By Lily
Se
c'è qualcosa che adoro più del mio amato Persian,
sicuramente è la
Domenica.
I lavori forzati sono sospesi fino a Lunedì, le ore di
svago si prolungano nel pomeriggio, e la sera i detenuti si
sollazzano sotto al getto caldo della doccia. Mi ritengo un uomo
abbastanza pulito, ordinato ed elegante; detesto sguazzare nella
sporcizia, per non parlare del sudore e del fetore che può
provocare, odio l'idea di passare sei giorni a secco. È
complicato
prendersi cura del proprio corpo, specialmente se non si hanno a
disposizione acqua e sapone. Credetemi, so bene quel che dico.
Se
durante la settimana non dovessi spaccare pietre, non avrei alcun
motivo per polemizzare. Ho provato più volte a corrompere le
sentinelle, a quei tempi promettevo soldi in cambio dell'attestato di
invalidità, così da non creare scompigli vari con
il resto dei
carcerati, ma le guardie non si sono mai piegate alle mie
volontà.
Non mi sono mai arreso e ho continuato a insistere, adesso la durata
del mio turno si interrompe dopo un'oretta scarsa.
Mai Giovanni
dovrà spaccare pietre sotto al sole cocente, spezzarsi la
schiena
con un movimento brusco e puzzare come un animale. Anche se chiuso in
carcere resto il Leader di una nota banda di criminali, ho una
dignità da mantenere se voglio guadagnarmi del rispetto,
quei
maledetti insetti che vivono a stretto contatto con me devono tremare
dalla paura, devono percepire il bisogno di scappare a gambe levate
nello stesso attimo in cui mi vedono arrivare.
Sono l'unico Dio
qui dentro.
E la nomea del malefico Boss è crollata a causa di
un'insulsa partita a Poker. Ero in grado di controllare ogni antro
nascosto del carcere, non poteva succedere qualcosa che arrivava
subito alle mie orecchie, poi è spuntato dal nulla quel
vecchio
decrepito di Ghecis e ogni sacrificio è andato sprecato.
Dannazione.
Del suo compagno di merende non ne parliamo neanche.
Acromio è quella persona che si limita a mostrare sorrisi o
gentilezze varie ma, se prende confidenza, lo sciacallo famelico che
c'è in lui esce allo scoperto. È chiaro che devo
gettare nella
spazzatura quel rifiuto umano.
All'inizio ha messo in ginocchio
Ivan con l'arresto del suo sottoposto, in un secondo momento l'ha
separato da Max per renderlo vulnerabile. Poi è passato
direttamente
a Cyrus, l'ha torturato per strappargli informazioni. Almeno
è
l'idea che si è creata nella mia mente, rifletto
sull'episodio da
quando ho saputo l'agghiacciante notizia.
Il ventisettenne dai
capelli azzurri è sempre stato calmo, fin dal primo giorno
dormiva o
passava le giornate a osservare il vuoto. Nessuno mi ha permesso di
esaminare le ferite, ma sono certo che non aveva alcun motivo per
porre fine alla sua esistenza. È evidente che sotto
c'è lo zampino
dello scienziato.
E io sono il prossimo della lista quindi le
scommesse, il Poker, la rivalità con Ghecis e gli altri
affari
potranno sicuramente attendere, c'è in gioco la mia
reputazione e
non posso lasciarmi sconfiggere.
Scrollo
le spalle e mi lecco velocemente i denti, poi i miei occhi si mettono
a esplorare con calma l'ambiente semi buio che mi circonda, una
stanza priva di finestre dalle pareti e i pavimenti scuri, decorata
da un tavolo lungo e stretto messo in risalto dalla luce bianca del
neon. Accendo un sigaro e mi concedo un meritato tiro, ne tengo
sempre uno di scorta per i casi di emergenza, più
precisamente nel
taschino della tuta. Sospiro e continuo ad aspettare l'arrivo di
Acromio, ieri l'ho avvicinato e gli ho dato appuntamento;
evidentemente è talmente occupato a parlare con il direttore
(mentecatto anche lui) che si è dimenticato di
raggiungermi.
Cominciamo male. Molto male. Veramente
male.
Finalmente la porta si apre e vengo colpito da un fascio di
luce, rimango abbagliato e strizzo gli occhi per non lacrimare, lui
intanto si avvicina con indifferenza e indignazione, poi liquida le
sentinelle che l'hanno accompagnato. Qui saremo da soli, nessuno ci
potrà mai sentire, sempre se non dispone di un microfono
nascosto.
