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Autore: Lost In Donbass    08/06/2015    1 recensioni
Londra, 1888. Midford High School, istituto maschile per nobili rampolli.
Viole MacMillan è uno strano ragazzo; pittore senza pari e genio sconclusionato, malinconico ma deciso, curioso ma riservato, oscuro e dannato.
Edgar Cole è bello come il sole; intelligente e aggraziato come pochi, poeta e sognatore, idealista e innamorato del bello e del perfetto, popolare e avventuroso.
Queste due diverse personalità si fonderanno l'una con l'altra, si incendieranno a vicenda, si amalgameranno nonostante le diversità seguendo il tenebroso e sanguinario filo del destino. Filo che li conduce in un mondo maledetto, nascosto nel giardino interno della scuola. I due ragazzi si lasceranno trascinare in un mistero più grande di loro, dove demoni e dei della morte, streghe e corvi parlanti si dilettano in un banchetto senza fine, in cui gli umani non sono altro che pedine e biscotti da sgranocchiare nell'attesa.
Viole e Edgar intraprenderanno il viaggio nel baratro dell'orrore più nero, cercando di uscirne vivi e tagliare il filo sanguinolento del destino.
Ora loro sono gli scacchi, e la scuola la scacchiera.
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SETTIMO : IL VORTICE

