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Autore: ReaVi    10/06/2015    3 recensioni
Aline Dupont ha diciassette anni e vive in una Parigi controllata. I suoi richiami alla Centrale sono tutti positivi, non c'è nessuna traccia di ribellione in lei; suo fratello Tristan è gentile, sua madre e suo padre si prendono cura della famiglia, ed è l’incontro con due fuggiaschi a stravolgere tutto. Il suo mondo inizia a vacillare e la libertà si interpone quasi prepotentemente nella sua vita.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO OTTO
Non so cosa sia la Corte dei Miracoli, non ne ho mai sentito parlare. Perciò non so dove mi stiano portando, ma non chiedo niente perché tanto so che non mi risponderebbero. Mi limito a raggomitolarmi in un angolo, cercando di creare una scusa valida per mia madre, mio padre e Tristan. Sono consapevole che Josée non potrà farmi da copertura.
Adrien accende la radio e parte una canzone che mia madre ascolta continuamente. Questo mi fa stare ancora peggio, sono angosciata, ma non dura tanto perché ci fermiamo subito dopo che la canzone termina. Non voglio che mi vedano impaurita, non voglio dargli la soddisfazione di avermi in pugno. Spero soltanto che mi riportino a casa il prima possibile.
« Siamo arrivati. » dice il ragazzo di cui ignoro il nome, slacciandosi la cintura di sicurezza. Osservo Louis stiracchiarsi e mettersi in piedi, anche se si deve inchinare per non sbattere la testa contro il tettuccio del mezzo. Adrien viene ad aprirci e io sono ancora seduta, così mi lancia uno sguardo confuso. Mi fa segno di scendere, mentre Louis e l’altro non si sono minimamente degnati di aspettarmi, e poi mi porge una mano. Mi domando che voce avesse Adrien, se sia vero che è stato tutto a causa della Centrale, e mi chiedo anche che cosa abbia fatto per meritarsi un destino del genere. Io non so cosa farei se mi tagliassero la lingua e non potessi più parlare. Non so se sarei in grado di esprimermi in altri modi.
Adrien mi aspetta paziente, abbozza un piccolo sorriso reso amichevole dalle sue guance paffute, ed io mi lascio convincere, gattonando fino a lui. Gli prendo la mano e lui mi aiuta con dolcezza a scendere dal mezzo. Il cielo è terso, c’è il tramonto e sta facendo buio. Ho un po’ di freddo e mi volto per recuperare lo zaino, ma Adrien mi ferma, scuotendo la testa.
« Perché? » gli chiedo, ma lui scuote di nuovo il capo, incapace di rispondere a voce. Decido di dargli retta e, voltandomi, vedo Louis e l’amico che si accendono una sigaretta.
« Allora, andiamo? Ho una fame! » si lamenta il primo. Adrien mi si affianca come a darmi conforto e mi spinge lievemente verso di loro, che si addentrano in un piccolo vicolo dalla pavimentazione in lastroni di pietra. Non sembra esserci nessuno, ma sento una leggera musica. Non chiedo niente, seguo le loro schiene e sollevo il viso verso il ragazzone che mi affianca, il quale mi riserva un ampio sorriso, compresi gli occhi. Adrien sembra entusiasta, io vorrei soltanto tornare a casa.
« Prima, » Louis si ferma e vado quasi a sbattergli addosso. « una cosa. »
Mi guarda attentamente e si rimbocca le maniche della giacca. L’altro ragazzo si è fermato più avanti, c’è una luce arancione alla fine della via; Adrien lo raggiunge.
« Togli la cravatta e sbottonati la camicia. » mi ordina Louis con fare rigido. Io spalanco gli occhi.
« Cosa? »
« Muoviti, non abbiamo tutta la sera! »
« Io… io non mi spoglio! »
« Non ti devi spogliare, cretina! Devi soltanto sbottonarti i primi bottoni. Vuoi che lo faccia io? » mi guarda esasperato ed io inspiro a fondo. Mi allento il nodo della cravatta e poi la sfilo, posandola sulla sua mano aperta. Successivamente mi sbottono il primo bottone e lui mi guarda di traverso.