Devo stare attento. Essere prudente, i fallimenti non
sono i benvenuti.
...Come mai queste preoccupazioni? Solamente
oggi mi sono passati per la mente dei pensieri simili, da giovane non
mi facevo problemi a divorare i nemici che incontravo. Sto forse
invecchiando?
Evidentemente è così e devo farmene una ragione,
lo scontro di Pokémon con Ghecis ne è la prova
schiacciante, è
stata la prima volta che ho visto Nidoking in seria
difficoltà, quel
drago a tre teste a momenti aveva la meglio sul mio fedele compagno
di squadra. Ma gli anni trascorsi alla Palestra di Smeraldopoli hanno
dato i loro frutti, ho gestito al meglio le potenzialità
dell'imponente creatura e ho terminato la battaglia con una
parità.
Durante la lotta sono stato ferito da una scheggia di vetro,
è
saltata in aria dopo un attacco Dragobolide ben piazzato, mi ha
colpito all'altezza della fronte e i medici hanno impiegato ore a
lavorarci sopra, ma almeno posso mostrare con comportamento fiero la
nuova cicatrice.
Ghecis
non è forte o robusto come me, sul suo conto circolano solo
dei
pettegolezzi infondati, già è in
prossimità di rinunciare e ciò
glielo si può leggere in faccia.
Stai attento capellone. Sei
sulla mia lista nera.
«Sei un vero maleducato a invitarmi in un
posto simile, Giovanni. Disponi di così tanti servigi,
potevi farmi
accomodare in una stanza più confortevole, un po' di luce
naturale
non guastava. Voglio evitare di far stancare i miei occhi. Se trovavo
la tavola imbandita di tè e dei pasticcini, ero al top,
è risaputo
che sono ottimi per garantire una buona conversazione. Ma visto che
mi devo accontentare...Be'...perché hai insistito per
vedermi?».
Acromio biascica quelle parole con un portamento
infantile, non ho ancora aperto bocca e già si lamenta del
più e
del meno, è tipico dei cocchi degli agenti pretendere ogni
meraviglia presente al mondo. Si sta tradendo da solo, che
sciocco.
Dalla prima volta che l'ho incontrato non mi ha fatto una
bella impressione, adesso che è d'accordo con la polizia
sento la
nausea appena punto lo sguardo su quel viso sbarazzino. Pelle ben
curata dalle guance rosee e paffute, a prima vista pare ricoperto da
un involucro di seta pregiata; i suoi lineamenti sono perfetti e
armoniosi, il suo volto infatti ha la forma di un preziosissimo
topazio. I particolari rimangono ben nascosti sotto alla montatura
leggera e ovale degli occhiali metallizzati, che gli donano un'aria
da vero intellettuale. È abbastanza eccentrico come
soggetto, non
posso negarlo.
Ammetto
che mi affascina questo suo particolare, in genere le persone che
hanno dimestichezza con lo studio non sono portati per la cura
dell'estetica, sono più sciatti del normale e basta metterlo
a
confronto con Cyrus (quel ragazzo ha delle borse sotto agli occhi
così profonde da sembrare dei crateri lunari), per far
capire anche
a un caprone come Ivan che Acromio è in grado di
distinguersi dalla
massa. Il suo fisico potrebbe fare invidia a qualsiasi modello,
scommetto che con il camice da laboratorio farebbe una bella figura
qui dentro:
«Con calma, Acromio, lasciami almeno il tempo di
salutarti. Sei arrivato in ritardo all'appuntamento, non vorrai farmi
credere che correrai direttamente al sodo» esclamo per
tranquillizzarlo, poi appoggio il sigaro marroncino su un lato del
posacenere circolare. Lo lascio consumare per diversi minuti e mi
lecco i denti con un gesto istintivo, così facendo una
nuvola
grigiastra si solleva delicatamente verso il soffitto, è
elegante
notare quella straordinaria danza astratta.
Mi divide da Acromio.
La contemplo, mi rilassa: «Ho parlato con le sentinelle prima
del
nostro incontro, avranno modo di presentarsi solo quando avremo
finito di consultarci. Perciò faresti meglio a
rilassarti».
«Ti
ringrazio per questo gesto Giovanni, è divertente vedere
come ti
impegni a mantenere alto il tuo ego. Da quando mi sono messo in mezzo
per la partita a Poker, hai ricevuto delle belle batoste da parte di
Ghecis. Non è forse così?» il volto
dello scienziato si macchia
con un ghigno, dovrebbe essere un sorriso, ma le sfumature grottesche
che racchiude mi saltano subito all'occhio.
