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Autore: Jules_Weasley    10/06/2015    2 recensioni
Penny Shane ha sangue magico nelle vene, ma genitori Babbani. Quando riceve la lettera per Hogwarts resta molto sorpresa. Non discende da nessuno dei personaggi della saga, ma questo non vuol dire che non li incontreremo nel corso della trama. Se volete prendere con me quest'Espresso per Hogwarts, conoscerete Penny e i suoi amici, impegnati nel loro sesto anno. Conoscerete anche le sue dis-avventure sentimentali con il ragazzo per cui, da sempre, ha una cotta. La sua storia, insomma.
Leggete e recensite in tanti, è la prima FF che scrivo, quindi sono graditi pareri di ogni genere.
[Dal Prologo:
"Ne ero quasi sicuro che sarebbe toccato a lei, me lo sentivo fin dalla sua nascita” disse, strizzando l'occhio a Penny. Lei non stava più nella pelle. Suo nonno era un mago. Era arrivata una lettera. Era una strega. Fin troppe cose per essere apprese nell'arco di venti minuti.]
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nessun Incanto è pari alla tenerezza del cuore!'
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Capitolo sette



Quiddich e strane domande



"Ma ti rendi conto di quello che ha fatto quell'idiota di mio fratello?" Trixy era furente e continuava a fare su e giù per stanza; al dormitorio poteva parlare tranquillamente con le amiche. Meglio: poteva urlare tranquillamente. Aveva il volto livido di rabbia. Alice aveva sentito ripetere quella frase almeno un centinaio di volte nell'ultima mezz'ora. In tutta onestà, non ne poteva più.

"Capisco come ti senti, ma non è colpa tua se Daniel è un Serpeverde con il cervello di uno Schiopodo Sparacoda!" Non era una frase poi così consolante, ma Alice non aveva idea di come rincuorare l'amica.

In ogni caso, Trixy non sembrò averla udita, perchè seguitò a camminare avanti e indietro, sfogando la rabbia in una serie di improperi rivolti a Daniel e a tutta la famiglia Zabini.

"Alice, ho condiviso l'utero di mia madre con lui, miseriaccia!" Sembrava disgustata a quel pensiero. "Con un pazzo che ha tentato di uccidere Penny". Alice avrebbe voluto controbattere in qualche modo e poterla rassicurare sulla natura del fratello, ma in cuor suo non se la sentiva.

"Il mio nome resterà sempre una colpa da espiare, per me" disse, stavolta a bassa voce. Anche su questo punto, Alice non trovò nulla da ridire. La verità era che conosceva Trixy abbastanza da sapere che avrebbe per sempre percepito il suo nome come qualcosa di profondamente sbagliato.

I coniugi Zabini erano del parere opposto; per loro era Bellatrix ad essere in difetto. Era una Grifondoro babbanofila che aveva stretto amicizie indegne di una Purosangue. Questo particolare ossessionava in particolar modo suo padre Blaise, che la considerava una traditrice del proprio sangue. La madre, Pansy, una insana fascinazione per i Mangiamorte e la Magia Oscura, che l'aveva portata a darle quel nome che Trixy tanto odiava. Decisamente Blaise Zabini e Pansy Parkinson non c'entravano nulla con la figlia, pensò Alice.

"Terra chiama Paciock!" gridò Trixy scuotendola. "Mi stavi ascoltando?" Sembrava seccata dalla mancanza di attenzione dell'amica.

"Ho sentito parola per parola" mentì. C'era, peraltro, poco da ascoltare: era arrabbiata con Daniel. Mentre scendevano in Sala Grande per il pasto serale, la ragazza continuò a elencare tutti i possibili modi per vendicarsi del fratello.

"Ho intenzione di cambiargli i connotati facciali" disse. "Non temporaneamente, ma a vita!" precisò, con una preoccupante serietà.

"Lo vuoi Schiantare di nuovo?" chiese.

"Meriterebbe di peggio che uno schiantesimo" borbottò Trixy, sedendosi alla tavolata di Grifondoro.

Poco dopo comparve Penny. Non appena finito di piangersi addosso – o meglio, addosso ad Albus – aveva deciso di scendere a cena. Si sedette vicino a Trixy, guardando il minestrone come se fosse uno strano elemento sconosciuto. Non aveva fame, ma doveva mangiare. Era perfettamente consapevole che quella di disperarsi fino alla fine dei suoi giorni non fosse la più sensata delle opzioni.

"Come stai?" chiese Alice, premurosa.

"Bene" mentì Penny, sorridendole. Non era una vera e propria bugia, poichè il motivo della sua espressione abbattuta non era dovuto a quello che pensavano loro.

"Penny, mi dispiace tanto per quello che ha fatto mio fratello. Non appena gli metterò le mani addosso se ne pentirà amaramente". Il tono di Trixy era vibrante di rancore.

"Rose vi ha raccontato nei dettagli quello che è successo?" Entrambe annuirono alla sua domanda. Ottimo, almeno le veniva risparmiata la pena di ripetere ancora una volta come si fossero svolti i fatti.

Non osava chiedere se Rose avesse riferito loro anche del battibecco con James, motivo per cui si era trovata al secondo piano al momento sbagliato. In fin dei conti non aveva importanza, non più.

"Non devi fare nulla, non è il caso. In più" aggiunse, "sono sicura che al momento se lo aspettano". Scorpius avrebbe pensato che Penny si sarebbe vendicata di lì a breve, ma lei non era intenzionata a dare a quella serpe la soddisfazione di avere ragione.

"Non credo tu abbia deciso di fargliela passare liscia" affermò Trixy. Penny scosse la testa.

"No di sicuro" affermò decisa. "Nemmeno voglio cacciarmi nei guai al momento, però". La sua voce non ammetteva repliche, perciò le due amiche si accontentarono di quella risposta e ripresero a mangiare.

"Piuttosto" riprese d'un tratto cambiando tono, "cosa pensi di fare con Al?" La domanda era, ovviamente, rivolta ad Alice, che arrossì lievemente. Gli occhi chiari brillarono anche solo sentendo il nome di Albus. Un'altra ragazza messa molto male, pensò Penny. Alice però aveva migliori aspettative con Al di quante ne avesse Penny con James.

"Non lo so..." Sembrava incerta; Trixy, seduta accanto a lei, le diede una gomitata.

"E ti pareva!" commentò. "Risponderai mai a questa domanda con delle parole che non siano non-lo-so?" domandò prendendola in giro. Alice lanciò un'occhiata furtiva nella direzione di Al.

Il ragazzo parlottava con Matthew Finnegan, che probabilmente sapeva qualcosa che Penny e Rose ancora ignoravano. La conversazione che Rose aveva origliato le aveva già informate del fatto che Al aveva in mente una ragazza. Restava solo da capire chi fosse.

Rose apparve dal nulla e si sedette accanto a Penny. Sebbene conscia di essere molto in ritardo, sfoggiava un sorriso che non lasciava dubbi sul fatto che avesse speso il suo tempo in compagnia di Lorcan.

