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Autore: KomadoriZ71    30/05/2015    7 recensioni
[ Fan Fiction ~ Giovanni, Ivan, Max, Cyrus, Ghecis & Acromio ]
"Sono passati anni da quando i Leader dei vari Team hanno provato a mettere in ginocchio le regioni dei Pokémon ma, a causa di ragazzini spuntati fuori da chissà dove, ognuno di loro ha visto ogni progetto andare in fumo.
Ma che fine hanno fatto, ora che la pace sembra essere tornata?
Semplice: sono stati arrestati e ora si ritrovano limitati dentro un carcere di altissima sicurezza, il quale è stato costruito sopra a un isolotto posto in punto sperduto del mare.
Cosa mai succederà all'interno delle minuscole celle?"
Genere: Angst, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Cyrus, Ghecis, Giovanni
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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9. Un piccolo favore
9. Un piccolo favore
By Lily




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Se c'è qualcosa che adoro più del mio amato Persian, sicuramente è la Domenica.
I lavori forzati sono sospesi fino a Lunedì, le ore di svago si prolungano nel pomeriggio, e la sera i detenuti si sollazzano sotto al getto caldo della doccia. Mi ritengo un uomo abbastanza pulito, ordinato ed elegante; detesto sguazzare nella sporcizia, per non parlare del sudore e del fetore che può provocare, odio l'idea di passare sei giorni a secco. È complicato prendersi cura del proprio corpo, specialmente se non si hanno a disposizione acqua e sapone. Credetemi, so bene quel che dico.
Se durante la settimana non dovessi spaccare pietre, non avrei alcun motivo per polemizzare. Ho provato più volte a corrompere le sentinelle, a quei tempi promettevo soldi in cambio dell'attestato di invalidità, così da non creare scompigli vari con il resto dei carcerati, ma le guardie non si sono mai piegate alle mie volontà. Non mi sono mai arreso e ho continuato a insistere, adesso la durata del mio turno si interrompe dopo un'oretta scarsa.
Mai Giovanni dovrà spaccare pietre sotto al sole cocente, spezzarsi la schiena con un movimento brusco e puzzare come un animale. Anche se chiuso in carcere resto il Leader di una nota banda di criminali, ho una dignità da mantenere se voglio guadagnarmi del rispetto, quei maledetti insetti che vivono a stretto contatto con me devono tremare dalla paura, devono percepire il bisogno di scappare a gambe levate nello stesso attimo in cui mi vedono arrivare.
Sono l'unico Dio qui dentro.
E la nomea del malefico Boss è crollata a causa di un'insulsa partita a Poker. Ero in grado di controllare ogni antro nascosto del carcere, non poteva succedere qualcosa che arrivava subito alle mie orecchie, poi è spuntato dal nulla quel vecchio decrepito di Ghecis e ogni sacrificio è andato sprecato. Dannazione.
Del suo compagno di merende non ne parliamo neanche. Acromio è quella persona che si limita a mostrare sorrisi o gentilezze varie ma, se prende confidenza, lo sciacallo famelico che c'è in lui esce allo scoperto. È chiaro che devo gettare nella spazzatura quel rifiuto umano.
All'inizio ha messo in ginocchio Ivan con l'arresto del suo sottoposto, in un secondo momento l'ha separato da Max per renderlo vulnerabile. Poi è passato direttamente a Cyrus, l'ha torturato per strappargli informazioni. Almeno è l'idea che si è creata nella mia mente, rifletto sull'episodio da quando ho saputo l'agghiacciante notizia.
Il ventisettenne dai capelli azzurri è sempre stato calmo, fin dal primo giorno dormiva o passava le giornate a osservare il vuoto. Nessuno mi ha permesso di esaminare le ferite, ma sono certo che non aveva alcun motivo per porre fine alla sua esistenza. È evidente che sotto c'è lo zampino dello scienziato.
E io sono il prossimo della lista quindi le scommesse, il Poker, la rivalità con Ghecis e gli altri affari potranno sicuramente attendere, c'è in gioco la mia reputazione e non posso lasciarmi sconfiggere.

