Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: DonnaEliza    03/06/2015    4 recensioni
Non eri una persona comune: non è comune nascere in una famiglia ricca, e ancora meno comune allontanarsene. Non è comune diventare una ballerina classica.
Invece, le persone comuni vedono le loro case distrutte. Vedono i Titani vagare per le strade. Le persone comuni muoiono, vengono terrorizzate, vengono divorate. Questo è comune, nel tuo mondo.
Quando quel muro ti è crollato addosso, nello spazio di un momento, sei diventata una persona comune.
Non lascerai che succeda di nuovo.
La mia prima fanfiction! Sporca, dura e piena di stress post traumatico. Critics are welcome!
oO°I clean for Heichou°Oo
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Mikasa Ackerman, Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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-Che cosa ti ha fatto?
Alzi lo sguardo dalla farinata d’avena della colazione che stai rimestando col cucchiaio e all’altro lato del tavolo c’è Mikasa che ti fissa. La sua solita espressione impenetrabile è incrinata dagli occhi stretti; anche le sue mani sono serrate sul bordo del tavolo.
-Ti ho sentita, ieri notte, quando sei rientrata - continua lei. –So che ha a che fare con Levi.
-Ma io…
-Per favore, Valeshka - ti interrompe lei. – Lo sappiamo tutti che gli muori dietro.
Non sai se sei il tipo che arrossisce, ma di sicuro le orecchie adesso ti bruciano. Mikasa si protende verso di te e insiste:
-Ieri notte sei rimasta fuori ad aspettarlo, con solo la camicia da notte addosso e quando sei rientrata ti sei messa a piangere. Che cosa ti ha fatto? Ti ha violentato?
-Mikasa, abbassa la voce! – Esclami.
-Allora è vero! – Mikasa si alza in piedi di scatto. Vieni presa dal panico: diversa gente si è girata a guardare, incuriosita dal trambusto.
-Siediti! – Sibili. –La gente si metterà in mente chissà cosa… Non ha fatto niente del genere – borbotti, mentre Mikasa torna a sedersi con espressione dubbiosa.
-Qualcosa ti ha fatto – insiste. –Ti sei dichiarata e lui ti ha respinto? Non mi sembri il tipo che piange tutta la notte per una cosa del genere.
-Non lo sono, infatti – brontoli, colpita nell’orgoglio. –E non abbiamo praticamente parlato. Sì, l’ho aspettato… ero preoccupata per lui, lo ammetto. Volevo dirgli qualcosa per confortarlo, ma lui non mi ha fatto parlare. Mi ha… insomma, è un uomo brusco. Lo sanno tutti.
-Ti ha picchiato?
-Mikasa, no! E vuoi smetterla di gridare così?
Mikasa ti osserva ancora per un secondo, poi senza dire una parola si alza di nuovo, fa il giro della tavolata e ti raggiunge. Ti prende per un braccio e ti trascina con sé. Barcolli per non cadere scavalcando alla meglio la panca su cui eri seduta e le tieni dietro, seguita da Armin e Sasha, che hanno visto la mala parata e vi hanno seguito in tutta fretta.
La sala comune è vuota all’ora di colazione. Mikasa ti lascia il braccio e ti fronteggia, mentre Armin, alle tue spalle, chiude silenziosamente la porta.
-Lo stai difendendo – sentenzia.
-Non lo sto difendendo – ribatti. –Ho solo le idee confuse. Non so cosa volevo realmente, e lui dopo era dispiaciuto, quindi…
-Ehm, forse dovresti dirci che cosa ti ha fatto – interviene Armin. –In questo modo, non so voi, ma a me vengono in mente le cose peggiori – Sasha annuisce approvando.
Sei sicura che le tue orecchie mandino fiamme alte fino al soffitto. Ti mordi le labbra e cerchi di trovare un modo di fare uscire le parole, ma non ci riesci.
-Non… non ce la faccio – sbotti. –Io non so parlare di queste cose, non ho nessuna esperienza di… faccende di cuore, o come volete chiamarle.
Mikasa ti afferra per le spalle.
-Ascolta: non importa che cosa ti ha fatto, non ce lo devi dire per forza. Ma se ti ha fatto qualcosa di sbagliato, lo devi denunciare. Non può approfittarsi di te solo perché è un tuo superiore!
-Ma non si è approfittato di me! – scatti. –Posso anche farmi visitare per provarlo.
Stavolta sono Armin e Sasha a diventare positivamente rossi fino ai capelli.
