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Autore: PollyFTSissi    04/06/2015    3 recensioni
[AU Stony]
"A molti una routine abitudinaria avrebbe potuto far spavento: alzarsi alle sette, andare a lavoro, tornare con gli avanzi della giornata e guardare della TV spazzatura sul divano fino a collassare –e ripetere, per ogni giorno dell’anno (escluse eventuali domeniche e festivi). Ma a Steve Rogers non pesava per nulla."
[Il rating cambierà con l'aggiunta dei capitoli]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love Affair
 
“Stalking”
 
 
 
 
 
-Cioè, mi stai dicendo che hai mandato male Tony Stark?!- la donna fece cadere il sacchetto che teneva in mano, per regalargli uno di quelli sguardi scioccati e divertiti al tempo stesso che in quelle ventiquattro ore Steve si era visto a dover fronteggiare troppe volte. Ma perché lo raccontava in giro, poi? E perché tutti sembravano farne una questione di stato, e lo guardavano poi come se fosse l’ultimo dei cretini? –Quel Tony Stark?!-
-Ti sembra ci siano altri Tony Stark che apparentemente tutti conoscono tranne me?!- lo sguardo che le aveva rivolto doveva essere stato tutt’altro che gentile, tanto che la donna si affrettò a raccogliere la busta parecchio irritata.
Maria Hill poteva anche essere una sua cara amica, lì al ricovero, però sapeva essere anche irritante –e pettegola, come tutti in quella città. Quell’avvenimento era successo appena la mattina prima, e tutti –ma proprio tutti, anche i passanti, e i cani dei passanti- sembravano addirittura fermarsi a guadarlo, quasi volessero chiedergli un autografo per quello che aveva fatto. O forse Steve era solo paranoico.
E Maria doveva essersene accorta, perché lo guardava con occhi divertiti mentre riempiva più ciotole alla volta.

-Dai, in fin dei conti non è la fine del mondo. Certo, avresti potuto mangiare all’Eleven Madison Park per poi amoreggiare segretamente al numero 68 all'angolo con la Dean Street!- e si portò le mani unite sul viso, con fare sognante. Steve tentò di mantenere la calma, roteando solo gli occhi ed aprendo una delle innumerevoli gabbiette chiuse, per pulirla. –Com’è che si chiama quel laboratorio di pasticceria? Ah già, “One Girl Cookies”!-
-Oh per l’amor del cielo, Maria!- ma lei stava già sovrastando le urla esasperate del biondo con la sua risata cristallina. Quando la donna sembrò calmarsi, Steve scosse la testa, richiudendo la seconda gabbietta per aprirne subito un’altra. –E comunque- cominciò, borbottando sottovoce –anche se fossi stato interessato, non è proprio tipo da Eleven Madison. Certo, se lo potrebbe permettere, ma lo avrei visto di più portarmi in giro per farmi bere mezza Brooklyn con l’intento di trascinarmi sotto le lenzuola. E al massimo Starbucks la mattina dopo, e un biglietto d’addio con su scritto roba tipo:- e si mise d’impegno per quell’imitazione, con tanto di sopracciglio pericolosamente alzato e voce che voleva essere sensuale –“Ho passato una serata magica con te, Steve. Comunque, puoi chiedere al mio autista di portarti dove vuole, io sto procacciando altri allocchi per la cena!”- e qui anche Steve stesso rise assieme a Maria.
-Beh, ma almeno ha un autista!- la mora allargò le braccia per enfatizzare quel concetto.
-Sì beh, a me non interessano tutte queste superficialità.- fece spallucce, evitando lo sguardo inquisitorio della donna, che fece schioccare la lingua in un palese dissenso.
-Quasi mi ero dimenticata di come tu fossi un tipo da “E vissero per sempre felici e contenti”!- gli si avvicinò, spalleggiandolo, nonostante fosse considerevolmente più piccola del biondo. Parlò sottovoce, volendosi far sentire solo da lui e guardandolo di sottecchi –Guarda che di gente come Rick Blaine non se ne trova in giro. Goditi un po’ la vita.-
Al che Steve le dedicò la sua completa attenzione, perché Maria aveva appena citato Casablanca e quindi doveva essere una questione importante –insomma, è Casablanca!
-Non sto dicendo di volere un Humphrey Bogart che mi baci al tramonto sulle sponde dell’East River. Solo, non un Richard Gere che veda in me uno straccione da viziare e sfoggiare ai galà.- con queste parole, dette senza la minima ironia ma anzi quasi con un pizzico di malinconia, gli occhi di Steve si spostarono sull’orologio senza neanche curarsi di quale espressione schifata o riluttante potesse essersi dipinta sul volto di Maria. Si affrettò a muoversi verso il retro, congedandosi ad alta voce per rompere la tensione di quel silenzio. –Il mio turno è finito, ed è il mio giorno libero e non voglio far attendere Sons of Liberty!-
Ma Maria stava sorridendo, sorrideva da quando quel discorso era finito e ogni qual volta la genuinità di Steve si palesasse in quel modo. Solo quando arrivò alla porta e lo vide girarsi per salutarla con un cenno, disse a voce alta.
-Sai almeno che alla fine in Pretty Woman Edward e Vivian si mettono insieme?- ma sentì solo la porta chiudersi come risposta.
 