« Altri due. »
« No. »
« Dai, non ci voglio andare in giro con una verginella. » mi rimprovera, ed io avvampo per la vergogna. Sbottono il secondo bottone e sono decisa a non andare oltre.
« Basta così. » gli dico. Lui incastra la sigaretta tra le labbra e si avvicina, posandosi la cravatta su una spalla. Afferra i lembi della mia gonna e la tira su, fino all’ombelico, in modo che risulti a vita alta, dopo di che mi sistema la camicia. Avvicina una mano ai miei capelli e scioglie la coda che ho fatto stamattina, sistemando poi le mie ciocche castane lungo il mio viso.
« Ci si accontenta. Andiamo. »
Lo seguo imbarazzata e a disagio e Adrien ci precede. Il terzo ragazzo, quello dagli occhi verdi, rallenta per raggiungermi, visto che sto in disparte con le braccia incrociate contro le costole. Mi guarda a lungo, poi si sfila la sigaretta dalle labbra e mi parla piano, avvicinandosi al mio orecchio.
« Non ci mettiamo molto, solo il tempo di mangiare, poi ti riportiamo a casa, ok? »
Annuisco senza nemmeno guardarlo, mentre lui continua a rivolgermi le sue attenzione.
« Aline » mi chiama, serafico. Stavolta mi sforzo di guardarlo e vedo dell’interesse e della preoccupazione per me. Stringe le labbra in quello che dovrebbe essere un sorriso di conforto. « Sei al sicuro qui. »
Non gli credo nemmeno un po’ perché questo non è il mio ambiente. Non mi sento al sicuro e nemmeno a mio agio, ma questo non sembra interessare né Louis, né Adrien, né tantomeno lui, che mi sta ancora affianco. È tutta colpa mia, in fondo, sono stata io ad andare in quella dimora abbandonata con la speranza di fare cosa, poi? Convincerli a costituirsi? Sto andando in giro con dei fuggitivi, dei ribelli. Io, che non ho mai commesso uno sgarro, nemmeno minuscolo, sto gironzolando per un quartiere che non conosco con un ricercato, un muto ed un completo sconosciuto.
È Louis che mi richiama, stavolta, con un sorriso sghembo tra i denti.
« Vedi di stamparti un sorriso su quel bel faccino. » mi fa l’occhiolino e sbuchiamo in una via più ampia e illuminata di giallo ed arancione. Mi arresto immediatamente, colpita dal movimento di così tante persone diverse che chiacchierano e ridono tra di loro. Ci sono locali aperti, musicisti di strada, una via lunga e che mi pare infinita costeggiata da persone di ogni colore e aspetto che ridono, scherzano, gioiscono e cantano, bevendo o mangiando qualcosa. Sulle nostre teste si snocciolano file e file di bandierine colorate, l’illuminazione color arancio è proiettata da grandi lampade ed è come entrare in un nuovo mondo.
Louis ed Adrien saltellano lungo la via, diretti chissà dove, mentre il ragazzo coi ricci e gli occhi verdi mi si fa vicino. « Benvenuta alla Corte dei Miracoli. » mi dice.
 
Entriamo in quello che è un pub dove una ragazza ed un ragazzo stanno suonando ed invogliano i presenti ad unirsi a loro seguendo il ritmo e le parole della canzone, naturalmente in francese. Louis e Adrien sono molto affiatati, credo che il secondo si affidi completamente al primo per essere ben compreso anche dagli altri. Louis gli parla normalmente e legge i suoi gesti, il suo sguardo, le sue smorfie. Si capiscono al volo ed un po’ li ammiro ed invidio.
