Capitolo
secondo
Alla fine, il ‘Giorno della
Scelta’ era arrivato. E, dentro
di lui, risiedevano ancora dubbi e incertezze. Dando uno sguardo ai
sedicenni
assieme a lui, Zoro notò che tutti avevano il suo stesso
sguardo perso. Almeno l’angoscia
era comune.
Zoro e Sanji si sedettero vicini, nel
cerchio di sedie più
esterno alla grande sala. All’interno stavano gli adulti,
divisi per Fazioni.
In basso, al centro della sala, un membro dei Candidi presiedeva la
cerimonia
d’iniziazione. Le cinque coppe di metallo, su cui avrebbero
dovuto scegliere il
loro futuro, parevano chiamarli da lontano, tanto che i loro sguardi
non
riuscivano a spostarsi da lì, come fossero ipnotizzati.
La coppa contenente acqua, limpida e
scostante, simbolo degli Eruditi.
La coppa colma di terra, calda e tranquillizzante, simbolo dei Pacifici.
La coppa riempita di sassi, anonimi e solidi, simbolo degli Abneganti.
La coppa custodente vetri, trasparenti e puri, simbolo dei Candidi.
La coppa racchiudente tizzoni, ardenti e scoppiettanti, simbolo degli
Intrepidi.
Sapevano quello che dovevano fare. Dovevano entrare in
società, scegliendo la
Fazione alla quale appartenere e donando alla nuova casa tutti loro
stessi. La
Fazione veniva prima di tutto. La Fazione veniva prima del sangue.
Proprio a
testimoniare ciò avrebbero compiuto un giuramento di sangue
con la loro
Fazione, lasciandone cadere qualche goccia nella coppa corrispondente.
Quel
gesto avrebbe simboleggiato la loro eterna fedeltà.
La cerimonia si aprì con un discorso, a cui Zoro non fece
caso. Si stava ancora interrogando sulle conseguenze della propria
scelta.
Sapeva quali erano le regole, non dovevano esserci contatti tra le
Fazioni. Per
questo motivo sapeva bene che, scegliendo la Fazione a cui desiderava
unirsi
con tutto se stesso, rischiava di perdere la persona con cui avrebbe
sognato
unirsi con lo stesso ardore. Ma, per essere certo di avere lei, avrebbe
dovuto
vivere da abnegante. Per sempre. Anche questa opzione gli faceva male.
Cominciarono
a chiamare i loro nomi. Ognuno sarebbe andato, da solo, in mezzo alla
sala e,
davanti a tutti, avrebbe compiuto la sua scelta. Zoro si ricordava bene
l’anno
passato, quando Rufy aveva atteso invano il ritorno di suo fratello
dalla
cerimonia. Ace si era unito agli Intrepidi, affidando a Zoro il suo
fratellino.
E Zoro non aveva avuto cuore di dirlo a Rufy fino a quando non era
stato
inevitabile. Il solo pensiero di vedere negli occhi di lei lo stesso
dolore che
Rufy aveva negli occhi l’anno precedente gli insinuava nel
cuore ancora più
dubbi di quanti non ne avesse già. Gli venne un leggero mal
di testa.
“Blackleg Sanji”
Zoro alzò lo sguardo sul
suo vicino. Sanji, impassibile nel
suo volto ancora da bambino, si alzò lentamente e si
avviò verso le coppe. Si
girò leggermente e fece a Zoro un gesto di saluto,
ricambiato da un cenno del
capo del verde. A loro bastava così, quel gesto valeva
più di mille parole.
Significava che non si sarebbero mai dimenticati l’uno
dell’altro. Significava
che, per quanto potesse valere, per loro l’amicizia contava
molto. Forse più ancora
della Fazione.
Sanji prese il coltello e si fece un
piccolo taglio
sull’indice sinistro. Lui, da bravo chef, non si sarebbe mai
rovinato le mani,
erano sacre. Zoro lo osservava da lontano. Sapeva che la sua ferrea
volontà
l’avrebbe portato a scegliere di essere un abnegante,
nonostante non fosse il
suo posto. Sanji non avrebbe mai abbandonato Zeff, ne andava del suo
onore e
della sua morale. E il biondo non tradiva mai i suoi ideali…
Zoro alzò la testa di
scatto. Doveva aver sentito male…
Sotto al suo sguardo stupefatto, vide la Fazione degli Intrepidi
esultare,
accogliendo il nuovo arrivato tra le sue file. Zoro non poteva
crederci… Sanji
aveva fatto la sua scelta. E, Zoro lo sapeva, aveva fatto la scelta
giusta.
