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Autore: Tormenta    01/06/2015    8 recensioni
Una piccola raccolta di esperimenti narrativi: sette storie autoconclusive di lunghezza variabile, caratterizzate da diversi stili, temi e contesti. Un unico filo conduttore: Harry e Draco. Insieme, come coppia o presunta tale, perché: "Hanno un nonsoché di complementare, ecco. Un qualcosa di stranamente astratto e concreto insieme. Si potrebbe dire che s’incastrano, come le tessere dei puzzle."
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale
Contesto: Dopo la seconda guerra magica, pace

Note: Song-fic [Stop and stare - OneRepublic]
Intro: "Questa è la morale: potresti scoprire che la cosa che odi tanto, è la stessa che ti manca da morire quando non c'è." (Scrubs, 3x14)




Tutti i grandi cambiamenti sono semplici.
(Ezra Pound) 



 
ll tempo delle fate




       Quando lo vide, qualcosa dentro di lui scattò. Non che fosse diverso da come lo ricordava – stessi occhiali, stessa cicatrice, stessa faccia –; semplicemente, erano cambiate le circostanze, l’atmosfera. Era l’eroe, adesso: il bambino (cresciuto) che ce l’aveva fatta. Gli parve fuori contesto, sopra le righe, illuminato da chissà quali riflettori.
       L’aveva visto anche durante i processi, ma tra le alte sfere, gli accusati, i testimoni, non si era accorto di niente: ai suoi occhi, si era perfettamente uniformato col grigio che trasudava dalle pareti. Lì ad Hogwarts, però, in quei corridoi che conosceva tanto bene, fu tutta un’altra storia: non c’era nulla a distrarlo, a preoccuparlo, e poté accorgersi del senso di fastidio che la presenza del nuovo Harry Potter creava in lui.

 
       It’s time 
             to make our move
 
       Sì sentì quasi alienato, estraneo, con quella strana sensazione nel petto e tutti quegli occhi addosso – era stato dichiarato innocente, se l’era cavata, ma con suo padre ad Azkaban e quel Marchio sul braccio, non c’era da stupirsi se lo squadravano. Si chiese distrattamente per quanto avrebbero continuato a farlo, sospirando e facendo retro front per non incrociare Potter.
 
                 Every glance is
                                    killing me

       “Sarà un lungo anno”, pensò.
 
 

       Dopo tutto quello che era successo – la guerra, la morte – non se la sentì di riprendere ad ostentare sentimenti d’odio nei confronti del Grifondoro. Rimase silenziosamente in disparte, a guardarlo quando nessuno poteva accorgersene, sprofondando pian piano nella consapevolezza di non essergli più necessario.
 
  Stop and
         stare

       Per anni, lui era stato l’antagonista: quello era stato il suo ruolo. Si accorse di non averlo più. Almeno non per Potter, che, dall’alto del piedistallo su cui continuava a immaginarlo, non gli rivolse praticamente la parola.
       Non si misero in competizione, non litigarono: non l’avrebbe mai ammesso, ma sentì la mancanza di quelle baruffe; una mancanza che si tradusse in un male corrosivo che prese a divorargli lo stomaco. Difendendo se stesso e la propria posizione, non pensò nemmeno per un istante di assumersi parte della responsabilità; d’altronde, avrebbe potuto avvicinarlo, parlargli. Scaricò invece tutta la colpa sul Grifondoro, vedendolo come la sola causa di tutti i propri problemi.
       Provò tanta rabbia: era stato lasciato indietro, dimenticato; si sentiva sminuito e frustrato; aveva bisogno del confronto con Potter e non poteva averlo, perché quel maledetto era troppo in alto per lui, e non voleva decidersi a chinarsi dalla sua parte.
       Ecco, quello era il punto: ora che era l’eroe di quella guerra, Harry Potter era fuori dalla sua portata. E proprio perché era diversi gradini più in alto, stava a lui cercarlo: eppure, non l’aveva fatto. L’aveva snobbato lasciandolo a se stesso, privandolo dell’unico ruolo attivo che avesse mai avuto: lo detestò per questo, ma sempre da lontano, arroccato com’era nella convinzione di non avere più le carte per affrontarlo.
 
                                                  You’d give
                               anything 
                                                        to get what’s
                                      fair
 
 

       Al di là della visione contorta e cupa di Draco Malfoy, comunque, Harry non si erse su alcun piedistallo. Gli eventi l’avevano visto protagonista, certo, ma questo l’aveva più che altro appesantito, e in ogni caso non gli impedì di essere praticamente quello di sempre.
       Vero era, tuttavia, che si tenne lontano dal Serpeverde. Non perché lo disprezzasse o non lo ritenesse degno, ma perché, dopo tutte le battaglie combattute, non voleva ingaggiarne di nuove. Totalmente all’oscuro dei malesseri della sua nemesi storica, preferì mantenere una sana neutralità: approcciarsi in quel modo lo fece sentire maturo, cresciuto, e lo soddisfò.
 