Scrollo le spalle e mi lecco velocemente i denti, poi i miei occhi si mettono a esplorare con calma l'ambiente semi buio che mi circonda, una stanza priva di finestre dalle pareti e i pavimenti scuri, decorata da un tavolo lungo e stretto messo in risalto dalla luce bianca del neon. Accendo un sigaro e mi concedo un meritato tiro, ne tengo sempre uno di scorta per i casi di emergenza, più precisamente nel taschino della tuta. Sospiro e continuo ad aspettare l'arrivo di Acromio, ieri l'ho avvicinato e gli ho dato appuntamento; evidentemente è talmente occupato a parlare con il direttore (mentecatto anche lui) che si è dimenticato di raggiungermi.
Cominciamo male. Molto male. Veramente male.
Finalmente la porta si apre e vengo colpito da un fascio di luce, rimango abbagliato e strizzo gli occhi per non lacrimare, lui intanto si avvicina con indifferenza e indignazione, poi liquida le sentinelle che l'hanno accompagnato. Qui saremo da soli, nessuno ci potrà mai sentire, sempre se non dispone di un microfono nascosto.
Devo stare attento. Essere prudente, i fallimenti non sono i benvenuti.
...Come mai queste preoccupazioni? Solamente oggi mi sono passati per la mente dei pensieri simili, da giovane non mi facevo problemi a divorare i nemici che incontravo. Sto forse invecchiando?
Evidentemente è così e devo farmene una ragione, lo scontro di Pokémon con Ghecis ne è la prova schiacciante, è stata la prima volta che ho visto Nidoking in seria difficoltà, quel drago a tre teste a momenti aveva la meglio sul mio fedele compagno di squadra. Ma gli anni trascorsi alla Palestra di Smeraldopoli hanno dato i loro frutti, ho gestito al meglio le potenzialità dell'imponente creatura e ho terminato la battaglia con una parità. Durante la lotta sono stato ferito da una scheggia di vetro, è saltata in aria dopo un attacco Dragobolide ben piazzato, mi ha colpito all'altezza della fronte e i medici hanno impiegato ore a lavorarci sopra, ma almeno posso mostrare con comportamento fiero la nuova cicatrice.

Ghecis non è forte o robusto come me, sul suo conto circolano solo dei pettegolezzi infondati, già è in prossimità di rinunciare e ciò glielo si può leggere in faccia.
Stai attento capellone. Sei sulla mia lista nera.
«Sei un vero maleducato a invitarmi in un posto simile, Giovanni. Disponi di così tanti servigi, potevi farmi accomodare in una stanza più confortevole, un po' di luce naturale non guastava. Voglio evitare di far stancare i miei occhi. Se trovavo la tavola imbandita di tè e dei pasticcini, ero al top, è risaputo che sono ottimi per garantire una buona conversazione. Ma visto che mi devo accontentare...Be'...perché hai insistito per vedermi?».
Acromio biascica quelle parole con un portamento infantile, non ho ancora aperto bocca e già si lamenta del più e del meno, è tipico dei cocchi degli agenti pretendere ogni meraviglia presente al mondo. Si sta tradendo da solo, che sciocco.
Dalla prima volta che l'ho incontrato non mi ha fatto una bella impressione, adesso che è d'accordo con la polizia sento la nausea appena punto lo sguardo su quel viso sbarazzino. Pelle ben curata dalle guance rosee e paffute, a prima vista pare ricoperto da un involucro di seta pregiata; i suoi lineamenti sono perfetti e armoniosi, il suo volto infatti ha la forma di un preziosissimo topazio. I particolari rimangono ben nascosti sotto alla montatura leggera e ovale degli occhiali metallizzati, che gli donano un'aria da vero intellettuale. È abbastanza eccentrico come soggetto, non posso negarlo.