Venne assalito nuovamente dai dubbi, essendo consapevole che la sua
decisione
verteva su punti ben diversi da quelli del biondo. Lui doveva scegliere
verso cosa
indirizzare la sua vita. Se verso l’amore o se verso la vita
stessa. Senza che
fosse riuscito a darsi una risposta, venne il suo turno.
“Roronoa Zoro”
Si alzò dalla sedia e si
avviò verso le coppe. Nonostante
camminasse con lentezza esasperante, arrivò alla fine del
tragitto troppo in
fretta. Si ritrovò davanti alle coppe senza aver preso una
decisione. Si tagliò
il palmo, continuando ad osservare le due coppe che focalizzavano il
suo
interesse: da un lato, i sassi grigi degli Abneganti e, con loro, Nami;
dall’altro, i tizzoni ardenti degli Intrepidi e, con loro, la
libertà. La mano
partì senza seguire alcun pensiero, mossa
dall’istinto di cui andava tanto
fiero.
“Intrepido”
I suoni attorno a lui sembravano
attutiti tanto sentiva
forti i battiti del suo cuore. Sentì la Fazione degli
Intrepidi, la sua
Fazione, esultare. Si girò appena in tempo per non essere
travolto dalla focosa
accoglienza dei suoi nuovi compagni. Vide Ace venirgli incontro e
stringerlo in
un abbraccio spezza-ossa.
“Canaglia! Volevo ben vedere se non ti saresti unito a
noi!”
Tra le grida e gli schiamazzi venne fatto sedere in prima fila, tra gli
iniziati alla Fazione. Accanto a lui individuò Sanji, che
gli mostrò la lingua.
“Sembra che alla fine dovremo sopportarci per la vita, ah,
testa d’alga!”
sogghignò.
“Non chiedevo di meglio, sopracciglio a ricciolo”
gli rispose Zoro, con un
sorriso sghembo.
-.-.-.-.-.-
Fazione Abneganti
Nami aspettava con ansia crescente.
Tutti loro, i ragazzi
ancora non sedicenni, non avevano diritto di presiedere alla Cerimonia
della
Scelta e rimanevano quindi alla loro Fazione, con tutta
l’angoscia di chi non
può sapere. Accanto a lei, Rufy e Usopp erano in
fibrillazione.
“Secondo te Sanji rimane qui?” chiese Rufy, con la
sua solita aria ingenua.
“Credo di sì… sai come la pensa. Per
Zeff, intendo…” il nasone scrutò con lo
sguardo la zona davanti al cancello, ancora deserta.
“E Zoro?” la voce di Rufy era alterata
dall’aspettativa. In fondo, da quando
Ace aveva abbandonato la Fazione, aveva vissuto con il ragazzo dai
capelli
verdi e non gli piaceva l’idea di rimanere solo.
“Lo sai, Rufy… se non dovesse tornare, puoi venire
da noi!” gli ricordò per
l’ennesima volta Usopp. A quelle parole, il cuore di Nami
perse un battito. ‘Se
non dovesse tornare’. Si rese conto che non si era preparata
all’eventualità di
non rivederlo più. Aveva dato per scontato che sarebbero
rimasti insieme per
sempre, che sarebbero rimasti per sempre ragazzini. Invece i sedici
anni di lui
erano arrivati, e ora lei si trovava davanti alla
possibilità di non
incontrarlo ogni mattina, di non potersi beare del suo sorriso sghembo,
di non
potersi perdere nelle sue iridi nere come perle…
Sentì un groppo alla gola.
“Eccoli! Arrivano!”
Rufy e Usopp si sbracciarono e cominciarono a saltellare alla vista
della folla
che avanzava. Nami si sporse dal cancello, appesa assieme agli altri
due
ragazzi in modo da poter vedere meglio chi entrava alla Fazione.
Scrutò tra la
gente, alla ricerca dei capelli verdi che le facevano battere il cuore.