« Louis, guarda di là. » siedo affianco al riccio, che ha appena parlato, indicando con lo sguardo verso il bancone. « Non è quella che volevi rimorchiare l’altra sera? »
« Nadine! Certo! » gli occhi di Louis sembrano illuminarsi tutto d’un tratto. « Adrien, vieni con me, ci prendiamo un’altra birra. »
« Io vado fuori a fumare, ok? » gli strilla dietro l’altro, ed io lo guardo perché non ho nessuna intenzione di restare seduta qui da sola. Infatti, mi sorride e mi fa cenno di seguirlo. « Vieni, ti porto a fare un giro. »
Scendo dallo sgabello e lo seguo verso l’uscita, scoprendo che la via, così affollata, non permette al vento freddo di insinuarsi tra di noi, riscaldando l’ambiente già abbastanza tiepido per via delle grandi luci. Il viso del ragazzo al mio fianco è di un arancione forte, ora che siamo qui fuori. Si accende la sigaretta con lentezza e sicurezza, dandomi la sensazione di sentirsi a proprio agio. Quasi a casa. Incrocia il mio sguardo e aspetto che mi dica qualcosa, invece mi fa solo cenno di seguirlo. Ci incamminiamo lungo la via ed io mi guardo attorno quasi estasiata.
« Avevi mai sentito parlare della Corte dei Miracoli? »
« No. »
« Quella vera, intendo, di tanti anni fa. »
Scuoto la testa, insicura.
« Intorno al 1600 c’erano questi posti chiamati Corti dei Miracoli, e non erano nient’altro che vie chiuse dove si riunivano gli emarginati sociali e i mendicanti. Non ve l’hanno insegnato a scuola? »
« No. Non ci parlano di queste cose sugli emarginati sociali. » spiego io.
« Ovviamente. » lui si porta di nuovo la sigaretta alle labbra.
« Quindi tutte queste persone, sono… »
« Ribelli, sì. E fuggiaschi, come noi. » dice. « Tutti riuniti qui per vivere davvero, divertirsi, conoscersi e sperare in una rivoluzione che non avviene mai. »
Ci stiamo allontanando dal grosso della folla e arriviamo ad altri locali meno affollati e più silenziosi. La via è sempre illuminata a dovere, ma più libera. Alla fine si siede su una panchina e la sua sigaretta sta finendo, così mi siedo vicino a lui.
« Perché volete andare via? » gli chiedo.
« Beh, tu perché vuoi restare? »
« Perché qui c’è la mia famiglia. »
Si lecca le labbra ed annuisce. « Esatto. »
Non mi sembra di capire e il mio sguardo dev’essere parecchio eloquente, perché lui si preoccupa di darmi, finalmente, delle spiegazioni.
« Il mio nome è Harry e vengo da Londra. »
Questo stona alle mie orecchie, alla convinzione di essere circondata solamente da francesi. È la prima volta che incontro un inglese, e mi irrigidisco subito. Questo spiega tante cose: la sua andatura, il suo modo di porsi con le persone, con me, la sua pronuncia, il suo essere diverso da noi solo ad una prima vista.
« Cosa? » mi lascio sfuggire un sussurro, mi sembra tutto molto segreto. È come se, parlando ad alta voce, potessi farmi sentire dai piani alti, da chi ci governa, e non vorrei che il ragazzo passasse dei guai. Adesso so che si chiama Harry, ma non sono sicura di saperlo pronunciare come fa lui. « Ma non è possibile. »
Annuisce. « Invece lo è. »
Lo guardo ancora e non ho proprio idea di come possa essere Londra adesso, ma vedo un alone di malinconia posarsi sui suoi occhi verdi.
« Perché sei qui? Come hai fatto? » gli chiedo.
« Louis è mio cugino e ci siamo tenuti in contatto per anni. Il vostro governo dipinge la Francia e Parigi come un paese ricco e prosperoso, dove la gente sta bene e vive in tranquillità e libertà, ma Louis mi spiegava che non era affatto così. Solo che fuori non ci sono prove per dimostrare quanto sia sbagliato quello che vi fanno. »
« Perché è sbagliato? Soltanto perché da voi non succede? »
Harry mi lancia un’occhiata un po’ perplessa.
« Perché non vi lasciano scegliere. » dice in tono ovvio. « Controllano ogni vostra singola azione. Voi esistete, ma non vivete. » mi spiega.
Quello che mi dice mi turba e mi spaventa, ma voglio che mi racconti dell’altro. Perciò sto in silenzio e lo guardo a lungo, aspettando che continui.
