Quel folle sentimento
- A lei signore –
sorridente una ragazza dietro al bancone, gli porse le buste della spesa; Ace le
prese ed uscì dal negozio. Dopo aver percorso qualche metro si sentì chiamare
- Signore, signore aspetti
– si fermò e aspettò che la ragazza lo raggiungesse. Quando gli fu di fronte la
moretta, poggiò le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, poi si rialzò e si
sistemò gli occhiali sul naso.
- Il resto, l’ha dimenticato – sospirò. Ace guardò il palmo della sua mano con
i soldi e ridacchiò afferrandoli.
- Ah grazie. Mi spiace averla fatta correre fin qui per questo – le disse
sorridendo. La giovane scosse la testa.
- Non si preoccupi è il mio lavoro... – poco dopo un uomo con due grossi sigari
fra i denti li raggiunse.
- Che diamine combini Tashigi!
Ti pare il modo di lasciare la cassa incustodita!? – richiamò senza pochi
problemi la ragazza. Quest’ultima si inchinò scusandosi.
- Mi scusi capo, ma il
signore aveva dimenticato il resto – Ace avvertì lo sguardo dell’uomo
fulminarlo all’istante.
- Tsk... se uno è così distratto da dimenticarsi i
suoi stessi soldi, non sono problemi nostri – mormorò mentre i suoi corti capelli
argentei venivano smossi da una leggera folata di vento. Ace sorrise divertito
incrociando le braccia sul petto.
- Beh, se tratta così i suoi clienti... mi sorprendo che ancora non abbia
chiuso bottega – esclamò. L’uomo indurì il pugno dirigendosi a passo sicuro
verso di lui. Immediatamente Tashigi lo afferrò per le imponenti spalle
- Signor Smoker si fermi
la prego, non può picchiare un altro cliente!
– bofonchiò mentre tentava di bloccarlo. Dopo aver soffiato rabbioso un po’ di
fumo fra le labbra, l’uomo si fermò e abbassò il braccio senza smettere di
pungere con lo sguardo il ragazzo.
- Tornatene in negozio – ordinò alla giovane.
- Ma capo...- Tashigi non
riuscì a finire la frase, che gli occhi dell’uomo le ripeterono quell’ordine
con più fermezza.
- Va bene, ma mi raccomando...
si controlli – consigliò prima di
tornarsene dentro, lanciando un’occhiata preoccupata a quel povero ragazzo.
Ace intanto continuava a guardare divertito quello strano uomo; non aveva mai
visto un bottegaio che avesse la stazza di un pugile e la delicatezza di uno
scaricatore di porto (per essere gentili...)
- Non se la prenda con la sua commessa. L’ha detto anche lei, è colpa mia
se...- l’uomo bloccò anche le parole di Ace.
- Taci moccioso... Te lo
dico una volta sola e non te lo ripeterò più... – si avvicinò al ragazzo
fermandosi solo quando i loro nasi quasi poterono sfiorarsi.
- Non giocare con me...
non ti conviene – ringhiò soffiando il fumo sul viso di Ace. Dopo qualche colpo
di tosse Ace tornò a sorridere.
- Ok... “capo” – non nascose un certo sarcasmo nelle sue parole. Chissà forse
l’uomo non se ne accorse, oppure non volle accorgersene, fatto sta che
indietreggiò annuendo soddisfatto.
- Ora si ragiona... – e studiando un’ ultima volta quel ragazzo, se ne tornò verso
il negozio litigando contro un cliente che aveva parcheggiato l’auto davanti la
porta del suo locale.
- Spostala idiota, prima che te la faccio rimorchiare... Mi hai sentito? Ehi è
inutile che chiami la polizia... dove corri fermati!!! -
Ace scosse la testa sempre più divertito. “Ma come faceva un tipo del genere a
gestire un supermarket?” pensò guardando l’uomo rincorrere minaccioso il povero
cliente.
Lucci rientrò nel suo
studio e ad aspettarlo, seduta su una poltrona, trovò la sua ragazza.
- Non mi risulta che avessimo un appuntamento – mormorò sedendosi dietro alla
scrivania. Robin alzò lo sguardo verso di lui allungandogli delle carte.
- Cosa sono? – Lucci le prese dandogli un leggero sguardo. Era un contratto che
aveva stipulato tempo fa con l’università in cui lavorava Robin.
- Che significa questo? – borbottò gettando le carte sulla scrivania. Robin
sorrise scuotendo la testa.
- Mi sorprende che un tipo acuto come te non l’abbia ancora capito... significa
che non vogliono più avere nulla anche
fare con la tua azienda. Sei stato fatto fuori – Lucci scattò in piedi
sbattendo le mani sul tavolo. Anche Robin si alzò.