Ammetto che mi affascina questo suo particolare, in genere le persone che hanno dimestichezza con lo studio non sono portati per la cura dell'estetica, sono più sciatti del normale e basta metterlo a confronto con Cyrus (quel ragazzo ha delle borse sotto agli occhi così profonde da sembrare dei crateri lunari), per far capire anche a un caprone come Ivan che Acromio è in grado di distinguersi dalla massa. Il suo fisico potrebbe fare invidia a qualsiasi modello, scommetto che con il camice da laboratorio farebbe una bella figura qui dentro:
«Con calma, Acromio, lasciami almeno il tempo di salutarti. Sei arrivato in ritardo all'appuntamento, non vorrai farmi credere che correrai direttamente al sodo» esclamo per tranquillizzarlo, poi appoggio il sigaro marroncino su un lato del posacenere circolare. Lo lascio consumare per diversi minuti e mi lecco i denti con un gesto istintivo, così facendo una nuvola grigiastra si solleva delicatamente verso il soffitto, è elegante notare quella straordinaria danza astratta.
Mi divide da Acromio. La contemplo, mi rilassa: «Ho parlato con le sentinelle prima del nostro incontro, avranno modo di presentarsi solo quando avremo finito di consultarci. Perciò faresti meglio a rilassarti».
«Ti ringrazio per questo gesto Giovanni, è divertente vedere come ti impegni a mantenere alto il tuo ego. Da quando mi sono messo in mezzo per la partita a Poker, hai ricevuto delle belle batoste da parte di Ghecis. Non è forse così?» il volto dello scienziato si macchia con un ghigno, dovrebbe essere un sorriso, ma le sfumature grottesche che racchiude mi saltano subito all'occhio.
Ci sta provando, vuole stuzzicarmi e smontarmi. Povero illuso.
Mi calmo istantaneamente e scrollo le spalle robuste, non devo cadere nella sua tela. Se ci fosse il mio adorato Persian, offrirei un'immagine più minacciosa e autoritaria. Mi sarebbe di grande aiuto, ma in questo momento devo cavarmela con le mie sole forze, come ho sempre fatto: «Esattamente, devo ammettere che sei un tipo abbastanza intelligente, Acromio caro» scoppio a ridere: «Devo ringraziarti per quella soffiata sull'apparecchio elettronico, da quando l'ho saputo mi hai aperto un mondo».
«È stato un piacere poter dare una mano a Giovanni, il Leader del famoso Team Rocket. Da sempre sento i racconti delle tue imprese, ammiro ciò che sei riuscito a realizzare» vaneggia, dal tono di voce sembra convincente, i suoi occhi sono ricchi di pure emozioni. Non lo facevo un attore così bravo, meriterebbe un premio per la performance che sta offrendo: «Ma non posso immaginare che, un uomo così sofisticato e potente, sia costretto a fare la muffa in un luogo così scadente. Come sei riuscito a farti arrestare dalla polizia? Il tuo nascondiglio alle cascate sembrava ottimo. Avanti, dimmelo, sono curioso!».
Mi sforzo di sorridere, riprendo il sigaro e mi rilasso con qualche tiro. È un metodo eccezionale per pensare a una risposta, Acromio è così bene informato sul mio conto. A quanto pare il direttore si è offerto di aiutarlo, dovevo immaginarmelo: «Non mi sono fatto catturare» lo correggo, infine mi rilasso sullo schienale rigido della sedia di plastica: «A un certo punto mi sono annoiato, poi mi sono costituito. Se resto dentro al carcere è solo per trarne dei benefici, semplici profitti, la mia è una vera pausa di riflessione Acromio
».
«Pausa di riflessione? Benefici? Oh Giovanni, sei un uomo dalle mille sfumature. Non ti immaginavo così arguto, così intelligente da fare un passo talmente estremo!» noto la luce nelle sue iridi cristalline, sono riuscito a catturare il suo interesse, adesso comincerà il suo interrogatorio: «E cosa hai in mente di fare? A me puoi dirlo, dopo ciò che ho fatto per te posso considerarmi tuo amico. Vero Giovanni?».
«No» scuoto la testa, rido e poso nuovamente il sigaro: «Assolutamente no» ripeto e, questa volta, scandisco bene le parole. Lo guardo negli occhi, dimostro di non provare alcun timore per lui: «Al massimo possiamo considerarci conoscenti, non accetto amicizie dopo un misero favore. Le mie sono informazioni assolutamente riservate e private, non le dirò a nessuno, nemmeno a Ivan e a Max che in passato hanno avuto modo di aiutarmi. Me le porterò direttamente nella tomba, specialmente se in caso di fallimento».
«Ivan e Max? Quei due? Quale ruolo hanno in tutto questo?».
«Niente di interessante, te lo posso garantire» sono felice di aver cambiato argomento, forse le domande sul Team saranno finite.
«Può darsi, ma non ci casco» annuisce pensieroso, infine si sistema gli occhiali da vista: «In che modo sono riusciti ad aiutarti? Ho letto molto su quei due, ma non ho mai trovato un collegamento con il Team Rocket. Solo delle assurde imprese da ambientalisti, episodi frivoli per la storia della criminalità».
«Eppure i due si sono conosciuti all'interno della mia organizzazione, entrambi si sono arruolati per un motivo diverso dall'altro. Ivan non ti ha parlato di ciò?» racconto senza provare vergogna e spengo il sigaro, in effetti è vero che i due Leader si sono conosciuti nel periodo del reclutamento, entrambi giovani e con le menti rivolte su un futuro provvisorio e incerto.

