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Autore: Letizia25    01/06/2015    6 recensioni
«Com’è la vita?»
«La vita è bellissima già per il semplice fatto di esistere, per il fatto di poter dire: “Sono parte di qualcosa di meraviglioso”. Perché la vita è bellissima, nonostante tutti i problemi che possano presentarsi durante il cammino. La vita è un continuo cadere e rialzarsi, a volte da soli, a volte grazie agli altri. La vita è colore, è quell’unico arcobaleno che, qualche volta, comprende anche il nero. La vita è scoprire, emozionarsi, piangere, ridere, soffrire. La vita è originalità, è unica. La vita è pazzia pura.»
*
«Ti prego Ashton, insegnami a vivere!»
«Ma non so come si fa.»
«Allora lo capiremo insieme.»
*
Il destino si divertirà a far incontrare due mondi apparentemente diversi, ma accomunati da tante, troppe cose. Due ragazzi si si ritroveranno a lottare insieme contro qualcosa che all’apparenza sembra impossibile da affrontare. Ma poi l'amore si mette in mette in mezzo.
E sarà proprio l’amore ad aiutarli a superare qualsiasi cosa, insieme.
*
Una storia che parla di quanto sia importante vivere al massimo ogni singolo giorno che ci è dato da vivere, perché la vita è una sola e non va sprecata, mai.
*
Trailer: http://youtu.be/1rNyxp_yUAI
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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1.
Questi...



Stava osservando il cielo fuori, oltre la finestra, da quelli che ormai erano una ventina di minuti buoni. Era grigio, come sempre in quelle ultime settimane di metà inverno, passate dentro quelle mura che tutti gli adolescenti – chi più chi meno – si ritrovano ad odiare, con tutte le loro forze; pieno di nuvole di quel colore che non si sapeva mai come interpretare, se vederlo come una cosa brutta oppure come un qualcosa in mutamento, nel bene. Molto ci vedevano qualcosa di sporco, sbagliato, in un certo senso.
Lei lo vedeva semplicemente come il colore che meglio riusciva a rappresentarla. Un colore enigmatico, che nessuno appunto riesce a capire, uno colore sfuggente, che non resta mai quello, a seconda della luce o delle tenebre che si contengono il predominio.
Si spostò una ciocca color ebano dagli occhi. Erano lunghi i suoi capelli, fino a metà schiena. E le avrebbero fatto risaltare il viso dalla carnagione chiara, se solo lei non li avesse tenuti sempre legati in una coda o in una treccia.
Sospirò e si sistemò meglio sulla sedia, mentre notava che piccole gocce d’acqua avevano iniziato a rigare i vetri delle finestre, tappando così anche l’ultimo spiraglio di sole della giornata.
«Kay, ma mi ascolti?» le sussurrò all’orecchio Tara, facendole prendere un colpo per lo spavento.
La mora si voltò verso la sua migliore amica e scosse lievemente la testa. «Scusami, ho altre cose per la testa. Di cosa stavi parlando?»
La ragazza sorrise – per niente delusa dal comportamento dell'amica – e si sistemò meglio i capelli biondi dalle punte di un fucsia brillante. «Abbiamo fatto pace.»
E la mora non aveva bisogno di sapere a chi l'altra si stesse riferendo. La osservò attentamente, lasciando che il buon umore della bionda contagiasse un po' anche il suo, sempre freddo, chiuso, distante, come un blocco di vetro infrangibile che nessuno riusciva a penetrare.
Sospirò per l'ennesima volta, mentre cercava di prestare attenzione a Mr Wilson, l'insegnante di matematica e scienze, ma quella mattina proprio non riusciva a capire niente. Aveva uno strano presentimento addosso fin da quando si era svegliata. E quella brutta sensazione l'aveva seguita fin lì a scuola, distraendola da tutto il resto. Una sensazione che non riusciva a spiegarsi, ma che la faceva sentire strana, diversa.
Abbassò lo sguardo verso le sue mani, e non si sorprese a vederle piene di tempera. La notte precedente aveva dipinto quasi fosse stata preda della febbre. Le sue dita affusolate avevano creato sulle tele mari in tempesta, cieli chiari con qualche nuvola in lontananza, fiori. Erano vivaci, colorati, cosa molto strana per lei, che invece aveva sempre usato colori spenti, freddi, tenui. Ed era questo a preoccuparla maggiormente: sembrava che la pittura volesse dirle qualcosa di molto importante ma che lei non era ancora riuscita ad afferrare.
La mano di Tara che la scuoteva per la spalla la fece tornare con i pensieri per terra. E solo allora notò che la classe era ormai vuota.
«Si può sapere cos' hai oggi?» le chiese la bionda, osservandola con i suoi grandi occhi castani. «Stai bene?»