Ma non
lo vide da nessuna parte. Notò suo padre, il rappresentante
della Fazione degli
Abneganti, che teneva una mano sulla spalla di Zeff. Il vecchio cuoco
faceva
finta di nulla ma si notava che era provato, e Nami capì che
Sanji non era più
dei loro. Scese veloce dalla sua postazione di vedetta e
trotterellò accanto a
suo padre.
“Papà…” Genzo sorrise al
vederla.
“Nami, tesoro mio… Ora sono occupato, a casa ti
racconterò tutto” la rassicurò,
carezzandole la testa. Nami diede uno sguardo di sottecchi a Zeff, che
la notò.
“Sanji se n’è andato…
Intrepido. Spero solo che non si faccia buttare fuori”
disse con aria dura. Dal suo sguardo, però, si intravedeva
la preoccupazione. Nami
si rivolse di nuovo al padre.
“Zoro?” chiese con un sussurro. Genzo la
guardò addolorato; non avrebbe voluto
vedere la sua bambina rattristarsi così…
Già la sua primogenita, Nojiko, aveva
avuto la stessa esperienza con quel disgraziato di Portugese D. Ace.
Genzo
sapeva che quei due, entrambi, avrebbero portato solo male alla sua
famiglia
ma, se da un lato era felice che non potessero più farne
parte, dall’altro
soffriva per la delusione delle sue bambine. Sospirò.
“Intrepido”. Vide gli occhi di Nami riempirsi di
lacrime.
“Già… è il posto giusto per
lui. Diventerà di sicuro il migliore…”
disse la
rossa, senza riuscire a trattenere i singhiozzi. Si voltò di
scatto e scappò
via, senza badare ai richiami del padre. Ora, aveva solo bisogno di
piangere.
-.-.-.-.-
Zoro e Sanji si guardarono
stupefatti. Dovevano veramente
saltare e appendersi ad un treno in corsa? Scettici si voltarono verso
Ace,
fermo accanto a loro.
“Ragazzi, non perdete il ritmo, mi raccomando! Altrimenti vi
lasciamo qui…”.
Con una risata, il moro cominciò a correre. I due, ancora
increduli, si
lanciarono in una corsa sfrenata dietro al gruppo, cercando di rimanere
al
passo. Gli Intrepidi che correvano con loro erano veloci, erano potenti
ma
soprattutto… erano incoscienti! Il treno arrivò
dietro di loro e Zoro si sentì
male da tanto era rapido. Si guardò sopra la spalla in modo
da scegliere il
momento giusto per saltare, così da entrare nel vagone senza
spiaccicarsi sul
lato del treno. Con il cuore in gola, prese la rincorsa e
saltò, rotolando sul
pavimento della carrozza e finendo con la faccia su un mucchio di
paglia.
Rialzò la testa sputacchiando.
“Però, non male per essere la prima
volta…” ridacchiò Ace mentre lo aiutava
ad
alzarsi. Zoro si voltò alla ricerca di Sanji. Ace se ne
accorse.
“E’ di sicuro in un altro vagone” lo
tranquillizzò. In fondo, anche il moro
sapeva che quello era il primo passo. Chi non saliva sul treno otteneva
un
biglietto di sola andata per gli Esclusi. Non rimborsabile. Ace si
spostò verso
la portiera, ovviamente non chiusa, della carrozza e avvertì
l’amico dietro di
sé.
“Ora dobbiamo saltare”. Il moro
sghignazzò allo sguardo incredulo di Zoro.
“Stai scherzando? Saltare giù?”
“Esattamente, caro… non vorrai passare tutta la
vita su questo treno, ah?” il
moro, con una risata, si gettò dal vagone e
atterrò sul tetto di fronte.
Sbigottito e terrorizzato, Zoro fece altrettanto. Quanto Ace era sceso
con
nonchalance tanto lui ruzzolò a terra con malagrazia. Si
rialzò imprecando,
questa iniziazione era più dura di quanto pensasse. Cercando
di togliersi la polvere dai vestiti, il
ragazzo individuò una testa bionda che, malconcia quanto
lui, cercava senza
troppo successo di rimettersi in piedi sulle sue gambe.
Sbuffò rilassato. Sanji
si avvicinò a lui, un sorriso tirato sulle labbra.
“Decisamente un’altra cosa rispetto agli
Abneganti…” commentò.
