in tenda fu tranquilla, nessun rumore tranne qualche volpe curiosa attratta dai loro avanzi. I turni di guardia da due ore permisero a tutti di riposare quasi a sufficienza, ed il secondo giorno iniziò secondo ottimi auspici.
Il ricordo di quella morte orribile si faceva più lontano nelle menti di Oscar ed André, ed i due soldati più giovani stavano recuperando allegria e voglia di chiacchierare, soprattutto François, timido, ma desideroso di amicizia, e che cominciava a sentire un poco di nostalgia della sua numerosa famiglia.
La sera, sedettero di fronte al fuoco su cui arrostiva il pane a fette spesse, sul quale avrebbero posto il formaggio preso a Lione. André aveva recuperato nei paraggi alcuni funghi, i primi che nascevano a maggio, che chiamava Morchelle e che Gérard chiamava Pungole. Stavano cuocendo in una piccola gamella poggiata su tre grosse pietre.
François si mise a raccontare di aver comprato a Lione della stoffa per vestire i fratellini, lasciando intendere che aveva un poco di nostalgia per la sua numerosa famiglia.
- Uno dei motivi per cui sono stato contento di questa missione, oltre al fatto di poter vedere posti che sennò non avrei nemmeno potuto avvicinare, é la paga doppia. Per i miei genitori sarà una benedizione.
Oscar guardò quel ragazzino magro, il cui misero soldo aiutava a sostenere a stento un folto gruppo familiare di cui parlava spesso con grande affetto.
- Ma tu, André, non ne hai fratelli?
- Ne avrei avuti, in realtà. Un fratello che é morto prima che nascessi, ed una sorellina, che era malata e morì quando avevo due anni. Non me la ricordo, però, se non attraverso i racconti che mi facevano mia madre e mia nonna.
Non era un discorso che affrontasse facilmente, gli procurava ancora un dolore sordo nel petto. Oscar pensò che, per aprirsi così, doveva davvero fidarsi dei suoi nuovi amici. Volle sviare l'attenzione da quel ricordo triste.
- Sapete che la mamma di André era così bella che un pittore l'ha voluta come madonna in una chiesa?
- Davvero? Chiese François, tutto eccitato all'idea.
- Sì, nella parrocchia di Anzin-Saint-Aubin, non troppo lontano da dove vivevano quando stavano in Normandia. Io l'ho visto, quel dipinto.
André si stupì non poco che Oscar avesse ricordato quel dettaglio. Non sapeva se prenderlo come un'ulteriore segno di avvicinamento.
Avrebbe dovuto parlarle al più presto.
Ma la sera e la notte trascorsero senza il tanto sospirato confronto.

Il terzo giorno proseguì come i due precedenti, forse con qualche chiacchiera in più durante il tragitto. Il gruppo stava diventando sempre più cameratesco e, nello stesso tempo, si stava insinuando nelle loro menti che forse il sicario era stato ucciso da qualcuno che aveva a cuore la loro missione ed il prigioniero 121.
Superarono Grénoble nel pomeriggio. Quando oramai sarebbe stata ora di pensare ad un accampamento, grosse nuvole si radunarono all'orizzonte, scure e gravide d'acqua. Si preparava un temporale peggiore di quello che li aveva infradiciati la settimana precedente.
Le prime gocce, grosse come acini d'uva, li colsero lungo la strada, nei pressi di un viottolo laterale che conduceva, qualche centinaia di passi più a destra, verso una misera fattoria. Pensarono di chiedere riparo.
La fattoria era costituita dall'abitazione e da una stalla che fungeva anche da fienile. Entrambe le costruzioni erano in pietra grigia, con il tetto in lastre di ardesia. Il tutto aveva un aspetto desolatamente povero. Bussarono alla porta della casa, che venne aperta da una donna giovane, ma sciupata, con un liso abito di cotone grosso. Alle sue gonne si stingevano cinque bimbetti dai varia età, da uno che a malapena si reggeva in piedi ad uno che poteva avere una decina d'anni.
La donna era decisamente intimorita dalle divise. Temeva un furto di cibo, soprusi, forse anche peggio.
Fu Oscar a spiegare che cercavano solo un riparo per la notte, all'asciutto, lontano da quel diluvio che si annunciava interminabile. Quando prese dalla sacchetta una moneta d'argento per ripagarli del disturbi di occupare il fienile, la donna si scostò immediatamente per accoglierli. Mandò il bambino grande a prendere la legna, li fece entrare in quella che era una grande cucina con un lungo tavolo e alcune sedie dall'aspetto antico. Persino per i tre soldati parigini, la grande stanza col pavimento in terra battuta, le finestre piccole che la rendevano buia, il camino annerito rappresentavano un'indigenza a loro sconosciuta.
La donna li invitò a sedersi, ed a mangiare con loro. Si affaccendò con delle uova, ed in poco tempo riuscì a produrre un'invidiabile frittata con le erbe dei boschi, offrì pane di segale e formaggio di capra. Oscar era a disagio, le pareva di aver tolto il cibo di bocca a quei bambini.
La donna li invitò anche a dormire nei loro letti, ma declinarono. Un poco per non eccedere nell'invadere quella casa, in parte per aver dato un'occhiata a quei letti di stoppie le cui lenzuola parevano lì da tempo immemorabile. Preferirono dormire nel fienile, sebbene il fascino di riposare su quei mucchi profumati fosse, pensò Oscar rigirandosi per la decima volta, decisamente sopravvalutato nei libri sentimentali che tanto amavano le sue sorelle.
Non istituirono turni di guardia, chiunque li avesse seguiti sarebbe stato scoraggiato da quel temporale tremendo.
Rimase a lungo sveglia a guardare il tetto di travi grezze sovrastate dalle lastre di ardesia. I soldati avevano fatto in modo da dormire lontani da lei, nonostante ciò le pareva di sentire la presenza di André accanto a lei, come un solido fantasma, che le impediva di prendere sonno. Il tamburellare della pioggia era divenuto uno sgocciolio, decise di alzarsi e guardare fuori. Doveva schiarirsi le idee, le pareva di essere in un momento in cui i suoi problemi la stessero portando lontano dalla missione...



1 Dal Ministero della Difesa: "Le cordelline constano di una treccia in canutiglia, con i capi di cordone semplice attorcigliati nel mezzo e guarniti di puntali metallici. Tale treccia pende, per i suoi due capi, a lunghezze ineguali dalla spalla al braccio destro. Una linguetta metallica a spilla, che fissa la treccia alla spalla destra, suddivide le cordelline nei due tratti ineguali." -  Nota speciale per Tixit.

2 Citazione dal manga.

3 Autocitazione da "E va bene così...senza parole".

   
 
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