Capitolo
4: Not Gonna Die.
Kise sa di non essere una persona
che rimugina troppo sul da farsi. Gli piace prendere le decisioni basandosi sul
proprio istinto, eppure questo, nel momento più cruciale, gli volta le spalle,
lasciandolo solo in pasto ai dubbi.
Troppi “se” e troppi “ma” gli
vorticano senza sosta nel cervello e lui si sente soffocare.
Non riesce proprio a capire cosa
l’abbia spinto, il giorno prima, a lasciare in vita Kagami, dopo essere stato
lasciato da solo con l’Alchimista di Fuoco avanti a sé, privo di sensi. Si è
ritrovato a pensare di non volere sull’altro una vittoria tanto vile e quindi
si è ritirato, nonostante quella motivazione non possa essere considerata tale.
“E allora perché?” si domanda, mentre passa una mano tra i capelli
di Kasamatsu.
Il senpai, dopo averlo visto
tornare all’accampamento con la notizia di essersi fatto scappare Kuroko, è
stato molto duro con lui, tanto che Ryouta è davvero convinto che il livido che
gli ha lasciato sulla spalla non andrà via in meno di un paio di secoli; una
volta in privato, però, Yukio si è accorto subito del turbamento del proprio
sottoposto ed è stato molto più comprensivo.
«Senpai, aiutami, non so cosa
fare…» sussurra, sentendo di avere davanti l’unica persona a cui oserà mai
chiedere appoggio.
«Me lo stai chiedendo come tuo
superiore o come compagno?» sbuffa lui, scostando la mano di Ryouta che è
ancora tra i suoi capelli.
Kise gonfia le guance, fingendosi
contrariato, poi riprende ad intrecciare le dita tra le ciocche scure. «Come
compagno».
«Stai per dirmi cos’è successo
davvero ieri?»
«So dove si nasconde il SEIRIN»
mormora con la sua voce più bassa. Si aspetta di essere di nuovo preso a pugni
e calci dall’altro, ma non succede, Yukio lo sta fissando come se non riuscisse
davvero a vederlo e la cosa lo lascia ancora più inquieto.
«E non l’hai detto nel rapporto»
quella di Kasamatsu non è una domanda, ma una semplice constatazione dei fatti,
quindi Kise decide di non rispondere, anche perché – ed è assurdo, lo sa – teme
che la propria voce possa distruggere la fragile quiete che li avvolge.
Yukio si lascia sfuggire un lungo
sospiro, prima di riprendere a parlare, «Come Generale, dovrei intimarti di andare
dal Comandante Supremo e dirgli tutto ciò che sai» gli fa notare, con la voce
stanca di chi sa già che sta per mettersi nei guai fino al collo.
«E come compagno?»
«Resta sempre fedele a ciò che il
tuo cuore e la tua coscienza ti dicono di fare» risponde, con una lieve nota di
solennità nella voce. Ha sempre apprezzato chi riesce ad essere coerente con se
stesso; ormai in quell’esercito l’unico modo per fare carriera è ingoiare di
giorno in giorno la propria morale, fino a farla scomparire del tutto, fino ad
annientarla, annichilirla, fino ad arrivare al punto di poter partecipare ad
una guerra tanto vile senza avere il minimo scrupolo.
“Ed io sono Generale. Quanta della mia morale e della mia dignità ho
gettato, per questo?” pensa con un sospiro lieve quanto un battito di
ciglia, rendendosi subito conto che non vuole che Kise faccia la sua stessa
fine, lui in qualche modo è ancora puro
e l’ultima cosa che desidera al mondo è metterlo nella condizione di
corrompersi, quindi non lo costringerà a tradire i suoi amici, anche se così
facendo sa di mettere in pericolo l’intero esercito, se stesso compreso.
Lo sguardo di Kise si fa
incredulo e lui si sente più che legittimato a mollargli, questa volta, un
sonoro schiaffo dietro alla nuca, «Cos’è quella faccia?»
«Senpai!» si lamenta, quasi solo
per il puro gusto di lagnarsi, poi torna serio ad una velocità quasi
preoccupante, «È che sei sempre così retto e disciplinato che pensavo mi
avresti trascinato per i capelli fino alla tenda di Akashicchi».
«È ciò che avresti voluto?»
«…»
Un secondo schiaffo colpisce
l’Alchimista di Stato, ma questa volta non se ne lamenta, sa di meritarselo.
Lo sguardo di Kasamatsu diventa
acciaio puro, «Pensavi di usarmi così? Se io dovessi costringerti a dire la
verità ad Akashi, tu potresti parlare senza sentirti in colpa perché la
responsabilità ricadrebbe tutta su di me!»