-E non intendo denunciare proprio nessuno – continui. –Rischia la carriera militare, e l’esercito ha bisogno di lui! E comunque anch’io avrei dovuto lasciarlo stare, in una così brutta giornata.
Mikasa fa un passo indietro. Sul suo volto inespressivo si disegna il disprezzo.
 –Non credevo che un soldato dell’esercito potesse comportarsi come una qualunque donnetta che difende il marito che torna a casa ubriaco.
Questa è la goccia che fa traboccare il vaso dei tuoi nervi scossi. La vergogna, l’imbarazzo e l’amor proprio cedono il passo ad una rabbia velenosa.
-‘Fanculo, Ackerman! – abbai. –Come se te ne importasse qualcosa di me! Cerchi solo un pretesto per attaccare il Capitano perché lo detesti per conto tuo. Se non avesse picchiato tuo fratello durante il processo non te ne sarebbe fregato niente neanche se mi avesse dato fuoco in mezzo alla Piazza d’Armi!
Ti piazzi sotto il naso di Mikasa. Sai che se la facessi arrabbiare sul serio e ti mettesse le mani addosso non avresti possibilità di vincere, ma non stai assolutamente riflettendo.
-Non ti azzardare a cercare di manipolarmi per i tuoi interessi personali. E non ti permettere mai più di insultarmi.
Mikasa non batte ciglio. Ti studia per qualche secondo, il mento affondato nella logora sciarpa rossa che porta sempre.
-Pensavo che avessi bisogno di aiuto per prendere una decisione difficile. A questo punto credo che ti meriti quello che ti vai a cercare-  si volta ed esce dalla stanza.
Ti tremano le mani e la testa ti scoppia per il pianto e il poco sonno. Hai gli occhi gonfi e ti fanno male i punti delle ferite. Senti una mano che si infila nella tua. E’ Armin. Ti fa sedere sul divano.
-Hmm…- esita Sasha. –Dovremmo prepararci, tra poco c’è l’adunata…
-Arriviamo subito- risponde Armin. Si siede accanto a te, le mani tra le ginocchia. Non vi guardate. Sai che Armin dirà qualcosa di buonsenso, e vorresti che non lo facesse, perché sai che il tuo comportamento è irragionevole, quindi non può venirtene niente. Come puoi difendere il fatto che Levi ti ha sbattuto contro un muro aspettandosi che ti facessi scopare senza dire una parola? Il ricordo che ti torna in mente più spesso non è quello, ma come ti teneva il viso tra le mani quando ti ha baciato la fronte. Non hai spiccicato parola con Sasha, ieri notte. Come confessare che piangevi perché ti vergogni di essere ancora vergine? Che avresti voluto non esserlo, per lui? Ha ragione Mikasa: non meriti simpatia.
-Valeshka – neanche Armin riesce a chiamarti per nome. Ci ha provato, nei primi giorni, ma te ne sei scelto uno davvero troppo ostico. –Stai attenta al Capitano Levi.
Sospiri pesantemente, sperando di non rimetterti a piangere.
-Accidenti, Armin – cerchi di scherzare. –Contavo tanto su di te: riesci sempre a trovare il buono nelle persone… Se non ce la fai neanche tu, sono proprio in un bel pasticcio.
-Non sto dicendo che il Capitano sia una persona cattiva – precisa lui. –Non lo credo affatto. Ma ho paura che non si ricordi più come si fa ad essere buoni. E tu… sei così persa di lui che siamo tutti preoccupati.
-Ma insomma! – esclami a disagio. –Fino a ieri non ero sicura neanch’io di cosa provavo! Com’è che tutti avete deciso che…- non riesci a finire la frase per l’imbarazzo. Armin si gira a guardarti con un sorriso.
-Già, forse tu non te ne sei nemmeno accorta! E forse non se n’era accorto neanche lui, ma era evidente per tutti gli altri. Vi annusate come i cani – si concede una risatina mentre tu avvampi. –Però, Valeshka: il carisma di quell’uomo è pericoloso. Credo che non se ne renda neanche conto. La gente è pronta a morire, per lui. La gente è già morta, per lui. Non diventare un’altra…
Un’altra Petra Ral, pensi, ma la porta della sala si apre e Levi si porta sulla soglia. Fa un cenno ad Armin.
-Fuori, Arlert. Sono stufo di aspettare che usciate uno alla volta, ci mettete un secolo.