Ci sta provando, vuole
stuzzicarmi e smontarmi. Povero illuso.
Mi calmo istantaneamente e
scrollo le spalle robuste, non devo cadere nella sua tela. Se ci
fosse il mio adorato Persian, offrirei un'immagine più
minacciosa e
autoritaria. Mi sarebbe di grande aiuto, ma in questo momento devo
cavarmela con le mie sole forze, come ho sempre fatto:
«Esattamente,
devo ammettere che sei un tipo abbastanza intelligente, Acromio
caro»
scoppio a ridere: «Devo ringraziarti per quella soffiata
sull'apparecchio elettronico, da quando l'ho saputo mi hai aperto un
mondo».
«È stato un piacere poter dare una mano a
Giovanni, il
Leader del famoso Team Rocket. Da sempre sento i racconti delle tue
imprese, ammiro ciò che sei riuscito a realizzare»
vaneggia, dal
tono di voce sembra convincente, i suoi occhi sono ricchi di pure
emozioni. Non lo facevo un attore così bravo, meriterebbe un
premio
per la performance che sta offrendo: «Ma non posso immaginare
che,
un uomo così sofisticato e potente, sia costretto a fare la
muffa in
un luogo così scadente. Come sei riuscito a farti arrestare
dalla
polizia? Il tuo nascondiglio alle cascate sembrava ottimo. Avanti,
dimmelo, sono curioso!».
Mi sforzo di sorridere, riprendo il
sigaro e mi rilasso con qualche tiro. È un metodo
eccezionale per
pensare a una risposta, Acromio è così bene
informato sul mio
conto. A quanto pare il direttore si è offerto di aiutarlo,
dovevo
immaginarmelo: «Non mi sono fatto catturare» lo
correggo, infine mi
rilasso sullo schienale rigido della sedia di plastica: «A un
certo
punto mi sono annoiato, poi mi sono costituito. Se resto dentro al
carcere è solo per trarne dei benefici, semplici profitti,
la mia è
una vera pausa di riflessione Acromio».
«Pausa
di riflessione? Benefici? Oh Giovanni, sei un uomo dalle mille
sfumature. Non ti immaginavo così arguto, così
intelligente da fare
un passo talmente estremo!» noto la luce nelle sue iridi
cristalline, sono riuscito a catturare il suo interesse, adesso
comincerà il suo interrogatorio: «E cosa hai in
mente di fare? A me
puoi dirlo, dopo ciò che ho fatto per te posso considerarmi
tuo
amico. Vero Giovanni?».
«No» scuoto la testa, rido e poso
nuovamente il sigaro: «Assolutamente no» ripeto e,
questa volta,
scandisco bene le parole. Lo guardo negli occhi, dimostro di non
provare alcun timore per lui: «Al massimo possiamo
considerarci
conoscenti, non accetto amicizie dopo un misero favore. Le mie sono
informazioni assolutamente riservate e private, non le dirò
a
nessuno, nemmeno a Ivan e a Max che in passato hanno avuto modo di
aiutarmi. Me le porterò direttamente nella tomba,
specialmente se in
caso di fallimento».
«Ivan e Max? Quei due? Quale ruolo hanno in
tutto questo?».
«Niente di interessante, te lo posso garantire»
sono felice di aver cambiato argomento, forse le domande sul Team
saranno finite.
«Può darsi, ma non ci casco» annuisce
pensieroso, infine si sistema gli occhiali da vista: «In che
modo
sono riusciti ad aiutarti? Ho letto molto su quei due, ma non ho mai
trovato un collegamento con il Team Rocket. Solo delle assurde
imprese da ambientalisti, episodi frivoli per la storia della
criminalità».
«Eppure i due si sono conosciuti all'interno
della mia organizzazione, entrambi si sono arruolati per un motivo
diverso dall'altro. Ivan non ti ha parlato di
ciò?» racconto senza
provare vergogna e spengo il sigaro, in effetti è vero che i
due
Leader si sono conosciuti nel periodo del reclutamento, entrambi
giovani e con le menti rivolte su un futuro provvisorio e incerto.
Sorrido
compiaciuto e mi passo la mano tra i capelli scuri, non mi sono mai
dimenticato di quella strana coppia. Anche io allora avevo anni in
meno sulle spalle, ero meno stanco dopo una giornata passata in
ufficio.