Kise abbassa lo sguardo, perché è
proprio ciò che gli è passato per la testa, «Sono orribile» mormora, credendo
davvero nelle parole che dice ed essendo sicuro di essersi tirato addosso il
disprezzo del senpai.
A dispetto di qualsiasi
aspettativa di Ryouta, l’altro lo stringe a sé, rassicurante, «Questo posto è
orribile» lo corregge, «E tira fuori il peggio delle persone» gli sussurra,
forse con voce un po’ troppo burbera.
Kise si lascia stringere dall’altro,
con così tanto sollievo nel petto che per la prima volta da mesi crede sul
serio che andrà tutto bene, «Sai…» esordisce, esitante, «Non penso che sarei
andato fino in fondo. Una volta davanti ad Akashicchi non avrei comunque
parlato».
«Questo perché sei uno stupido
idiota» lo rimbrotta pacatamente l’altro, per poi concedersi un secondo
sospiro, «Non cambiare mai».
[…]
Riko sa che essendo lei
l’ideatrice del piano di reclutamento, non dovrebbe aver alcun motivo di
lamentarsi per l’arrivo tra loro dell’Alchimista di Ghiaccio, eppure non riesce
proprio a fidarsi, troppi atteggiamenti ambigui da parte del ragazzo e tutto
ciò le puzza di trappola.
Al momento, Kuroko è stato
perquisito e ammanettato in modo che non possa eseguire trasmutazioni, ma non è
del tutto sicura che questo basterà a tenerlo sotto controllo: per quanto
sembri innocuo è pur sempre parte della Generazione dei Miracoli.
«Che ne facciamo di lui? È troppo
rischioso tenerlo con noi» borbotta Hyuuga indicando Tetsuya, sulla stessa lunghezza
d’onda della ragazza.
Teppei sospira, cercando di
suonare più ragionevole che può, «Ha risparmiato Kagami e mi ha seguito senza
esitazioni. E abbiamo tutto il resoconto di Izuki sul loro primo incontro da…
Ogiwara» la voce si incrina appena nel pronunciare il nome, ma si riprende
subito, «E poi se non l’avessi fermato io, avrebbe ucciso Hanamiya».
«E a proposito di questo» ringhia
Junpei, «Perché cavolo non gliel’hai lasciato fare?»
«Non potevo lasciarglielo fare in
quel luogo. Sarebbe stata una mancanza di rispetto nei confronti di Ogiwara, ci
saremmo abbassati al livello di quel folle».
La stratega si porta una mano al
viso, esasperata, esprimendo a voce il pensiero di tutti, «Prima o poi la tua
morale ci farà uccidere tutti» sospira.
«Resta il fatto» riprende Hyuuga,
guardando male prima l’amico e poi l’Alchimista di Stato, «Che potrebbe essere
stata tutta una messinscena architettata ad arte per farlo infiltrare qua e
distruggerci dall’interno. Non poss–»
«Con tutto il dovuto rispetto» lo
interrompe Tetsuya, che fino a quel momento non ha detto una sola parola per
difendersi, «Potete accusarmi di qualsiasi cosa vogliate, tranne del fatto che
la mia amicizia con Ogiwara-kun fosse una messinscena o che io sia in qualche
modo coinvolto con la sua morte» dice, così gelido che nessuno osa mettere in
dubbio le sue parole. Nascosto sotto al ghiaccio, c’è così tanto sincero dolore
nella voce del piccolo alchimista che per un solo secondo Riko si sente
meschina nell’aver dubitato di lui.
All’improvviso, Taiga si alza di
scatto, avvicinandosi al prigioniero per essere certo di guardarlo bene negli
occhi. «Tutti quei discorsi sul non sfidare Akashi?» domanda con ferocia,
perché anche lui come Riko e Hyuuga trova troppo ambiguo il comportamento del
ragazzo in cui tempo prima aveva riposto tutta la sua fiducia.
Tetsuya non riesce a non
guardarlo come si guarda uno stupido, ma ciò non fa che gelare ancora di più
l’atmosfera, «Kagami-kun, avresti finito per farti uccidere e basta. La tua morte,
oltre che inutile, sarebbe stata anche controproducente, scoraggiando chiunque
stesse pensando che questa guerra vada fermata».
“E poi, non volevo vederti morire” pensa.
«Però hai un legame con Akashi»
replica Kagami e Tetsuya non può fare a meno di cogliere una lieve nota di gelosia
nella voce dell’altro.
«Non lo nego» dice, rendendosi
conto da solo di quanto possa essere a suo sfavore una dichiarazione del
genere; tuttavia è convinto che mentire possa solo peggiorare la situazione.
«Ed è per questo che ho cercato di convincerlo a rinunciare a questa guerra».