Sorrido compiaciuto e mi passo la mano tra i capelli scuri, non mi sono mai dimenticato di quella strana coppia. Anche io allora avevo anni in meno sulle spalle, ero meno stanco dopo una giornata passata in ufficio.
«No, non sono stato informato» lo scienziato è teso, noto con piacere che la notizia l'ha messo in confusione. Assume una posizione rigida, stringe così forte le mani da far sbiancare le nocche, non è più il ruffiano di pochi secondi fa. Adesso che la maschera è andata in frantumi, posso divertirmi.
«È un vero peccato, mi hai veramente deluso Acromio. Un canarino che si rispetti dovrebbe avere i mezzi necessari per compiere il suo dovere» mi lascio trasportare in una fragorosa risata, questa volta molto più cattiva della precedente, così intreccio le braccia al petto.
Osservo l'uomo che sta seduto davanti a me, è sbiancato come un cencio, è scosso e non ha la forza per cercare argomentazioni con cui rispondere. Colpito e affondato.
Giovanni è sempre in grado di cogliere di sorpresa il nemico, anche il più intelligente e sofisticato: «Pensavi davvero di farla franca?».
«Le tue sono delle parole campate in aria, non hai prove concrete per dimostrarlo» borbotta e annuisce soddisfatto, si schiarisce la voce con un colpo di tosse e sospira. Poi sistema gli occhiali, il riflesso che si è creato con la luce del neon oscura le iridi dello scienziato: «La base delle tue teorie si concentra all'arresto di Alan, non è forse così? Non mi vergogno a dire che ti sbagli, Giovanni. Ero a conoscenza di quelle informazioni perché è stato Ivan a rivelarmele, forse vaneggiavo distrattamente con Ghecis quando, gli agenti a guardia della mia cella, hanno origliato la conversazione e si sono dati da fare».
Sicuramente Acromio è nato per essere un criminale, sono in pochi i soggetti che si creano una giustificazione in cinque minuti di pausa. Devo dargli un merito, almeno si guadagna la medaglia del professionista, è molto credibile: «Stronzate» lo blocco immediatamente, la mia intenzione è quella di smascherarlo: «Non ho mai parlato del tenente Idro, hai forse la coda di paglia Acromio?».
Un sorriso beffardo nasce sul mio viso, adoro tenerlo in pugno:
«Volevo precisarlo, è scomoda la colpa del canarino».
«Forse perché lo sei?».
«Il tuo discorso non ha alcun senso Giovanni, prima di puntare il dito dovresti avere delle certezze. Ma vedo che ne sei sprovvisto, quindi è il caso di chiudere qui la faccenda se non ti dispiace» scrolla le spalle e appoggia le braccia sul tavolo, poi unisce le mani. È stanco, glielo si legge chiaramente sul volto. Forse è meglio lasciarlo andare, per oggi non sono riuscito a ottenere ciò che speravo, però mi avvicinerò alla sua confessione e solo allora sfrutterò i suoi servigi per ottenere la libertà. È questo a cui miro, non è nel mio interesse dare una mano a Ivan o a quello psicotico di Cyrus, ho un'improvvisa voglia di uscire e lui è la sola chiave per farlo.
In maniera pulita, sembrerebbe.
«Ti preferivo quando eri addosso a Ghecis» commenta, è nervoso.
«Con lui non ho ancora finito, sono ancora all'inizio».
«Oh interessante, mi terrò aggiornato» ridacchia. È irritante.
«Non accetto il tuo sarcasmo in mia presenza, quindi sparisci».
«La sai una cosa, Giovanni?».
«No, che cosa?».
«Da quando hai iniziato questa rivalità con Ghecis, confesso che entrambi vi somigliate molto. Più di quello che pensi».
Stringo il pugno e mi mordicchio il labbro, le sue parole sono un vero oltraggio. Mai Giovanni somiglierà a qualcun altro, specialmente se il diretto interessato è un essere nauseante come Ghecis: «Oh, ma davvero? E cosa te lo fa pensare?».
«Tu e Ghecis avete molte caratteristiche in comune. Specialmente una».
«Quale?».
«Anche lui ha un figlio».