Penny tossicchiò, divertita.

"Devi dirci qualcosa Rosie?" chiese in tono studiatamente zuccheroso. Le altre ridacchiavano. "Voglio dire" continuò Penny, "sei in ritardo e sembri felice come Baston quando Grifondoro vince la Coppa del Quiddich".

"Lorcan e io ci siamo messi insieme" annunciò con un filo di voce.

"Il tuo sguardo è troppo melenso" la canzonò Alice.

"È un piacere condividere con voi i momenti di gioia" rispose Rose, piccata. Si vedeva che era al settimo cielo, niente avrebbe potuto scalfire la sua gioia.

"Sono davvero felice per te Rosie" disse Penny sorridendole. Era sinceramente contenta per la sua amica, ma non riusciva a non pensare a James. Era quasi comico che con tutto ciò che era successo durante la giornata, il suo unico pensiero fosse James. Quasi comico e molto stupido, in effetti.

Il cielo sopra le loro teste era di un color blu brillante, trapunto di stelle. Era solo una magia, ma Penny pensò che fosse confortante vedere un cielo sereno in una serata come quella.

"Tutti concludono tranne te!" Trixy diede di gomito ad Alice. Evidentemente tutte pensavano che lei e Al sarebbero stati un'accoppiata perfetta.

"Non vedo perché debba essere messa sotto accusa proprio io!" ribatté candidamente. "Nemmeno voi concludete, mi pare". La risata di Trixy fu divertita, quella di Penny fu falsa.

"Semplice spiegare perché: a Trixy non interessa nessuno, quindi non le si può imputare la colpa di non darsi una mossa per conquistare chicchessia" iniziò, incontrando l'approvazione dell'amica. "Per quanto riguarda me" aggiunse, "da oggi so che le mie possibilità con James, che rasentavano lo zero, sono molto al di sotto". Alice stava per ribattere, ma Penny non le diede il tempo. "Quando dico sotto zero vuol dire che non c'è speranza". Prima o poi l'avrebbe raccontato anche a loro, tanto valeva farlo subito.

"Che intendi dire?" domandò Rose.

"Ama un'altra" disse. "Me l'ha detto lui". Non voleva guardare in faccia nessuna delle tre, trovava che fissare il minestrone fosse molto più interessante, al momento.

Sapeva che fingersi indifferente non l'avrebbe aiutata ad esserlo davvero, ma non voleva farsi compatire. Era stato già abbastanza ridicolo piagnucolare addosso ad Al, non voleva aggiungere altre figure da idiota.

"Mi dispiace..." Rose allungò la mano e prese la sua. Era il suo modo di rassicurarla; gliene fu grata, ma capì che non sarebbe bastato.

"Non importa" disse. "Le mie possibilità con tuo cugino erano già molto scarse..." Rose sbuffò infastidita.

"Non dire così!" disse Alice. Penny scrollò le spalle.

"Perché non dovrei?" chiese. "È vero".

"Non hai niente da invidiare alla ragazza di turno" disse Trixy per consolarla. Non funzionò a meraviglia.

"Trix, questa non è la ragazza di turno. Ha esplicitamente detto che è innamorato. Non c'è niente che io possa fare al riguardo". Il tono perentorio convinse le amiche a lasciar cadere quel tema; e Rose raccontò di come Lorcan le avesse dichiarato i propri sentimenti e di come avessero passato tutto il tempo a baciarsi e a passeggiare mano nella mano. Penny sentiva, ma non ascoltava veramente. Aveva tifato tanto per quella coppi e ora che erano finalmente insieme era troppo presa dai propri problemi per dedicare la giusta attenzione all'amica. Avrebbe rimediato non appena James fosse uscito dalla sua testa, ma non era certa che sarebbe successo entro breve tempo.





Uscite dalla Sala Grande, Penny si attardò di proposito ad allacciarsi una scarpa, chiedendo a Rose di aspettarla. Voleva parlarle a quattr'occhi, e la Sala d'Ingresso era il posto ideale. Di quei posti talmente di passaggio e affollati che in mezzo al chiacchiericcio generale nessuno fa caso a quello che dicono gli altri.

"Mi dispiace..." Stava per dire che le dispiaceva di essere stata di scarsa compagnia a cena, ma Rose non le lasciò il tempo.

"Lo so, Penny" disse. "Come so che non hai avuto una buona giornata, è tutto a posto". Voleva farle capire che non se l'era presa, che la comprendeva. Penny si ritrovò a sentirsi fortunata di aver conosciuto Rose al primo anno.

"Sul serio" continuò, "tu hai raccontato tutte quelle cose a cena e io ho risposto a monosillabi. In un altro momento ti avrei subissata di domande".

"E saresti stata molto fastidiosa" rispose l'altra, prendendola sottobraccio.

"Sei felice? Mi interessa solo questo".

"Tanto" rispose Rose. "Lo sarei di più se ti vedessi sorridere". Penny aveva raccontato ogni particolare ad Al, quindi fece altrettanto con Rose.

"Hai pianto?" chiese esterrefatta. "Intendi, lacrime vere?" Stava cercando di farla ridere, e funzionò.

"Ho anche stropicciato il maglione di Albus".

Rose era sconvolta. L'aveva vista piangere forse due volte in sei anni.

"Comunque" continuò Penny, alleggerendo il tono, "ormai è andata. Sii felice di non esserti trovata al posto di Al" disse. "Sarebbe stato il tuo maglione, in quel caso".

"Ora come stai?"

"Be' tuo cugino sa che amo un ragazzo impossibile da avere, che era il motivo del mio cattivo umore. Questo lo terrà lontano da me, credo."

"E' questo che desideri? Che stia lontano da te?" le domandò schietta.

"Fai domande difficili, Rose". L'amica rise e non aggiunse altro. "Comunque" aggiunse Penny, "dovrebbe essere soddisfatto a questo punto". La sensazione che lui si fosse interessato a lei per mera curiosità la infastidiva. Avrebbe voluto di più da James, ma sapeva di non poterlo pretendere.

"Ti ha detto chi è?" chiese Rose. Penny scosse la testa in segno di diniego.

"Preferisco non saperlo. Non mi va di trovarmi ad odiare una povera ragazza senza colpa" disse. "Magari è anche una che mi è simpatica".

Rose non fece commenti, ma pensò che al posto di Penny non avrebbe avuto la stessa saggezza. Avrebbe estorto quel nome a forza di incantesimi, probabilmente. Questo, però, era meglio evitare di dirlo.

"Ehi, stavo pensando... non abbiamo chiesto nulla ad Al" disse. La cotta misteriosa di suo cugino Albus l'avrebbe distratta un po'. "Magari lo becchiamo in Sala Comune!" Ottimo, pensò Penny, avrebbe incanalato le energie nel torchiare Al.

Lei e Rose salirono di corsa i gradini, fino ad arrivare all'ingresso della Sala Comune.

"Parola d'ordine" intimò loro la Signora Grassa.

"Buccia di pompelmo!" risposero in coro.