«E tu pensavi davvero che saresti
riuscito a convincerlo?»
Kuroko si permette un sospiro e
deve usare davvero ogni grammo di forza di volontà per non abbassare lo
sguardo, «Temo di aver peccato di presunzione, Kagami-kun».
L’Alchimista di Fuoco fissa per
diversi secondi il collega, prima di sedersi di fianco a lui, vinto; «quindi la
tua unica colpa è quella di essere un presuntuosissimo ingenuo» sbotta in
direzione dell’altro. Per un attimo prova a mettersi nei suoi panni e per la
prima volta si rende conto di quanto possa essere stato difficile per Tetsuya
decidere da che parte stare. Da una parte la certezza assoluta di star
logorando la propria morale, quasi al punto di abnegare se stesso, dall’altra
combattere contro gli unici affetti che ha, fino ad ucciderli o a farsi
uccidere da loro. Rabbrividisce appena, per poi ricomporsi nel momento stesso
in cui Kiyoshi parla.
«Avevamo già deciso di rischiare
il tutto per tutto» ricorda loro, con un lieve sorriso sulle labbra, «E Kuroko
è motivato tanto quanto noi a porre fine a questa guerra».
Hyuuga sbuffa e si aggiusta gli
occhiai sul naso, in un gesto che a Kuroko e a Kagami ricorda tanto Midorima,
«Rimane il problema del biondino. Kuroko l’ha portato fino a qui, sa dove ci
nascondiamo».
«Dubito che Kise-kun dirà
qualcosa» mormora Tetsuya, con aria pensierosa, «Quando io, Izuki-san e
Kiyoshi-san siamo corsi verso… il luogo
dell’esplosione, lui è rimasto solo con Kagami-kun e non lo ha comunque
ucciso. Senza contare che è già passato un po’ di tempo, a quest’ora i soldati
di Amestris sarebbero già stati qui se lui avesse parlato» conclude, cercando
di ignorare la stilettata di dolore al petto che ha sentito nel ripensare al
momento in cui Shigehiro è stato ucciso.
Di fianco a lui, Kagami tira un
lungo sbuffo esasperato, «Abbiamo appena finito di dire che sei un ingenuo» ci
tiene a fargli notare. Solitamente tra i due è Kuroko quello ragionevole eppure
sembra che al momento attuale non gliene vada proprio una giusta, quindi Taiga
si sente ben stretto nel ricoprire quel ruolo che non gli è mai appartenuto.
«Pur stando così le cose, noi non
scapperemo» decreta Riko, stupendo tutti. Ha lo sguardo determinato ed è più
che chiaro che non accetterà alcun tipo di replica, «Se arriverà qualcuno ad
attaccarci, noi saremo pronti; se non arriverà nessuno, tanto meglio per noi,
nel migliore dei casi avremo anche guadagnato un alleato in più. Una cosa che
non faremo affatto, però, è scappare come conigli. Noi combatteremo, l’abbiamo
deciso anni fa ed è ora di arrivare alla resa dei conti».
«Va bene, va bene» sbotta Hyuuga,
alzando le mani, dichiarando la resa. Sa fin troppo bene che con Riko non la
spunterà mai, «Kagami, Kuroko, a voi il primo turno di guardia. Izuki, tu vieni
con me, andiamo a prendere a calci qualche culo in divisa» aggiunge, burbero,
uscendo all’esterno e seguito a ruota da Shun.
C’è incertezza nello sguardo di
Taiga, mentre si appresta a liberare Kuroko dalle manette che gli costringono i
polsi. Si chiede se sia saggio affidare a Kuroko il compito di fare la guardia
assieme a lui, eppure nessuno si è opposto alle parole di Hyuuga, nemmeno Riko,
benché si stia mordicchiando il labbro con aria pensosa.
Infine sembra che la ragazza opti
per dare fiducia al nuovo arrivato, perché lancia loro uno sguardo che promette
serie ripercussioni su entrambi, se non si danno una mossa ad uscire ed
iniziare la ronda.
Kagami osserva l’altro alzarsi e
massaggiarsi i polsi doloranti ed è solo in quel momento che si ricorda di
avergli ustionato in modo abbastanza grave una spalla e deve davvero fargli
male, al punto che di tanto in tanto si può chiaramente distinguere il muscolo
offeso contrarsi in lievi spasmi.
Il suo primo pensiero è di
portarlo da Ogiwara – lui saprebbe far cessare subito quel dolore – poi si
rende conto che Shigehiro non c’è più, è diventato solo una macchia che
arricchisce la lista di disgraziati senza nome che hanno perso la vita in
qualcosa di privo di qualsiasi senso.