 
***
 
 
Sons of Liberty avrebbe atteso ancora per un po’. Considerando che Steve era bloccato nel traffico da più di venti minuti, probabilmente sarebbe arrivato nel suo appartamento appena in tempo per farsi una doccia, dare da mangiare alle gatte e non avere neanche la forza di mettersi a letto piombandosi sul divano. Non che fosse stata una giornata pesante, anzi, se non avesse avuto turni principalmente di colazione e pranzo all’Abraxas Cafè avrebbe passato tutte le mattine al St. Day Shelter per aiutare Maria con gli animali. Era solo che quella situazione di Tony Stark lo aveva messo sotto pressione in una maniera irrazionale; alla fine non era la prima volta che qualcuno aveva cercato di approcciarsi nel modo sbagliato a lui, o a Peggy, ma tutti sembravano essere ossessionati al riguardo. O forse quello paranoico all’inverosimile era soltanto lui. Sì, doveva essere per forza così.
La verità era che non riusciva a togliersi dalla testa quel sorrisetto, quelle parole irritanti e quegli occhi profondi e terribilmente belli, così fuori contesto rispetto al playboy molesto che aveva avuto di fronte.
Per Tony Stark lui non era altro se non un pezzo di carne succulenta, che avrebbe spolpato per poi gettarne gli avanzi. Ed era questo che mandava Steve su tutte le furie, l’essere solo un oggetto agli occhi di qualcuno.
E sarà stata la noia del traffico e l’indifferenza ai clacson nevrotici, ma si ritrovò a rigirarsi tra le mani il biglietto da visita che lo stesso Stark gli aveva lanciato sul bancone il giorno prima.
“Geniale inventore milionario, playboy e filantropo proprietario delle Stark Industries.”
“Si è dimenticato di scrivere modesto” pensò Steve, scuotendo la testa. Non fece in tempo a mettere da parte quel bigliettino –lontano, nel cruscotto della macchina, ripromettendosi che non ne avrebbe mai avuto bisogno-, che il telefono iniziò a squillare e vibrare nella tasca dei pantaloni. Si affrettò a prenderlo e quando guardò il numero sul display fece una smorfia confusa.
Sconosciuto.
Pensando che potesse essere un emergenza o comunque qualcosa d’importante, decise di rispondere tenendo gli occhi fissi sulla strada bloccata.
-Pronto?-
-Non ci credo, hai risposto. Pensavo avresti messo il mio numero nella tua black list non appena fossi uscito dal bar.- e una risata. Steve non riconobbe subito la voce, ma quel nauseabondo senso di familiarità si fece spazio nelle sue viscere non appena quella voce aveva menzionato il bar, e l’accaduto.
Era Tony Stark.
Quel Tony Stark!” giurò di aver sentito la voce di Maria rimbombargli nel cervello.
-Sei vivo, Steve?- quando l’uomo pronunciò il suo nome, la testa del biondo ricadde rassegnata sul volante, facendo partire il clacson per interminabili secondi. Si riportò il telefono all’orecchio, pregando il proprio Dio e anche tutti gli altri che avesse chiuso.
Ovviamente no, infondo è o non è quel Tony Stark!?
-Sei svenuto?- e ammise che quella cosa lo aveva fatto sorridere.
Di disperazione, di nervosismo: quell’uomo lo tormentava da ore e l’intero mondo sembrava cospirando per far sì che non se ne liberasse più. Non ora che apparentemente aveva anche il suo numero di telefono.
-Aspetta, come ce l’hai il mio numero?- chiese subito dopo, perché a meno che Bucky non si fosse fatto ricevere alla corte degli Stark per spifferarglielo –e Barnes era decisamente il tipo da questi scherzi- non riuscì a spiegarselo.
-Il tuo badge.- Ma certo.
-Il mio badge, ovvio.- gli fece eco, esasperato, facendo un respiro profondo per calmarsi. L’altro rise ancora.
-Allora, per quel pranzo? Non me ne sono di certo dimenticato.- nemmeno io, avrebbe voluto rispondere l’altro, perché un certo carisma non si dimentica facilmente. Un punto per Tony, forse.
Steve decise che se con le cattive non aveva capito, allora tanto valeva provarci con le buone.
-Per pranzo lavoro.- disse, pacatamente, passandosi le dita sulle palpebre massaggiandole.
-Non mancherò.- e riattaccò. Steve guardò paralizzato lo schermo del proprio telefono diventare nero, prima di poggiare ancora una volta la testa sul volante, facendo partire il clacson che scatenò una reazione a catena di clacson tale che quell’armonia assordante sembrava essere un canto infernale.
Proprio come la vita di Steve in quel momento: un inferno.
 