Al era lì, intento a scrivere delle oscure quanto fasulle predizioni per Divinazione. La professoressa avrebbe fatto i salti di gioia leggendole. Erano tutte disgrazie: le sue preferite.

Non appena alzò gli occhi dalla pergamena Al percepì lo sguardo due paia d'occhi fissi su di lui.

"Che c'è?" Il tono sembrava consapevole.

"Lo sai" rispose infatti Rose.

"Per niente" disse Al, beccandosi uno sguardo in tralice da parte della cugina. "Non ho idea di cosa tu intenda". Penny sbuffò.

"Ti servo subito" rispose. "L'altro giorno Rose ti ha sentito dire qualcosa di molto interessante".

"Non saprei".

"So quando menti" affermò Penny ridacchiando.

"Wow, abbiamo una Legillimens tra noi" affermò ironico. Rose emise un suono a metà tra uno sbuffo e un ringhio. Non era per niente spaventoso. Al rise e si arrese.

"Non fare lo spiritoso e rispondile!", replicò duramente Rose.

"È per quello che ho detto a James, giusto?" Le due annuirono, ma Al restò in silenzio. "Va bene, parlo".

"Allora, chi è?", chiese Rose impaziente.

"Voglio vedervi cuocere a fuoco lento" disse. "Sapete bene che ve lo dirò, ve l'avrei detto comunque. Sospettavo che Rose avesse sentito, vista l'aria circospetta con la quale si era allontanata verso di te" aggiunse.

"Quindi?" ritentò Rose. "Chi diamine è?"

"Andiamo, tirate a indovinare" le sfidò lui. Penny aveva in mente un paio di nomi. Uno in particolare, a dire il vero. Quindi decise di accontentarlo.

"Facciamo a modo tuo" concesse.

"Brava! Questo è lo spirito d'iniziativa per cui Godric ci ha scelti". Penny decise di non attendere oltre.

"Alice Paciock" sussurrò. La reazione di Al fu più che eloquente: balbettò qualcosa e il collo di solito pallido divenne paonazzo. Gli succedeva sistematicamente, quando era imbarazzato.

"Penny Shane, come diamine hai fatto?" chiese a bassa voce. "Sei davvero una Legillimens?" Penny sorrise, come pure Rose. Albus credette fosse perchè erano contente di aver soddisfatto la curiosità, ma si sbagliava. Entrambe stavano intimamente gioendo della fortunata combinazione che si era venuta a creare. Alice amava Al, lui la ricambiava: perfetto.

"Non serve esserlo per interpretare le azioni del tuo migliore amico" replicò lei. Rose si mise a inveire contro Al – sempre sottovoce – per non averlo detto prima.

"Credo di essermi innamorato" disse. "Ecco tutto". Quella era un'affermazione del tutto superflua, ormai. Penny però aveva aspettato e non aveva confidato i suoi sospetti a Rose. Aveva solo sperato di avere ragione, e quella era la prima buona notizia della sua giornata.

"Il punto è che non so come comportarmi con lei..." A quelle parole Penny incrociò lo sguardo di Rose. L'espressione sul volto di entrambe era eloquente; avevano giurato ad Alice di non rivelare nulla ad Al, quindi ora si trovavano nella circostanza di non sapere come agire: se tradire la promessa o tacere e aspettare che il destino seguisse il suo corso.



"Dovete giurare che non le direte nulla!" Perfetto, pensò Penny. Entrambe annuirono, più che altro per paura che Al desse in escandescenze in Sala Comune.

"Che diamine devo fare?" Sembrava che Al riponesse grandi speranze nel parere di Rose e Penny. Quest'ultima si stava chiedendo cosa fosse giusto fare. Forse non poteva essere felice con James, ma poteva almeno fare in modo che i suoi amici riuscissero ad esserlo. Essere una sorta di Cupido per Al e Alice, magari.

"Diglielo" disse.

Rose la guardò accigliata. "Ma che stai facendo?" bisbigliò. Non era una gran mossa, dato che erano in piedi proprio di fronte ad Al, seduto davanti alla tavola sommersa dalle pergamene di Divinazione.

"Che avete da confabulare?"

"Niente, Rose diceva di essere d'accordo con me" improvvisò Penny. L'amica non la contraddisse, limitandosi ad annuire al cugino. Albus, dal canto suo, era perplesso dall'atteggiamento di Penny, ma lei aveva deciso: non se ne sarebbe stata con le mani in mano, lasciando due amici a crogiolarsi nell'incertezza. Non avrebbe infranto alcuna promessa finché fosse stato possibile non farlo, ma nulla le avrebbe impedito di dare dei segnali, più o meno velati. Questo non le era proibito.

"Perchè dovrei fare una cosa così stupida?" Al era piuttosto infastidito.

"Fidati di me" replicò Penny.

"Non è un'argomentazione particolarmente convincente" le fece notare. Penny non poteva dargli torto; al suo posto lei gli avrebbe risposto di andarsi a fare un giro. Non sapeva cosa aggiungere per far risultare il suo consiglio un po' meno sconsiderato agli occhi di Albus. Sia lei che Rose tacevano.

"Siete cadute in una specie di stato catatonico" osservò Al. "Penny mi sta fissando e tu stai fissando lei con occhi vitrei".

"Sto solo riflettendo, Al. Credo che la proposta di Penny non sia così assurda. Dovresti seguire il suo consiglio..." Stavolta fu Penny a lanciarle un'occhiata perplessa. Non fece nemmeno in tempo ad aggiungere qualcosa, perché Al saltò in piedi. Probabilmente era convinto che lo stessero prendendo in giro.

"Sul serio?" scattò. "Vi sembra un consiglio praticabile?"

"Sì" rispose asciutta Penny.

"Quando ti ci metti sai essere davvero indisponente" ribattè lui. La scena aveva attirato gli sguardi degli astanti. La Sala Comune non era gremita, ma neppure vuota. Le persone che li stavano fissando erano un po'. Fortunatamente Alice e Trixy non erano tra queste.

"Indisponente? Merlino, per un semplice suggerimento che ti ho dato!" ribattè Penny. "Mi hai chiesto un parere e io te l'ho fornito".

"Ma ti senti bene?" fece lui senza abbassare la voce.

Sfortuna volle che tra tutte le persone che stavano osservando quella scena, in un angolo buio della Sala, ci fosse anche James Potter, intento a leggere un libro. O meglio, era quello che stava facendo fino all'ingresso di sua cugina e della sua amica Shane. Da lì in poi era rimasto sempre alla lettura della stessa riga, sulla medesima pagina. I suoi occhi non si staccavano da quei capelli bruni e lucenti. Quel giorno erano raccolti in una treccia a spina di pesce. Shane li lasciava sciolti di rado, ma quando lo faceva James restava incantato a guardarli ondeggiare per tutta la lunghezza della sua schiena.