«No, non sono stato informato» lo scienziato
è teso,
noto con piacere che la notizia l'ha messo in confusione. Assume una
posizione rigida, stringe così forte le mani da far
sbiancare le
nocche, non è più il ruffiano di pochi secondi
fa. Adesso che la
maschera è andata in frantumi, posso divertirmi.
«È un vero
peccato, mi hai veramente deluso Acromio. Un canarino che si rispetti
dovrebbe avere i mezzi necessari per compiere il suo dovere»
mi
lascio trasportare in una fragorosa risata, questa volta molto
più
cattiva della precedente, così intreccio le braccia al
petto.
Osservo l'uomo che sta seduto davanti a me, è sbiancato
come un cencio, è scosso e non ha la forza per cercare
argomentazioni con cui rispondere. Colpito e affondato.
Giovanni
è sempre in grado di cogliere di sorpresa il nemico, anche
il più
intelligente e sofisticato: «Pensavi davvero di farla
franca?».
«Le
tue sono delle parole campate in aria, non hai prove concrete per
dimostrarlo» borbotta e annuisce soddisfatto, si schiarisce
la voce
con un colpo di tosse e sospira. Poi sistema gli occhiali, il
riflesso che si è creato con la luce del neon oscura le
iridi dello
scienziato: «La base delle tue teorie si concentra
all'arresto di
Alan, non è forse così? Non mi vergogno a dire
che ti sbagli,
Giovanni. Ero a conoscenza di quelle informazioni
perché è
stato Ivan a rivelarmele, forse vaneggiavo distrattamente con Ghecis
quando, gli agenti a guardia della mia cella, hanno origliato la
conversazione e si sono dati da fare».
Sicuramente Acromio è
nato per essere un criminale, sono in pochi i soggetti che si creano
una giustificazione in cinque minuti di pausa. Devo dargli un merito,
almeno si guadagna la medaglia del professionista, è molto
credibile: «Stronzate» lo blocco immediatamente, la
mia intenzione
è quella di smascherarlo: «Non ho mai parlato del
tenente Idro, hai
forse la coda di paglia Acromio?».
Un sorriso beffardo nasce sul
mio viso, adoro tenerlo in pugno:
«Volevo precisarlo, è scomoda
la colpa del canarino».
«Forse perché lo sei?».
«Il tuo
discorso non ha alcun senso Giovanni, prima di puntare il dito
dovresti avere delle certezze. Ma vedo che ne sei sprovvisto, quindi
è il caso di chiudere qui la faccenda se non ti
dispiace» scrolla
le spalle e appoggia le braccia sul tavolo, poi unisce le mani.
È
stanco, glielo si legge chiaramente sul volto. Forse è
meglio
lasciarlo andare, per oggi non sono riuscito a ottenere ciò
che
speravo, però mi avvicinerò alla sua confessione
e solo allora
sfrutterò i suoi servigi per ottenere la libertà.
È questo a cui
miro, non è nel mio interesse dare una mano a Ivan o a
quello
psicotico di Cyrus, ho un'improvvisa voglia di uscire e lui
è la
sola chiave per farlo.
In maniera pulita, sembrerebbe.
«Ti
preferivo quando eri addosso a Ghecis» commenta, è
nervoso.
«Con
lui non ho ancora finito, sono ancora all'inizio».
«Oh
interessante, mi terrò aggiornato» ridacchia.
È irritante.
«Non
accetto il tuo sarcasmo in mia presenza, quindi sparisci».
«La
sai una cosa, Giovanni?».
«No, che cosa?».
«Da quando hai
iniziato questa rivalità con Ghecis, confesso che entrambi
vi
somigliate molto. Più di quello che pensi».
Stringo il pugno e
mi mordicchio il labbro, le sue parole sono un vero oltraggio. Mai
Giovanni somiglierà a qualcun altro, specialmente se il
diretto
interessato è un essere nauseante come Ghecis:
«Oh, ma davvero? E
cosa te lo fa pensare?».
«Tu e Ghecis avete molte
caratteristiche in comune. Specialmente una».
«Quale?».
«Anche
lui ha un figlio».
Quelle
parole mi frullano costantemente nella testa, non riesco a pensare ad
altro e la rabbia cresce in me. Vorrei urlare, spaccare tutto in
preda a un attacco d'ira, ma nella mia cella ci sono dei mobili
costosi che la trasformano in un mini appartamento, non me la sento
di rinunciare alla loro presenza. Non è facile corrompere le
sentinelle, gli uomini in divisa mi accontentano per farmi spifferare
informazioni importanti sul Team Rocket, ma Giovanni non è
l'individuo che si piega così facilmente. Hanno molto su cui
lavorare.