E fu un attimo, solo un attimo, sufficiente a far cambiare totalmente espressione alla mora, mentre il solito gelo tornava a farle compagnia nel cuore.
Senza rispondere alla domanda della bionda, Kay prese se andò, in silenzio, con gli occhi fissi a terra.
Erano passati anni, eppure quella domanda le faceva sempre lo stesso effetto. La mandava nel pallone e tirava fuori così tanti ricordi, che lei avrebbe preferito solo dimenticare, per poter stare bene. Perché lei non stava bene. Stava male, male sul serio. Ma testarda lo era sempre stata, e non avrebbe mai ammesso con qualcuno una cosa simile. Non voleva né far preoccupare le persone che le volevano bene, né soprattutto voleva la compassione degli altri. Perché nessuno avrebbe potuto capire quel che provava dentro. Perché alla fine il problema era tutto lì: lei non provava alcuna emozione, e non sapeva come fare per uscirne. Ci aveva provato, a tirarsi fuori da quello schifo, a rompere quel blocco di vetro che nascondeva il suo cuore al mondo. Ci aveva provato per anni, ma il risultato era sempre stato lo stesso: si era sempre fatta male, in ogni situazione, e ogni volta quel blocco di vetro si era ispessito sempre più, fino a diventare infrangibile. E questo l’aveva portata a rinunciare a combattere per se stessa. Ormai non aveva più niente, che senso aveva avere un cuore? Nessuno, sarebbe stato un peso in più, in ogni caso. Tanto valeva chiuderlo da qualche parte, per essere sicura di non dover più sentire nient’altro.
«Kay, aspetta per favore!» la richiamò Tara, riuscendo a fermarla. «Scusami, davvero. Non ci ho pensato.»
La mora non rispose e non staccò neppure gli occhi da terra. Si limitò a stringere un po' più forte la mano dell'amica, prima di entrare nella mensa scolastica, la stanza più amata o più odiata nelle scuole. Tutto dipende dal punto di vista. Si sedettero negli ultimi posti disponibili, purtroppo quelli più vicini ai tavoli riservati alla squadra di football e alle cheerleaders. Più in là si poteva notare la miriade di ragazzi che frequentava l’istituto.
C’erano i punk, negli angoli più esterni, a formare piccoli gruppi che spiccavano per i loro vestiti particolari.
C’erano i dark, solitari, sparsi qua e là nel salone, che non passavano certo inosservati per i loro abiti scuri.
E i nerd, le false depresse e quelle reali, gli acidi e i sognatori. Insomma, chi ne ha più ne metta.
Questa era la loro scuola, a Sydney, quella grande città sull’oceano, lontana da tutto e tutti, bellissima e unica.
Ma a tutto questo Kay non pensava. Era solo concentrata a regolare i battiti del proprio cuore, di quell’organo che avrebbe tanto preferito togliersi piuttosto che sentirlo lì, dentro al petto, a farle male a causa di tutti quei ricordi che probabilmente non se ne sarebbero mai andati del tutto.
Tara la guardava con aria afflitta, dandosi la colpa per averla fatta stare di nuovo male con quella cavolo di domanda. E lo sapevano bene entrambe che stare così solo per due semplicissime parole non era normale. Ma non sapevano come fare, la mora perché era ci era dentro, a quello schifo, e aveva ormai abbandonato l’idea di potercela fare, la bionda perchè avrebbe tanto voluto aiutare la sua amica di una vita, ma proprio non sapeva da che parte cominciare. Tutto quello che era riuscita a fare – e che aveva aiutato Kay a non mollare del tutto – era l’esserle stata accanto, sempre, in ogni situazione, provando a dividere il peso immane che l’altra si era ritrovata tutt’ad un tratto ad avere sulle spalle.
«Scusami davvero.» ripeté Tara, passandosi stancamente una mano tra i capelli.
A quelle parole, la mora sembrò riprendersi, tanto da curvare lievemente le labbra in un sorriso timido, uno di quei pochi sinceri che riusciva a fare. Prese le mani della bionda tra le sue e le accarezzò piano, per cercare di consolarla, quando era lei la prima sempre in bilico su quel baratro che sembrava richiamarla a sé ogni giorno, sempre più forte.
«Non fa niente, sul serio.»
L’altra le sorrise, un po’ rincuorata, e cominciò a mangiare. La mora la seguì, cercando di mettere a tacere tutti quei pensieri che come al solito le occupavano la testa, quando all’improvviso due mani andarono a coprirle gli occhi.
«Calum, smettila. Non ci vedo!» si lamentò lei, mentre una risata cristallina si liberava dietro di lei.