SHIPSHIPSHIP




Quelle parole mi frullano costantemente nella testa, non riesco a pensare ad altro e la rabbia cresce in me. Vorrei urlare, spaccare tutto in preda a un attacco d'ira, ma nella mia cella ci sono dei mobili costosi che la trasformano in un mini appartamento, non me la sento di rinunciare alla loro presenza. Non è facile corrompere le sentinelle, gli uomini in divisa mi accontentano per farmi spifferare informazioni importanti sul Team Rocket, ma Giovanni non è l'individuo che si piega così facilmente. Hanno molto su cui lavorare.
Ghecis. Padre.
Non me lo immagino mentre culla con amore un neonato, che lo allatta con un biberon senza lamentarsi, oppure mentre gli cambia il pannolino. Sono convinto che l'avrà fatto fare a qualcun altro, sporcarsi le mani non è da lui. Non mi darebbe così fastidio la notizia, se non ci fosse quell'essere di mezzo. Da quando l'ho conosciuto non riesco a scrollarmelo di dosso, ogni volta che provo a rilassarmi, il ricordo di quei lunghi capelli verdognoli e di quella partita a Poker mi assale. È vero che ha avuto la meglio grazie a uno strambo congegno elettronico, l'ha nascosto bene dato che si tratta del monocolo che gli oscura la cicatrice sull'occhio, ma non posso dedicarmi ad altro se è riuscito a mettermi i piedi in testa. Con o senza aiuto esterno.

Appena c'è il cambio delle guardie e vengo lasciato da solo, sprofondo sulla poltrona con un gesto secco e torturo la benda sulla fronte, recupero un sigaro dal tavolino in stile moderno, infine l'accendo con l'acciarino che se ne sta sempre nel taschino della divisa a strisce bianche e nere. Il mio sguardo intanto si incastra in un punto vuoto della cella, la mia mente per un attimo la pianta di concentrarsi su Ghecis e il suo pargolo, così riesco a visualizzare alla meglio il volto giovanile di Silver e dei suoi capelli rossi ereditati dalla madre, Ariana.
Una donna dal fisico eccezionale, carattere forte e molto fedele nei miei confronti, così tanto da garantirsi un rango abbastanza alto nel Team Rocket, ha avuto la meglio anche sul mio interesse da uomo. Maledetta arpia succhia soldi, era fantastica come amante, avrò passato numerosi notti a dormire sul suo morbido seno. Ricordo ancora quando mi confessò di essere rimasta incinta: era inverno e la pioggia cadeva dal cielo da diverse ore, io e lei avevamo appena finito di crogiolare nei piaceri della carne. Me lo sussurrò con dolcezza quando ero impegnato a rivestirmi, lei mi amava e scoppiava di gioia, i suoi occhi brillavano come delle meravigliose gemme.