Segue Tetsuya fuori dal rifugio
del SEIRIN e non riesce a fare a meno di ripensare al momento esatto in cui gli
ha inferto quella ferita. In quell’attimo ha sentito una rabbia mai provata,
mista ad una delusione che lo ha leso così tanto nel profondo che ancora adesso
che tutto sembra essersi appianato, non sa se la ferita si rimarginerà mai del
tutto.
Il perché di tutto il dolore
provato nel sentirsi tradito proprio da Kuroko è così semplice che Taiga non ha
faticato a comprenderlo, pur senza riuscire del tutto ad accettarlo.
È innamorato di Tetsuya ed in
quel momento, mentre si è apprestato a combattere contro di lui, una sola
grande certezza lo ha invaso: se proprio Kuroko doveva morire, sarebbe stato
lui ad ucciderlo, i suoi ultimi istanti di vita non sarebbero dovuti
appartenere a nessuno che non fosse lui.
Nel ripensarci, si rende conto di
quanto quel pensiero possessivo sembri più degno di qualcuno come Akashi che di
lui, eppure non riesce proprio a pentirsi di quel ragionamento.
Ama Kuroko dalla prima volta che
l’ha visto, a Briggs; lo ha amato nel vederlo lottare per sopravvivere in un
luogo che gli è sempre stato del tutto estraneo ma allo stesso tempo familiare,
lo ha amato nel vederlo tanto fragile nel corpo ma tanto forte nello spirito,
lo ha amato perché se prima di conoscerlo è stato solo un soldato, grazie a Tetsuya
è diventato qualcosa di diverso. Kuroko lo ha trasformato nella propria luce,
il loro legame è così forte che non c’è nulla di sbagliato nel pensare che se
l’ombra deve soccombere, non può che essere la luce ad occuparsene; si
appartengono e completano a vicenda, la vita o la morte di uno è nelle mani
dell’altro.
«La tua spalla?» domanda,
burbero. Si dice che vorrebbe davvero addolcire un po’ il tono di voce, ma
proprio non ci riesce. Non per la rabbia che ha continuato a provare per
l’altro fino a pochi minuti prima, ma per l’imbarazzo degli ultimi pensieri che
gli hanno affollato la mente.
Kuroko gira appena il capo nella
sua direzione e si prende diversi secondi per osservarlo, prima che un lieve
sorriso gli fiorisca sulle labbra sottili, «Non preoccuparti. La tua tempia?»
«Non mi sembra neanche di essere
stato ferito. Certo che sei proprio debole».
Il sorriso di Tetsuya si amplia di
poco ed evita di far notare all’altro che se non sente nulla è solo perché lui
l’ha curato subito. Fino a qualche tempo prima, lo avrebbe detto senza pensarci
due volte, dando vita ad un leggero battibecco, ma adesso non ha davvero voglia
di litigare con l’altro, anche solo per finta.
Quella guerra ha tirato fuori il
peggio di entrambi, portandoli quasi ad uccidersi a vicenda, tuttavia Tetsuya
non riesce a non pensare che forse non tutto il male vien per nuocere. È stato
quando si è reso conto di non essere in grado di uccidere Taiga che si è accorto
della reale portata dei sentimenti che prova nei suoi confronti.
In quei brevi istanti, ha davvero
provato ad immaginare una vita senza Kagami e ha semplicemente realizzato che
una cosa del genere non sarebbe mai stata possibile, ormai quello era il suo
mondo, un alternarsi continuo di luce e ombra. Sa che non sarà mai più in grado
di vivere di sola oscurità ed una volta accettato ciò, la situazione nella sua
mente si è fatta cristallina.
«A cosa stai pensando, Kuroko?»
«Penso che credo di essere
innamorato di te, Kagami-kun».
Se Taiga non smette di camminare,
nonostante la sorpresa cerchi di imporgli l’immobilità, è solo perché è certo
che Riko, da lontano, li stia controllando.
È più che sicuro di essere
diventato della stessa tonalità dei propri capelli e si ritrova a ringraziare
l’oscurità che avvolge tutto, mascherando in parte il suo imbarazzo. Prende più
volte aria e più volte si ritrova a sfiatare senza che un solo suono riesca a
liberarsi dalla sua gola.
«Dannazione, Kuroko! Non puoi
uscirtene con frasi così imbarazzanti!» Esala quando si riappropria delle
proprie facoltà mentali.
Infine raggiungono la loro meta,
il punto più alto di una modesta collina ricoperta per una buona metà di
sabbia, da lì possono tenere sotto controllo l’intera base e l’area
circostante.
Kuroko si dice che forse da un
lato sarebbe meglio far finta di non avere detto nulla e concentrarsi solo sul
compito che avrebbero dovuto svolgere, eppure proprio non ce la fa, non è da
lui essere incoerente con se stesso. E poi ha notato il rossore che ha coperto
il viso dell’altro e prima ancora lo ha osservato abbastanza bene da poter
azzardare che ci siano buone probabilità che l’alchimista ricambi i suoi
sentimenti.