«Dai, cugina, sorridimi una buona volta!» esclamò il ragazzo moro dietro di lei, sedendole vicino e facendo sì che i suoi grandi occhi scuri si trasformassero in quelli di un cucciolo, per cercare di cambiare quell’espressione assente e triste che non gli era mai piaciuta sul viso della mora.
Ma tutto quel che ottenne fu un sospiro da parte della ragazza, che si alzò e, prese tutte le sue cose, se ne andò dal salone, lasciando le altre persone che si erano sedute al suo tavolo che la osservarono senza dire niente.
 
Quando la videro chiudersi la porta alle spalle, Calum sospirò, grattandosi la testa con fare imbarazzato e dispiaciuto. «E adesso cosa ho fatto?»
«Niente Cal, tranquillo. È colpa mia, le ho chiesto come stava.» spiegò Tara, abbassando gli occhi sulle sue mani dalle dita sottili, strette tra quelle di Michael – il ragazzo dai capelli tinti seduto accanto a lei – che la osservava come se non ci fosse cosa più bella al mondo. Proprio quest’ultimo le diede un bacio sulla tempia e la strinse a sé. «Amore, non è colpa tua.»
«Sapessimo cosa le succeda, forse sarebbe tutto più semplice e potremmo aiutarla.» si intromise il ragazzo biondo – Luke – seduto accanto a Calum.
«Ma non dice niente, non l’ha mai fatto!» esclamò Nathalie, seduta accanto a Michael, guardando l’amico negli occhi blu come il cielo e sentendo quel solito formicolio all’altezza del cuore. Perché per  la rossa era così, ogni volta che Luke era nei paraggi: perdeva completamente la testa. Il problema che la cosa stava durando ormai da tanto, troppo tempo, e ancora non sapeva dire con certezza se fosse un bene o meno.
«Nathi, Kay è testarda.» le disse Elen, seduta come al solito sulle gambe di Calum – facendo esplodere inconsciamente i cuori di entrambi dalla felicità –, mentre si passava una mano tra i lunghi capelli castani.
«Sì, ma questo non le giustifica niente.» continuò Luke, abbassando gli occhi sul tavolo, facendo sì che un silenzio pesante si insinuasse tra di loro, come a marcare il fatto che si sentissero impotenti perché non riuscivano a trovare un modo per aiutare la loro amica.
«Io vorrei sapere solo perché quelle parole la fanno stare male.» disse ad un tratto Tara, dando inconsapevolmente voce ai suoi pensieri. Gli altri la guardarono sconfortati. Nessuno di loro sapeva più come fare.
 
E neppure Kay sapeva il perché di quel dolore sordo e forte nel petto, quasi costante, da farle mancare il respiro ogni volta che si presentava. Lo sentiva, lì, sempre in agguato, pronto a farle male, pronto a farla cadere, in quel baratro, in quel buco nero da cui cercava di scappare ogni anno, invano. Non sapeva nemmeno perché se ne fosse andata così su due piedi dalla mensa. Non aveva pensato a niente, aveva solo seguito quello che una strana voce nel cuore le chiedeva.
Sospirò, salendo le scale lentamente, quelle scale che l’avrebbero portata sul tetto dell’edificio, l’unico posto dove sapeva che non sarebbe mai stata disturbata. Uno dei pochi posti dove riusciva a mettere ordine in quell’immenso casino che aveva dentro e di cui non sapeva venire a capo. Un casino che non avrebbe mai accollato a nessuno.
Una volta sull’ultimo pianerottolo, aprì la porta che dava sul tetto. E solo in quel momento si ricordò che aveva iniziato a piovere solo qualche minuto prima. Non che le importasse poi più di tanto se si bagnava o meno. Aveva sempre trovato nella pioggia qualcosa di assolutamente affascinante, come se un qualcosa che veniva da lontano portava tante storie di posti che forse lei non avrebbe mai visto.
Fece un profondo respiro, dimenticandosi per un attimo di tutto il resto e uscì sotto la pioggia. E fu un attimo, prima di sentire l’acqua fredda scorrerle sul viso, entrarle nei vestiti, inzupparle le scarpe e i capelli. Era come se volesse alleviarle almeno per qualche minuto quel peso che sentiva dentro, come se avesse voluto darle un po’ di sollievo da tutto quel che stava vivendo. Anche se poi non aveva mai vissuto sul serio, perché lei le emozioni proprio non sapeva cosa fossero. Si sentiva vuota, era come se quel blocco di vetro all’interno non avesse niente, come se fosse cavo.
Semplicemente, sopravviveva. Era così fin da quando poteva ricordare. Sopravvivere e vivere sono due cose ben diverse, perchè per il sopravvivere non hai bisogno delle emozioni. È quando inizi a emozionarti, nel bene o nel male, che cominci a vivere sul serio. Come le avevano insegnato i libri che aveva letto e che le avrebbero confermato i libri che avrebbe incontrato più in là nella sua vita.
