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Autore: IllySan    27/05/2015    1 recensioni
Se sotto sotto, ci fossero dei dettagli che nella Serie non ci sono stati esplicitati?
Se i fatti accaduti, abbiano cambiato in qualche modo, il modo di vedere le cose di Laurel?
Questa FF l'ho creata appositamente, per dare un senso alternativo, una spiegazione, delle conseguenze alla storia, dopo la morte di Sara...per questo voglio "dedicare" uno spazio particolare a due donne forti e piene di coraggio che mi hanno ispirato in questa nuova esperienza: a Nyssa & Laurel, battezzate col nome di #Lauryssa.
I fatti riprendono dalla 3 Stagione di Arrow!
Buona Lettura!
Spero di non deludervi.
XOXO
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Dinah 'Laurel' Lance, Nyssa al Ghul, Oliver Queen, Sarah Lance, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[...]
 
 
 
I giorni erano passati in fretta e si erano trasformati in settimane, le settimane in mesi, ma quel vuoto che aveva invaso Laurel,
non le dava tregua, non l’abbandonava, anzi, non dava segni di voler sparire; aumentava a dismisura e lei non riusciva a fermarlo.
Oliver stava cercando di fare tutto il possibile per aiutarla, per non lasciarla sola...stava persino provando a darle la forza necessaria,
però non bastava, non funzionava.
Tentativi invani.
Tempo sprecato.
Parole al vento.
Laurel stessa era sicura che da lì a poco sarebbe ricaduta nell’alcool e avrebbe rifatto uso inappropriato di pillole,
ma stranamente non successe...
Fù una cosa inaspettata, non se lo aspettava e per quello ne rimase sbalordita, ma soltanto inizialmente, perchè poi,
dopo averci riflettuto seriamente, ebbe la giusta risposta:  non era stata lei ad essere abbastanza forte,
ma semplicemente non ne aveva avuto la voglia, neanche una volta, nessuna piccola tentazione.
Della serie: “ti piace vincere facile?!”

Fortunatamente però, Laurel aveva finalmente metabolizzato la perdita e non era più nella fase della negazione, lo aveva accettato oramai,
ma non avrebbe mai potuto dimenticare quello che le era accaduto; quel fattore fù determinante per lei, l’aveva segnata nel profondo
e non si sarebbe mai data per vinta, non finché non avesse trovato l’assassino di Sara.
Non avrebbe trovato pace fino a quel giorno; non era un semplice “grillo per la testa”, una fissa da adolescente o cose simili,
perché non era più una ragazzina da anni, ma il fatto che lo aveva promesso sulla tomba della sua sorellina,
non le dava la possibilità di rimangiarsi la parola.

Col tempo iniziò a chiudersi a riccio, a non voler mangiare, a non voler uscire e vedere nessuno, persino i suoi cari...
Oliver la paragonò ad un fiume in piena: inizialmente calma, o almeno così si poteva pensare osservandola al di fuori,
ma con un’immensa rabbia dentro che non sapeva domare, non sapeva come spegnere se ne avesse voluto voglia,
e quel fuoco, che ardeva in lei, si infittiva sempre di più, era inquieto giorno dopo giorno e lentamente la stava bruciando dall’interno...
...Questo Laurel lo poteva percepire anche ad occhi chiusi.
Non era più la stessa, non ragionava più e aveva cominciato a voler punire la gente,
in qualsiasi modo possibile per espiare le sue frustrazioni interiori...
Era instabile oramai e stava sbagliando, ne era consapevole, di tutto, ma non sapeva come fermarsi e per questo doveva trovare una soluzione
al più presto, finché era ancora in tempo.

Prima di capire cosa e come avrebbe dovuto fare per cambiare quella situazione,
Laurel si ritrovò a fare miriadi di cazzate madornali, causate naturalmente dal pessimo stato d’animo e dal carattere impulsivo,
(e debole) che aveva, ed alcune di esse le fecero rischiare addirittura la pelle, ma per vendicare Sara, avrebbe affrontato questo ed altro.
Era testarda, impunita e manteneva sempre le sue promesse.
 
 
 
-Flashback-


 
<< ...Scusami... >> Si scusò Laurel, con la voce rotta dal pianto, abbassando la testa per asciugarsi le lacrime che imperterrite
stavano rigando il suo volto, dopo aver fatto un breve monologo ricordando sua sorella ed il suo peluche preferito
che usava nei momenti più tristi...