«Mi dispiace» dice, allora,
deciso a non far cadere l’argomento, «Ma è ciò che sento e non posso far finta
di nulla».
Taiga non gli dà neanche il tempo
di finire la frase che lo afferra per il bavero della divisa e avvicina il viso
a quello dell’altro, in un gesto tanto istintivo che una volta resosi conto di
cosa sta per accadere, non può fare a meno di fermarsi, in preda all’imbarazzo
più totale.
È certo di vedere fiorire un
sorriso quasi divertito sul viso dell’altro, quando è finalmente il più piccolo
a porre fine alla distanza che c’è tra loro.
Kagami ci mette fin troppo a
capire che il senso di liberazione che prova all’altezza del petto è dovuto al
bacio in cui l’altro l’ha appena coinvolto ed una volta realizzato ciò, si
affretta a ricambiarlo, impacciato.
“Sono un’ombra” pensa di nuovo Kuroko, “Non ho un luogo o uno schieramento, ma ho una luce tanto intensa che
porta la speranza per il domani e la seguirò fino all’inferno”.
[…]
Quando Akashi li accoglie ad Ishval, completamente a suo
agio in mezzo a sabbia pregna di sangue e urla che riempiono con prepotenza le
orecchie, Midorima deve davvero usare tutto l’autocontrollo di cui dispone per
non cedere alla nausea.
Quella che sta andando avanti non
può quasi essere definita guerra, è solo una strage in piena regola, gli
avversari non hanno la minima possibilità di difendersi dagli alchimisti e il
contrattacco è solo utopia.
“Per cosa stiamo combattendo?” si chiede, stringendo forte il
proprio oggetto fortunato, aggrappandosi ad esso per non far crollare la sua
maschera di imperturbabilità. Non può permettersi di mostrare la sua
insicurezza. “Una guerra è quando due
fazioni si scontrano per qualcosa. In
una guerra, entrambe le parti sanno a cosa vanno in contro. Una guerra posso
accettarla, questo no. Questo è uno sterminio… ed io ho contribuito a ciò”
non riesce a non pensare a quanto potrebbe essere più rossa quella sabbia e
quelle urla più alte e disperate se tutti gli Alchimisti di Stato fossero
equipaggiati con la Pietra Filosofale.
«Shintarou».
La voce del Comandante Supremo lo
riscuote dalle sue cupe riflessioni.
«Spero che Satsuki vi abbia
spiegato la situazione» dice, serio, guardando prima Midorima e poi Takao; non
aspetta una risposta, non ce n’è bisogno, sa già che Momoi ha fornito loro un
quadro dettagliato delle vicende. «Tetsuya infine si è davvero alleato con il
SEIRIN. Io devo tornare a Central City, dovete catturarli vivi e portarli da
me, verranno giustiziati sulla pubblica piazza come monito a tutta Amestris»
decreta, con lo sguardo che fiammeggia d’ira. Ha voluto dare una possibilità a
Kuroko e lui l’ha tradito senza pensarci due volte, ma si dice che se l’è
aspettato, dopotutto far uccidere quell’Ogiwara è stato solo un espediente per
farlo uscire allo scoperto.
«C’è altro?» domanda Midorima,
serio.
Akashi non riesce a reprimere un
ghigno, dopotutto la situazione è quasi comica dal suo punto privilegiato di
spettatore, «Tetsuya ha una Pietra Filosofale» si limita a dire.
L’Alchimista di Cristallo inarca
appena le sopracciglia, «Come ha fatto ad averla?»
«Gliel’ho data io».
«Tu gli hai dato una Pietra
Filosofale?» domanda Shintarou, non riuscendo a credere che Akashi Seijuurou
abbia davvero potuto fare qualcosa di tanto stupido.
«Dubiti delle mie decisioni,
Shintarou?»
“Sì, neanche immagini quanto”.
«Ovviamente no» si ritrova a
rispondere, nonostante non creda ad una sola sillaba. Preferisce lasciare a
Kuroko e a Kagami il piacere di
scoprire quanto possa essere pericoloso contraddire il Comandante Supremo.
Sente Takao avvicinarsi di più a
lui e ciò non può che dargli un po’ più di stabilità, quindi riesce a
ricambiare lo sguardo di Akashi senza che questo riesca a cogliere quante
incertezze abbia in realtà dentro di sé l’Alchimista di Cristallo.
«Meglio così» sibila Seijuurou,
prima di superarli, dando loro le spalle, «Trovateli, sono sicuro che non mi
deluderete».