Ghecis. Padre.
Non me lo immagino mentre culla con
amore un neonato, che lo allatta con un biberon senza lamentarsi,
oppure mentre gli cambia il pannolino. Sono convinto che
l'avrà
fatto fare a qualcun altro, sporcarsi le mani non è da
lui. Non
mi darebbe così fastidio la notizia, se non ci fosse
quell'essere di
mezzo. Da quando l'ho conosciuto non riesco a scrollarmelo di dosso,
ogni volta che provo a rilassarmi, il ricordo di quei lunghi capelli
verdognoli e di quella partita a Poker mi assale. È vero che
ha
avuto la meglio grazie a uno strambo congegno elettronico, l'ha
nascosto bene dato che si tratta del monocolo che gli oscura la
cicatrice sull'occhio, ma non posso dedicarmi ad altro se è
riuscito
a mettermi i piedi in testa. Con o senza aiuto esterno.
Appena
c'è il cambio delle guardie e vengo lasciato da solo,
sprofondo
sulla poltrona con un gesto secco e torturo la benda sulla fronte,
recupero un sigaro dal tavolino in stile moderno, infine l'accendo
con l'acciarino che se ne sta sempre nel taschino della divisa a
strisce bianche e nere. Il mio sguardo intanto si incastra in un
punto vuoto della cella, la mia mente per un attimo la pianta di
concentrarsi su Ghecis e il suo pargolo, così riesco a
visualizzare
alla meglio il volto giovanile di Silver e dei suoi capelli rossi
ereditati dalla madre, Ariana.
Una donna dal fisico eccezionale,
carattere forte e molto fedele nei miei confronti, così
tanto da
garantirsi un rango abbastanza alto nel Team Rocket, ha avuto la
meglio anche sul mio interesse da uomo. Maledetta arpia succhia
soldi, era fantastica come amante, avrò passato numerosi
notti a
dormire sul suo morbido seno. Ricordo ancora quando mi
confessò
di essere rimasta incinta: era inverno e la pioggia cadeva dal cielo
da diverse ore, io e lei avevamo appena finito di crogiolare nei
piaceri della carne. Me lo sussurrò con dolcezza quando ero
impegnato a rivestirmi, lei mi amava e scoppiava di gioia, i suoi
occhi brillavano come delle meravigliose gemme.
Ma
io ero talmente stupido da non ricambiare. Veramente sperava
di
creare una famiglia con il suo superiore?
La mia reazione è stata
negativa e l'ho lasciata da sola in quel letto, ero giovane e troppo
indaffarato con gli scopi del Team per preoccuparmi della situazione;
Ariana, però, era così forte che non si
azzardò a comunicare il
disagio in cui era inciampata, era gelida e silenziosa come l'aria
che penetrava dalla finestra lasciata aperta. Abbiamo passato
settimane a litigare per la gravidanza, io le imponevo l'aborto ma
lei non voleva rispettare i miei ordini, non accettavo l'idea di
crescere un figlio e di assumere certe responsabilità,
sentivo la
nausea quando percepivo il pianto o la risata di un bambino. Nel
momento in cui ero arrivato al limite della pazienza, ho preso la
decisione di trasferirla nel rifugio di Mogania, attualmente si trova
nella regione di Johto. Il mio scopo era quello di farle trascorrere
una gravidanza gradevole, poi avrebbe ripreso in mano i ranghi e
tutto sarebbe tornato alla normalità. Con o senza marmocchio.
Però
ero rimasto di sasso quando tornò dal viaggio, non c'era
nessun
bambino e io pensavo che fosse deceduto dopo il parto.
Solo dicei
anni dopo avevo scoperto che Ariana aveva trovato una sistemazione
per lui, l'aveva fatto crescere all'interno del rifugio da cui
scappò
senza esitare, a quanto pare il signorino non condivideva il "credo"
sui cui si basava il Team. Io ero già diviso dagli affari
dei
Rocket, quindi dal mio nascondiglio seguivo attentamente i suoi passi
e lo individuai nel villaggio più piccolo di Johto, si
aggirava
attorno allo stabilimento gestito dal Professor. Elm e lo puntava da
diversi giorni. Silver, questo era il nome del bastardello che era
venuto al mondo, era stato così coraggioso da rubare un
Pokémon in
quel laboratorio, anche se aveva l'opportunità di chiederlo
e di
comportarsi civilmente.