<< Non devi scusarti di nulla, Laurel. Chiunque sia stato, giuro che lo troverò. >> Precisò Oliver, sincero,
ma altrettanto preoccupato per lo stato della donna.

<< Lo troveremo!  >> Ribattè lei, determinata, notando un sospiro scocciato dell’altro, così prima che potesse controbattere,
si affrettò a continuare:

<< Quando pensavo che Sara era morta sul Gambith non potevo fare altro che prendermela con l’oceano...
Ero piena di rabbia e non sapevo come usarla, ma adesso lo so...io ti aiuterò a catturare l’assassino di mia sorella. >>

<< Tu mi stai già aiutando. Laurel, ci hai detto dove cercare. >> Disse il ragazzo con voce stanca,
per poi fermarsi temporaneamente, girando il volto alla ricerca di una sedia nei dintorni che aveva
visto quando era entrato.
La prese e si sistemò a cavalcioni su essa, di fronte a Laurel che lo stava osservando, aspettando di incrociare nuovamente i suoi occhi,
per replicare:

<< Dovrei stare seduta ed aspettare? >> con tono retorico e scocciato.

<< Ora hai bisogno di prenderti cura di te stessa e della tua famiglia. Devi stare vicina a tuo padre. >> Proferì Oliver,
fissando lo sguardo su di lei, rubando ogni minimo dettaglio che poteva, ricordandosi ancora una volta quanto l’aveva amata ed il perché.
Era così bella, e non solo esteticamente, ma nel complesso: era la donna perfetta che tutti gli uomini,
quelli con la U maiuscola, desideravano al proprio fianco, e lui se l’era fatta scappare...aveva avuto la sua possibilità ma l’aveva buttata all’aria.
Tradendola.
Con Sara.
Non ebbero mai il tempo ed il momento giusto per parlarne, o almeno, lui aveva sempre preferito fingere che non fosse successo niente;
sarebbe stato scomodo, imbarazzante e soprattutto, avrebbe riportato a galla delle ferite ancora non richiuse del tutto a Laurel...e lui non voleva
più ferirla, già l’aveva fatto abbastanza e lei non lo meritava.

Era stata proprio Laurel a tenerlo in vita quando lui era finito sull’isola, prima ancora che incontrasse Slade, ma anche dopo,
lei era stata il suo pensiero fisso e l’unica cosa che desiderava Oliver a quell’epoca, era di poter riuscire a tornare da LEI e chiederle perdono
per tutto quanto, perché era stato il ricordo di lei a dargli la forza di fare quello che tutti si aspettavano da lui e di tornare a casa.
Prima del naufragio non se ne era reso conto neanche lui, di provare quei sentimenti talmente forti per la ragazza;
non era stata mai una come tutte le altre, però non né capì realmente l’importanza, fin quando non la perse.
Oliver aveva bisogno di Laurel, ne aveva sempre avuto bisogno, ma è sempre così:

“Solo quando si perde qualcosa, ne si capisce il valore”.

Più la guardava e più il suo “io” interiore si sentiva colpevole, come in debito con lei, ed in quel momento,
era arrivata l’ora di “restituirle il favore.”
Glielo doveva.

All’improvviso , un’idea malsana gli riempì la mente e la paura di perderla definitivamente lo paralizzò;
si accorse che non poteva lasciare che finisse tutto così...non si trovavano nelle favole,
il bene non prevaleva sul male, quasi mai, ed il male, spesso delle volte, aveva la meglio,
(e lui ne aveva avuto la conferma nella maggior parte delle occasioni),  ma in quel caso, non poteva farlo accadere.
Sarebbe stata Laurel a vincere.
Laurel sarebbe stata la sua prima priorità...la sua unica priorità.



<< Dirgli adesso di Sara lo distruggerebbe. Glielo diremo non appena avremo ...catturato il responsabile;
sarà più facile per lui. >> Fece lei, riportando Oliver tra di loro, grazie alla sua voce.
Ora era ancora più tremolante, spezzata...impaurita.
Lui ne capì al volo il motivo e fù proprio per quello che non insistette più e pensò di far cadere lì la discussione...
Tanto ne avrebbero riparlato presto, molto presto...
Lo sapeva.

<< Va bene. >>

Ma Laurel non poteva restare ancora con lui, da soli, in quel luogo...sentiva un pianto irrefrenabile pronto ad esplodere,
ed Oliver non doveva vederla in quelle condizioni...anche se l’aveva vista addirittura sotto un mix di alcool e pasticche...che era ben peggio,
così si alzò velocemente, muovendosi indecisa e nevrotica...