 
***
 
 
L’atteso “appuntamento” con l’uomo, il giorno dopo, arrivò puntuale come un orologio svizzero.
Alle dodici e trenta spaccate ecco entrare Tony Stark vestito di tutto punto, questa volta si sedette nella piccola sala perché Steve era di turno ai tavoli. Sperò con tutto il cuore che Bucky e Peggy non lo avessero notato, ma a quelle due vipere non sfuggiva mai nulla: Bucky gli perforò la spalla con il gomito, al suon di “Oh, il famoso appuntamento!” mentre Peggy sorrideva di sottecchi raccomandandogli solo di non fare scenate o porcherie nel suo locale. Il biondo cercò in tutti i modi di evitare i commenti e gli sguardi dei due, prendendo la caraffa di caffè e avvicinandosi al nuovo arrivato come se fosse un cliente qualunque.
Adesso avrebbe dovuto anche fare il gentile con lui, e ci sarebbe anche riuscito se l’altro, nel notarlo, non avesse lasciato perdere il menù togliendosi gli occhiali con la lentezza degna di un film romantico, e se quel sorriso sornione non si fosse palesato sul suo volto quasi fosse disegnato con un pennarello indelebile.
Quindi al diavolo, quello non era un cliente qualunque, quello era uno stalker!
-Non hai da costruire, che ne so, armi per la pace nel mondo?- tentò di smorzare quell’ironia che neanche sapeva di covare nel profondo del suo cuore versando del caffè bollente nella tazza dell’uomo.
-Nah, pago delle persone per farlo al posto mio. Io progetto, finanzio e metto la mia bella faccia sulle riviste famose.- e sorrise, sicuro di sé. Steve aggrottò le sopracciglia, portandosi una mano sul fianco in modo irritato.
-Sì, ma la Stark Tower non è dall’altra parte di New York? Che cosa ci vieni a fare qui?-
-Vorrei poter dire per vederti- Steve a quell’affermazione alzò un sopracciglio, quindi Tony proseguì quasi più serio –ma in realtà sono qui per lavoro. Stiamo aprendo una filiale qui a Brooklyn e devo supervisionare i lavori.-
-E perché aprire una filiale in pieno centro se le vostre armi sono armi di distruzione di massa -o robe del genere- per la guerra?-
Tony sorrise, ancora quel sorriso, e Steve si ricordò che stava dando corda all’uomo sbagliato. Ma quello non sembrò perdere l’occasione, anzi, colse la palla al balzo.
-Ah-ah. Risponderò ad altre domande solo in un ristorante.- il sorriso si allargò –Stasera?-
Steve lo osservò per un momento, guardandosi intorno, avvicinandosi poi a lui tanto quanto bastava per farsi sentire.
-Ci hai provato.-
 
 
 