Nel momento in cui infine il
Comandante Supremo è così lontano da non essere più visibile nemmeno agli occhi
di Takao, entrambi sentono l’aria un po’ più leggera. Sempre pregna di morte,
certo, ma per assurdo l’aura negativa emanata da Akashi è quasi più intollerabile.
«Shin-chan?» chiama Kazunari,
dubbioso.
Conosce così bene Shintarou da
sapere quali sono stati gli esatti pensieri dell’alchimista una volta messo
piede ad Ishval e deve ammettere che per quanto ne condivida lo sconcerto, non
vuole che sia lui ad accollarsi tutta la colpa.
Akashi l’ha obbligato ad iniziare
il progetto della Pietra Filosofale e lui più di tutti sa quanto Midorima abbia
desiderato smettere nel momento stesso in cui quella ricerca ha cominciato ad
avere dell’inumano.
Non conosce i dettagli,
l’Alchimista di Cristallo non ha mai voluto rivelarglieli e Kazunari pensa che
sia un modo per difenderlo da una realtà ancora più crudele della guerra – no,
dello sterminio – che stanno portando
avanti. È più buono, altruista e fragile di quanto ammetterà mai, quindi quando
gli poggia una mano sulla spalla lo fa con il timore che possa crollare in mille
frammenti in qualsiasi momento.
«Ci sono alcune cose che non
tornano nel rapporto di Kise. Cominceremo da lui» dice l’alchimista con voce
ferma, a differenza dei primi passi che compie verso l’area riservata alla
Squadra Ricognitiva Kaijou; vacilla qualche istante, per poi stabilizzarsi nel
momento in cui Takao lo raggiunge.
«Midorimacchi!~
Takaocchi!~»
Non fanno neanche in tempo a
chiedere di lui che Kise corre nella loro direzione, gridando i loro nomi come
se non li vedesse da anni – ed in effetti è così, ma Midorima proprio non
riesce a sopportare le “dimostrazioni d’affetto” dell’altro Alchimista di Stato
–, Ryouta fa per stritolare Shintarou in un abbraccio degno di un Boa, ma
questo si scansa abbastanza veloce da far in modo che la vittima designata
diventi Takao.
«Kise-chan, mi sei mancato anche
tu, ma le costole mi servono ancora, sai?~» motteggia
Kazunari, che ad esclusione del respiro mozzato non sembra infastidito
dall’abbraccio dell’altro.
Quando alla fine le due più
grandi piaghe dell’esistenza di Shintarou decidono di separarsi, scocca uno
sguardo grave a Ryouta.
«Dobbiamo parlare di ciò che hai
visto il giorno in cui Kuroko si è unito al SEIRIN» mette in chiaro fin da
subito, per poi rendersi conto che avrebbe anche potuto non farlo: dallo
sguardo improvvisamente serio di Kise è chiaro che si sia sempre aspettato che
qualcuno sarebbe arrivato a fargli delle domande.
Raggiungono un luogo appartato e
dopo che tutti e tre si sono accomodati su scomodi sassi, Midorima decide che
prima di ogni altra cosa deve prendersi qualche istante per esaminare il
collega.
Lo vede torcersi appena le mani,
in un gesto che vorrebbe essere discreto, ma che in realtà non fa che rivelare
la sua ansia in vista delle domande che potrebbero o meno fargli.
“Quindi ha qualcosa da nascondere” pensa Shintarou, rendendosi conto
che è così palese che non riesce a capire come abbia fatto Akashi a non
accorgersene.
“A meno che non lo stia mettendo alla prova. Ormai Akashi vede nemici
ovunque, la posizione di Kise è critica” si dice che vorrebbe davvero
dimenticarsi delle incongruenze nel rapporto stilato dall’altro, tuttavia non
riesce a ricordare quale sia stata l’ultima volta in cui ha fatto ciò che
davvero vuole. Un po’ per seguire gli ordini dettati dagli astri e un po’ per
seguire quelli dispotici di Akashi, il suo fato non gli appartiene più da tanto
tempo, ma ormai la cosa è così radicata in lui che quasi non ci fa caso.
«Dunque, dici di non aver visto né
il SEIRIN, né la loro base operativa, corretto?»
«Sì».
«Eppure Hanamiya sostiene, nel
suo rapporto, di aver visto Kuroko in compagnia di alcuni membri del SEIRIN. In
quel momento, Kuroko doveva essere fuggito da poco e non trovo credibile che tu
non li abbia visti».
Kise si mordicchia un labbro e
sembra quasi cercare aiuto nello sguardo di Takao, che tuttavia è troppo
impegnato a guardare Shintarou mettere sotto torchio uno dei suoi migliori
amici.