<< Dove stai andando? >> Chiese di rimando Oliver, alzandosi in piedi anche lui ed avanzando leggermente verso la ragazza,
che vide parecchio confusa, ma prontamente Laurel indietreggiò, negando con il capo.



<< Non lo so... Non so più niente ormai... però so che stare in un bar non mi fa bene. >> Rispose isterica ed esausta,
lasciando libere le prime lacrime...quelle di una lunga serie, per poi voltarsi ed andarsene.

 
 
-Fine Flashback-
 
 
 
 
[...]



 
Dopo aver seguito ulteriori ricerche, aver sottoposto anche i più sciocchi spacciatori della città, ad ennesimi interrogatori
e a volte con torture e ad aver infranto regole su regole, usando addirittura menzogne se necessario,
Laurel trovò delle pista da seguire, ma non sarebbe riuscita a far tutto da sola, così pian piano, si unì al Team di Arrow,
cominciando ad instaurare un rapporto d’amicizia con il genio informatico della squadra: Felicity.
Le due prima d’ora non si erano mai prese più di tanto; non si stavano antipatiche a vicenda, non era per quello,
ma semplicemente non avevano avuto nulla in comune, fino a quel periodo.
Inizialmente collaborarono ai “calcoli” dei vari interventi dei loro nemici, dal covo, mentre i maschi, naturalmente, Ollie, Diggle e Roy,
si occupavano degli atti sul campo, ma a Laurel non bastava più.
Non era abbastanza per lei starsene lì, al sicuro, dietro un paio di computer, in una specie di bunker sotterraneo segreto,
allestito sotto una discoteca, a parlare tramite delle ricetrasmittenti, seguendo gli scontri grazie a delle telecamere locali...
Laurel voleva fare di più, entrare anche lei in azione e l’avrebbe fatto:  niente e nessuno glielo avrebbe impedito.
 
Peccato per loro che, ogni pista seguita, si scoprì essere un buco nell’acqua.
Nessun collegamento plausibile con Sara e la sua morte.
 
 
 
-Flashback-


 
<<   Non mentivano: la notte dell’omicidio di Sara, erano a Blood Even. >> La informò Oliver, con tono stanco e dispiaciuto.
Quella notte Laurel aveva dato di matto, credendo che un nuovo arciere arrivato in città da poco,
(che proprio lei aveva intercettato e trovato), fosse l’assassino della sorella, e dopo averlo seguito, quasi non stette per...

<< ...Per poco non ho ucciso un uomo... >> Disse lei, scossa, fissando un punto inesistente nel vuoto, con gli occhi lucidi.



<< L’importante è che non l’abbia fatto. >> Ribattè l’altro, abbozzando un finto sorrisetto,
sperando di rincuorarla e non far peggiorare il suo stato d’animo.


<< ...Perchè tu lo avevi preventivato e hai tolto i proiettili dal caricatore. >> Precisò Laurel, scattando in avanti ed alzando la voce,
sconvolta.
Non si era trovata mai prima d’ora in una situazione simile.


<< Laurel, mi dispiace...ma non abbiamo altre piste. Io troverò l’assassino di Sara, ma...
Non so quando accadrà. Tuo padre ha il diritto di sapere... >> Fece Oliver, serio e con dolcezza,
afferrando delicatamente la ragazza per le spalle, fissando i suoi occhi in quelli di lei.


<< Io...non... >> Laurel si ritrovò senza parole, non sapendo cosa dire in quel momento.

<< Laurel... più stenti e più la bugia si ingigantisce. Se vuoi ci andiamo insieme, ti accompagno, ma... >> Oliver ci aveva riflettuto a lungo
e arrivati a quel punto, l’unico consiglio sensato e giusto che poteva darle, era proprio quello di confessare tutto al Capitano Lance.


<< No. Hai ragione, devo dirglielo... Ogni volta che nomina Sara, che mi chiede di lei, è un tormento e...
Mentirgli mi sta distruggendo ancora di più. >> Lo interruppe Laurel, concordando con il suo ex ragazzo,
sapendo ed ammettendo che avesse avuto ragione fin dal primo istante.


<< Laurel. calmati. Respira...shhh... Ci sono io con te, Lo sai questo, vero!? >> Fece il Queen, abbracciandola,
accarezzandole i capelli con dolcezza.
Non l’aveva vista mai così fragile, talmente delicata che aveva persino timore di romperla con una carezza.
Laurel annuì sentendosi al sicuro, in quella stretta e si convinse di far finalmente quel passo...