- Ho provato a farli ripensare, ma non hanno voluto sentire ragioni – la ragazza
prese le carte dalla scrivania quando Lucci la fermò per un polso.
- Tu – ringhiò. Robin tirò via la mano sfuggendo a quella presa e guardandolo
con disprezzo.
- Non prendertela con me, lo sanno tutti che le tue azioni sono in calo. Sei
sul filo della bancarotta e non puoi farci niente – un forte schiaffo colpì il
viso della ragazza. Portandosi una mano sulla guancia Robin tornò a guardare
disgustata il ragazzo che serrava i denti respirando affannosamente.
- E solo questo che sai fare... Solo questo... – e lanciandogli un ultimo
sguardo d’odio, uscì dallo studio sbattendo la porta.
Rimasto solo Lucci scaraventò a terra tutto ciò che c’era sulla scrivania con
un grugnito rabbioso; I documenti, il computer, il telefono... la segretaria
entrò nell’ufficio quando quel rumore attraversò la porta.
- Tutto bene signore? -
- Vattene! – le urlò furente Lucci, e la giovane chiuse la porta intimorita.
Maledizione, gli affari andavano sempre peggio: nessuna banca gli concedeva un
prestito e ora anche questa batosta. L’università era l’unica fonte sicura, e
ora aveva perso anche quella... che poteva fare ora? Suo padre non gli avrebbe perdonato
un altro fallimento. Si sedette sulla poltrona affondando la testa fra le mani.
Aveva provato in tutti i modi a tenere nascosto la situazione in rosso della
sua azienda, ma ora non c’era più tempo; doveva trovare un modo per
riprendersi, se non voleva finire col culo per terra. Prese il telefono dalla
tasca
- Kaku vieni subito... no, non è successo nulla, solo sbrigati a venire –
rimise il cellulare in tasca cercando di recuperare un po’ di calma. Non tutto
era perso, c’era ancora l’incontro con Cutty Flam, e chissà che se questa non
sarebbe stata la svolta decisiva per rimettersi in sesto.
- Sono a casa – annunciò Ace
chiudendo la porta, ma non sentì la solita voce gasata di Rufy riceverlo.
Poggiò le buste della spesa sul tavolo della cucina e iniziò a chiamare il
fratello, senza ricevere alcuna riposta. Vide che c’erano diversi messaggi in
segreteria e pensò che forse qualcuno era di Rufy.
- Rufy sono Kevin, senti domani passa da me
che ti faccio leggere un manga troppo bello!!! Non mancare! – sospirando
passò al messaggio successivo.
- Ciao fratellini sono Makino... ehi Makino lascia parlare anche
me! Ragazzi sono Shanks come butta? Noi siamo su una splendida barca alle
Barbados, il mare è una favola e ci sono
dei pesci enormi! Pensate che alcuni sembrano degli strani incroci di bestie,
ce ne è uno che... piantala con queste sciocchezze Shanks! Uff...
allora ragazzi statemi a sentire, io torno fra qualche settimana, mi raccomando
non distruggete la casa e... Shanks lascia stare quell’affare!!! Shanks!!! – fine messaggio. Ace si passò
una mano sulla testa guardando il calendario e costatando che Makino aveva
lasciato lo stesso messaggio anche diverso tempo prima. Va bè sembrava felice,
quindi non aveva di che preoccuparsi anche se non vedeva l’ora di
riabbracciarla. Il resto dei messaggi riguardava qualche vicino che si
lamentava per gli schiamazzi notturni e Nami che litigava contro Rufy perché
aveva dimenticato qualcosa, ma fu l’ultimo che catturò il suo interesse.
- Rufy sono Franky, senti sai dove possa
essere finito Zoro? Sono due giorni che non torna a casa e io... bè, non so più dove cercarlo.
Ho provato a chiamarti sul cellulare ma non eri raggiungibile. Se sai qualcosa
fammelo sapere. E mi raccomando, non dire nulla a Sanji... si preoccuperebbe
inutilmente. Ciao -
- No Rufy! Ti ho detto che
non mi va! – borbottava Sanji. Rufy sospirò e prese una palla dal cesto
- Andiamo è facile: basta che prendi la mira... carici il braccio e... tiri! –
e lanciò la palla contro un manichino colpendolo alla testa, che si reclinò
all’indietro.
- Complimenti signore... ecco il suo premio – l’uomo della bancarella gli
allungò un piccolo peluche a forma di renna.
- Wow che carino! Ha pure un buffo cappellino rosa – ridacchiò il ragazzo
guardando da ogni angolazione il premio. Sanji gli buttò un’ occhiata veloce e
poi scosse la testa.