«Saranno stati attirati
dall’esplosione e saranno giunti sul luogo insieme» mente Ryouta, passandosi
una mano tra i capelli.
«Certo» gli concede Shintarou,
aggiustandosi gli occhiali sul naso, «Ma Hanamiya sostiene anche che Kuroko
avesse un’importante ustione sulla spalla, cosa che mi fa pensare che abbia
combattuto con Kagami. Tu dov’eri mentre accadeva ciò?»
Kise non riesce proprio a
rispondere a quella domanda, sa benissimo che negare a quel punto è da stupido
e – a dispetto delle apparenze – lui non lo è affatto.
«Kise, tu li hai visti» rincara
l’Alchimista di Cristallo, guardandolo con severità.
L’altro sbuffa e incrocia le
braccia al petto, forse per nascondere il lieve tremore alle mani derivato
dall’essere stato messo con le spalle al muro, «Anche se fosse? Ho visto loro,
non la base!»
Midorima sta per ribattere
qualcosa e dall’espressione scura che ha in volto dev’essere qualcosa di per
niente carino, ma uno sguardo di Kazunari basta, se non a calmarlo, almeno a
fargli passare la voglia di strozzare Kise con le sue stesse mani.
«Perfetto» esordisce Shintarou,
«Allora ci porterai nel punto preciso in cui tu e Kuroko vi siete Separati.
Inizieremo le ricerche da lì» decreta.
Basta un solo istante e le difese
di Ryouta crollano e lui assume un’espressione quasi supplichevole,
«Midorimacchi…»
«Kise» lo interrompe,
irremovibile, prima che l’altro dica qualcosa che possa metterlo ancora di più
nei guai, «Tu ci condurrai lì, perché la tua situazione è già abbastanza grave
e se tu non aiuti me adesso, io non sarò in grado di aiutarti davanti ad Akashi
quando tutta questa questione sarà finita».
«Ma si tratta di Kurokocchi…»
«Che pare non abbia esitato un
istante a metterti in questa situazione» ribatte l’altro, senza riuscire a
nascondere l’irritazione profonda che gli causa l’intera situazione. Si
guardano negli occhi per diversi secondi, ma alla fine Kise è il primo ad
arrendersi. «E sia» risponde, sfiatando aria e senso di colpa.
[…]
Aomine non sa dare un nome
preciso alla brutta sensazione che ha avuto nel veder rientrare
all’accampamento Kise da solo, senza Kuroko. Si è trattato di una morsa
dolorosa alla bocca dello stomaco, qualcosa di ancora più forte di un brutto
presentimento, qualcosa che ha rasentato la certezza assoluta.
Il suo istinto animale, per
quella volta, non ha avuto nessun merito in quella sensazione che lo ha
tormentato nell’osservare l’Alchimista Specchio incupirsi di passo in passo,
no, lui ha sempre saputo che sarebbe finita così, quindi non ha tradito nessuna
emozione nel sentirlo annunciare che infine anche Tetsuya si è alleato al
SEIRIN. Sì è limitato ad annuire, impassibile, per poi scattare poco dopo come
una belva, desiderando scaricare tutto l’odio nei confronti di Kagami – inutile
dirlo, la causa del tradimento di Tetsuya – su Kise, l’idiota che è riuscito a
farselo scappare con una facilità inaudita.
Se non fosse intervenuto Yukio ad
allontanare l’alchimista, anche se di sicuro alla fine lui stesso lo ha pestato
ancora più duramente di quanto avrebbe fatto lui, gli avrebbe come minimo
spaccato quella faccia che osava esibire in un’espressione dispiaciuta.
La sua opinione di Kise non può
che peggiorare, quindi, nel sentirlo parlare con Midorima, adesso. Li sente
nominare Kuroko e questo lo spinge a nascondersi per origliare indisturbato il
loro colloquio. Shintarou non deve neanche insistere troppo per farsi dire dal
collega almeno parte della verità sugli eventi che lo hanno portato a dividersi
da Kuroko.
È solo quando Midorima e Takao
iniziano a seguire Kise che lui si convince a ragionare con almeno un po’ più
di lucidità. Sa che la rabbia che prova per Ryouta in realtà è tutta quella che
dovrebbe essere indirizzata a Kagami, è lui che ha reso Tetsuya un fuorilegge a
cui verrà riservata la pena capitale, è lui che per un suo stupido capriccio
sta portando Kuroko in un inferno ancora peggiore di quello progettato da
Akashi, lo sta mettendo contro la sua famiglia.
È un concetto troppo profondo e
legato ad ognuno di loro per poter fare in modo che un estraneo come Kagami
possa capirlo; la verità è che nonostante provengano da posti diversi,
nonostante siano stanziati negli angoli più remoti di Amestris, loro della
Generazione dei Miracoli sono una famiglia e Taiga si sta trascinando via uno
di loro. È pure convinto di star facendo la cosa giusta, il bastardo.