 
 
[...]


 

- UNA VOLTA RAGGIUNTO IL PADRE AL DISTRETTO... -



<< Papà? >>
L’uomo alzò gli occhi e puntò l’attenzione sul luogo, o meglio, sulla persona che l’aveva richiamato.
Ovviamente chi poteva chiamarlo in quel modo?
Sua figlia.

<< Un attimo, devo andare, a dopo... >> Disse l’uomo, terminando così la telefonata di lavoro,
notando gli occhi persi e impauriti di Laurel, che avanzò a stento nella stanza.

<< Posso rubarti due minuti? Altrimenti torno più tardi se... >> Biascicò lei, trovandosi improvvisamente in difficoltà.

<< No , resta, Laurel... che c’è che non va? >> Domandò il Capitano, alzandosi e sorpassandola per chiudere la porta del suo ufficio
alle spalle della ragazza, in modo da rimanere solo loro, isolarsi, per far si che gli altri non sentissero i loro affari personali.

<< ... >>
Ma Laurel  rimase in silenzio, non riuscì a tirar fuori neanche una parola, ad assemblare una breve frase a senso compiuto.


<< Che succede? Forza, dimmi qual è il problema. >> Aggiunse il padre, iniziandosi a preoccupare di quello stato catatonico
assunto inconsciamente dalla figlia.


<< Papà , io...ti ho mentito. Meritavi di sapere la verità ed io... >> Laurel non aveva idea da dove iniziare,
come dirlo e che cosa dire...
Tutto le sembrò improvvisamente sbagliato e inopportuno, ma inaspettatamente qualcosa la fece bloccare;
una sveglia suonò ad intermittenza, facendola confondere.


<< Scusa tesoro, questo aggeggio infernale suona ogni ora se non prendo le medicine...continua, stavi per dirmi qualcosa di importante. >>
Spiegò con un tempismo perfetto, il padre.
Questa novità la riportò in sé , facendole fare una scelta totalmente diversa da quella consigliata poco prima da Oliver.
Se ne sarebbe pentita sicuramente, ma adesso come adesso, non era il momento adatto.
Non avrebbe voluto avere il padre sulla coscienza.
L’uomo non avrebbe retto ad una notizia del genere...



<< Volevo solo dirti che...mi dispiace tanto...mi dispiace di essere stata distante ultimamente... >> Buttò lì,
sperando di dargliela a bere, sforzandosi di sorridere lievemente.
Stranamente funzionò; il Capitano non ci trovò nulla di anomalo e rispose di rimando, con sollievo:

<< Tesoro...sono tuo padre, ti perdono. Vieni qui, ti perdonerò sempre. E’ tutto apposto. >> E dicendo così,
padre e figlia si abbracciarono e mai come all’ora, Laurel si sentì in colpa...



-Fine Flashback-
 
 
-Vediamoci tra un quarto d’ora, tra la 40th. -
Scrisse Laurel in un messaggio che inviò immediatamente ad Oliver, senza ripensamenti.

Era una serata uggiosa, pioveva incessantemente, il cielo era completamente oscurato, nero,
il vento si faceva sempre più burrascoso col passare delle ored i lampi ed i tuoni, erano la “ciliegina sulla torta”.

La ragazza si diresse di corsa sul luogo prestabilito, non curandosi di portare dietro un ombrello per ripararsi...

Il testo del messaggio fù corto, niente spiegazioni, niente scuse, niente di niente;
andò dritta al punto, circoncisa e di poche parole e  da quello Oliver, poté capire già molto.


<< ... Non glielo hai detto. Vero? >> Fece immediatamente Ollie, mentre la stava raggiungendo.
Laurel per lui, era come un libro aperto.

<< Non ce l’ho fatta. Non ho potuto. >> Esclamò lei, sentendosi responsabile.

<< Laurel... >> Tentò il ragazzo, annuendo dopo aver avuto la conferma che era accaduto proprio quello che aveva sperato non accadesse,
ma Laurel lo fermò nuovamente, riprendendo la parola:

<< Come lo sapevi? >>

<< Ti conosco meglio di chiunque altro...Siamo cresciuti praticamente insieme.
Se non ti conoscessi io, allora chi? >> Rispose sorridendo Oliver, con aria retorica.

<< Già... >> Soffiò lei, sospirando.
Lui era l’unico che l’aveva sempre supportata e sopportata in qualunque esperienza.
Addirittura quando non era a conoscenza dell’identità di Arrow, nei suoi panni, lui l’aveva sempre salvata.