- Ma da quando le renne hanno il naso blu?... tsk, andiamo
che sciocchezza...- e con le mani in tasca iniziò a camminare. Rufy gli andò
dietro sospirando.
- E dai Sanji, io ti ho portato qui per farti divertire e tu sai solo
lamentarti – borbottò tirando le orecchie della piccola renna. Sanji lo guardò
con la coda dell’occhio. In fondo aveva ragione; certo il Luna Park non era il posto
che faceva per lui, ma le sue buone intenzioni non erano in dubbio.
- Scusa Rufy... che ne dici di un po’ di zucchero filato per farmi perdonare? –
gli occhi di Rufy si illuminarono come quelli di un bambino; eh già, a volte
era davvero un bambino.
Si sedettero su una
panchina e mentre il ragazzo divorava la stecca con la nuvola zuccherata che
l’avvolgeva, Sanji si ritrovò a rigirare fra le mani il piccolo peluche. Certo
era davvero buffo.
- Lo regalerai a Nami? – chiese. Rufy scosse la testa.
- Non dire sciocchezze...- esclamò. Sanji pensò che in effetti era vero, Nami
era un po’ troppo grande per un peluche e poi era più il tipo da gradire
gioielli e capi firmati.
- Lo terrò io! Mi piace troppo! – ridendo Rufy infranse tutte le ipotesi del
biondo che si ritrovò a sorridere divertito. Meno male che c’era lui a tirarlo
su di morale, anche se non poteva fare a meno di pensare a Zoro. Quasi temette di
sognare quando sentì una voce avvicinarsi
- Ah sei qui – alzò gli occhi trovandosi davanti il volto ambrato del ragazzo.
- Zoro – sospirò alzandosi dalla panchina e guardando il ragazzo. In una mano
teneva una bottiglia di birra, almeno così sembrava, mentre gli occhi erano
nascosti dietro a delle lenti nere.
- Non pensavo di incontrarti qui – aggiunse Sanji sorridendo appena. Zoro fece
una leggera risata per poi lanciandogli contro la bottiglia. Il vetro sfiorò i
capelli biondi del ragazzo per poi schiantarsi verso l’albero alle sue spalle.
Sanji rimase pietrificato da quel gesto mentre Rufy si era alzato dalla
panchina.
- Zoro sei impazzito?! Volevi ucciderlo? – gli urlò. Di tutta risposta il
ragazzo tornò a ridere.
- Ma guarda che bell’amico... ora lo difendi pure? Beh è normale, visto che si
sbatte tuo fratello – Rufy si fiondò ad afferrarlo per il chiodo di pelle sbattendolo
a terra. Solo quando gli fu così vicino, avvertì l’odore dell’alcol
impregnargli anche i vestiti.
- Non dire cazzate Zoro – sibillò tenendolo fermo con le spalle a terra. Il
ragazzo provò a toglierselo di dosso, ma nonostante l’aspetto magro, Rufy era davvero
forte.
- Rufy non fare
l’idiota... lasciami andare -
- E perché dovrei farlo? Così potresti rifiondarti a
bere? – Zoro rise ancora.
- A bere....- mormorò
allungando le braccia a terra. Rufy si fermò allentando la presa su di lui,
quando si accorse che Zoro non faceva più resistenza.
- Ma che ti è preso...- sospirò. Il ragazzo a terra girò la testa dall’altra
parte mentre dei passi si avvicinarono.
- Lasciaci soli - Rufy si voltò verso Sanji.
- Ma Sanji...-
- Tranquillo... lasciaci
soli – cercando di fidarsi del suo amico, Rufy si alzò da dosso al ragazzo che
però rimase steso a terra. Sanji gli fece segno di allontanarsi, e lui lo fece
facendo allontanare anche le persone che avevano iniziato ad accalcarsi curiose
attorno ai ragazzi.
- Non ho nulla da dirti –
borbottò Zoro continuando a non muoversi da quella posizione. Sanji si sedette
accanto a lui.
- Io si però..- sospirò.
Zoro si morse un labbro chiedendosi perché non riusciva ad andarsene, forse era
vero che aveva bevuto troppo.
- Quello che ho fatto non
lo posso cancellare, anche se lo vorrei... credimi lo vorrei tanto – il biondo
si fermò un secondo quando sentì un nodo stringergli la gola. No, non poteva
lasciarsi andare; non ora che aveva l’opportunità di dirgli quello che provava.
- Ace è stato importante per me, non lo nego, anzi forse è stata la persona più
importante che abbia mai avuto... almeno finché non ti ho incontrato – si voltò
verso il ragazzo, di cui poteva vedere solo la nuca, dato che il suo viso era
rivolto dall’altra parte.