Già a dieci anni era in grado di rendermi
fiero, aveva messo le mani su un Totodile cioè un
Pokémon talmente
raro da essere introvabile.
Le nostre vie si sono incrociate
un'unica volta. Ero stato io a fare il primo passo.
Scoppiavo di
gioia quando ci siamo ritrovati faccia a faccia, se non mi sbaglio in
squadra aveva dei Pokémon particolari e che allenava secondo
un rude
criterio, ma era troppo tardi per recuperare il rapporto, sentivo
l'odio che provava nei confronti miei e della mia organizzazione,
quindi non potevo reclutarlo per garantire un prossimo Leader al Team
Rocket. Perciò ci siamo confrontati con una critica
battaglia e, al
termine dello scontro, gli ho dato la possibilità di tornare
sui
suoi passi, aveva perso e ciò sottolineava che il suo
percorso da
allenatore non era finito.
Da allora non l'ho più sentito
nominare, ero già in manette quando era scomparso dalla
circolazione, quindi non potevo seguirlo in segreto e garantirgli la
protezione che meritava. Ero suo padre, accidenti.
Ma non ha
importanza se con lui ho commesso una lunga serie di errori, adesso
sarà grande e i suoi Pokémon provvederanno ad
aiutarlo, non ha
bisogno di me.
«Giovanni, preparati, è l'ora della doccia».
Massaggio
le tempie con movimenti circolari, sospiro e spengo il sigaro che si
è consumato tra le dita. Il mio continuo rimurginare ha
preso il
controllo totale, limita ogni mio movimento più semplice,
è il
momento perfetto per tornare alla realtà con un bagno caldo.
Servirà
per rilassare i nervi, è una settimana che non dormo
adeguatamente.
Osservo l'uomo in divisa che mi ha appena interpellato, dalla sua
espressione apprendo che si è svegliato con la luna storta
(stare a
contatto con i criminali non deve essere una passeggiata, non lo
invidio per niente), perciò annuisco senza aggiungere una
delle mie
sentenze e abbandono il posto a sedere, raggiungo la porta e aspetto
che si apra. Il tempo di fare un passo che ho già le manette
ai
polsi, cinque poliziotti sono già pronti per scortarmi fino
alla
parte opposta del corridoio.
Partirò
da solo, poi arriveranno anche gli altri.
Noi
boss siamo costretti all'isolamento più totale, ci troviamo
all'ultimo piano dell'edificio, in una sezione desolata ma pronta a
ospitare i soggetti più pericolosi della malavita. Dalle sei
del
mattino ci mescolano al resto dei carcerati, così facciamo
colazione
nella mensa e ci spediscono ai lavori forzati, durano fino all'ora di
pranzo. Nel pomeriggio non possiamo fare altro che aspettare l'ora
d'aria, ma alle cinque torniamo nei nostri angoli ristretti. La sera
gli inservienti, detenuti che cercano la libertà tramite un
impiego
onesto, iniziano a bazzicare tra le celle dei Leader per servire la
cena e, dopo un'ora esatta, le luci si spengono automaticamente a
causa del coprifuoco.
È
noioso essere un detenuto, molti impazziscono nel restare chiusi qui
dentro, però dalla mia bocca non escono mai lamentele e
continuo la
routine come se niente fosse, Giovanni è in grado di
adattarsi a
qualsiasi circostanza. Grazie ai mille favori, godo di una situazione
adagiata e tranquilla e, i giri che ho creato, impegnano la mia mente
a ogni ora del giorno.
Ma
con le riflessioni ho chiuso definitivamente per oggi, le sentinelle
mi hanno liberato dentro alla stanza delle docce, quindi posso
finalmente rilassarmi.
Sorrido
deliziato. Attendo quest'attimo da sei giorni.
In
breve tempo mi rintano tra i separè di legno e, mentre i
miei
compagni di disavventure prendono postazione sotto gli occhi delle
guardie, l'acqua bollente scorre sul mio corpo robusto e leggermente
muscoloso, così dimentico gli eventi che sono successi
nell'arco
della settimana.
«Entra,
non fare il timido».
Apro
gli occhi all'eco di quella voce, poi punto la parete lignea posta
alla mia destra. È Max, a quanto pare è insieme a
qualcuno.
È
forse tornato con Ivan?
Non ci posso credere.