Lasciò che l’acqua le scorresse addosso,  per minuti che parvero senza fine. Non si preoccupò se sarebbe tornata a casa completamente fradicia. Non si preoccupò della ramanzina che sua zia Joy le avrebbe fatto a vederla in quelle condizioni. Non si preoccupò assolutamente di niente, tanto da non sentire neppure i passi di qualcuno che si stava avvicinando a lei, silenziosamente, fino a che qualcosa non la coprì dalla pioggia, interrompendo quell’attimo solo per lei.
Si voltò, e la prima cosa che vide furono due grandi occhi verdi screziati da qualche venatura castana, molto simili all’oro da quanto risplendevano per un qualcosa che la ragazza non riusciva a comprendere.
«Ne hai ancora per molto? Se continui a stare qui sotto ti bagnerai.» le disse una voce, dal tono preoccupato.
E a quel punto Kay non sapeva più cosa pensare, mentre sentiva che quel suo blocco di vetro aveva appena iniziato ad incrinarsi giusto un po’, una crepa lieve, piccola, quasi invisibile. Una crepa che la ragazza aveva percepito chiaramente dentro al petto, come un segnale d’allarme per qualcosa che mai e poi mai si sarebbe aspettata in vita sua.






Letizia
Ciao a tutti signori miei! Bene, oggi è il 1° giugno e, come promesso, INIZIA LA STORIA SU ASHTON *^*. Ok, sappiate che sono eccitatissima all'idea, soprattutto per alcuni temi che tratterò (uno o due in particolar modo). Appunto per questo ho messo "tematiche delicate" come voce, perchè secondo me sono cose che non vanno prese alla leggere, per niente. Poi dipende dai punti di vista.
Parlando del capitolo, invece, che dirvi? Beh, per prima cosa, era da parecchio tempo che non scrivevo una storia al passato, e ho consatato che con questa fanfiction è il tempo più azzeccato, fidatevi ;). In più, conosciamo un po' tutti i personaggi di questa storia (a parte Ashton u.u). Sappiate che Luke, Cal e Mike saranno molto importanti anche se saranno poco presenti nella storia, come avranno lo stesso peso pure Tara, Elen e Nathalie, quindi non disperate ;).
Bene, io direi di passare a Kay (il nome si legge "Chei"), la nostra protagonista. Devo avvertirvi: è un personaggio molto complesso, con cui a volte mi trovo in difficoltà quando scrivo di lei. Però spero che la apprezzerete, come spero pure che la mia storia possa darvi ed insegnarvi qualcosa in ogni senso.
Una cosa: secondo voi, come mai alla nostra protagonista dà fastidio / disagio la domanda che le ha posto Tara? Sappiate che non è perchè Kay voglia fare la preziosa, c'è altro sotto.Come è bene che vi avverta che sentiremo parlare moltissimo di quel "cubo di vetro" che Kay sente dentro, e poi capirete perchè ;). E siccome non voglio aggiungere altro, cambio direttamente argomento.
Quindi, siccome io a settembre inizio la quinta superiore e non voglio avere troppe storie aperte, quest'estate ne posterò parecchie (?). Più precisamente:
- ogni lunedì e giovedì (aka, DUE VOLTE A SETTIMANA) aggiornerò Insegnami a vivere.
- da mercoledì 3 giugno inizierà pure (e finalmente) la storia a 4 mani con Nanek *^*, che sarà aggiornata ogni mercoledì ;). Eccovi il banner:

 
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- ogni giovedì aggiorno pure Inatteso.
- ogni sabato aggioernerò The only reason e Give me love and fill me in, tanto manca poco alla fine di entrambe queste storie u.u
Quindi, giugno sarà un mese davvero intenso per me con tutte queste fanfiction :P. Ma non disperate, mi sono organizzata al meglio e non dovrebbero esserci problemi, o almeno lo spero *^*.
Detto questo, un'ultima cosa, poi giuro che vi lascio. Vi prego, recensite, fatemi sapere tutto quello che pensate di questa storia, mi bastano anche 20 parole di numero, ma vi prego, fatevi sentire perchè ci tengo, ci tengo nello stesso modo in cui tengo a The only reason. Queste due storie sono parte di me, quindi, vi prego, non esitate, anche se dovessero essere critiche negative (o meglio, COSTRUTTIVE), basta che mi facciate sapere quel che ne pensate.
Bene, adesso chiudo davvero qui, sperando di trovarvi presto e in tanti. Ci sentiamo presto e scusate per le note chilometriche :').
Un bacione, Letizia <3
   
 
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