“Forse la sta facendo davvero” pensa Daiki, per poi disgustarsi di
se stesso, “Io devo eliminare la mia
stessa gente e tutto ciò è un abominio, ma se mai decidessi di ribellarmi, non
trascinerei in rovina altre persone per una mia battaglia personale. Sono
egoista, ma non fino a questo punto” si dice in un rapido sprazzo di
lucidità. Poi la rabbia torna ad annebbiare qualsiasi buonsenso.
Il desiderio di uccidere Kagami
gli brucia con ferocia nel petto, lo consuma ad una velocità allarmante, eppure
c’è ancora un qualcosa che lo trattiene.
“Se lo uccidessi, Tetsu mi odierebbe a morte, non mi perdonerebbe mai” urla
nella propria testa quella piccola parte di lui non ancora contaminata con il
veleno dell’ira. Prova a darle retta, ci prova davvero, ci mette ogni grammo di
forza di volontà in suo possesso, ma la sua sete di sangue è implacabile e
potrà soddisfarla solo Kagami, ne è troppo conscio per cedere alla saggezza.
Perso com’è nelle sue
considerazioni, fa quasi fatica a rendersi conto che senza alcun motivo
apparente, Takao si è fermato di scatto, guardandosi attorno con l’aria di un
segugio intento ad inquadrare bene la preda.
Sa bene della particolare
capacità di Kazunari, se non ricorda male si chiama Hawk Eye, quindi sente un fremito
attraversagli tutto il corpo e deve chiudere le mani a pugno per frenare il
tremore alle dita.
“È
qui” pensa prima ancora che l’Occhio di Falco possa dire alcunché. Il suo
respiro si fa di una pesantezza feroce che lo porta a dilatare quasi
all’inverosimile le narici.
«Arriva Kagami!»
Una fiammata dall’aspetto letale scatta
inarrestabile nella loro direzione e se Kise ha la prontezza di spirito di
distruggere con l’alchimia il terreno che hanno sotto i piedi, facendo in modo
che il fuoco passi sopra le loro teste senza far loro alcun male, lo deve solo
all’avvertimento di Kazunari.
Senza aspettare un secondo di più, Daiki
congiunge le mani, attivando i cerchi alchemici tatuati su di esse. Tutto il
carbonio presente nel suo corpo sale in superficie, ricoprendo la sua pelle
come un’armatura. Lui è lo Scudo
assoluto, nemmeno le fiamme generate da quell’insulso alchimista possono fargli
alcunché.
Tuttavia non è mai stato da Aomine
accontentarsi, la difesa non gli basta. Come il suo scudo è impenetrabile, i
suoi pugni possono trapassare da parte a parte un essere umano, senza la minima
difficoltà.
Kagami ne è fin troppo consapevole ed è
per questo che nel vederlo inizia subito ad indietreggiare, evitando in tutti i
modi il confronto diretto con lui. Il viso di Taiga si contrae in una smorfia e
continua ad investirlo con ondate di fuoco sempre più violente; nonostante
sappia già quanto siano inutili, spera comunque di essere in grado almeno di
rallentarlo, per quanto sia una vana speranza.
Aomine è sempre stato più rapido di lui
e anche questa volta non fatica a dimostrarlo, raggiungendo con facilità
l’altro alchimista, pronto a colpirlo, pronto a sentire tessuti, muscoli e ossa
spezzarsi docilmente al passaggio del suo letale pugno.
«Fermatevi!»
Tessuti, muscoli e ossa vengono
trapassati con ferocia, ma non si tratta di quelli di Taiga e quando Daiki se
ne rende conto è ormai troppo tarsi, non gli resta che osservare immobile il
corpo di Tetsuya piegarsi in avanti, contro il suo braccio.
Non ha idea di come abbia fatto ad
essere tanto rapido da mettersi tra di loro e non ha davvero la forza
necessaria per pensarci, tutto ciò che la sua mente è ancora in grado di
registrare è la visione del sangue dell’altro che esce copioso dalla ferita che
lui stesso gli ha inferto.
Barcolla indietro di un paio di passi,
Tetsuya, per poi cadere all’indietro, venendo avvolto dalle braccia di Kagami prima
di toccare terra. È ancora più pallido del solito e respira a scatti,
troppo rapidi e brevi per riuscire davvero a dargli sufficiente ossigeno,
troppo rapidi e brevi per non essere gli ultimi della sua vita.
Death Note: Non odiatemi ;;
No, davvero, non odiatemi, pls ;;
Aomine è sempre il solito cazzaro <3