Armin si lancia praticamente fuori dalla sala comune mentre la sua faccia passa di nuovo attraverso diverse sfumature di rosso. Levi entra, chiudendosi la porta alle spalle. Zoppica. Hai saputo che è stato ferito nello scontro con il Titano Femmina, ma ieri non te ne sei accorta.
-Riposo – Ordina, dal momento che sei ancora sull’attenti. –Siediti, per l’amor del cielo, mi metti il nervoso, impalata così.
Piombi di nuovo sul divano, senza sapere dove guardare. Levi si lascia cadere accanto a te. Sei così tesa che se cominciasse a sanguinarti il naso per la pressione interna non ti sorprenderesti.
Levi resta per qualche momento reclinato contro la spalliera, braccia conserte e gambe accavallate, guardando il soffitto. Per reazione, incastri i gomiti tra le ginocchia e ti chini in avanti più che puoi per evitare di guardarlo. Alla fine, prende un profondo respiro e si gira verso di te.
-Valeshka… guardami, maledizione, il pavimento non è così interessante. Valeshka: il mio comportamento di ieri notte è stato inqualificabile. Imperdonabile. Ti prego di accettare le mie scuse; io…
-No, signore! – lo interrompi precipitosamente. –Non ce n’è bisogno signore. Voglio dire, vi ringrazio, ma capisco perfettamente: eravate sconvolto e stavate cercando solo, ehm… una specie di conforto, immagino…
La voce ti muore in gola: ad ogni parola, l’espressione di Levi si è indurita sempre di più. Al momento, i suoi occhi potrebbero tagliare il vetro come burro. Si alza dal divano e ti guarda dall’alto.
-Dimmi una cosa, Valeshka – ti dice, mentre si toglie un fazzoletto di tasca e si sfrega le mani. –Sai quanti bordelli ci sono a Trost?
-…Signore? – balbetti costernata.
-Ci sono cinque bordelli, nel distretto di Trost – continua lui. –Parlo solo di quelli di discreto livello; naturalmente ci sono un’infinità di disgraziati che affittano camere ad ore per le puttane di bassa lega, ma i bordelli propriamente detti sono cinque. Ogni militare li conosce e ogni militare in vena di scopare preferirebbe una professionista con due belle tette ad una recluta che si è tagliata i capelli con le forbici da giardino. Sei d’accordo con me, Valeshka?
-Non saprei, signore – risponde, con la bile che ti esce dagli occhi. –Non sono un militare in vena di scopare.
-Però sei arrogante come sempre – sorride amaro lui. Intasca il fazzoletto.  –Ti garantisco, Valeshka, che se ieri avessi voluto una scopata consolatoria avrei potuto farmi il giro di tutti i bordelli di Trost due volte senza un soldo di danno, e lo dico per esperienza personale, perché per il fottuto Capitano Levi offre la casa. – porta il viso al tuo livello. –Ti assicuro che non stavo cercando una puttana ieri sera, Valeshka. E non stavo cercando una scopata.
-Non capisco, signore.
Sui suoi lineamenti passa un’ombra. Non fai in tempo a decifrarla. Poi perde ogni espressione. Si raddrizza.
-… in effetti, non stavo cercando nemmeno una stupida.
Salti in piedi e lo fronteggi.
-Non capisco perché, – insisti –se non stavate cercando una scopata, quando mi avete vista mi avete fatto… quasi fatto… quelle cose. Sarò anche stupida, signore, ma voi siete quantomeno contraddittorio.
-Ti ho già chiesto scusa per il mio comportamento – ribatte lui, contrariato.
-Io vi sto chiedendo una spiegazione!
-Cazzo, Valeshka, eri nel fianco destro! – scatta Levi. –Non ci sono stati sopravvissuti. I feriti sono morti durante il trasporto. Questo era quello che sapevo. Non avevo idea che fossi viva. E quando sono rientrato al Quartier Generale e mi sei venuta incontro… diciamo che non sono un tipo da mazzi di rose- conclude con aria di sfida.
-Che c’entrano adesso i mazzi di rose?
-Ma allora sei stupida! – esclama Levi.
-Capitano Levi, per l’ennesima volta: non insultare i Cadetti. Non insultare le persone -
La voce pacata del Comandante Erwin lo precede fuori dalla porta. Scatti sull’attenti automaticamente, mentre lui entra e getta uno sguardo interrogativo sulla scena.
-Confido che stessi informando il Cadetto Valeshka della missione a Stohess – prosegue.
-Ci stavo arrivando – risponde lui tra i denti.
-Me ne incarico io. Tu vai avanti, gli altri stanno aspettando. 
   
 
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