Comunque, in quel momento il suo sguardo non era focalizzato certo sui capelli di Penny, bensì su quella discussione che stava avendo luogo. Il volto di Al era irritato, mentre lei sembrava solo dispiaciuta. Sentì un brivido scorrergli lungo la schiena. Era ottobre da un pezzo e il freddo cominciava a sentirsi, ma certo non in Sala Comune. Era più una scarica di rabbia che lo pervadeva. Vedergli insieme gli ricordava quello che aveva capito. La ragazza che amava era probabilmente innamorata di suo fratello. James non avrebbe saputo come definirla se non come sfortuna nera. Sfiga, insomma.

"Sì che mi sento bene" affermò. Stava cercando di non dire troppo, ma era difficile quando si trattava di Albus. Quasi mai riusciva a nascondergli qualcosa. Perciò manteneva un'espressione da sfinge che probabilmente – Penny se ne rendeva conto – stava facendo irritare il suo migliore amico.

Più lo fissava come se stesse svelando l'arcano e più Al si innervosiva. Le dispiaceva: Al era tutto meno che un tipo collerico, quindi quella faccenda doveva stargli davvero a cuore. Penny decise che sarebbe stato più saggio chiudere lì la storia.

"D'accordo Al, mi sono sbagliata" tagliò corto, "però parla a voce bassa: mezza sala ci sta fissando". Fortunatamente non aveva notato James nell'angolo, altrimenti si sarebbe sentita ancor più in imbarazzo.

Albus finalmente recuperò la propria lucidità e si rimise a sedere, conscio di aver dato spettacolo. Non era stata una grande mossa, quella di scattare in piedi. Penny si avvicinò alla sua poltrona e si abbassò per parlargli.

"Mi dispiace". Lui la guardò sorpreso.

"No" disse, "dispiace a me. Non avrei dovuto gridare. Non so perché, ma quella tua aria profetica mi ha fatto spazientire". Penny annuì, comprensiva. Non voleva fare l'offesa e iniziare un'altra lite.

"Lo capisco" rispose lei.

"No, davvero. Scusami" ripetè lui, mortificato. Non gli piaceva perdere la pazienza per delle sciocchezze. Non gli piaceva aver urlato in faccia alla sua più cara amica di fronte a mezza Sala Comune.

"È tutto a posto Al!" disse sorridendogli. Lui semplicemente si sporse leggermente dalla poltrona, per abbracciarla.

A James, fino a quel momento silenzioso e in disparte, quella vista non piacque per niente. Si sentì uno stupido nel farlo, ma chiuse il libro con un tonfo e si alzò di scatto. Poi si dileguò in fretta fuori dalla Sala Comune Grifondoro. Non abbastanza in fretta perché suo fratello non lo notasse con la coda dell'occhio.







Qualcosa di tremendamente fastidioso stava turbando il suo riposo, ma Penny non riusciva a capire cosa fosse. Una voce femminile a volume troppo alto per le sue orecchie; sembrava irritata.

"Per la barba di Merlino!" esclamò Rose. "Vuoi svegliarti oppure devo buttarti giù dal letto?" Le tolse letteralmente le coperte, in maniera piuttosto brutale.

Penny si lamentò, infreddolita. Si mise a sedere e si stropicciò gli occhi ancora cisposi, mettendo a fuoco i capelli rossi dell'amica. Rose aveva l'aria esasperata che sfoggiava sempre, quando doveva svegliarla.

"Penny Shane, non avevi promesso che avresti puntato la sveglia?" Al aveva ragione, c'erano dei momenti in cui l'espressione sul suo volto era identica a quella di Hermione – quando era furiosa, in genere.

"Devo essermi dimenticata..." Per Rose non esistevano giustificazioni.

"Datti una mossa, dobbiamo andare a colazione! E indovina un po' ? Siamo in ritardo!" sbraitò.

Penny si alzò dal letto e si preparò. Scesero più in fretta che poterono, per scoprire che Rose tutti erano già in Sala Grande da un pezzo. Tutti tranne loro due.

"Un giorno di questi ti lascio lì a dormire, quant'è vero che mi chiamo Weasley!" berciò Rose affrettandosi.

"Magari!" sospirò Penny alzando gli occhi al cielo.

"Ti ho sentita, Penny!"

Arrivate nella Sala Grande, presero posto alla tavolata Grifondoro e, senza troppi complimenti, iniziarono a spolverare la colazione. Penny si sentiva molto affamata, le sembrava di non mangiare da un secolo. Si versò del tè e diede un morso ad un muffin, intingendone una parte nel liquido ambrato dentro la tazza.

"Da quando ti piacciono i ribes? Credevo li odiassi" le chiese Al, seduto alla sua sinistra. Dal suo tono dolce capì che si sentiva ancora leggermente in colpa per la sfuriata del giorno prima.

"Oh, è vero. Sono muffin ai ribes" osservò. "Non me ne ero accorta, mangerei qualsiasi cosa stamattina". Quando si alzarono dalla tavolata per dirigersi all'uscita della Sala Grande, Al si affiancò a Penny.

"Mi spiace per ieri..." Si stava scusando.

"L'hai già detto".

"Ho esagerato". Di nuovo.

"Hai già detto anche questo".

"Ecco io..." Sembro pensare un momento alle parole da usare, "volevo chiederti se pensi davvero quello che hai detto".

"Mi stai chiedendo di ripetere quello che ti ha fatto dare di volta al cervello ieri sera?" domandò Penny divertita. Albus si limitò ad annuire.

"Sì" disse seria. "Confermo tutto".

"Ehm, se posso chiedere... sulla base di cosa?" Era il suo modo di farle capire che poteva parlare liberamente, senza temere un'altra sfuriata.

"Ho le mie motivazioni" rispose, rendendosi conto di quanto fiacca dovesse apparire quell'argomentazione. "Capisco che tu non intenda agire sulla base di una mia teoria" aggiunse.

"Solo... se potessi sapere da cosa ti deriva questa sensazione sarebbe grandioso!" insistè. Penny allungò il passo, ormai erano arrivati.

"Ne parliamo dopo la lezione" gli assicurò. Cosa gli avrebbe detto, ancora non lo sapeva.





Entrarono a passo svelto nell'aula di Trasfigurazione, dove trovarono la McGranitt che attendeva l'arrivo degli studenti. Si sedettero agli ultimi banchi e tirarono fuori la bacchetta e il libro di testo.

"Buongiorno a tutti" esordì la preside. "Oggi impareremo un incantesimo utile per trasfigurare i nemici in paperelle di gomma". A Penny l'aggettivo utile sembrava poco esatto e si chiese perché qualcuno si fosse preso la briga di inventare un incantesimo del genere.

"Basta puntare la bacchetta e pronunciare la formula Ducklifors" continuò la McGranitt. Penny ebbe seri problemi a trattenere le risa. Paperelle di gomma. Non sembrava essere l'unica a trovarlo divertente a giudicare dalle facce degli altri studenti, in particolar modo quella di Finnegan.

"Mi metterò a ridere anche solo pronunciandolo" disse Penny.

"Può esserti utile con Malfoy".

Penny immaginò Scorpius trasfigurato in una papera di gomma e trattenne a stento una risata. La McGranitt le avrebbe tolto dei punti se avesse riso apertamente durante la lezione.