Ma io ero talmente stupido da non ricambiare. Veramente sperava di creare una famiglia con il suo superiore?
La mia reazione è stata negativa e l'ho lasciata da sola in quel letto, ero giovane e troppo indaffarato con gli scopi del Team per preoccuparmi della situazione; Ariana, però, era così forte che non si azzardò a comunicare il disagio in cui era inciampata, era gelida e silenziosa come l'aria che penetrava dalla finestra lasciata aperta. Abbiamo passato settimane a litigare per la gravidanza, io le imponevo l'aborto ma lei non voleva rispettare i miei ordini, non accettavo l'idea di crescere un figlio e di assumere certe responsabilità, sentivo la nausea quando percepivo il pianto o la risata di un bambino. Nel momento in cui ero arrivato al limite della pazienza, ho preso la decisione di trasferirla nel rifugio di Mogania, attualmente si trova nella regione di Johto. Il mio scopo era quello di farle trascorrere una gravidanza gradevole, poi avrebbe ripreso in mano i ranghi e tutto sarebbe tornato alla normalità. Con o senza marmocchio.
Però ero rimasto di sasso quando tornò dal viaggio, non c'era nessun bambino e io pensavo che fosse deceduto dopo il parto.
Solo dicei anni dopo avevo scoperto che Ariana aveva trovato una sistemazione per lui, l'aveva fatto crescere all'interno del rifugio da cui scappò senza esitare, a quanto pare il signorino non condivideva il "credo" sui cui si basava il Team. Io ero già diviso dagli affari dei Rocket, quindi dal mio nascondiglio seguivo attentamente i suoi passi e lo individuai nel villaggio più piccolo di Johto, si aggirava attorno allo stabilimento gestito dal Professor. Elm e lo puntava da diversi giorni. Silver, questo era il nome del bastardello che era venuto al mondo, era stato così coraggioso da rubare un Pokémon in quel laboratorio, anche se aveva l'opportunità di chiederlo e di comportarsi civilmente.
Già a dieci anni era in grado di rendermi fiero, aveva messo le mani su un Totodile cioè un Pokémon talmente raro da essere introvabile.
Le nostre vie si sono incrociate un'unica volta. Ero stato io a fare il primo passo.
Scoppiavo di gioia quando ci siamo ritrovati faccia a faccia, se non mi sbaglio in squadra aveva dei Pokémon particolari e che allenava secondo un rude criterio, ma era troppo tardi per recuperare il rapporto, sentivo l'odio che provava nei confronti miei e della mia organizzazione, quindi non potevo reclutarlo per garantire un prossimo Leader al Team Rocket. Perciò ci siamo confrontati con una critica battaglia e, al termine dello scontro, gli ho dato la possibilità di tornare sui suoi passi, aveva perso e ciò sottolineava che il suo percorso da allenatore non era finito.
Da allora non l'ho più sentito nominare, ero già in manette quando era scomparso dalla circolazione, quindi non potevo seguirlo in segreto e garantirgli la protezione che meritava. Ero suo padre, accidenti.
Ma non ha importanza se con lui ho commesso una lunga serie di errori, adesso sarà grande e i suoi Pokémon provvederanno ad aiutarlo, non ha bisogno di me.



«Giovanni, preparati, è l'ora della doccia».


Massaggio le tempie con movimenti circolari, sospiro e spengo il sigaro che si è consumato tra le dita. Il mio continuo rimurginare ha preso il controllo totale, limita ogni mio movimento più semplice, è il momento perfetto per tornare alla realtà con un bagno caldo. Servirà per rilassare i nervi, è una settimana che non dormo adeguatamente. Osservo l'uomo in divisa che mi ha appena interpellato, dalla sua espressione apprendo che si è svegliato con la luna storta (stare a contatto con i criminali non deve essere una passeggiata, non lo invidio per niente), perciò annuisco senza aggiungere una delle mie sentenze e abbandono il posto a sedere, raggiungo la porta e aspetto che si apra. Il tempo di fare un passo che ho già le manette ai polsi, cinque poliziotti sono già pronti per scortarmi fino alla parte opposta del corridoio.
Partirò da solo, poi arriveranno anche gli altri.
Noi boss siamo costretti all'isolamento più totale, ci troviamo all'ultimo piano dell'edificio, in una sezione desolata ma pronta a ospitare i soggetti più pericolosi della malavita. Dalle sei del mattino ci mescolano al resto dei carcerati, così facciamo colazione nella mensa e ci spediscono ai lavori forzati, durano fino all'ora di pranzo. Nel pomeriggio non possiamo fare altro che aspettare l'ora d'aria, ma alle cinque torniamo nei nostri angoli ristretti. La sera gli inservienti, detenuti che cercano la libertà tramite un impiego onesto, iniziano a bazzicare tra le celle dei Leader per servire la cena e, dopo un'ora esatta, le luci si spengono automaticamente a causa del coprifuoco.
È noioso essere un detenuto, molti impazziscono nel restare chiusi qui dentro, però dalla mia bocca non escono mai lamentele e continuo la routine come se niente fosse, Giovanni è in grado di adattarsi a qualsiasi circostanza. Grazie ai mille favori, godo di una situazione adagiata e tranquilla e, i giri che ho creato, impegnano la mia mente a ogni ora del giorno.
Ma con le riflessioni ho chiuso definitivamente per oggi, le sentinelle mi hanno liberato dentro alla stanza delle docce, quindi posso finalmente rilassarmi.
Sorrido deliziato. Attendo quest'attimo da sei giorni.
In breve tempo mi rintano tra i separè di legno e, mentre i miei compagni di disavventure prendono postazione sotto gli occhi delle guardie, l'acqua bollente scorre sul mio corpo robusto e leggermente muscoloso, così dimentico gli eventi che sono successi nell'arco della settimana.
«Entra, non fare il timido».
Apro gli occhi all'eco di quella voce, poi punto la parete lignea posta alla mia destra. È Max, a quanto pare è insieme a qualcuno.