“Non c’è dubbio” gli rispose
Zoro, ancora frastornato.
In quel momento, un ragazzo saltò in piedi sul bordo del
palazzo, cosa che fece
sobbalzare tutti gli iniziati presenti. Aveva i capelli biondi che gli
partivano sparati sulla testa e l’espressione seria, quasi
annoiata. Si
presentò.
“Io sono Marco ‘la fenice’…
capo-fazione. Assieme al mio secondo…” con la mano
indicò Ace, ritto di fronte a lui, “…
ci occuperemo della vostra formazione. L’addestramento
sarà duro, non vi indorerò la pillola. Chi di voi
non sarà considerato adatto
alla Fazione sarà lasciato indietro. E, come sapete, non vi
è possibile
ritornare alla vostra Fazione di provenienza. Diventerete
Esclusi”. Con lo
sguardo passò in rassegna i sedicenni davanti a lui.
C’era un nutrito gruppo di
figli di Intrepidi, quelli sapevano pressappoco a cosa andavano
incontro. Erano
poi presenti anche un buon numero di trans-fazione e, cosa davvero
rara, ben
due Abneganti. Cercò di chiarire meglio le regole.
“Verrete addestrati in due diversi gruppi… i figli
di Intrepidi saranno seguiti
da Das Bornes e Paula. I trans-fazione, da me ed Ace. Anche se
l’addestramento
sarà diviso, verrete valutati a gruppo unito. A fine
addestramento, solo a metà
di voi sarà permesso restare”.
‘Ciò significa che voi trans-fazione non avete
speranza’ concluse dentro di sé Marco, con
assoluta indifferenza. Agli
Intrepidi servivano i migliori, i più forti e coraggiosi.
Non avevano bisogno
dei deboli.
Conscio di averli terrorizzati per bene, il capo-fazione propose la
prima, beh,
seconda se si contava il treno, sfida della giornata. Per raggiungere
la
Fazione era obbligatorio saltare dal tetto del palazzo.
Ghignò in maniera
inquietante.
“Bene. Chi è il primo a saltare?”.
Divertito, si gustò la scena di circa
cinquanta ragazzini che, inorriditi, si guardavano tra di loro cercando
di
capire se scherzasse o meno. ‘No carucci, non sto
scherzando…’, si disse tra sé
e sé.
“Per entrare tra gli Intrepidi è necessario
saltare da qui. Cercate di non
spiaccicarvi sul tetto di sotto ma di entrare nella
voragine…” Ace, ridendo
come un matto, spiegò meglio cosa intendeva Marco, riuscendo
solo a
terrorizzare ancora di più gli iniziati. Dopo qualche
secondo di silenzio un
rosso dallo sguardo irrequieto, che già era parte della
Fazione, sbuffò
sonoramente.
“Femminucce, non abbiamo tutto il
giorno…”. A quel commento infastidito, Zoro
prese coraggio. Eh no, tutto potevano fare, ma non dargli della
‘femminuccia’.
“Vado io!”
Sanji lo guardò scioccato.
Come, il marimo aveva intenzione
di partire in vantaggio? Non gliel’avrebbe mai permesso.
“No! Comincio io!”
Marco non credeva alle proprie
orecchie. I due Abneganti
avevano le palle, non c’era dubbio. Sorrise sprezzante.
“Ma bene, due volontari… mai successo prima
d’ora. D’accordo, fatevi avanti…
vediamo se, dopo aver visto l’altezza, manterrete
quell’aria arrogante”.
Notò con stupore i due ragazzi raggiungere il bordo del
palazzo, guardare giù,
deglutire e, in meno di un secondo, salire in piedi nella stessa
posizione in cui si trovava lui stesso
pochi minuti prima. Il tutto senza
smettere di guardarsi in cagnesco. Scosse il capo allibito.
“Bene, saltate pure…”
cominciò, certo che avrebbero aspettato almeno mezzo
minuto prima di trovare la forza per gettarsi. Tutti avevano bisogno di
un
attimo per raccogliere il coraggio. Non aveva nemmeno finito la frase
che i due
ragazzi erano spariti alla sua vista, lasciandosi cadere nel vuoto.
Incredulo,
si voltò verso Ace che stava ridacchiando di gusto.
“Quei due faranno miracoli…”
sussurrò divertito il moro.