"Vuoi che trasformi Scorpius in una papera di gomma?" sussurrò.

"Non sarebbe niente male, versione papera". Rose sembrava divertita dall'idea.

"Meglio di com'è ora, di sicuro!" Il tono di voce che le uscì era leggermente troppo alto per non essere notato. La McGranitt si girò e le fulminò entrambe con lo sguardo.

"Shane e Weasley! Avete preso questa classe per un salotto? Gradite un tè e dei pasticcini?" Non si poteva negare che quella donna avesse stile anche nel rimproverare gli alunni. Il resto della lezione lo passarono in silenzio, a provare quella ridicola formula. Il pensiero di Scorpius trasformato in una papera di gomma aiutò Penny a impararla immediatamente.

Uscirono dall'aula, consapevoli del fatto che di lì a mezz'ora li aspettava una lezione di Erbologia in compagnia delle Serpi.

Al si era fermato all'ingresso, Penny sapeva che stava aspettando lei.

"Mi tocca l'interrogatorio" sussurrò a Rose. "Tu va' pure da Lorcan". Rose le fece un sorrisetto di scuse e si dileguò in cerca del ragazzo.

Al si era nel frattempo avvicinato. Penny si mise giocosamente sull'attenti. Al si grattò la nuca: era in difficoltà.

"Tu hai un'aria stranamente enigmatica quando parli di Alice" le disse. "Vorrei solo sapere perché dovrei dirle tutto, prima di lanciarmi nel vuoto". Penny non poteva dargli torto; a dire il vero il solo fatto che lui stesse prendendo in considerazione l'ipotesi la stupiva. Lei non sarebbe stata così coraggiosa. Audacia, fegato, cavalleria.

"Al, io ti ho detto come la penso" disse. "Sei stato Obliviato nell'ultima ora oppure mi stai ignorando?"

"Nessuna delle due" rispose con calma. "Sono solo innamorato, e so che tu puoi capirmi..." disse cercando di ammorbidirla.

Ogni riferimento a fatti cose o persone è puramente casuale. Persone come James Potter.

"Questo è un colpo basso!" esclamò guardandolo in tralice.

Al non replicò, limitandosi a fissarla, in attesa di una risposta. Avrebbe dovuto dire qualcosa, o non ne sarebbe uscita. Mentre ci pensava, riprese a camminare verso l'esterno dell'edificio scolastico. Al continuava a starle alle calcagna; e Penny decise di rivelargli qualcosa, ma senza mettere in gioco quello che Alice aveva confessato di provare.

"Alice e Trixy stavano cercando di scoprire chi fosse il ragazzo che avevo in mente" iniziò a raccontare. "Per farlo hanno usato una di quelle pergamene..." Il ragazzo parve capire al volo.

"Di zio George, immagino".

"Esatto".

"Quindi?" la incalzò. Per la prima volta nella sua vita Penny era impaziente che Al Potter si levasse di torno.

"Sulla pergamena comparivano tutti gli studenti di Hogwarts, tranne te". Albus comprese, le sorrise, ma sembrò non trovarlo affatto strano.

"Be' è logico, quelle pergamene riescono a depennare automaticamente, mi pare" disse. "Nessuno potrà più mettere in dubbio che siamo come fratello e sorella" commentò poi, scompigliandole i capelli. Penny si fermò per ricomporsi e li raccolse in una coda. Non tollerava che le toccassero i capelli, e Al lo sapeva.

"Quando dici che sono come una sorella non c'è bisogno che tu mi infastidisca come farebbe un fratello, ti credo sulla parola!" sbuffò. "E comunque, il punto è che Alice mi è sembrata molto sollevata, quando ha visto che il tuo nome non era presente..." Al si illuminò, ma guardando Penny negli occhi si dovette accorgere che non era tutto, e provò a tornare alla carica con nuove domande alle quali lei non rispose.

"Penelope, non me la conti giusta" le disse. "La domanda è d'obbligo: sai qualcosa che io non so?" Lei rise di gusto al tono inquisitorio dell'amico.

"La mia risposta, Albus, è d'obbligo" ribattè prontamente. "Non dirò nient'altro se non in presenza del mio avvocato".

Accelerò il passo e lo lasciò indietro a chiedersi se Alice fosse innamorata di lui e quanto ne sapesse Penny. Forse avrebbe dovuto rubare le scorte di Veritaserum di Victoire e usarle sulla sua migliore amica. Era un'opzione da tenere a mente.



Quando Penny entrò nella Serra quasi tutti erano già al loro posto, con le palandrane da giardinaggio indosso. Ne prese una e la infilò velocemente.

"Buongiorno!" esordì Neville. "Oggi tratteremo un argomento affascinante" annunciò con entusiasmo. Era invidiabile tutta quella sua energia, pensò Penny; lei sarebbe volentieri tornata a dormire.

Si preparò ad ascoltare la lezione, evitando di guardare dal lato opposto della Serra. Se l'avesse fatto avrebbe incrociato gli occhi di Malfoy, cosa che non voleva fare. Non si trattava di vigliaccheria, ma di semplice buonsenso. Se l'avesse guardato anche solo un secondo, la rabbia le sarebbe riaffiorata alla mente e non sarebbe riuscita a controllarsi; probabilmente avrebbe estratto la bacchetta davanti a tutti.

"Si tratta" spiegava intato il Professor Paciock, "della Sempervivum Tectorum, le cui foglie possono essere utili per proteggersi dalle prime due Maledizioni Senza Perdono. Come sapete, per la terza non ci sono rimedi possibili" affermò, in tono triste. Ne sapeva qualcosa lui, pensò Penny, delle Maledizioni Senza Perdono. Tutti quelli che avevano vissuto la Seconda Guerra Magica erano consapevoli di cosa significassero e di quanto fossero potenti. Fortunatamente, la nuova generazione non aveva dovuto affrontare gli eventi terribili che invece erano capitati alle precendenti. Penny non aveva chiesto granché al nonno, perché non voleva costringerlo a rivivere gli scontri. A volte però era Arnold a raccontarle episodi risalenti alla guerra. Lei sapeva che aveva visto morire vecchi amici, che aveva combattuto in entrambe le guerre magiche e che aveva affrontato i Mangiamorte nella battaglia di Hogwarts, nella quale Voldemort era stato sconfitto definitivamente. Si chiese come sarebbe stato se anche lei avesse perso qualcuno di importante in quella guerra contro l'Oscuro Signore – se ilnonno non fosse sopravvissuto, per esempio. Non riusciva neppure a pensarci.



"Penny, sei tra noi?"

Il professor Paciock parlò con voce pacata, ma l'aveva colta in flagrante: non aveva udito una parola di qualsiasi cosa avesse detto quell'uomo. Quando non era in vena si distraeva con estrema facilità.

"Sì, professore" rispose riprendendosi da quello stato catatonico in cui era caduta. Neville sembrò accontentarsi e andò avanti nella spiegazione, ma dopo un po' fu lei ad essere chiamata per estrarre le foglie della Sempervivum. Ottimo modo di costringerla a seguire la lezione!