È forse tornato con Ivan?
Non ci posso credere.
L'ultima litigata dei due è stata micidiale, sfido chiunque a sistemare una relazione dopo ciò che si sono detti, dopo anni Ivan ha mostrato il lato da barbaro per cui è diventato famoso.
Un ghigno divertito si impossessa del mio volto però, quando mi arrampico per dare una sbirciatina nella doccia accanto, la scena che mi si para davanti è in grado di sottrarmi l'entusiasmo.
Quello che vedo è sicuramente Max e il suo corpicino snello, ma in questo caso è in compagnia di Cyrus. Il vegetale.
L'ha messo sulla sedia che era riservata all'ultimo compagno del rosso, se ne sta curvo per coprire l'intimità maschile, ma non dà alcun segno di vita. L'altro invece è entusiasta della nuova compagnia, è talmente occupato a insaponargli gli inspidi capelli azzurri che non si è accorto di me. Movimenti circolari, lo sta sottoponendo a un massaggio.
Confesso che lo invidio.
«Ehi, Maxie».
Lo chiamo.
Lui sussulta, spaventato, poi mi guarda.
«Ciao, Giovanni» risponde con calma, infine torna a coccolare quel coso.
«Vedo che ti sei fatto un nuovo amichetto, sono contento» sghignazzo: «Dove l'hai mandato il tuo dolce marinaio?»
«Non lo so e non mi importa» afferma, ha gli occhi lucidi.
«Va bene, ho capito, non sei dell'umore» scrollo le spalle e incrocio le braccia sopra al bordo in legno, poi ci appoggio il mento. Continuo a fissarlo, è imbarazzato dalla mia presenza, devo cercare di essere il più veloce possibile: «Non vorrei disturbarti in un momento simile ma, io e te, dobbiamo fare una chiacchierata. Appena hai finito con quel coso fai un salto nella mia cella, ceneremo insieme stasera»
«Non posso, Cyrus ha bisogno di qualcuno che l'aiuti a mangiare e...»
«Quel coso si può ingozzare da solo» lo interrompo bruscamente, non amo essere rifiutato: «Sii puntuale, ho bisogno che tu mi faccia un piccolo favore».



Pulito e abiti profumati, non posso chiedere di meglio.
Dopo il mio invito Max si è presentato in tempo per la cena, appena si è messo a sedere sulla poltrona per gli ospiti, gli inservienti sono arrivati con le pietanze. Due bistecche al sangue, proprio come piacciono a me, contornate da patate arrosto e un buon bicchiere di vino rosso. Non guasta mai. Giovanni non mangia spazzatura, specialmente se ha ospiti:
«Perché mi hai fatto venire, Giovanni? Di cosa mi volevi parlare?».
Scrollo le spalle all'affermazione e mi stendo contro lo schienale, poi accendo il sigaro e lo guardo direttamente negli occhi. Max non è cambiato molto, è rimasto il ragazzo che ho conosciuto anni fa.
Adesso è un uomo, ha solo qualche ruga in più:

«Prima di cominciare, in realtà, volevo soffermarmi un attimo sulla tua situazione» esprimo dopo minuti di pausa, intanto giocherello con il sigaro marroncino: «Sei veramente sicuro di ciò che stai facendo?»
«Non capisco dove vuoi andare a parare»
«Perché stai facendo coppia fissa con Cyrus? Quel tipo è senza speranze»
«Non dire così» afferma, nelle sue parole è presente un leggero accenno di rimprovero: «Ha bisogno di qualcuno accanto, sono sicuro che un po' di compagnia gli farà bene. Quando abbiamo incontrato i nostri Pokémon, era diverso. Dovevi vederlo».
«Non ha importanza» sbuffo e faccio roteare gli occhi: «Anche prima eri apprensivo, ma ora stai esagerando. Ti rendi conto che gli dedichi attenzioni per ripicca? Non ti starai mica prendendo una cotta per lui?»
Max abbassa la testa, poi incrocia le mani tra loro. Forse è arrossito, quello scienziato è imprevedibile: «Non ho la mentalità adatta per dedicarmi completamente a un'altra persona, anche se volessi non ci riuscirei. Sai delle mie condizioni attuali, forse più di chiunque altro»
«Lo spero bene. Cyrus non è l'uomo che fa al caso tuo, fidati»
«Accetterò il tuo consiglio ma ti ricordo che non sono tuo figlio, quindi smettila di comportarti come se fossi mio padre» conclude e resta immobile.
Schiocco la lingua contro al palato e lo fisso senza replicare, ha ragione. È talmente simile al mio Silver che non riesco a trattenere gli istinti...Vecchiaia, sento il tuo peso sulle mie spalle. Dannazione.
Ma è il momento di mettere da parte i sentimenti per passare agli affari, mi disgusta perdere tempo per discutere su situazioni da fiction per casalinghe depresse.
«Max, cosa sai di Acromio?».
«Niente di particolare, solo che è un bastardo» sussurra tra i denti e volta lo sguardo verso la finestra, percepisco lontano un chilometro l'odio che scorre nelle vene dello scienziato. Ha tutte le ragioni del mondo per detestarlo: prima l'ha separato dalla persona che più amava, poi si è accanito con quella specie di animaletto domestico.
Cyrus era sul punto di fare le fusa, lo giuro su mia madre.
«L'ho notato, ho avuto il piacere di scambiarci due chiacchiere proprio ieri. Bisogna tenerlo sotto stretto controllo, ogni suo spostamento è sinonimo di guai» spengo il sigaro nel posacenere lì vicino, poi rilasso i muscoli stanchi sullo schienale della poltrona.
«Scommetto che è stato lui a mettere le mani addosso a Cyrus» conferma con un tono di voce talmente sottile da sembrare un sibilo, se lo guardo sembra un Arbok pronto ad attaccare una preda tanto ambita: «I tagli che ha riportato sono degni di un chirurgo provetto e, secondo ciò che mi è stato detto, Cyrus ha più familiarità con le macchine e non con la medicina».
«Ma queste non sono prove sufficienti, se Acromio lavora insieme alle autorità lo proteggeranno, dobbiamo mettere le mani su qualcosa di concreto. Appena il resto dei detenuti vedrà il tradimento, correranno ad acchiapparlo».
«Ci sono i nastri della video sorveglianza, lì ci deve essere la risposta alle nostre domande».

Mi lecco i denti e sorrido sotto ai baffi, la sete di vendetta di Max è capitata a fagiolo dentro al mio piano diabolico. Se riesco a mettere le mani sul video che incastra quel canarico, di sicuro sarà un gioco da ragazzi metterlo in ginocchio. Poi lo ricatterò senza farmi alcuno scrupolo, lo convincerò a lavorare per conto mio e sarà quel bastardo ad assicurarmi la via d'uscita. Il direttore non si potrà rifiutare, gli ho fatto fin troppi favori da quando sono dietro alle sbarre.Ero d'accordo con lui ancora prima di finire in galera, quello sporco soggetto lavorava per il mio Team anche se era schierato verso la giustizia.


Poliziotti corrotti, sono adorabili.
Lui doveva portarmi in cella per 0ttenere una promozione, io con le mie informazioni l'aiutavo a scovare i criminali più incalliti delle regioni e, quando la mia presenza non gli garantiva più una buona condizione, doveva liberarmi o favorirmi una possibilità di fuga. Ma non ha mantenuto la sua promessa, è stato così assetato di soldi e fama quando sono venuti a galla il Team Galassia e il Team Plasma. Anche lui merita una punizione, forse quella più brutale, ma avrò modo di vendicarmi in futuro. Adesso è in circolazione una nuova banda di criminali, il loro nome è comparso sul quotidiano di qualche settimana fa, se non levo le tende il prima possibile mi terrà chiuso qui dentro per scovare anche loro.
«Ricordi quando ti ho chiesto un piccolo favore?» domando, Max è ancora lì che aspetta un mio segnale di vita.
Accidenti, oggi sto riflettendo così tanto che a momenti assomiglio a Cyrus.
«Sì».
«Ecco, è un compito talmente semplice che anche un bambino lo saprebbe fare. Tu dovrai portarmeli, non sarà difficile procurarseli visto che al tuo fianco hai uno scassinatore provetto come Gerardo» comincio a raccontare con il volto macchiato da un sorriso deliziato, poi mi lecco il labbro per assaporare il gusto estremo della vittoria: «In cambio farò due chiacchiere con il direttore, annullerò la condanna a morte di Cyrus.
Il giorno del misfatto è stabilito per la prossima domenica, sette giorni.
Hai le ore contate Maxie».

   
 
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