L'ultima litigata
dei due è stata micidiale, sfido chiunque a sistemare una
relazione
dopo ciò che si sono detti, dopo anni Ivan ha mostrato il
lato da
barbaro per cui è diventato famoso.
Un ghigno divertito si
impossessa del mio volto però, quando mi arrampico per dare
una
sbirciatina nella doccia accanto, la scena che mi si para davanti
è
in grado di sottrarmi l'entusiasmo.
Quello che vedo è sicuramente
Max e il suo corpicino snello, ma in questo caso è in
compagnia di
Cyrus. Il vegetale.
L'ha messo sulla sedia che era riservata
all'ultimo compagno del rosso, se ne sta curvo per coprire
l'intimità
maschile, ma non dà alcun segno di vita. L'altro invece
è
entusiasta della nuova compagnia, è talmente occupato a
insaponargli
gli inspidi capelli azzurri che non si è accorto di me.
Movimenti
circolari, lo sta sottoponendo a un massaggio.
Confesso che lo
invidio.
«Ehi, Maxie».
Lo chiamo.
Lui sussulta,
spaventato, poi mi guarda.
«Ciao, Giovanni» risponde con calma,
infine torna a coccolare quel coso.
«Vedo che ti sei fatto un
nuovo amichetto, sono contento» sghignazzo: «Dove
l'hai mandato il
tuo dolce marinaio?»
«Non lo so e non mi importa» afferma, ha
gli occhi lucidi.
«Va bene, ho capito, non sei dell'umore»
scrollo le spalle e incrocio le braccia sopra al bordo in legno, poi
ci appoggio il mento. Continuo a fissarlo, è imbarazzato
dalla mia
presenza, devo cercare di essere il più veloce possibile:
«Non
vorrei disturbarti in un momento simile ma, io e te, dobbiamo fare
una chiacchierata. Appena hai finito con quel coso fai un salto nella
mia cella, ceneremo insieme stasera»
«Non posso, Cyrus ha
bisogno di qualcuno che l'aiuti a mangiare e...»
«Quel coso si
può ingozzare da solo» lo interrompo bruscamente,
non amo essere
rifiutato: «Sii puntuale, ho bisogno che tu mi faccia un
piccolo
favore».
Pulito
e abiti profumati, non posso chiedere di meglio.
Dopo il mio
invito Max si è presentato in tempo per la cena, appena si
è messo
a sedere sulla poltrona per gli ospiti, gli inservienti sono arrivati
con le pietanze. Due bistecche al sangue, proprio come piacciono a
me, contornate da patate arrosto e un buon bicchiere di vino rosso.
Non guasta mai. Giovanni non mangia spazzatura, specialmente
se
ha ospiti:
«Perché mi hai fatto venire, Giovanni? Di cosa mi
volevi parlare?».
Scrollo le spalle all'affermazione e mi stendo
contro lo schienale, poi accendo il sigaro e lo guardo direttamente
negli occhi. Max non è cambiato molto, è rimasto
il ragazzo che ho
conosciuto anni fa.
Adesso è un uomo, ha solo qualche ruga in
più:
«Prima
di cominciare, in realtà, volevo soffermarmi un attimo sulla
tua
situazione» esprimo dopo minuti di pausa, intanto giocherello
con il
sigaro marroncino: «Sei veramente sicuro di ciò
che stai
facendo?»
«Non capisco dove vuoi andare a parare»
«Perché
stai facendo coppia fissa con Cyrus? Quel tipo è senza
speranze»
«Non dire così» afferma, nelle sue
parole è
presente un leggero accenno di rimprovero: «Ha bisogno di
qualcuno
accanto, sono sicuro che un po' di compagnia gli farà bene.
Quando
abbiamo incontrato i nostri Pokémon, era diverso. Dovevi
vederlo».
«Non ha importanza» sbuffo e faccio roteare gli
occhi: «Anche prima eri apprensivo, ma ora stai esagerando.
Ti rendi
conto che gli dedichi attenzioni per ripicca? Non ti starai mica
prendendo una cotta per lui?»
Max abbassa la testa, poi incrocia
le mani tra loro. Forse è arrossito, quello scienziato
è
imprevedibile: «Non ho la mentalità adatta per
dedicarmi
completamente a un'altra persona, anche se volessi non ci riuscirei.
Sai delle mie condizioni attuali, forse più di chiunque
altro»
«Lo
spero bene. Cyrus non è l'uomo che fa al caso tuo,
fidati»
«Accetterò il tuo consiglio ma ti ricordo che non
sono
tuo figlio, quindi smettila di comportarti come se fossi mio
padre»
conclude e resta immobile.