"Che avevi a lezione?" le chiese Rose uscendo dalla Serra.

"Ero distratta. Non so come farò a seguire Storia della Magia nel pomeriggio, con Rüf" si lamentò. "Non ho niente in contrario al fatto che un fantasma insegni ancora, ma... mi annoia da morire!".

L'unica cosa positiva era che almeno non avrebbe dovuto trascorrere altro tempo con i Serpeverde; fortunatamente i loro compagni in quel corso erano i Tassorosso. Quando giunsero all'interno del cortile si lasciò cadere pesantemente su una panchina marmorea. Si battè il palmo della mano sulla fronte.

"Stasera ho gli allenamenti di Quiddich!" esclamò Penny. La nota di disperazione pura nella voce non sfuggì a Rose.

"Non dirmi che non te lo ricordavi!" Lei scosse la testa: non se lo ricordava. Da quel pomeriggio avrebbe avuto ore ed ore da passare gomito a gomito con il suo Cercatore preferito.

"Oh" mormorò Rose, "sei agitata".

"Agitata?" Il volto di Penny mostrò uno stupore per niente autentico. "Io non sono affatto agitata".

"Oh sì, certo!" ribattè sarcastica. "Ti credo pienamente". Era ovvio che negare l'evidenza non fosse di alcuna utilità per i nervi di Penny, che si sentiva sempre peggio ogni minuto che passava, perciò si arrese all'evidenza: la sua espressione parlava per lei.

"Sì" ammise. "Sono agitata al pensiero di dovermi allenare con James; sei contenta?" Si incupì subito dopo, anche se Rose non se la prese.

"No, per niente" disse invece. "Spero che il Quiddich possa migliorare la cosa, magari avvicinandovi..." Penny la zittì subito: erano in ritardo e lei non aveva alcuna voglia di sentir parlare di James. In passato era stata contenta di quella vicinanza – l'unica possibile con il ragazzo, ottenuta attraverso il Quiddich. Ma quest'anno scolastico era iniziato con il piede sbagliato: c'era qualcosa di strano tra loro due, ed era convinta che sarebbe peggiorato. Avevano discusso più volte, ma quello dei loro battibecchi sarebbe stato un problema insignificante, rispetto all'imbarazzo che provava nel sapere che lei voleva lui e lui voleva un'altra. E il fatto che l'amore non corrisposto fosse al centro di parecchi libri, film e canzoni babbane non la consolava per niente.





La lezione di Storia della Magia nel primo pomeriggio fu tra le più noiose a cui Penny avesse mai assistito. Sbadigliò così tante volte che temette di addormentarsi da un momento all'altro. Rose, seduta al suo fianco, dovette darle parecchie scrollate per impedire che ciò accadesse. Quando giunse la fine della lezione gli studenti sembrarono uscire dal letargo, solo per fuggire dalla classe a gambe levate. "Che noia!" Fu il commento di Al, apparso accanto alla cugina.

"Credo siano le uniche lezioni che davvero non sopporto. Insomma... quel fantasma ha la voce soporifera... una ninna nanna mi terrebbe più sveglia!" disse Penny. Al si disse perfettamente in accordo: soporifero era esattamente il termine che si addiceva al tono cantilenante di Rüf".

Penny si guardò intorno e scoccò un'occhiata agli amici. Be' era inevitabile, doveva andare: essere in ritardo non l'avrebbe reso meno reale.

"Vado incontro al mio destino" borbottò superandoli.

"Dove vai?" fece Al. Evidentemente si era dimenticato anche lui degli allenamenti.

"Quiddich" gli ricordò Rose, mentre Penny già sfrecciava verso il grande portone in legno di quercia. Non voleva arrivare tardi ed essere scuoiata viva da Baston. Be', arrivare tardi ormai era inevitabile; ma sull'essere scuoiata viva aveva ancora qualche chance di convincere Sam a risparmiarla.



Una volta arrivata, si diresse in fretta verso gli spogliatoi femminili del campo.

"Trixy, sei già qui!" esclamò con ingiustificata sorpresa. La sua amica aveva partecipato alle selezioni ed era entrata a far parte della squadra, con il ruolo di cacciatrice. Era stata Penny stessa ad incoraggiarla, perché la trovava eccezionale.

"Già qui? Sono sul filo del rasoio, io" disse. "Tu, invece, sei fuori tempo massimo: quasi tutti sono già fuori radunati in campo".

Perché era sempre in ritardo? Su di lei incombeva una fattura? Baston l'avrebbe certamente scuoiata viva e la sua pelle sarebbe stata venduta come materiale per pozioni. Si figurava già la scena.

Aprì il proprio armadietto, trovandoci tutti i suoi effetti personali. Doveva vestirsi alla velocità della luce. Trixy voleva aspettarla, ma Penny non glielo permise. Non voleva che Baston rimproverasse anche l'amica per un ritardo del quale non era responsabile. L'avrebbe solo fatta sentire ancora più in colpa. Trixy uscì borbottando qualcosa che suonava come un "muoviti!" e lasciò la porta aperta. Penny provò a urlarle di chiuderla, ma lei era già troppo lontana per poterla udire. Non che facesse una gran differenza: gli altri erano tutti quanti in campo. Continuò a vestirsi frettolosamente.

"Ehi, dovresti chiudere la porta!" disse una voce maschile alle sue spalle, facendole scappare verso stridulo. Un urlo da parte sua, pensò Penny, sarebbe stato meno ridicolo di quel verso di sorpresa. Si girò e vide James sulla porta, in tenuta da Quiddich.

"Shane!" esclamò non appena si fu girata verso di lui. "Di spalle non ti avevo riconosciuta... io... scusa". disse fissandola. Cercava tracce di strafottenza sul suo viso, ma leggeva puro imbarazzo.

"Mi hai spaventato..." La risposta fu formulata con tono pacato; Penny si mostrò più calma di quanto si sentisse.

"Scusami" disse, ancora sulla porta. Sul serio voleva starsene lì a fare i convenevoli, mentre lei era vestita quanto una ragazza in spiaggia? Perché la stava fissando, ora?

"Potter! Ti dispiace uscire?" disse indicando la porta.

"Certo, scusa!" replicò. Distolse subito lo sguardo, si girò lentamente e chiuse la porta alle proprie spalle. Quella scenetta le aveva tolto due o tre preziosi minuti nei quali era rimasta ferma come uno stoccafisso, perciò mise il turbo. Finì di vestirsi e prese al volo la sua Firebolt 2020, dono di nonno Arnold per il sedicesimo compleanno di sua nipote. Scese in campo sotto lo sguardo accusatore del Capitano, nonchè portiere, della squadra: Sam Baston. Aspettò di averla di fronte per darle una strigliata.

"Complimenti per la puntualità Shane!" disse. "Sono ammirato!" E qui le fece un applauso poco convincente.