<< ...Cosa ti turba!? >> Il tono protettivo ma nello stesso tempo angustiato del ragazzo, la svegliò e la fece riprendere,
dandole modo così di sputare fuori tutto il veleno che si era tenuta dentro, con costrizione:

<< Io...il solo pensiero che Sara mi starà odiando in questo momento e che... probabilmente, a causa mia non starà riposando in pace... >>,
ma Oliver non poteva permetterle di dire o anche solo di pensare quelle cose orribili.

<< Ehi, smettila, fermati. Tua sorella non ti ha mai odiata, tantomeno adesso. Come puoi minimamente pensare una cosa simile?
Sara ti amava più di qualunque cosa... >> Le disse facendoglielo tornare alla mente.

<< Non è vero... >> Sussurrò Laurel, scioccata.

<< Te lo ha mai rivelato il motivo per la quale tornò in città la prima volta, dopo 6 anni? >>
Oliver la scosse il giusto per non farla delirare.

Laurel spalancò gli occhi umidi e si concentrò sul ragazzo che aveva di fronte.
Negò con la testa quando lui le ripetè la domanda.

<< ... Solo ed esclusivamente per proteggere te. Sara ti sarà sempre vicina, Laurel.
Anche se non è qui con noi, fisicamente, lei c’è. Ogni giorno, in ogni momento della giornata. >> Aggiunse cambiando leggermente il tono di voce, rendendola più calda e accondiscendente.

<< ...Non voglio dimenticarla, Oliver... >> Proferì afflitta, Laurel, facendo vibrare la frase,
per il pianto che le si stava chiudendo in gola.

<< Non accadrà. >>  Le promise lui, severo e sincero.

<< Come? >> Chiese invece lei, insicura.

<< ...Se chiudi gli occhi e provi a rilassarti, anche solo per un attimo, puoi sentirla...
La sua presenza... Magari puoi anche immaginartela com’era prima del fattaccio...
E sai qual è la cosa bella? Che lei non morirà mai dentro di noi, Laurel. Possiamo tenere vivo il suo ricordo nei nostri pensieri
e nei nostri cuori...non è importante il nominarla costantemente. >> Rivelò Oliver, con nonchalance, come se già ci fosse passato
e sapesse perfettamente come reagire a quelle sofferenze.
Sembrò esperto di quelle cose...

<< ...Ho tanta paura...  Paura di non ricordare più il suo volto, un giorno, o la sua voce... Io non lo sopporterei... >> Si confessò ancora la ragazza, aprendosi finalmente e totalmente.

<< Lei sarà sempre con te, Laurel. Te lo giuro. Sara non ti abbandonerà mai.
Adesso è in pace e si è trasformata nel tuo angelo custode personale. Ne sono più che sicuro. >> 
Quella fù la frase che mandò letteralmente al tappeto Laurel.
K.O.
La dilaniò di colpo, facendola scoppiare in lacrime, piangendo a singhiozzi e buttandosi
bisognosa, tra le braccia del suo Oliver, che some sempre, era lì per lei, pronto ad abbracciarla,
 a sostenerla e a consolarla.
Era l’unica persona che Laurel voleva vicino a lei, l’unico di cui ancora sopportava la presenza.
Gli altri li aveva evitati, li aveva allontanati uno ad uno, ma non era riuscita a fare lo stesso anche con il Queen...
Lui era stato un’eccezione, la sua eccezione.

Oliver non disse nient’altro, aveva già parlato abbastanza, non fece altro che tenerla forte a sé fin quando le ginocchia di lei non cedettero
ed entrambi finirono a terra, uno stretto all’altro, sembrando una sola persona.
I singhiozzi aumentarono, ma non solo, perché poco dopo, Laurel cominciò anche ad urlare dal dolore, in preda ad un attacco isterico,
unito ad un attacco di panico: comprensibilissimo.
Aveva retto anche troppo; prima o poi sarebbe dovuta crollare.
Un altro al posto suo, persino con tutti quei precedenti, sarebbe già finito male.


La pioggia, come a farlo apposta, si infittì, ed i due ragazzi nonostante fossero già totalmente fradici ed infreddoliti,
rischiando così una polmonite acuta, non si mossero da quella loro posizione.
Ollie restò per tutto quel tempo ad accarezzare il capo  ed il viso della sua ex ragazza, accompagnandola con movimenti lenti e ritmai,
in avanti ed indietro, come se volesse cullarla durante quello sfogo.
Proprio come si faceva con i bambini piccolli...


 
  
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