« Fuori è diverso, non c’è tutta questa dittatura, questo regime così fiscale. Non ci iniettano dei sieri, non dobbiamo andare periodicamente a farci controllare in un posto chiamato Centrale. »
Penso a come sarebbe la mia vita senza la Centrale, senza la paranoia di sbagliare qualcosa pur essendo perfettamente in regola. Penso alla mia vita senza questa pressione, senza i sieri, senza i Controllori in giro per Parigi. Non riesco a farlo completamente perché ho sempre vissuto sotto la convinzione che questo fosse tutto giusto. Ora, invece, Harry mi parla di sbagli, di ingiustizie, e di posti dove non devo avere paura di risultare diversa e non in regola.
« Quindi sono venuto qui per portare via Louis ed Adrien, così che possano raccontare quello che succede qui ed innescare una reazione nei paesi liberi per aiutarvi. »
Deglutisco. « Cosa ti fa pensare che a noi questo non vada bene? Che non siamo tutti felici e sereni sotto questo regime e con questi controlli? Tu vieni da un posto diverso, ma questo non significa che la Francia sia sbagliata e Londra no. »
Harry mi guarda, poi si volta verso la via sempre più affollata di persone di ogni età e colore che si diverte, con le bocche spalancate per le risa ed il cielo a fare da scudo.
« Questo ti sembra sbagliato? » mi chiede. Io non rispondo. « Secondo me no. »
Questa gente fa parte della mia città. Sono francesi e parigini come me, o almeno credo la maggior parte perché non so in quanti, da fuori, siano riusciti ad entrare in città. Forse Harry è l’unico. In ogni caso, qui, adesso, sono felici, e questo tipo di cose non sono permesse. Scambiarsi opinioni, fare musica, ritrovarsi nei pub fino a notte fonda senza controlli, non avere scadenze da rispettare. Tutto questo non ci è permesso, siamo imbottigliati in una routine forzata.
« Come farete ad andare via? E come sei riuscito ad arrivare? Ci sono un sacco di controlli. »
Harry ride piano e poco, quasi come a schernirmi.
« Adesso vuoi sapere fin troppo ed io non posso fidarmi di te. Ti controllano ancora. » mi dice, ed io rimango un po’ basita ma so che ha ragione. Al suo posto farei lo stesso anch’io, e sapendo che mio fratello lavora per la Centrale, mi ha già raccontato abbastanza. « Forza, » dice alzandosi. « andiamo, ti riporto a casa. »
Mi obbligo a seguirlo lungo la via, percorrendola al contrario. Non avvisiamo né Louis né Adrien, Harry dice che non c’è bisogno. Quando abbandoniamo la Corte dei Miracoli, con l’eco distante delle sue vie e persone, mi sembra quasi di essere una persona diversa e di sentirne già la mancanza.




Me l'avete chiesto per tanto tempo, ed ora non solo Harry rivela la sua identità, ma viene spiegato anche il motivo per cui l'ha tenuta nascosta fino ad ora: è un inglese, e come tale non dovrebbe per nessuna ragione al mondo trovarsi libero di gironzolare per Parigi. Rappresenta una minaccia per il governo dittatoriale della Francia, e quindi è costretto a mantenere l'anonimato e a nascondersi.
Insieme ad Harry conosciamo anche la Corte dei Miracoli, un luogo quasi paradisiaco per i ribelli, un'area di Parigi del tutto nuova e sconosciuta per Aline, che si trova spaesata e disorientata. Si sta imbattendo in una realtà che non conosce e che, a causa di ciò che le hanno forzatamente inculcato, ritiene sbagliato perché è illegale. Harry cerca di spiegarle che tutto quello non è sbagliato, ma il discorso verrà ripreso anche in futuro.
So che ci sono ancora degli interrogativi per quanto riguarda il personaggio di Harry, e la sua storia verrà spiegata, così come quella di Louis.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e di aver acceso un po' più di curiosità, perché ce ne saranno delle belle :)

 
   
 
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