- Zoro io... io non so come dirtelo... cazzo sei l’unica cosa di tutta la mia
vita di cui non potrei fare a meno. Sei l’unica persona che sia capace di farmi
sentire così e io... io non riesco neanche a respirare se penso a quello che ti
ho fatto.. sono stato un bastardo.. e tu forse... anzi sicuramente tu.. tu non
meriti un coglione come me – per quanta forza si era fatto, non era riuscito ad
impedire alle lacrime di scendere. Si spinse una mano sugli occhi cercando di
contenere i singhiozzi.
La musica delle giostre risuonava
nell’aria e camuffava, anzi nascondeva completamente, il pianto di Sanji. Il
cielo rossastro del tramonto si mescolava con le luci festose che si riflettano
nelle lenti nere di Zoro che strinse forte i denti. Faceva male quello che gli
aveva fatto, ma faceva più male sentirlo piangere in quel modo. Perché? Perché
il dolore di un’altra persona faceva scomparire all’istante il suo?
- Nella tasca della mia giacca... – le sue parole fecero voltare nuovamente Sanji
verso il ragazzo.
- Nella tasca c’è una siringa
con una dose di eroina – il biondo sgranò gli occhi piegandosi sul corpo del
ragazzo e afferrandogli la maglia.
- Cazzo Zoro dimmi che non l’hai fatto? – i loro volti si incontrarono.
- Avanti dimmi che non
l’hai fatto Zoro – urlava Sanji cercando di scuoterlo; inutilmente, perché le
mani gli tremavano, così come la sua voce e come qualsiasi fibra del suo corpo.
Lentamente Zoro si tolse gli occhiali che avevano celato fino ad allora due
occhi rossi e gonfi.
- Prendila – gli disse senza mostrare emozioni. Le mani tremanti del ragazzo presero
dal taschino della giacca una bustina.
- Questa è...- balbettò agitato.
Zoro scosse la testa tornando a posare la nuca a terra e fissando il cielo
- Avrei voluto farlo. L’ho
guardata e riguardata mille volte... ma
ogni volta che stringevo il pugno e avvicinavo l’ago alla mia vena... beh ti
sembrerà ridicolo... ma pensavo a te – gli occhi di Sanji si posarono lucidi
sul viso di Zoro.
- Mi dicevo, “se lo faccio Sanji che dirà...” – sorrise. Poi si coprì gli occhi
con una mano mentre la voce tradì qualche singhiozzo
- Non sai quanto ho provato ad odiarti... cazzo c’ho provato davvero, ma non ci
riesco... non riesco ad odiarti e questo mi fa sentire così.. così idiota – i
denti di Sanji strinsero forte il suo labbro mentre le lacrime tornarono a
bagnargli il volto.
- Non posso perdonarti
però.. non ora... ancora – la voce di Sanji spezzò le sue parole.
- Aspetterò... aspetterò finché vorrai. Aspetterò Zoro... non preoccuparti io..
io ti aspetterò...- lentamente Zoro tolse la mano dai suoi occhi per vedere il
biondo stringere i denti e serrare gli occhi tentando inutilmente di fermare le
lacrime che scendevano copiose sulle sue guance.
Si alzò da terra e quasi
come non fosse stato il suo corpo, lo avvolse fra le braccia. Sanji sgranò gli
occhi per poi afferragli le spalle e stringerlo forte.
- Ti amo più della mia
vita – singhiozzò il biondo stringendolo sempre più forte.
- Non ce la faccio senza di te... mi manchi da morire... - Zoro sentì le
lacrime del ragazzo bagnarlo. Avrebbe voluto dirgli quanto lo amava anche lui,
ma c’era sempre quel dannato orgoglio che lo frenava, quel dannato orgoglio che
era anche più forte del dolore stesso. Ma forse c’era qualcosa che riusciva a
battere il suo orgoglio, ed era quando lo teneva fra le braccia ed il cuore gli
batteva forte che lo capiva. Come in quel momento, in cui tutto il resto scompariva,
e non c’era altro che quel folle sentimento che tanto aveva represso, ma che
ora era l’unica cosa che aveva valore.
- Ti amo – un leggero sospiro, nulla di più. Due parole, che non avevano
bisogno di altro.
TO BE CONTINUED...
Che dire, ho adorato questo capitolo e spero di essere riuscita a trasmettervi
le stesse emozioni che ho provato io scrivendolo ^^
Come sempre non so come ringraziarvi per il vostro sostegno, siete veramente
fantastici, ed io sono davvero onorata e lusingata per tutti i vostri
complimenti U///U mi fate sempre commuovere T^T
Beh alla prossima gente, lo scontro Franky-Lucci si
avvicina ^-*
Kiss kiss
Chiara
P.S. lo so che
Smoker bottegaio è un po’ insolito,
ma che dire, mi faceva troppo sorridere
l’idea XD