Un momento di tesissimo silenzio nel giardino. L’unica cosa che si muoveva erano le rose blu che ondeggiavano leggere sulle note di una musica muta.
-Mica scemo, il nostro eccellentissimo marchese.- la voce impertinente di Trickster si fece sentire, interrompendo la strana musica muta.
-Non mi avete visto, prima?- sorrise Cibele, facendo frusciare l’abito.
Viole ricordò, improvvisamente, il grande quadro appeso sopra la scrivania del rettore. Raffigurava una donna straordinariamente bella, avvolta in un pomposo vestito rosso e bianco. Come Donna Cibele, in effetti. Che fosse lei, lo spirito che aveva smosso la cenere, chiuso la porta e incantato la giostra? In che razza di perverso trucco magico erano finiti?
-Si, milady, se permette, l’abbiamo notata … è lei forse che ha provveduto a chiudere la porta a chiave?- chiese Viole.
-Certamente, mio conte. Ero sempre io, a vegliare i vostri sogni e le vostre meraviglie, a curare la vostra psiche contorta e le vostre idee sconsiderate e libertine.
Donna Cibele piegò le labbra rosse in una smorfia affettata. Aveva un che di sporco, nel modo in cui sorrideva, in cui i suoi occhi che parevano non avere pupilla si muovevano veloci per la tavolata, in cui muoveva le piccole mani ingioiellate.
In che senso vegliava i loro sogni? Viole corrugò al fronte. Non gli quadrava quella cosa … che i suoi sogni fossero sempre stati ideati da una seconda persona? Era un pensiero irrimediabilmente fastidioso. Non gli era rimasto più niente di suo se non sognare, e ora quella specie di maga voleva dirgli che nemmeno quello faceva per conto suo? Viole non era pronto ad accettarlo. In un mondo in cui lui era qualcosa di nocivo come le lumache per la lattuga, in cui non poteva far nulla se non subire, gli veniva portata via la sua ispirazione?! Le sue notti erano le sue ispirazioni per i disegni. Ci si perdeva dentro, in orrori e osceni incubi che nutrivano la sua mente perversa, in mondi in cui lui era qualcosa di più che un semplice studente.
Inconsapevolmente, Edgar pensava la stessa identica cosa. Lui era messo male, come maschio, come discendenza, come poeta maledetto. Il sogno era il suo modo per poter estraniarsi dal mondo crudele, in cui trovava le parole per i suoi lunghi poemi. Nel sogno poteva fissare Viole per ore senza stancarsi e senza dover fingere disinteresse. Se gli trascinavano via anche la notte con le sue meraviglie, cosa avrebbe potuto fare?
-Vogliate seguirmi- Nocche si alzò e invitò con un gesto autoritario i due ragazzi in un angolo più buio del giardino, non illuminato dalla luna.
C’erano solo due grandi poltrone rosso sangue, rovinate dall’usura, dove vennero fatti accomodare i due. Come per magia, apparvero altre due poltrone, dove Nocche e Windust si sedettero.
-Vi dobbiamo delle spiegazioni, forse- disse Windust, ingoiando con una smorfia golosa una grossa ciliegia ricoperta di glassa verde.
-Qualcuno ha violato la Bolla Sacratae- esordì Nocche, passandosi una mano tra i capelli arancioni.
-La che?!- se ne uscì Edgar, con gli occhi brillanti dalla curiosità.
-La Bolla Sacratae è un editto, un contratto, compilato molto tempo fa dagli uomini e dalle creature magiche. Consiste in un giuramento dei due mondi di non interferire l’uno con l’altro. Ovvero, voi umani non dovete interferire con le nostre attività e lasciarci compiere il nostro dovere. Noi, non dobbiamo creare problemi alla vostra società recandovi danni fisici e morali.
-Vì, perché io non ne sapevo nulla?- Edgar fissò il suo compagno con aria stupefatta e allo stesso tempo indispettita.
-Nessuno di noi ne poteva saper nulla, è una cosa segreta, razza di … e non chiamarmi Vì!- esplose Viole. Ok che era innocente, ma a tutto c’è un limite. non poteva uscire con quelle domande così, davanti a un diavolo, poi! E non poteva dargli un soprannome. Soprattutto non quello che gli davano le sue sorelle. Anche se doveva riconoscere che detto da lui assumeva una sfumatura terribilmente deliziosa …
-Però ti sta bene Vì! Comunque, voglia scusarmi per l’interruzione, la prego di continuare il discorso.
Nocche fece un sorriso di uno che la sapeva lunga, mettendo in mostra i denti aguzzi. Windust sorrise, il sorriso di un ragazzino che però nasconde, dietro la sua innocenza da bambino, qualcosa di già adulto. Il sorriso di uno che ha visto più cose di quelle che avrebbe voluto e dovuto vedere.
-Bene, allora, dovete sapere che qualcuno, di cui nemmeno noi conosciamo l’identità, ha rotto la Bolla Sacratae. Ha infranto il patto secolare che lega i nostri mondi, e ha cominciato a creare situazioni incresciose nel vostro mondo.
-Mi permetta, e noi cosa c’entriamo in questo?- chiese Viole, assumendo un’espressione a metà tra l’interrogativo e l’apatia, sua caratteristica principale.
-Siete umani, miei cari. E dovete scoprire cosa hanno fatto gli umani per far sì che il patto venisse rotto- spiegò Windust, guardandosi le unghie.
-Ehm, penso di non aver compreso appieno …. – balbettò Edgar. Cominciava a girargli la testa con quei discorsi e quelle meraviglie tutte nuove. E forse era anche colpa dei gelsomini che adornavano il gazebo dove erano sistemati.
-Le rispiego, mio Marchese – Nocche si accese un lungo narghilè, da cui uscirono volute di fumo rosa e arancione e si accinse a spiegar loro la situazione. – Qualcheduno nel vostro prestigioso istituto, ha infranto le regole della Bolla Sacratae, in qualche modo a noi sconosciuto, senza però esserne consapevole. Alcuni dei nostri “colleghi” più indisponenti verso la Bolla ha interpretato l’atto come l’infrazione del patto, e perciò si sentono liberi di compiere qualsiasi misfatto loro aggradi nel vostro mondo. Perciò ci servono due “infiltrati” umani che devono capire che genere di reato hanno commesso i vostri simili, riferircelo, e da lì noi troveremo le creature ribelli e le fermeremo, riconsacrando la Bolla una volta per tutte. Chiaro?
-Certamente. Molto chiaro e anche molto complesso … si potrebbe ricevere una copia di questa Bolla?- intervenne Viole, soppesando la situazione. Che forse la sua vita stesse prendendo una via decisamente più interessante? Se lo augurava vivamente, soffocato dalla noia delle convenzioni.
-Me ne dolgo, Conte MacMillan, ma ciò è impossibile. Comunque ora vi rimanderemo nel vostro mondo, perché l’ora è ormai vicina. Oltre al settimo battito non potete trattenervi al Giardino degli Scacchi Caduti. Domani, una persona vi recapiterà le istruzioni necessarie per cominciare la vostra indagine, che salverà il vostro mondo dalla distruzione e il nostro dall’onta che ne deriverebbe.
Edgar e Viole si guardarono con una punta di apprensione. O meglio, Edgar con una punta di apprensione. Viole semplicemente con apatia, la sua patina contro i sentimenti scomodi.
-Come faremo a riconoscere il messo?- disse Edgar, sentendo improvvisamente un caldo terribile che gli fece venir voglia di spogliarsi completamente.
-Si farà riconoscere lui, state tranquillo.
All’improvviso un grosso corvo in livrea atterrò vicino a loro, si mise a posto la marsina, si schiarì la gola e declamò
-I signori Conte e Marchese sono gentilmente invitati a lasciare il Giardino degli Scacchi Caduti. Il settimo battito è scoccato, e oltre non possono trattenersi.
-Bene, dov’è l’uscita?
Edgar non fece in tempo a finir la frase che, con un turbine di petali di rose blu terribilmente profumate e sulle ultime note della voce di Nocche che si congedava deferentemente, i due ragazzi vennero sollevati in aria.
L’ultima cosa che videro fu il banchetto dove gli invitati li salutavano festosamente, e poi svennero.

****
SCUSATE PER IL RITARDO. Davvero, mi sento uno schifo ad aggiornare così lentamente e vi ringrazio da morire per la pazienza che dimostrate nei miei confronti. Siete unici davvero! Spero (e non prometto) che il prossimo capitolo arrivi a fine giugno e non tra due mesi ... beh, un bacio a tutti e grazie infinite. Anche i miei personaggi mi odiano perchè li muovo poco :(
  
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