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Autore: _candyeater03    03/06/2015    2 recensioni
{Tributi dei Settantaquattresimi Hunger Games}{Raccolta di OneShots; 10159 parole}
***
Questo è il canto dei tributi, una confessione, un sussurro, un epitaffio.
Gli ultimi pensieri di molti che non lo credevano, perché la morte coglie di sorpresa. Di molti che hanno abbassato la guardia nel momento fatale, convinti di essere al sicuro. Illusi anche solo per un giorno di potercela fare.
Ma non era forse sempre stata questa la regola? Un solo vincitore. Oppure due, magari.
Questo è il racconto di sette morti, e di altre tre. Dieci anime bambine soffiate via, dieci colpi sul tamburo della ribellione.
***
1. You and I’ll be safe and sound
2. Just close your eyes
3. I remember you said don't leave me here alone
4. I remember tears streaming down your face
5. No one can hurt you now
6. You'll be alright
7. Hold on to this lullaby
8. All that's dead and gone and past tonight
9. Come morning light
10. Everything's on fire
11. Epilogo
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come morning light



 
L’erba si impregnava di rosso, nell’aurora risplendevano mille volti, le fronde degli alberi frusciavano a tempo con quella voce.
Quella voce che mi parlava nella mente, poiché il mondo tutto intorno taceva.

Solo un attimo, solo quell’attimo, era bastato.
E una vita si era spenta brillando per l’ultima volta alla luce del mattino, al fuoco del sole che si librava nel cielo. Al fuoco della Ragazza in Fiamme, al fuoco dei Favoriti, al fuoco che riposava dentro ogni animo nell’attesa di sprigionarsi.
Il fuoco degli Hunger Games aveva appena bruciato una vita.



Il sole brillava debole e si stagliava nel cielo plumbeo del Distretto 3, prima che venisse oscurato dagli irrespirabili fumi neri che uscivano dalle fabbriche. La piazza principale era pressoché deserta, le panchine venivano riempite dalle foglie secche che volavano col vento e le altalene, inutilizzate da giorni, si ossidavano lentamente nell’aria.
L’autunno iniziava a farsi sentire nel Distretto più piccolo di Panem, e con quello la perdita dei tributi di quell’anno.  Erano morti entrambi in un modo molto violento, e l’intero Distretto 3 non si era ancora ripreso completamente dal fatto.

Ero solo nel parco e correvo, vantandomi di essere particolarmente veloce per i miei cinque anni.
Troppo piccolo per capire gli orrori del mondo in cui ero nato, ma troppo grande per poterli ignorare del tutto.

“Luke, vieni”, una voce dolcemente familiare mi aveva chiamato, “mettiti il maglioncino, fa freddo.”  
Wiress Sanders, mia madre e mentore del Distretto 3, mi sorrideva da lontano. Era una donna molto taciturna, e se parlava era solo per le raccomandazioni.

Io le correvo incontro, contento di essere stretto da quelle braccia calde e familiari. 
E allora mi sentivo a casa.



Avevo gli occhi chiusi, la bocca incurvata in un debole sorriso.
La mente occupata dagli occhi verdi di Clove socchiusi in quello sguardo sadico con il quale mi aveva visto cadere a terra senza vita. L’unica immagine che avevo voluto imprimermi nella mente prima di morire, senza sapere nemmeno il perché.

La foschia si era rapidamente addensata intorno alla Cornucopia, preannunciando la pioggia imminente. L’umidità raggiungeva le mie mani, che tremavano al contatto con qualsiasi cosa che avesse potuto significare il confine non ancora varcato tra vita e morte.
Il sole piangeva. Forse sanguinava. Salate gocce di pioggia mi bagnavano le guance pallide, scivolando fino a raggiungere l’erba ormai rossastra di sangue. E il temporale mi cadeva addosso, senza però oscurare del tutto la luce del sole, che percepivo appena attraverso le palpebre chiuse.


Quello stesso cielo plumbeo si faceva minaccioso sopra il Distretto 3.
Il giorno in cui un ragazzo e una ragazza sarebbero stati chiamati, forse dalla morte stessa, per partecipare ai Giochi della Fame. E solo uno in tutto Panem ne sarebbe tornato indietro.

Quella stessa piazza principale, molto spesso vuota e deserta, non mossa nemmeno dal vento, era colma di gente.
I dodicenni in prima fila esternavano senza contegno il loro terrore di essere estratti alla prima Mietitura. I diciottenni, negli anni, avevano imparato a mostrarsi spavaldi, quasi entusiasti all’idea dei Giochi, ma dentro di loro avevano voglia di piangere dalla frustrazione.
La terza Mietitura mi spaventava un poco, ma io mi ergevo fiero nel mio completo color crema. Non avevo che tre nomine nella boccia, e, anche se fossi stato estratto, avrei vinto. Dopotutto ero Luke Sanders. Figlio di Wiress Sanders.
Figlio di una vincitrice.