"Baston... è stato un piccolo errore di calcolo" tentò di giustificarsi. "Credevo che l'orario non ..." Ma non la lasciò neanche concludere quella patetica apologia. Trixy provò a dire qualcosa, ma Baston la zittì con un gesto. "Non mi interessa, Shane, sei sempre in ritardo!" berciò rivolto a Penny. "Ma quest'anno cambi registro, o giuro che ti sbatto fuori dalla squadra!" Era una minaccia piuttosto pesante, che tuttavia Penny sapeva non sarebbe mai stata messa in atto da Sam – che la apprezzava sia come Battitrice che come persona. "Se a voi non interessa vincere la coppa del Quiddich, a me si!"

Era ancora livido di rabbia per la sconfitta dell'anno precedente... battuti dai Serpeverde! Quella macchia sulla loro gloriosa squadra bruciava a tutti, ma Sam Baston non poteva sopportarla. Merlino! Quell'anno li avrebbe massacrati agli allenamenti.

"Sam, interessa anche a me vincere la Coppa..." Penny si difese – o tentò di farlo – come poteva.

"Allora arriva puntuale" continuò. "In tutto hai venti minuti di ritardo!"

Penny fu certa che avrebbe spolpato il suo cadavere.

"Ehi Sam, basta adesso!" intervenne James, in circolo insieme agli altri. "Stai perdendo più tempo a farle la predica di quanto ne abbia perso lei" fece notare. "Diamoci una mossa".

L'influenza del suo migliore amico ebbe un certo peso, perché Baston diede inizio all'allenamento, lasciandola in pace. Penny si mise a cavalcioni della scopa e si sollevò da terra, accorgendosi che accanto a lei c'era una massa di ricci castano scuro.

"Grazie", disse ad alta voce, per farsi sentire anche con il vento che tirava lassù. James le fece un sorriso che le mozzò letteralmente il fiato.

"Perdona Baston: è schizzato" disse ridacchiando. "Vive per il Quiddich. E poi se ti dovesse buttare fuori, non avrei più nessuno a pararmi il culo, non ti pare?" Poi le fece l'occhiolino e sfrecciò davanti a lei. Ovviamente le aveva fatto una cortesia interessata: James Sirius Potter non si smentiva mai, pensò mentre sfrecciava nell'aria col vento fra i capelli.







A conclusione dell'allenamento, Penny ebbe il piacere di sentire Baston porgerle le proprie scuse. "Ho esagerato, Shane" disse, una volta poggiati i piedi al suolo.

"Forse, ma avevi ragione. Capitan Quiddich ha sempre ragione" disse mettendosi sull'attenti. Lo faceva sempre con Baston; si divertiva a prendere in giro la sua attitudine al comando e la sua Quiddich-mania.

"Non prendermi in giro, Shane: è insubordinazione!" Lo sguardo era torvo, ma celava una risata. Baston era tendenzialmente una persona scherzosa. "Non mi cacceresti mai, lo so. Chi difenderebbe il tuo amichetto?" Il tono era sarcastico.

"Posso sempre sostituirti: attenta a come parli!" le disse, dandole una pacca sulla spalla. Penny fece per andarsene, ma Baston la trattenne. Gli bastò fare il nome di Potter per costringerla a restare. "Secondo te ha qualcosa che non va?" le chiese guardando James, ancora sul campo. Non seppe cosa rispondere.

"In che senso?" replicò. Baston sbuffò.

Mise su un'espressione pensierosa. "E' strano, sembra triste. Credo sia dovuto al fatto che è innamorato", disse con noncuranza.

"Davvero?" rispose lei. Il tono era piatto, come se la cosa non la toccasse. "Già" fece Sam, "non te l'aspetti da uno così. Non ne parla molto con me". Penny potè indovinare il motivo di quella riservatezza: Baston era famoso per non essere esattamente una tomba. Confidargli un segreto equivaleva dirlo a tutta Grifondoro – forse addirittura alle quattro Case di Hogwarts. Non che lo facesse di proposito, era solo molto sbadato nel parlare; e i segreti gli uscivano spontaneamente di bocca, senza che se ne rendesse conto. Perciò era logico che, pur essendo il suo migliore amico, James non se la sentisse di confessare a lui il nome della fortunata.

Penny stava cercando qualcosa da dire, ma vide James in avvicinamento e decise di battere in ritirata. "Capitano Quiddich, vado a cambiarmi; ci vediamo in Sala Comune". Scomparve poi negli spogliatoi a cambiarsi il più velocemente possibile. Voleva tornare indietro prima che James la raggiungesse.

Nel frattempo Sam si ritrovò un Potter dalla faccia sospettosa di fronte a se.

"Che stavate dicendo?" Baston rispose che non stavano parlando di nulla in particolare, evasivo. James fissò il punto dove James era scomparsa.

"Sembrava che volesse evitarmi... mi ha visto ed è scappata..."

"Sei paranoico Jamie" rispose l'altro, sincero. "Doveva andare a cambiarsi, e dovremmo farlo anche noi se non vogliamo trovare la cena fredda in Sala Grande!" James lo seguì, ma il suo cervello rimase fermo a quel pensiero. Sempre lo stesso: le stranezze di Penny Shane. Ripensò a quando l'aveva vista nello spogliatoio: era così bella. Ma ripensò anche a quando l'aveva vista con Al, e all'effetto strano che gli aveva fatto. In quel momento, riponendo la scopa e gli abiti da Quiddich, decise cosa avrebbe fatto. Doveva parlare con suo fratello, cercare una conferma ai propri sospetti, o sarebbe impazzito in pochi giorni. L'avrebbero portato al San Mungo e non ne sarebbe uscito più.





Penny arrivò trafelata al tavolo e si sedette tra Al e Rose, soddisfatta sebbene sfinita. Aveva svolto un ottimo allenamento, pur essendo arrugginita da un'estate di inattività. Viveva in un quartiere babbano in città, anche piuttosto affollato: non poteva mettersi a svolazzare per le vie di Londra in sella ad una Firebolt. Nonostante la chiara tendenza dei Babbani a ignorare le magie che vengono compiute sotto il loro naso, ogni giorno, era certa che le persone l'avrebbero trovato bizzarro. Anne e Jack poi, l'avevano proibito. Per permetterle di godersi l'anno scolastico appieno e rifarsi del tempo perduto, il nonno le aveva regalato una Firebolt 2020 nuova fiammante, per il suo compleanno. Per i suoi genitori Babbani una scopa valeva l'altra, perciò faticarono a comprendere perché Penny stesse abbarbicata ad Arnold, ripetendo "grazie nonno" in continuazione.

"Allora, com'è andato il grande rientro?", chiese Al canzonandola.

"Vediamo... sono stata strigliata da Baston, che ha minacciato di cacciarmi dalla squadra, e difesa da Potter senior, perché altrimenti non avrebbe nessuno a difenderlo dai bolidi. Nonostante ciò il mio allenamento è stato impeccabile"disse, visibilmente soddisfatta. "Tranne per un episodio" disse, e raccontò la scena di James che entrava nello spogliatoio. I suoi migliori amici mettevano in azione le antenne quando si trattava di aneddoti imbarazzanti, avrebbe dovuto saperlo.