***
 

 
-Amico, il tuo fidanzato è qui dalle dodici e non sembra volersene andare.-
Quelle parole di Bucky furono come una doccia fredda in pieno gennaio. Dalle finestre del St. Day Shelter che davano sull’Abraxas scandagliò il bar, notando con disappunto che Barnes aveva ragione –per una volta, e non poteva che essere la volta peggiore. Bucky parlò prima che Steve potesse prendersi la giornata libera per poi sgattaiolare via arrivando a saltare da un tetto all’altro pur di non essere visto. Ma tanto era sicuro che Tony l’avrebbe seguito col suo aliante a magnesio o altre diavolerie del genere.
-Sai, secondo me dovresti dargli un’occasione. La cosa peggiore che ti può capitare è un’indigestione di aragoste!-
-L’ultima volta che ho seguito un tuo consiglio mi sono ritrovato un occhio nero, Bucky.-
-Sto solo dicendo che il tipo non sembra tanto male. Io non mi scomoderei mai così tanto per un culo, anche se si trattasse del tuo.-
-Bucky, evitiamo di parlare del mio culo, ti prego.-
-Beh, sarà pure un bastardo miliardario, ma deve piacergli davvero tanto per seguirti come un disperato!- e Steve riattaccò prima che poté, un po’ perché il suo turno serale stava cominciando, e un po’ perché per un secondo aveva valutato l’eventualità delle parole dell’uomo.
Magari dandogli un’opportunità avrebbe visto quanto noiosa possa essere la sua vita e se ne sarebbe andato. Oppure avrebbe potuto accelerare il processo portandolo nel suo appartamento decadente per poi vederlo fuggire in preda ad un attacco germofobico nella sua amata vasca d’oro.
Steve doveva decisamente smettere con la TV, ma era l’unica cosa funzionante e che sapesse effettivamente accendere in casa propria.
 
Quando entrò nel bar, gli occhi dell’uomo furono tutti per il biondo.
Esasperato, gli andò vicino per prendere le ordinazioni.
-Cosa fai, mi segui?- e doveva ammettere che era una cosa strana. Fosse stato solo interessato al suo corpo, avrebbe potuto trovarsi decisamente di meglio e decisamente qualcosa di più acconsenziente nel giro di un’ora. Tony fece un mezzo sorriso –il solito.
-Lavori al rifugio, mh?-
-Tecnicamente no- disse dando uno sguardo al suddetto edificio. Non sapeva neanche perché gli stesse dicendo quelle cose, ma tanto valeva familiarizzare col nemico. –aiuto un’amica con il lavoro senza retribuzione. Chiamalo volontariato, un hobby, come ti pare.-
-Ti piacciono gli animali?- il tono con cui lo disse era genuinamente interessato, almeno sembrava, ma Steve sapeva che doveva esserci qualcosa sotto.
-Non uscirò con te nemmeno se mi dovessi far trovare un cesto grande quando il mio pianerottolo pieno di gatti.- o forse sì.
-Steve, non so cosa sia, ma so per certo che non ho mai ottenuto un rifiuto neanche dalla più irritante delle giornaliste. E non è una questione d’orgoglio –anche se con il mio ego potrebbe sembrare—e tossicchiò, per enfatizzare il tutto, -ma perché non sei uno che si ferma alle apparenze. Siamo diversi. Tu sei diverso.-
Il biondo rimase a guardarlo per interminabili secondi, mordendosi l’interno della guancia perché quelle parole era sicuro se le fosse studiate a tavolino, magari attingendo alle miriadi di film romantici che esistevano al mondo, ma lo avevano colpito e lasciato per un secondo senza la forza di dire nulla, proprio perché erano uscite da quelle labbra che per giorni interi aveva considerato irritanti e sgradevoli.
-Wow, allora sai dire altro oltre alla parola “appuntamento” e “miliardario”- cercò di essere ironico e pungente, ma quando il viso di Tony restò fisso nell’evidente attesa di una risposta, Steve si trovò a pensarci per davvero per la prima volta. Guardò lui, poi il tavolo, poi ancora lui; poteva già sentire le risate incontrollate di Bucky e le raccomandazioni da mamma di Peggy; sapeva che si sarebbe pentito di tutto questo fino alla fine dei tempi. –Se dovessi uscire con te, la smetteresti di pedinarmi?-
-Chi lo sa.-
Si pentì di quello che stava per fare, si passò una mano esasperata sul viso prima di fissarlo con le labbra serrate.
-D’accordo.-
E poté sentire telepaticamente l’ennesima battuta di Bucky riguardante il proprio culo, e di come faceva conquiste tra facoltosi miliardari. Al diavolo.

 
 
 
 
 

Note dell’autrice ♪ 
Volevo spendere due parole per ringraziare tutti i commenti, i preferiti e i seguiti di questa storia. Non pensavo sarebbe piaciuta tanto, e ammetto di essere stata riluttante fino all’ultimo nel continuarla proprio perché non postavo da tanto qui su EFP e non pensavo ne valesse la pena. Ma giuro che d’ora in poi sarò più costante negli aggiornamenti perché tutto questo affetto proprio non me lo aspettavo!
Grazie, grazie  e mille volte grazie! Fatemi sapere nei commenti che ne pensate di questo nuovo capitolo e sappiate che il meglio deve ancora venire. Critiche e commenti sulla storia saranno ben accette e ben accolte.
Grazie ancora.
 Polly

 
 
   
 
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