Schiocco la lingua contro al palato e
lo fisso senza replicare, ha ragione. È talmente simile al
mio
Silver che non riesco a trattenere gli istinti...Vecchiaia, sento il
tuo peso sulle mie spalle. Dannazione.
Ma è il momento di mettere
da parte i sentimenti per passare agli affari, mi disgusta perdere
tempo per discutere su situazioni da fiction per casalinghe
depresse.
«Max, cosa sai di Acromio?».
«Niente di
particolare, solo che è un bastardo» sussurra tra
i denti e volta
lo sguardo verso la finestra, percepisco lontano un chilometro l'odio
che scorre nelle vene dello scienziato. Ha tutte le ragioni del mondo
per detestarlo: prima l'ha separato dalla persona che più
amava, poi
si è accanito con quella specie di animaletto domestico.
Cyrus
era sul punto di fare le fusa, lo giuro su mia madre.
«L'ho
notato, ho avuto il piacere di scambiarci due chiacchiere proprio
ieri. Bisogna tenerlo sotto stretto controllo, ogni suo spostamento
è
sinonimo di guai» spengo il sigaro nel posacenere
lì vicino, poi
rilasso i muscoli stanchi sullo schienale della poltrona.
«Scommetto
che è stato lui a mettere le mani addosso a Cyrus»
conferma con un
tono di voce talmente sottile da sembrare un sibilo, se lo guardo
sembra un Arbok pronto ad attaccare una preda tanto ambita:
«I tagli
che ha riportato sono degni di un chirurgo provetto e, secondo
ciò
che mi è stato detto, Cyrus ha più
familiarità con le macchine e
non con la medicina».
«Ma queste non sono prove sufficienti, se
Acromio lavora insieme alle autorità lo proteggeranno,
dobbiamo
mettere le mani su qualcosa di concreto. Appena il resto dei detenuti
vedrà il tradimento, correranno ad acchiapparlo».
«Ci sono i
nastri della video sorveglianza, lì ci deve essere la
risposta alle
nostre domande».
Mi lecco i denti e sorrido sotto ai baffi, la sete di vendetta di Max è capitata a fagiolo dentro al mio piano diabolico. Se riesco a mettere le mani sul video che incastra quel canarico, di sicuro sarà un gioco da ragazzi metterlo in ginocchio. Poi lo ricatterò senza farmi alcuno scrupolo, lo convincerò a lavorare per conto mio e sarà quel bastardo ad assicurarmi la via d'uscita. Il direttore non si potrà rifiutare, gli ho fatto fin troppi favori da quando sono dietro alle sbarre.Ero d'accordo con lui ancora prima di finire in galera, quello sporco soggetto lavorava per il mio Team anche se era schierato verso la giustizia.
Poliziotti
corrotti, sono adorabili.
Lui doveva portarmi in cella per
0ttenere una promozione, io con le mie informazioni l'aiutavo a
scovare i criminali più incalliti delle regioni e, quando la
mia
presenza non gli garantiva più una buona condizione, doveva
liberarmi o favorirmi una possibilità di fuga. Ma non ha
mantenuto
la sua promessa, è stato così assetato di soldi e
fama quando sono
venuti a galla il Team Galassia e il Team Plasma. Anche lui merita
una punizione, forse quella più brutale, ma avrò
modo di vendicarmi
in futuro. Adesso è in circolazione una nuova banda di
criminali, il
loro nome è comparso sul quotidiano di qualche settimana fa,
se non
levo le tende il prima possibile mi terrà chiuso qui dentro
per
scovare anche loro.
«Ricordi quando ti ho chiesto un piccolo
favore?» domando, Max è ancora lì che
aspetta un mio segnale di
vita.
Accidenti, oggi sto riflettendo così tanto che a momenti
assomiglio a Cyrus.
«Sì».
«Ecco, è un compito talmente
semplice che anche un bambino lo saprebbe fare. Tu dovrai portarmeli,
non sarà difficile procurarseli visto che al tuo fianco hai
uno
scassinatore provetto come Gerardo» comincio a raccontare con
il
volto macchiato da un sorriso deliziato, poi mi lecco il labbro per
assaporare il gusto estremo della vittoria: «In cambio
farò due
chiacchiere con il direttore, annullerò la condanna a morte
di
Cyrus.
Il giorno del misfatto è stabilito per la prossima
domenica, sette giorni.
Hai le ore contate Maxie».