Lizbeth Rivers, l’accompagnatrice del Distretto 3, aveva appena presentato, fremente di desiderio di guardare i tributi partecipare ai Giochi, la ragazza estratta. Era nella classe accanto alla mia, ma io la conoscevo solo di vista. Pareva chiamarsi Hazel.
Aveva uno sguardo spaventato, ma molto più maturo delle altre ragazze estraibili, più grandi o più piccole che fossero. Tristemente consapevole della morte a cui stava andando incontro.

I tacchi a spillo di Lizbeth si erano mossi sul palco, e le lunghe dita della sua mano sinistra avevano afferrato uno dei tanti foglietti dentro alla boccia dei ragazzi.

“Luke Sanders!” aveva gridato, storpiando il mio nome con l’accento capitolino.
Fu molto difficile resistere alla tentazione di correggere la pronuncia della capitolina, una volta salito sul palco.



L’acqua piovana mi stava entrando in bocca, mischiata al sapore delle lacrime e della sconfitta.
Sentivo la Ragazza in Fiamme che si allontanava con passi furtivi, soddisfatta della riuscita del suo intento. Era stata lei la responsabile di tutto. Era lei che avrebbe potuto scegliere se lasciarmi vivere, e che non l’aveva fatto. Eppure non ero arrabbiato con lei. Aveva altri intenti, probabilmente non conosceva le possibili conseguenze. Lottava per la sua vita, non per la mia morte.
Quello che avrei fatto anche io. Quello che nemmeno la natura umana avrebbe potuto impedire.

E tra i miei pensieri mi stavo lasciando morire sotto lo sguardo di tutto Panem, sperando che qualcuno mi avesse guardato con pietà da lontano. Si fosse portato le tre dita centrali della mano sinistra alla bocca, e poi le avesse allungate verso il cielo.


“Luke, ascoltami”, lo sguardo impassibile del mio mentore mi bruciava nell’anima quasi come il localizzatore nel braccio.
Mia madre era vicino a lui, e si limitava a guardare la scena con il vuoto negli occhi. “Non sei molto bravo con le armi, ma hai intelligenza. E velocità. Forse non basteranno, ma vale assolutamente la pena provarci”, Beetee mi guardava attraverso gli occhiali neri, lo sguardo assorto e autoritario.

Mancavano solo pochi minuti all’ingresso nell’Arena.
Io quasi sentivo, dal mio piedistallo di metallo, Claudius Templesmith respirare nel microfono.

“Aggiungiti ai Favoriti solo quando loro avranno bisogno di te. E lasciali soli appena prima che non ne abbiano più bisogno. Chiaro?” mi aveva afferrato per la collottola.
Avevo annuito lentamente.

“Trenta secondi”, una voce metallica fuori campo aveva avvertito lo scadere del tempo.

“Dovrei andare, credo”, avevo mormorato con incertezza.

“In bocca al lupo”, Beetee mi aveva stretto la mano, e forse, quale strano pensiero, aveva accennato un mezzo sorriso.

Mia madre non riusciva a trattenere più le lacrime, e mi aveva abbracciato. Ed ero di nuovo stretto da quelle braccia calde e familiari.
E allora mi sentivo a casa. Per una volta, per l’ultima volta.



L’erba si impregnava di rosso, nell’aurora risplendevano mille volti, le fronde degli alberi frusciavano a tempo con quella voce.
Quella voce che mi parlava nella mente, poiché il mondo tutto intorno taceva.  

Solo un attimo, solo quell’attimo, era bastato.
E una vita si era spenta brillando per l’ultima volta alla luce del mattino, al fuoco del sole che si librava nel cielo. Al fuoco della Ragazza in Fiamme, al fuoco dei Favoriti, al fuoco che riposava dentro ogni animo nell’attesa di sprigionarsi.
Il fuoco degli Hunger Games aveva appena bruciato la mia vita.






NdA:
*Il fandom le lancia i pomodori, e lei se li prende in piena faccia perché sa che se li merita*
Ebbene, cari. Questo era il tanto atteso capitolo sul ragazzo del Distretto 3, che ho chiamato Luke. Questo capitolo è abbastanza lungo rispetto agli altri, e posso dire di esserne abbastanza soddisfatta :) Il prossimo sarà sulla ragazza del Distretto 8, Abigal. Avete presente quella che si è fatta ammazzare dai Favoriti perché aveva acceso un fuoco? Ebbene, quella è lei xD
Poi ci sarà un altro brevissimo capitoletto, diciamo un epilogo. Sono abbastanza triste al pensiero che mancano solo due capitoli alla fine della storia D:...
Voglio ringraziare in modo particolare francy_everdeen, che recensisce e ha la storia tra le preferite; adele_12, che ha la storia tra le preferite; JackiLoveCatoniss4ever, in modo ancora più grande, perché ha recensito tutti i capitoli, ha la storia tra le seguite e ha la pazienza di leggere la maggior parte delle mie storie C:; la ladra di libri, che recensisce e ha la storia tra le seguite e _justbreathe_, che segue la storia. Davvero, sono felicissima che "Safe & sound" vi piaccia, e anche che qualcuno sia qui a leggere le note d'autore ^^. E, dopo l'elogio funebre XD, posso finalmente concludere questo nono e terzultimo capitolo.

Ciao!


Candy<4
   
 
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