                                                  

       I giorni scivolarono loro addosso.
       A volte capitò che Malfoy si sentisse bene, ma si trattò solo di rare occasioni e di sprazzi di breve durata. Era infatti sufficiente che incrociasse il Grifondoro, o anche solo che lo sentisse nominare, perché il morbo – un’assurda, radicata commistione di invidia, collera e sconcerto – riprendesse a trivellargli il petto senza pietà.
       Continuando a guardarlo da lontano, con l’ira che bruciava negli occhi e quel tremendo magone che pesava sui polmoni, si disse di volerci dare un taglio. Sarebbe uscito di scena con dignità, se era quello che doveva fare; cioè, se Potter non aveva proprio più bisogno di un rivale. E decisamente non ne aveva, considerato che poteva godere di compagnie migliori, chissà quanto più stimolanti – come quella della piccola, sorridente Weasley.
       Quella era la realtà: le cose non sarebbero mai tornate come erano state. Doveva accettarlo.
       Fece di tutto per farsene una ragione e stare meglio, ma non riuscì a sradicare completamente l’ossessione. Nel profondo, sopravvisse un minuscolo tarlo, che aveva il chiaro obiettivo di dargli il tormento.
 
       Something pulls
                   my focus out

       “Perché tanto fastidio per lui?”
       Non avrebbe saputo quantificare il tempo passato a cercare la risposta a quella domanda. Per altro, tra l’attaccamento al passato, la pura possessione, la rivalità e mille altre ipotesi, alcune delle quali si rifiutava anche solo di considerare, gli fu impossibile giungere ad una conclusione.
       In più occasioni, la frustrazione lo spinse a fare violenza psicologica su se stesso pur di smettere di pensarci. Inoltre, lo sconfinato orgoglio che si ritrovava gettò benzina sul fuoco, aumentando esponenzialmente la rabbia che aveva in corpo – era così umiliante essere l’unico, tra loro due, a stare male; come se Potter fosse intrinsecamente migliore, come se lui fosse quello strano, come se provasse un qualche morboso attaccamento nei suoi confronti. Attaccamento che, in ogni caso, sarebbe stato totalmente insensato, illogico e inaccettabile persino agli occhi dell’irrazionale, e proprio per questo non poteva sussistere.
       Schiacciato da quel supplizio – sempre nascosto ad arte dietro una maschera imperturbabile – pregò che il tempo scorresse più in fretta, che l’estate arrivasse presto: non vedeva l’ora di liberarsi della presenza di quel maledetto sfregiato, che pareva sbucar fuori da dietro ogni angolo con la sua cricca di amichetti solo per dargli fastidio.
 
 
       E la fine arrivò, portando con sé il caldo e gli esami.
       Salendo per l’ultima volta sul treno diretto verso casa, lasciandosi alle spalle il castello di Hogwarts, tirò un sospiro di sollievo: credette che la propria agonia fosse terminata, che sarebbe tornato presto in forma. Invece, uno strano senso di malinconia lo travolse.
 
                           I think I’m moving
     but I go 
                 nowhere

       Quella tristezza lo accompagnò sino alla fermata in stazione, come avrebbe fatto un vecchio amico, e continuò ad aleggiargli attorno mentre si muoveva veloce tra la folla.
       Una simpatica casualità volle che, tra i tanti, incrociasse di sfuggita lo sguardo di Harry Potter. Fu un flash – lo vide accennare un mezzo sorriso teso, e si rese conto che sarebbe stato l’unico saluto che gli avrebbe rivolto. L’unico che, a quanto pareva, si era guadagnato, dopo tutti gli anni passati ad essere un degno e serio rivale.
       Ghignò lievemente e, senza fare una piega, con gli occhi nei suoi, in qualche modo poté osservare il baratro nero che li separava.
       Voltandosi per andar via, si chiese distrattamente se anche l’altro l’aveva visto.
 
Do you see
     what I
               see?












 
Angolo di Tormenta

Ho pensato che la traduzione delle citazioni non fosse necessaria, ma se ritenete che debba inserirla, lo farò. :) 
Non avevo mai scritto una songfic prima. Spero di aver fatto un buon lavoro con i collegamenti al testo della canzone. A voi la sentenza!


Il titolo "Il tempo delle fate" è ispirato ad un verso di una poesia di Pascoli, "Italy", e dovrebbe rimandare all'idea di un passato caratterizzato da un'innocenza ormai perduta - in questo caso, l'innocenza di quel rapporto che Malfoy non può più avere con Potter. O, hm, qualcosa di simile; non vorrei sembrarvi troppo pomposa, ahah!
Baci e a presto,
T. ♪

 
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[Edit]: Il layout del testo è stato modificato. Spero che in questo modo la lettura risulti più piacevole! :)
   
 
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