"Specifico che non ero nuda" disse a bassa voce, seccata. Al iniziò a ridere e a scusarsi al tempo stesso.

"Scusa... è che mi sto immaginando la faccia di mio fratello... e la tua, soprattutto". Penny si sporse e gli diede un pizzico sul braccio, che era tutto quello che poteba fare al momento. Un bell'incantesimo Languelingua sarebbe stato una scelta migliore: sarebbe stato zitto.

"Per voi è esilarante" esordì. "Per me è patetico. Io sono patetica". Ne era consapevole e non poteva farci niente. Quando James era uscito si era vista riflessa nello specchio, rossa in viso come un pomodoro. E poi James... aveva acuto un atteggiamento strano. Stava lì a fissarla come se non avesse mai visto un regiseno in vita sua! "E non consolatemi in proposito, non parlatemi. Non finché non avrò finito tutto il budino al cioccolato" rispose decisa, brandendo il cucchiaino come fosse un'arma.





La Sala Grande si svuotò lentamente, e tra gli ultimi uscirono Penny a braccetto con Rose, seguiti da Al che chiacchierava con Alice Paciock, tentando di ignorare sua sorella Lily Luna che proprio in quel momento aveva deciso di parlargli di una Strilettera ricevuta da Ginny, togliendogli il privilegio di parlare a quattr'occhi con Alice.

Ma qualcosa era in agguato per Albus Severus Potter: James lo stava aspettando nella Sala d'Ingresso e lo fermò non appena l'ebbe visto.

"Al, dovrei parlarti" gli disse in tono serio. Il fratello lo squadrò perplesso; se James era serio c'era qualcosa per cui allarmarsi.

Lily Luna e Alice non sembravano volersene andare e restavano accanto a lui.

"Da soli, credo" si sentì in dovere di specificare. Le due capirono l'antifona e si allontanarono, l'una pronta a raccontare i propri dilemmi alla cugina, l'altra a riferire l'accaduto alle amiche. Il volto di James le era parso strano. Lo sembrò anche ad Al.

"Qualcosa non va?" chiese. Iniziava a preoccuparsi sul serio, dato che il fratello non accennava a mettere giù quella maschera da duro.

"Devo chiederti una cosa". La faccenda si faceva sempre più strana. Al attese in silenzio che il maggiore riprendesse a parlare, ma non lo fece. Si limitava invece a fissarlo. Sembrava un ebete.

"Hai perso l'uso della parola?" Gli sventolò una mano davanti agli occhi.

James lo guardò e pronuncio intensamente poche semplici, stupide parole.

"Cosa c'è fra te e Shane?" Era serio come non l'aveva mai visto prima. Al non sapeva se ridere o piangere, in quel frangente.

"Cosa?" ribattè incredulo. Potter senior non sembrò smosso da quella reazione, benchè fosse piuttosto chiaro il punto di vista di Al.

"Rispondi" continuò imperterrito. "E sinceramente. Senza parlare a nessuno di questa conversazione" aggiunse. "Giura".

Albus decise di mettere fine una volta per tutte a quelle domande senza senso. Chiunque li conoscesse da vicino sapeva che non c'era niente più che sincera amicizia tra loro. Che le voci girassero nei corridoi non importava nè a lui nè a Penny, ma che il fratello vi prestasse fede era inaccettabile. Quello sì che li interessava entrambi, lui e Penny, anche se per motivazioni diverse.

"Voglio bene a Penny, sul serio; ma è il tipo di affetto che si prova per una sorella. Il tuo cervello bacato riesce a comprenderlo?" gli disse.

"E lei?" Albus non cominciava a non capire. Credeva volesse sapere se a lui piaceva Penny, non anche il contrario.

"Ma lei cosa?" sbottò Al spazientito. "Lei mi ama come si ama un fratello! Il mio nome non era nemmeno su quella dannata pergamena: pensa!" Il tono palesemente accusatorio e infastidito di Al non scalfì i propositi di James.

"Quale pergamena?" chiese, confuso.

"Non sono cose che ti riguardano".

"Quale pergamena?" chiese di nuovo, l'aria strafottente. Al fece finta di non udire e tornò a parlare, sempre più irritato.

"Senti: è vero che ama qualcuno, ma quel qualcuno non sono io!" berciò vedendo che l'espressione di arrogante strafottenza non svaniva dal volto di suo fratello. "Siamo entrambi innamorati James, ma non l'uno dell'altra. Io sono completamente cotto di Alice Paciock" disse abbassando la voce. "Ficcatelo in testa, tu e chiunque si diverta a mettere in giro queste voci..."

"Quindi era lei, non Penny?" chiese conferma.

"Certo che no!" rispose esasperato. James sembrò azzittirsi e Al ne approfittò per tentare la fuga. Girò i tacchi cercando di raggiungere le scale il più in fretta possibile, ma James era più alto e aveva le gambe più lunghe delle sue. Non lo mollava un attimo, tallonandolo e continuando a fargli strane domande.

Al riflettè e notò qualcosa di molto insolito. Tutte quelle questioni su una faccenda che per James non poteva essere di nessun interesse.

"La pergamena. Di chi sei innamorato. E soprattutto, di chi è innamorata Shane" Tirare le somme non poteva che portarlo ad una conclusione.

"James..." Si girò di scatto versò il fratello. "Perchè tanto interesse per la vita sentimentale di quella che, fino a prova contraria, è la mia migliore amica e non la tua?" L'altro provò a replicare, ma Al non gliene lasciò il tempo. Qualsiasi cosa volesse dire, non era il momento. Tanto, se l'intuizione che aveva appena avuto fosse stata quella sbagliata, avrebbe negato. Se fosse stata quella giusta, avrebbe comunque negato.

"Le opzioni sono due" riprese. "Ti preoccupi della mia vita sentimentale oppure ti preoccupi della sua. Non sei mai stato pettegolo, dunque un solo motivo può averti spinto a indagare su questa faccenda. Mi spiego o devo essere più esplicito? Vuoi un disegnino – un grafico, magari?" James sbuffò, comprendendo di aver fatto un errore. Doveva tenersi sul vago, cercare di capire... invece per la brama di carpire informazioni

"Al, sei giunto alla conclusione sbagliata.."

"Piantala, non voglio ascoltarti dopo la scena pietosa che hai appena fatto. Ringrazia il cielo se non le vado a riferire quello che hai insinuato un minuto fa..." Riprese a camminare fino alla Sala Comune, lasciandolo lì in mezzo alle scale, come un vero idiota.










NOTE AL CAPITOLO

A dispetto di quello che nel film si fa vedere – lo dico per chi non abbia letto i libri – nella battaglia di Hogwarts non combattono solo studenti e qualche genitore. Ci sono maghi e streghe adulti e Elfi Domestici (guidati da Kreacher mi pare) e un sacco di altre creature che nella scena del film non vengono mostrate. Per questo è possibile e plausibile che Arnold, il nonno di Penny, abbia combattuto in quella battaglia.

  
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